ALLARME CINGHIALI , TARICCO (PD): INTERROGAZIONE, SERVONO DATI CERTI, GOVERNO APPLICHI 157/92

“E’ necessario intervenire sulla questione dei cinghiali. La crescita di questa specie del 50-60% nel periodo 2005-2010, e arrivata secondo stime nel 2015 a 1,5 milioni di capi, sta determinando ingenti danni alle coltivazioni, incidenti stradali e rischi infettivi per gli animali domestici e l’uomo. Secondo i dati dell’Istituto superiore per la ricerca sull’ambiente, il cinghiale è responsabile dell’85% dei danni alle attività agricole per oltre 35 milioni di euro. Per questo abbiamo deciso di allertare i ministri competenti”. Lo dice il senatore Mino Taricco, capogruppo del Pd nella commissione Agricoltura, che sulla questione ha presentato  con i colleghi Cirinnà e Ferrazzi un’interrogazione parlamentare rivolta ai ministri dell’agricoltura e dell’ambiente, sottoscritta anche dai senatori del Pd Biti, Assuntela Messina, D’Arienzo, Vattuone, Astorre, Paola Boldrini, Manca, Stefàno, Iori, Rossomando, Fedeli, Laus, Bini, D’Alfonso, Rojc, Pinotti e Alfieri.

“La legge sulla caccia 157/92 – spiega Taricco –  prevede responsabilità ed investimenti negli Ambiti Territoriali di Caccia e nei Comprensori Alpini per il ripristino ambientale, per la gestione, la tutela e la conservazione delle specie selvatiche. Controllo, monitoraggio e gestione di questo della fauna come gli ungulati dovrebbe essere costante, ma spesso così non è. Per questo ho deciso di allertare i ministri delle politiche agricole e dell’ambiente: è necessario riattivare le procedure previste dalla legge e presentare alle Camere, alle Commissioni Agricoltura e Ambiente, un’approfondita relazione sull’attuazione delle disposizioni vigenti sul territorio nazionale e ottenere un quadro complessivo della situazione.  Bisogna mettere in condizione il Parlamento e le Istituzioni regionali e locali di poter intervenire in modo efficace sul quadro normativo apportando se necessario le modifiche  utili alla migliore gestione del territorio, ad una riduzione dei problemi, dei danni e degli incidenti e complessivamente ad una maggiore efficacia nel conseguimento degli interessi generali”.

Si allega il testo dell’interrogazione

INTERROGAZIONE  

a risposta in Commissione 9° (Agricoltura e produzione agroalimentare)

Al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e

al Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare

Premesso che,

La legge 157 dell’11 Febbraio 1992 ”Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, all’art. 1 comma 1 recita: “La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della Comunità nazionale ed internazionale”, e al comma 3 “Le Regioni a statuto ordinario provvedano ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica in conformità alla presente legge, alle Convenzioni internazionali ed alle Direttive Comunitarie” e ancora all’articolo 19 “Le Regioni per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia.”

Considerato che:

Le funzioni amministrative di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico -venatoria vengono esercitate dalle Regioni secondo l’art 9 comma 1 alle quali si aggiungono “compiti di orientamento, di controllo e compiti sostitutivi previsti dalla presente legge e dagli statuti regionali”;

L’ art. 10 della L. 157/92 (Piani faunistico-venatori) al comma 1 prevede che “tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive e al contenimento naturale di altre specie e, per quanto riguarda le altre specie, al conseguimento della densità ottimale e alla sua conservazione mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio” la cui realizzazione viene effettuata dalle Regioni e Province con le modalità previste nei commi 7 e 10 “…di cui al comma 1 mediante la destinazione differenziata del territorio”, comprendendo al comma 8 paragrafo b – tra i piani faunistico-venatori – “Le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l’immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all’ambientamento fino alla ricostruzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio”;

L’art 11 comma 1 individua “…il territorio delle Alpi…zona faunistica a sé stante” definendone le caratteristiche proprie al comma 2 in termini di “norme particolari” per la protezione della caratteristica fauna e ne disciplina l’attività venatoria, prevedendone al comma 3 l’eventuale “immissione di specie autoctone previo parere favorevole dell’Istituto Nazionale per la fauna selvatica, al fine di ripristinare l’integrità del biotopo animale”.

