EXPORT, USA MINACCIA DAZI ANCHE SU VINO

Una vera e propria black list quella ipotizzata dal presidente Usa Donald Trump sui prodotti da importare nel Paese a Stelle e Strisce. Che andrebbe a colpire l’export made in Italy per il quale, dopo la scelta dell’embargo russo, nel governo Renzi si era deciso di ‘abbandonare’ l’esportazione russa per puntare proprio su quella Usa. Con tanto di Piano straordinario del Made in Italy e bando affidato alla Boston Consulting, impresa che cura gli interessi della GDO americana.

Ora si rischia di vanificare tutti gli sforzi – delle aziende tricolori – ed economici che si erano fatti con l’Italian Taste.

Trump minaccia di inasprire i dazi sui prodotti provenienti dall’Unione Europea per un totale di 11 miliardi di dollari in risposta agli aiuti ad Airbus. Nella lista preliminare stilata dall’ufficio del rappresentante commerciale degli Usa, Robert Lighthizer, compaiono anche molti prodotti alimentari come il Pecorino, Emmental, yogurt, burro, vini con e senza Bollicine, olio d’oliva, agrumi e marmellate.

Prima di attivare queste misure, gli Stati Uniti attenderanno che il Wto stimi il valore di quelle che vengono definite ‘contromisure’ rispetto ai sussidi europei a Airbus. “La Ue si è approfittata degli Usa sul commercio per molti anni. Questo finirà presto”, ha twittato Donald Trump. “Il Wto – afferma – ha trovato che gli aiuti della Ue ad Airbus hanno avuto un impatto negativo sugli Usa”.

Una risposta “esagerata” per Bruxelles che sottolinea che la definizione del volume dei dazi spetta al Wto e che in ogni caso l’Unione europea si prepara a prendere a breve le stesse misure contro gli Stati Uniti per gli aiuti a Boeing.
L’Italia aveva puntato tutte le sue carte sulla giocata perdente.

Per saperne di più era stato scritto:

MADE IN ITALY, 30 MLN PER VENDERE IN USA CON BANDIERA “A SCALINI”. PIANO E’ “MONITORATO” MA ANCHE “REVISIONATO” (COMPITO DEL MISE) DA MULTINAZIONALE USA CHE TRA I SUOI CLIENTI HA LE STESSE GDO TRA QUELLE SCELTE SU CUI INVESTIRE SOLDI ITALIANI MISE: ABBIAMO SCELTO BCG PER QUESTO MA NESSUN CONFLITTO DI INTERESSI. RAPPORTI CON GDO CURATI DA ICE. NEL FRATTEMPO VIA VAI DI DIRIGENTI ICE TRA MOSCA E NEW YORK

Made-in-Italy_2Circa 30 milioni di euro – tra i 12 del Mipaaf e i 18 del Mise – per promuovere il made in Italy agroalimentare in Usa attraverso tre gradini tricolori. Un piano “strategico” di rilancio del settore che dovrebbe essere messo a punto dall’Ice. Ma che succede se questo viene “monitorato” e “revisionato” da una multinazionale Usa di consulenza di management incaricata con un budget al di sotto di soli 5mila euro rispetto la soglia prevista (200 mila euro, ndr) per indire il bando di concorso? E cosa succede se tra le cinque catene di distribuzione su cui puntare per vendere le eccellenze della tavola made in Italy dovessero figurare proprio due clienti della stessa multinazionale? Qualcuno potrebbe pensare che i soldi degli italiani vengano usati da una multinazionale Usa per fare pubblicità a Gdo Usa clienti della stessa, che decidono di vendere made in Italy marchiato con un segno unico distintivo. Nel senso che saranno utilizzati i soldi stanziati dal governo italiano per promuovere i prodotti italiani sotto la bandiera “a scalini” del segno unico distintivo sugli scaffali dei clienti della stessa società che ha revisionato e monitorato il piano di promozione. Facendo così – direttamente o indirettamente e anche senza volerlo – trarre un vantaggio ai propri clienti che vedranno canalizzati investimenti di cui direttamente o indirettamente usufruiranno anche loro. Dalla multinazionale rispondono ad AGRICOLAE che non possono dare informazioni riguardo i propri clienti. Agricolae ha chiesto anche al Mise in merito al ruolo della Boston Consulting e in merito a un eventuale coincidenza di clienti. Nel confermare che il lavoro della Bcg “si è concluso” sulla “coincidenza” di clienti, ecco quanto ribadito:

