DAZI, PRODUZIONE USA DI “ITALIAN TYPE” STRACCIA IL “MADE IN USA”. MERCATO AMERICANO DEL CHEESE PUNTA SU ITALIAN SOUNDING

L’America di Donald Trump punta sui formaggi italiani. Anzi, sull’Italian type. Perché l’Italian sounding straccia l’originale 100% Made in Usa.

In pratica l’economia del cheese a stelle e strisce è costituita per la maggior parte dai finti italiani.

Gli americani amano il made in Italy agroalimentare, e lo amano così tanto da averne paura per la loro economia del food. Anche perché tra i formaggi prodotti negli States, la maggior quota di produzione è costituita propri dagli Italian type: ovvero Mozzarella, Parmesan, Romano, etc etc.

Infatti, da quanto apprende AGRICOLAE visionando i dati della USDA, i formaggi – come dicono loro – Italian type (praticamente l’italian sounding), surclassano i formaggi American type.

Da quanto emerge dai dati non c’è formaggio tradizionale americano che possa competere con una qualsiasi Mozzabella o Parmesan.

E ora i dazi al 25% (aggiuntivi) sul vero Made in Italy lasciano maggior spazio all’Italian sounding americano che costituisce la maggior fetta del comparto produttivo lattiero caseario Usa.

A gennaio del 2017, i formaggi american type (Cheddar e altri) registravano una produzione, in termini di migliaia di pounds, di 434,638 contro i 455,515 dei formaggi Italian Type (Parmesan, Mozzarella, Provolone, Ricotta, Romano e altri).

A febbraio dello stesso anno gli american type possono contare su 390.324 (x mille pounds) contro i 407.544 degli italian type.

Stessa storia a marzo: 429,569 per gli American contro 471,216 per gli Italian. Idem ad aprile: 434,669 contro 449,326.

Maggio, giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre, novembre e dicembre stessa solfa.

Per un totale di 5.072.129 (x mille pounds) per gli American type contro i 5,395,248 degli Italian type.

La storia si ripete nel 2018 per un totale di 5,253,833 (pounds per mille) per gli americani contro i 5,556,850 per gli italiani (quelli che ‘suonano’ come tali). Con un aumento rispetto all’anno precedente del 3 per cento.

A proposito dei dazi Usa sui formaggi Made in Italy, la National Milk Producers Federation le cui cooperative associate producono più di due terzi del latte statunitense, aveva dichiarato che “le tariffe di ritorsione annunciate sono un appello al commercio equo e solidale e un’indicazione che il commercio deve essere un commercio bidirezionale. Quale modo migliore per ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti con l’Europa se non vendendo loro i pluripremiati formaggi statunitensi”?

Aveva inoltre parlato di concorrenza sleale: “l’UE ha abusato dell’uso improprio delle indicazioni geografiche per limitare la concorrenza degli esportatori di formaggio negli Stati Uniti che utilizzano denominazioni alimentari comuni. Invece di competere testa a testa con gli alimenti di alta qualità prodotti in America, consentendo l’uso di denominazioni alimentari comuni per coesistere con le indicazioni geografiche relative a tali prodotti, l’Europa blocca invece le vendite di questi prodotti alimentari di uso quotidiano provenienti dagli Stati Uniti e spinge aggressivamente altri paesi a fare lo stesso.

Ma tra gli “alimenti di alta qualità prodotti in America” la maggior quota ce l’hanno propri i formaggi che imitano il Made in Italy. Quelli che loro chiamano denominazioni alimentari comuni e che noi chiamiamo invece Italian Sounding.

Per saperne di più:

https://usda.library.cornell.edu/concern/publications/jm214p131?locale=en