Giuseppe Politi: l’anno che verra’…

politi ghL’anno che sta per chiudersi ha sicuramente segnato tappe di grande rilievo per il futuro della nostra agricoltura. Due per tutte: la riforma della Politica agricola comune e la costituzione di Agrinsieme, il coordinamento tra Cia, Confagricoltura e Alleanza delle cooperative italiane. Eventi che s’inseriscono in un quadro molto critico del settore primario che ancora una volta è stato costretto ad affrontare sfide complesse, con pressanti difficoltà legate alla crescita considerevole dei costi produttivi, contributivi e burocratici che stanno fiaccando il valore delle imprese, incrinandone pericolosamente la competitività.

Il 2013 è stato, dunque, un altro anno carico di affanni per l’agricoltura che, pur alle prese con una profonda crisi generale, è riuscita ad attutire i colpi di una congiuntura sempre più negativa. L’export agroalimentare ha continuato a segnare un andamento estremamente positivo, mentre sul fronte dell’occupazione proprio il settore primario ha dato risposte a molti giovani. La situazione, comunque, resta alquanto precaria. Ed è per questo che è necessaria (lo abbiamo detto in più occasioni) una rinnovata politica agraria nazionale, resa ancora più urgente dalla riforma della Pac.

All’agricoltura italiana, come del resto a tutto il sistema economico-produttivo, serve un tangibile segno di rinnovamento. I profondi cambiamenti e le asperità di una crisi che non sembra avere fine richiedono un passo diverso da chi oggi è chiamato a prendere decisioni. Il settore agricolo, e più in generale quello agroalimentare, hanno dimostrato grande vitalità. Il trend dell’export del “made in Italy” ne è la tangibile conferma. Occorre, però, che si mettano in cantiere provvedimenti e misure capaci di dare una drastica svolta in grado di aprire prospettive certe per tantissimi imprenditori agricoli che ogni giorno contribuiscono a creare ricchezza per il nostro Paese.

Ovviamente, nelle campagne il malessere e il disagio sono notevoli. Rispecchiano quanto sta avvenendo oggi nella società italiana in grande crisi d’identità e trafitta da una serie allarmante di problemi, a cominciare da quelli economici. Un Paese colpito e ferito che mostra rabbia e malcontento. Un Paese dove larghi strati di popolazione si trovano costretti a convivere con la povertà. Tante le categorie, compresa quella degli agricoltori, che hanno perso terreno e si affannano ad una rincorsa sempre più ostica. Tante le imprese che si sono arrese sotto la mannaia della crisi. La protesta dei “forconi”, pur strumentalizzata, è il segno di un periodo difficile che richiede atti concreti e soprattutto mirati al superamento delle difficoltà. Naturalmente non possiamo condividere chi ha scelto la piazza solo per dare spazio alle violenze e chi fomenta la gente esasperata sfruttandone il disagio per di saldarlo alla collaudata retorica anti-politica. Così si rischia di. gettare il Paese nel caos.

Per questa ragione riteniamo importante che in momenti del genere emerga grande senso di responsabilità da parte di tutti, istituzioni e forze politiche in primis. Serve una sterzata che certo non può avvenire da atteggiamenti populisti che sono unicamente perniciosi e devastanti. Non è certo edificante sentire e vedere leader politici o peggio ancora ministri della Repubblica dar fuoco alle polveri della protesta o ergersi a una sorta di sceriffi partecipando al blocco delle frontiere e al controllo delle merci che vi transitano. Così non va. La crisi non si debella e non si supera con le sceneggiate, né tanto meno con coreografie cinematografiche allestite soltanto per avere un ritorno mediatico. Altro che bene della collettività. Di chi produce e lavora. Di chi quotidianamente fa sacrifici. Dei giovani che non vedono grandi speranze per il loro domani.

Proprio non ci siamo. L’attuale fase ha bisogno di correttezza e di concretezza. Le istituzioni devono dare risposte efficaci attraverso leggi e regole che permettano al Paese di riprendere la strada dello sviluppo. Non abbiamo necessità di slogan a effetto o di promesse elettorali. La gente oggi chiede fatti tangibili. Li chiedono anche gli agricoltori stanchi dalla mancanza di politiche organiche e di strumenti operativi validi finalizzati a Far quadrare i conti tra le spese per produrre e ciò che si ricava dalla vendita dei prodotti sui mercati.

Non dobbiamo dimenticare che il nostro paese importatore netto di derrate alimentari, soprattutto di cereali, latte e carne che sono alla base dell’alimentazione umana. Viceversa, abbiamo bisogno di regole condivise approntate sul principio della reciprocità degli scambi commerciali.

Non si dica, quindi, che certi atteggiamenti giovano ai nostri agricoltori, né tanto meno alla lotta alla contraffazione che penalizza duramente le produzioni tipiche italiane. Le strade da percorrere sono diverse e vanno battute con fermezza, ma anche con grande serietà e senso di responsabilità.

L’anno che verrà deve essere affrontato in maniera nuova. Ci sono opinioni contrastanti sull’avvio o meno della ripresa. Noi come agricoltori ci siamo e siamo pronti ancora una volta a dare il nostro contributo. Aspettiamo che gli impegni, più volte annunciati, divengano realtà. Il tempo, in questo caso, non è il migliore alleato. Bisogna, dunque, agire bene e in fretta. Governo e Parlamento devono dimostrare che hanno veramente a cuore l’agricoltura, l’economia, il sistema imprenditoriale, l’intera società. Abbiamo necessità di aria e di speranze nuove.

 

Giuseppe Politi

Presidente nazionale della Confederazione italiana agricoltori – Cia

 

 

 

 

 

 

Giuseppe Politi