calenda-400x265“Abbiamo preso Bcg – fanno sapere ad AGRICOLAE dallo staff del viceministro Mise Carlo Calenda – proprio perche conosce la Gdo americana altrimenti sarebbe stata del tutto inutile. Gli Usa sono un mercato molto complesso e le regole della Gdo molto specifiche, e questa operazione e’ per dimensione e meccanica senza precedenti. Bcg cosi come Mckinsey (e tutte le altre minori da bain ad Atkerney, Value partners etc) hanno migliaia di clienti tra i top brand mondiali, la maggior parte in concorrenza tra di loro e/o fornitori l’uno dell’altro. Questo ovviamente non configura alcun conflitto di interesse perche’ vi e’ una rigida compartimentazione delle informazioni e perche’ non vi e’ alcuna revenue sharing con i clienti. Se cosi non fosse queste societa’ non avrebbero clienti e fallirebbero mentre, proprio per la complessita’ del mercato mondiale, sempre più’ aziende e istituzioni fanno ricorso ai loro servizi, soprattutto quando si tratta di innescare processi di cambiamento improntati all’efficienza”. E hanno aggiunto che “il rapporto con Bcg si è concluso il primo maggio e nei tre mesi di lavoro il Gruppo Usa ha assitito l’Ice nella predisposizione del piano. I rapporti con la Gdo li sta curando Ice New York” che ha visto un cambio di poltrone con Mosca. Obiettivo ultimo è quindi promuovere nel mondo il made in Italy agroalimentare con la prospettiva di far crescre l’export a qutoa 50 miliardi entro il 2020.

Ma andiamo con ordine.

L’Italia attribuisce un peso strategico all’agroalimentare sottolineato dagli impegni assunti dal Governo Renzi con il decreto “Sblocca Italia” con il quale era stata delegata al MISE la stesura del “Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy” che ha messo in primo piano la lotta al fenomeno della falsificazione del prodotto agroalimentare nostrano.

L’italian sounding è un fenomeno da anni noto agli addetti ai lavori ma che da poco ha assunto gli onori delle cronache. Oggi, secondo gli operatori, ha proliferato e rappresenta un ampio mercato che alcuni stimano in mancati acquisti delle nostre produzioni, il cui valore si aggirerebbe intorno ai 150 milioni di euro al giorno. Sul podio dei “falsari” ci sono proprio le industrie statunitensi che da anni utilizzano il fascino dell’italianità per produrre e vendere, soprattutto negli scaffali della GDO, prodotti realizzati altrove e che di italiano hanno solamente nome e packaging.

bandiera-trCome già anticipato da Agricolae, il Piano straordinario del Mise è stato approvato a febbraio 2015. Il Piano ministeriale ha previsto un impegno economico pubblico di 30 milioni di euro (circa 12 milioni di euro da parte del Mipaaf presi dal Dl competitività di agosto e 18 da parte il Ministero dello Sviluppo economico previsti dal Def, (oltre ai 4 milioni per il segno unico distintivo) da utilizzare “con la grande distribuzione” per introdurre nei supermercati esteri più prodotti del Made in Italy. L’obiettivo ambizioso del Piano è di inserire negli scaffali della grande distribuzione americana marchi di qualità, appartenenti ad aziende di piccole dimensioni.

Prossima (il 27 maggio) la presentazione del famoso “segno distintivo unico”: la scelta è ricaduta su una bandiera tricolore “a scalini“ e per la diffusione internazionale di questo marchio distintivo il Piano ha previsto un impegno economico importante. L’ente che deve attuare entrambe le iniziative studiate per contrastare l’Italian sounding, sempre secondo il decreto legge, è l’ICE-Agenzia.

Agricolae ha tentato di capire come e quali attività e con quali tempi l’ICE intende dare seguito ai buoni propositi del Piano straordinario 2015, considerando che ad oggi, fine maggio, poco o nulla di concreto è stato realizzato.

