DAZI, BERTINELLI (PARMIGIANO): USA DI TRUMP ACQUISISCE QUOTE MERCATO CON ITALIAN SOUNDING. E INGANNA AMERICANI

“Il punto di partenza è ovviamente la questione Airbus e Boing per cui la Wto riconosce un indennizzo cui gli Stati Uniti hanno diritto in seguito a quanto accaduto. Ma come fanno gli Usa di Trump per rastrellare denaro? Pubblicano una serie di prodotti cui applicare un dazio ulteriore a quello preesistente. Ma la cosa che sorprende è la scelta dei prodotti”. Così ad AGRICOLAE il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano Nicola Bertinelli in merito ai dazi imposti dall’amministrazione Trump e ai dati pubblicati da AGRICOLAE sul mercato Usa del Cheese. Da cui emerge come la produzione americana di formaggio è rappresentata per la fetta maggiore proprio dall’Italian Sounding.

“Tutta questa storia dell’indennizzo – prosegue Bertinelli – sembra in realtà uno strumento con cui portare avanti altre finalità”. La lettera dei produttori Usa aderenti alla National Milk Producers Federation parla poi chiaro: noi abbiamo voluto i dazi perché l’Unione europea non ci permette di vendere i nostri prodotti utilizzando i nomi che evocano le indicazioni di origine di paesi altri. “Una cosa assolutamente inaccettabile e gravissima” spiega ancora il presidente del Consorzio del Parmigiano.

“La considerazione amara è che se un consumatore americano trova il Parmesan a 10 dollari e il vero Parmigiano Reggiano a 47 dollari, l’effetto combinato delle due leve, la forbice dei prezzi e l’utilizzo di nomi che evocano il prodotti italiano è devastante. Oltre a indurre in confusione il consumatore (come anche emerge la nostra ricerca che evidenzia come il 67% degli americani credono che il parmesan venga dall’Italia). Le due variabili sono ingredienti per cui alla fine un consumatore compra un prodotto economico pensando che venga dall’Italia. Cosa che si traduce in un danno sia per il produttore del Vero che per il consumatore americano che viene ingannato”.

Altro passaggio è il tema di libero scambio. “Nessun operatore economico pensa che i dazi siano uno strumento corretto oppure che sia corretto bloccare il commercio tra i paesi”, spiega Bertinelli. “Ma gli accordi di libero scambio devono prevedere anche una serie di elementi al di fuori dei dazi come la tutela del lavoro e la qualità delle materie prime. E’ chiaro che se mancano alcuni di questi passaggi e di regole, i prezzi di chi non produce agli stessi livelli dell’Italia saranno sempre più competitivi del made in Italy.

Occorre inoltre prevedere che il prodotto non inganni i consumatori, al di la dell’appartenenza politica o geografica. Altrimenti, cannibalizzando i nomi di altri paesi, si finisce per ingannare i propri cittadini. E così la moneta cattiva scaccia quella buona”.

Secondo Bertinelli “la discussione sugli accordi di libero scambio come il Ceta deve incentrarsi su questi aspetti, non solo su quelli meramente politici o economici”.

“L’America acquisisce – puntando sull’Italian sounding anche attraverso i dazi sul vero made in Italy – quote di mercato a scapito dei propri cittadini americani. Ingannadoli”, conclude.