CORONAVIRUS, SERPILLO, UCI: AGRICOLTURA BASE RINASCITA, PENSARE A BOND GREEN. ITALIA PUO’ RIPARTIRE PRIMA MA MENO RISORSE DI FRANCIA E GERMANIA. PAESI COMPETITOR

Ma siamo svantaggiati di 6 volte rispetto alla Francia e di 11 volte contro la Germania. Serve subito un nuovo Piano Marshall.
Il Coronavirus sta cambiando il mondo conosciuto fino a questo momento. Mettendo in pausa – della durata ancora sconosciuta – la globalizzazione”.

Così il Presidente Nazionale UCI, Mario Serpillo, in un’intervista esclusiva ad AGRICOLAE.

“Nonostante gli appelli all’unità, da Draghi a Conte, i singoli Paesi – anche quelli facenti parte dell’Unione europea – guardano ai problemi domestici e la conseguenza è che ogni paese ne uscirà più o meno da solo e soprattutto in tempi e modalità diverse.
L’Europa dei 27 non sembra, per ora, aver compreso in pieno la gravità della situazione.
Come in tempo di guerra occorre aumentare il debito pubblico”, avverte Draghi dalle pagine del Financial Times.
E “questa è una battaglia che si vince tutti insieme altrimenti a perdere saremo tutti”, insiste Conte nel corso dell’informativa al Senato, sottolineando che all’UE servono misure straordinarie.
L’asse del nord, capeggiato dall’olandese Hoekstra, cavallo di Troia del mondo pangermanico, non vuole percorrere questa strada perché sarebbe “immorale, dato che alcuni paesi non hanno prodotto le necessarie riforme strutturali richieste”.
Questo mentre democratici e repubblicani, durante la sfida per le primarie presidenziali, votano uniti un pacchetto di misure proposte da Trump che vale 2.000 miliardi di dollari.

Ma il virus ha i suoi tempi. E a seconda della sua apparizione nelle varie aree del mondo – e all’approccio che avranno i singoli paesi – uscirà dalla vita delle persone in tempi inevitabilmente diversi. Impensabile infatti – a meno che non si trovi prima una soluzione universalmente efficace dal punto di vista sanitario – che tutti i paesi ne escano in simultanea”, prosegue Serpillo.

“L’Italia è stato il primo paese in Occidente ad essere stato contagiato. Ed è stato il primo – nonostante alcuni ritardi – ad aver preso misure di contenimento drastiche. Probabilmente sarà il primo paese ad uscirne.
Ma non è detto che le frontiere potranno essere aperte. Questo dipenderà dal diffondersi del virus fuori confine.
Gli italiani – che hanno mostrato un forte “spirito italico“, come lo ha definito lo stesso commissario straordinario Arcuri – hanno dato prova della responsabilità del tessuto produttivo del Paese con molte aziende che stanno riconvertendo le proprie linee produttive per far fronte alle necessità emergenziali”, insiste il presidente Uci.
“Ma non solo: l’economia italiana è caratterizzata da una struttura composta da molte piccole e medie imprese distribuite in maniera più o meno capillare sul territorio. Questo vuol dire che – a fronte di una ripartenza dell’economia – potrebbe avere più carte in regola per ripartire più velocemente rispetto ai paesi competitor europei ed extraeuropei la cui economia è caratterizzata invece prevalentemente da aziende di grandi dimensioni e di poderosi investimenti. È chiaro che un’azienda grande, se ferma per tre mesi, soffrirà molto di più rispetto a un’azienda piccola, magari a conduzione familiare, che si ferma per lo stesso periodo.
E che magari ha l’opportunità di ripartire con tre mesi di anticipo. Insomma, ancora una volta l’assetto leggero potrebbe rivelarsi nel breve periodo come un ricco plus per il sistema-paese.
Quindi l’Italia – in un clima di ‘competizione europea’, così come è stata definita dallo stesso Arcuri, che si è venuta a creare – ha la possibilità di ripartire prima e meglio degli altri paesi”, continua ancora.

“Ma occorre un piano di rilancio. Come il Marshall del dopo guerra. E occorrono uomini in grado di gestirlo; un nuovo De Gasperi in ogni Paese, per esempio.
La prospettiva delle future azioni del governo sta invece spaventando le imprese: la proroga di due anni per i controlli fiscali a fronte della sospensione di soli tre mesi degli adempimenti fa presumere infatti la volontà di voler rientrare dei costi sopportati dalle casse dello Stato con controlli a tappeto sulle aziende ed estesi oltre il tempo previsto. Un percorso su cui riflettere seriamente, che non può essere un’alternativa all’emissione di Eurobond ad hoc” prosegue ancora Serpillo.

“Come anche spaventa la mancanza di liquidità – secondo Tridico emergerà a maggio – che fa pensare alla possibilità di un eventuale prelievo sui conti correnti degli italiani. Ipotesi non peregrina che ripeterebbe quella che permise all’Italia di entrare in Europa con Amato e Prodi.
Il Piano Marshall permise all’Europa di uscire dal degrado socio economico derivante dalla Seconda Guerra Mondiale. Consisteva in uno stanziamento di oltre 12 miliardi di dollari. Ma quanto ebbero i singoli stati?
L’Italia prese 594 milioni nell’annualità 48/49, 405 mln nel 49/50 e 205 milioni di dollari nel 50/51 per un totale di 1204 milioni di dollari.
La Francia ne prese in totale 2296.
La Germania dell’Ovest 1448. I Paesi Bassi 1128. Il Regno Unito 3297.

Oggi i numeri non sono proporzionati:
L’Italia ha messo in campo 25 miliardi per una leva di circa 340 miliardi. Ulteriori 25 sono stati da poco annunciati dal premier.
La Francia ne ha stanziato fondi per una leva di 300 miliardi. La Spagna per una leva di 200. La Germania di 550.
Il che vuol dire che se nel dopoguerra l’Italia è ripartita con circa le stesse risorse della Germania, paese competitor per eccellenza, oggi riparte con un undicesimo delle risorse. E con un sesto della Francia a fronte della metà del piano Marshall.
Riassumendo: l’Europa ieri si è presa due settimane di riflessione perché nessuna soluzione comune è stata trovata.
L’Italia cerca anche soluzioni interne ma se da Bruxelles non giunge l’autorizzazione all’extra deficit non potrà praticare altro che il bail in. Il corto circuito finanziario è dietro l’angolo”.

E l’agricoltura?
“Il settore Primario per eccellenza è la base della rinascita” ribadisce.
“L’agricoltura è considerato un asset strategico per l’economia di ogni Paese. Per l’Italia lo è in maniera più significativa, se consideriamo tutto l’indotto con la trasformazione parliamo di un settore che vale qualche decina di miliardi l’anno.
Se il teorema regge, se davvero il nostro Paese si libererà prima degli altri di questo scomodo compagno di viaggio, varrà la pena ripartire da lì. Sostenere l’export, garantire la logistica, dare liquidità alle imprese, attivare campagne di marketing territoriale. In una parola, investire.
Possiamo immaginare che il day after imporrà delle scelte perché non ci saranno soldi sufficienti per tutelare ogni comparto produttivo”.

Conclude infine Serpillo: “L’UCI lancia l’idea-provocazione; diamo la priorità all’agroalimentare. Potrebbe diventare il bond green che andiamo cercando e che potremmo avere dentro casa”.