Dai documenti rintracciati e dalle informazioni raccolte è emerso che è stato formalmente affidato dall’Ice (stando a quanto si evince anche dalla documentazione online dell’Agenzia) alla società THE BOSTON CONSULTING GROUP SRL il compito di “Assistenza tecnica, controllo di gestione e monitoraggio delle attività promozionali”.

Dall’ICE tuttavia hanno fatto sapere ad AGRICOLAE che la multinazionale americana starebbe svolgendo – ma dal Mise dicono che il rapporto è finito – anche una attività di “revisione” del Piano straordinario benché, secondo la legge, la competenza di redigere il Piano straordinario fosse stata delegata unicamente al MISE. L’importo di aggiudicazione della gara vinta da Boston Consulting sarebbe di appena 5 mila euro sotto la soglia prevista per le gare europee, ovvero 195.000 euro.

L’ICE ha reso noto anche che le attività promozionali vere e proprie saranno svolte “direttamente” dal personale, “ivi comprese quelle riguardanti la promozione del settore agroalimentare in USA, dagli accordi con la GDO (in corso di definizione), al piano di comunicazione (un altro piano? ndr), alle attività di supporto alle imprese attraverso i 5 uffici negli USA.”

BANDIERA USAInsomma, anziché appaltare ad una agenzia di comunicazione internazionale, mediante gara europea, una cospicua parte dei 30 milioni di euro messi a disposizione dal Governo Renzi, l’ICE ha scelto di gestire l’imponente somma di denaro in “amministrazione diretta”. E pur dovendo fare i conti con le leggi sugli appalti pubblici, che prevedono il divieto di frazionare artificiosamente la richiesta di beni e servizi, all’ICE, sempre secondo le informazioni raccolte, sarebbe in corso la gara per la selezione della società che dovrà occuparsi della campagna di comunicazione in USA. Anche in questo caso l’assegnazione della gara avverrà ai sensi del regolamento interno per le spese “in economia” e l’importo posto a base d’asta sarà necessariamente inferiore alla soglia prevista di 200.000 euro.

Come per l’affidamento a Boston Consulting l’impegno di spesa previsto dall’ICE è molto marginale rispetto budget complessivo. Un budget di cui resta a questo punto poco chiara la destinazione e le rispettive procedure di impegno delle spese.

Altro punto poco chiaro agli addetti ai lavori è come verrà persuasa la Gdo americana a rinunciare al fruttuoso business delle imitazioni dei nostri prodotti. Per ovvi motivi infatti il margine di un supermercato per la vendita di un finto prosciutto di Parma, stagionato nel Wisconsin, è di gran lunga superiore alla vendita dell’originale importato dall’Italia. Ed è qui che potrebbe giocare un ruolo importante la Boston Consulting in quanto sembrerebbe che tra i sui clienti storici ci siano anche catene della GDO ben radicate sul territorio americano come “Stop and Shop” e “Kroger”. Ma quest’ultimo è un punto estremamente delicato:  da Boston Consulting fanno sapere che non commentano mai sui propri clienti e dal Mise, nel confermare la notizia, ribadiscono che “se così non fosse sarebbe inutile” in quanto proprio in virtù dei clienti della Bcg la promozione del made in Italy può essere maggiormente capillare ed efficiente. Ma appare anche il rischio di generare in seno alla stessa un palese conflitto. La multinazionale americana si ritroverebbe infatti a dover gestire contemporaneamente due clienti, ICE e catene di distribuzione USA, portatori di interessi divergenti. Dato che la BCG ha già tra i suoi clienti almeno due catene della Grande Distribuzione tra quelle scelta per il Piano di promozione da lei “monitorato” e “revisionato” potrebbe emergere un eventuale conflitto di interessi in quanto la BCG, indirizzando i soldi italiani nelle catene Gdo suoi clienti, potrebbe far trarre un vantaggio in termini economici o anche solo di visibilità.

iceC’è poi il “via vai” dagli uffici Ice proprio in un momento cruciale tra il piano di promozione Usa e il Ttip. A giudicare dagli organigramma pubblicati sul sito dell’Agenzia-ICE, l’atteso scambio di poltrone tra i direttori delle sedi Usa e Russia sarebbe finalmente operativo.