Rilevato che:

il territorio italiano ha visto negli ultimi decenni profondi mutamenti ambientali , anche fotografati dalla carta d’identità degli ungulati selvatici a cura di ISPRA, Legambiente, Federcaccia, Arcicaccia, AnuuMigratoristi, che a fronte di un costante consumo di suolo ha impattato pesantemente in molti ambienti del Paese, il contemporaneo incremento di aree forestate e di aree protette, e l’abbandono di quote importanti di agricoltura anche estesa alle aree collinari e montane, e in alcune aree anche una significativa modificazione della presenza antropica, ha portato molte specie selvatiche, compresi gli ungulati, a vedere incrementati notevolmente i loro numeri;

i dati della Banca Dati Ungulati di ISPRA evidenziano per il periodo 2005-2010 che i caprioli per esempio sono passati in Italia da 425.000 a 455.000 ed i cervi da 63.000 a 68.000, mentre per i cinghiali nello stesso periodo evidenziano un aumento del 50-60% del numero complessivo di questa specie ormai così pervasiva, con stime che ne individuano addirittura il numero nel 2015 a quasi 1,5 milioni di capi;

l’incremento esponenziale di alcune specie, in particolare del cinghiale, sta determinando crescenti problematiche per i danni alle coltivazioni, crescenti incidenti stradali ed un aumento del rischio di trasmissione di patologie agli animali domestici o all’uomo. L’impatto delle popolazioni di ungulati sull’ambiente naturale e coltivato – puntualizzato dal report ISPRA – può essere espresso in termini fisici quantitativi – non sempre sommabile e raramente espresso nelle statistiche ufficiali – numerici – sulla base degli eventi dannosi denunciati e/o segnalati e per questo considerato dato abbastanza grezzo ed economico – sulla base del danno arrecato;

secondo i dati ISPRA, il cinghiale è responsabile dell’85% dei danni alle attività agricole (quinquennio 2005-2009 – danni per oltre 35 milioni di euro);

la legge prevede responsabilità ed investimenti di Ambiti Territoriali di Caccia e di Comprensori Alpini per il ripristino ambientale, per la gestione, la tutela e la conservazione delle specie selvatiche, con particolare riguardo alle popolazioni di ungulati e purtroppo, a fronte di comportamenti responsabili e virtuosi, non sono rare le situazioni, di gestioni, anche recentemente finite avanti alla Magistratura, quantomeno discutibili di tali funzioni da parte dei soggetti preposti, che richiedono un costante controllo e monitoraggio.

Dato atto che:

il Comma 7 dell’art 1 – Fauna selvatica – della Legge 157/92 cita “Ai sensi dell’articolo 2 della legge 9 Marzo 1989, n. 86, il Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie, di concerto con il Ministro dell’agricoltura e delle foreste e con il Ministro dell’ Ambiente, verifica, con la collaborazione delle regioni e delle Province autonome e sentiti il Comitato tecnico faunistico- venatorio nazionale di cui all’articolo 8 e l’Istituto nazionale per la fauna selvatica, lo stato di conformità della presente legge e delle leggi regionali e provinciali in materia agli atti emanati dalle Istituzioni delle Comunità europee volti alla conservazione della fauna selvatica”

si chiede di sapere:

se i Ministri in attenzione ritengano opportuno riattivare le procedure previste dall’art.35 comma 1 e 2 della Legge sopra menzionata, approntando e presentando alle Camere, o quantomeno alle Commissioni 9° Agricoltura e 13° Ambiente, una approfondita relazione sull’attuazione della presente disposizione, per avere una visione complessiva e puntuale dell’attuazione legislativa sul territorio nazionale, sull’efficacia ed anche su eventuali limiti normativi in essere, e conseguentemente mettere in condizione il Parlamento e le Istituzioni regionali e locali di poter intervenire in modo efficace sul quadro normativo e apportare eventuali riforme o correttivi miranti ad una migliore gestione del territorio, ad una riduzione dei problemi, dei danni, e degli incidenti, e complessivamente ad una maggiore efficacia nel conseguimento degli interessi generali.

Mino TARICCO

Monica CIRINNA’

Andrea FERRAZZI

Caterina BITI

Assuntela MESSINA

Vincenzo D’ARIENZO

Vito VATTUONE

Bruno ASTORRE

Paola BOLDRINI

Daniele MANCA

Dario STEFANO

Vanna IORI

Anna ROSSOMANDO

Valeria FEDELI

Mauro LAUS

Caterina BINI

Luciano D’ALFONSO

Tatiana ROJC

Roberta PINOTTI

Alessandro ALFIERI