CORONAVIRUS METTE IN STAND BY GLOBALIZZAZIONE. MADE IN ITALY ALLA RICONQUISTA DEL MERCATO DOMESTICO DA ATTORI STRANIERI. LE INTERVISTE

Il Coronavirus rischia di mettere in pausa la globalizzazione. Almeno per ora. Da quanto apprende AGRICOLAE da fonti dei consorzi di tutela i buyer si rifiutano di incontrare i venditori e i distributori del Made in Italy e la chiusura dei confini ripropone un modello -temporaneo- che fa tornare a decine di anni fa.

Quando in ogni Paese si trovavano modi, stili di vita e prodotti nettamente diversi – anche da quelli italiani – uniformati invece oggi nel bene e nel male da un vivere comune planetario.

Il mondo sta cambiando. Sembra che – al di là dell’emergenza sanitaria, e quindi di quella economica – il Coronavirus non restituirà il mondo come lo abbiamo lasciato appena due mesi fa, nel 2019.

I voli aerei costeranno di più (le compagnie aeree stanno fallendo e si stanno ridimensionando e verrà a mancare quel principio di pluralità e di concorrenza che ha portato a costi sempre più bassi e accessibili a tutti); le borse sono in calo; e lo spread aumenta; l’export cala.

Gli scambi internazionali di prodotti sono fermi e ci metteranno un po a ripartire. Tempi che i produttori e gli operatori non possono aspettare.

L’economia reale è ancora una volta l’ancora di salvezza ma i produttori hanno bisogno di vendere e di andare avanti.

“Avremo presumibilmente uno spostamento dei consumi dal fuori casa ai consumi domestici. Se i cittadini vanno a comprare al supermercato può andar bene al Grana Padano o al Parmigiano Reggiano ma può rappresentare un problema per prodotti freschi in generale come la Mozzarella di Bufala”, spiega ad AGRICOLAE il presidente di Origin Italia Cesare Baldrighi, l’associazione che riunisce i consorzi di tutela a denominazione. “Ma non dobbiamo dimenticare – prosegue Baldrighi – che stiamo perdendo le decine di milioni di turisti che ogni anno mangiano al ristorante. Quelli sono consumi persi reali”. Come fuori dall’Italia, “dove la gran parte dei consumi sono rappresentati dal mondo dell’HORECA. Se tutto questo mondo rallenta, rallentano anche gli ordini”, insiste. “Occorre sostenere i consumi domestici e sperare che questo rallentamento –  a livello internazionale – duri il meno possibile per far ripartire il paese perché puntare tutto sui consumi interni rappresenta una scommessa persa in partenza”, chiude.

“Puntare sui consumi interni diventa difficile se i ristoranti sono chiusi e le persone restano a casa.  Emerge la necessità di investire sui consumi interni ma una nazione come l’Italia ha bisogno della globalizzazione. Tenere un mondo connesso è la chiave di tutto, la chiusura dei confini si traduce nella fine dell’umanità”, spiega ad AGRICOLAE il presidente della Cia Dino Scanavino.

“Penso che uno dei più grandi contributi della democrazia sia stato quello di dare la possibilità di viaggiare a prezzi ridotti. Le cose cambieranno ma la situazione andrà gestita in maniera lungimirante senza perdere di vista la prospettiva post-coronavirus. Per evitare di ritrovarci nel mezzo di un’economia da dopoguerra”.

Secondo il presidente Cia, occorre, anche puntare sui consumi interni, “ridurre gli stock che possono generare una contrazione del valore e una turbativa sui mercati dalla lunga durata”.

Fra una settimana si aspetta la crisi del latte a causa del mancato export di quello in polvere da parte della Germania che lo riversa liquido in tutta Europa.

“Si produceva di più perché la Cina consumava”, spiega Scanavino.

Altro problema il vino. L’Italia si dovrà preparare a gestire una situazione di emergenza.

“Si dovrà pensare a strumenti che riproducano situazioni antiche di distruzione del prodotto per tenere su il mercato. Il problema non sarà quello di avere poco prodotto, ma ce ne sarà troppo”.

“Noi stiamo adottando lo smart working, abbiamo individuato le categorie dei nostri lavoratori ammessi e da domani sarà operativo. Ma non funziona certo per chi lavora nei campi”, conclude.

“E’ eccessivo parlare di fine di globalizzazione. Si tratta di un momento di crisi e non è ancora chiaro dove questa porterà”, spiega ad AGRICOLAE il presidente di Copagri Franco Verrascina. “Per evitare contraccolpi nei confronti delle produzioni Made in Italy, che ribadiamo non sono portatrici del virus, dobbiamo rafforzare il nostro rapporto con i consumatori puntando sull’indiscutibile salubrità del prodotto italiano. Su questo dobbiamo puntare tutti quanti perché, al di là della riduzione delle scorte, dobbiamo riconquistare la fetta di mercato interno che finora abbiamo perso a causa di invasioni di campo straniere”.

“Oggi più che mai dobbiamo preoccuparci delle risposte da dare al consumatore. La prima è quella di garantire che il cibo non manchi, a livello nazionale”, spiega ad AGRICOLAE il presidente dell’Alleanza delle Cooperative agroalimentari Giorgio Mercuri. “Certamente c’è una preoccupazione sul post-coronavirus, che ancora non sappiamo quando avrà inizio”. “La risposta dipenderà dal tempo della crisi stessa. Quanto più sarà lunga tanto piu la globalizzazione cambierà”, prosegue. “In questo momento dobbiamo pensare che quanto accaduto in passato riprenderà nel futuro. Dobbiamo garantire ai cittadini che non mancherà il cibo sugli scaffali e il nostro impegno è di garantire ancora oggi in tutto il mondo il Made in Italy. Ma l’arbitro sarà il tempo”. Anche le cooperative si sono attrezzate per lo smart working: “ci stiamo attrezzando per lo smart working per rispondere a quelli che oggi sono i richiami che arrivano dalle istituzioni”.

Due le cosiderazioni che pone in essere il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti: “in una fase delicata come questa – spiega ad AGRICOLAEoccorre da una parte preservare il nostro Made in Italy; dall’altra dare un segnale di positività sul valore, la sicurezza e la tenuta del nostro sistema nazionale che garantisce le nostre produzioni”. Quindi da una parte garantire le produzioni italiane a fronte dei dazi e degli attacchi dall’estero e dall’altra lavorare perché il valore del ‘fatto in Italia’ mantenga alto il nome e il livello.