Pier Paolo Celeste, che era seduto nella poltrona più ambita delle sedi Ice, qulla di New York, è da qualche giorno in forze a Mosca, dove il mercato è fermo a causa di un embargo. Proprio a cavallo dell’anno del piano di internazionalizzazione e del Ttip. Mentre Maurizio Forte è approdato a New York, la sede da cui l’ICE coordina gli altri 4 uffici statunitensi preposti alla promozione del Made in Italy.

Il diploma di perito agrario conseguito da Forte nel 1982 con 60/60, considerando anche il peso strategico che ricopre il sistema agroalimentare italiano, avrà senza dubbio pesato sulla decisione dei vertici dell’Agenzia di cooptare negli Usa il proprio funzionario dopo appena 2 anni dalla nomina di direttore della sede moscovita (che risale infatti ad aprile del 2013).

I problemi non finiscono qui, all’ICE infatti, oltre a dover evitare frazionamenti artificiosi e conflitti di interesse, devono anche fare i conti con le norme europee che vietano gli “aiuti di stato” secondo le quali non sono ammissibili stanziamenti di origine statale che procurano un vantaggio ad una o più imprese con un impatto sulla concorrenza e sugli scambi.

MADE IN ITALY, CALENDA: NESSUN TRUST. 195MILA EURO A BCG PER ESSERE CERTI DI SPENDERE BENE I 70MLN CHE INVESTIAMO. IL VICEMINISTRO ALLO SVILUPPO ECONOMICO: NORMALE CHE AZIENDE COSI GRANDI ABBIANO CLIENTI NELLA GDO. ORA TUTTO IN MANO ALL’ICE

08-calenda-i“Boston consulting è stata scelta all’interno delle norme di appalto perché la gara era sotto i 200 mila euro. Ci è arrivata, insieme ad altre, anche la richiesta di interesse da BCG. La nostra scelta è caduta su di loro perché tra le varie offerte era quella che aveva un rapporto qualità prezzo migliore”. Così ad AGRICOLAE il viceministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda in merito all’inchiesta sul piano di promozione del made in Italy negli Stati Uniti e sul ruolo della Boston Consulting Group nel “monitorare” e “revisionare” il progetto.

Da quanto è emerso, alcune delle catene della Grande distribuzione Usa su cui si è deciso di investire le risorse stanziate dal Dl Competitività e dal Def (un totale di circa 30 milioni di euro) attraverso il Piano strategico “revisionato” dalla Bcg, sono clienti della stessa Bcg. Il che potrebbe far pensare a un conflitto di interessi. I clienti della Bcg potrebbero infatti trarre un vantaggio in termini economici o di visibilità dal piano redatto dalla stessa Bcg su come usare i soldi italiani. Ma non ha dubbi a riguardo il viceministro: “Non credo esista, tra le società di consulenza così grandi, qualcuna che non abbia, tra i suoi clienti, anche qualche colosso della Gdo americana”, spiega. “L’alternativa avrebbe potuto essere quella di scegliere una società di consulenza italiana, ma, evidentemente, ci sarebbe servito a poco per fare il piano di intervento sugli Stati Uniti”. Secondo Calenda “è naturale che queste grandi aziende abbiamo più clienti, spesso anche in concorrenza. Un’azienda come la BCG ovviamente – prosegue – però non lavora sulla base di profit sharing. Vuol dire che non guadagnano di più se le aziende clienti guadagnano di più e, anzi, hanno una compartimentazione delle informazioni.Così lavorano tutte le grandi aziende del mondo e, per una volta, lo ha fatto anche il governo italiano”.

“Non esiste nessuna possibilità che si possa ravvisare un trust anche perché le grandi catene hanno decine di consulenti su decine di progetti specifici”, insiste. “Non rivolgerci a BGC, che ha affiancato ICE, sarebbe stato uno spreco di fondi pubblici, perché avremmo corso il rischio di non intercettare informazioni chiave per il mercato amerciano”, continua ancora il viceministro.

“Questa è una normale pratica di tutte le aziende e di molti stati”, prosegue ancora nello spiegare che “ora la campagna sarà nelle mani di Ice e dei distributori, e Ice aveva bisogno di competenze specifiche. Avevamo bisogno di spendere bene i 195 mila euro della consulenza – conclude infine – per essere certi di spendere con efficacia i 70 milioni (in totale) che investiamo”.