INTERROGAZIONE, DE BONIS MISTO SENATO, SU TRASFERIMENTO FONDI PILASTRO PAC

Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-02900

presentata da

SAVERIO DE BONIS

giovedì 13 febbraio 2020, seduta n.191

DE BONIS – Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri per gli affari europei e delle politiche agricole alimentari e forestali. – Premesso che:

il 6 febbraio 2020, nelle Commissioni riunite 5a e 14a del Senato si è tenuta l’audizione del Ministro per gli affari europei sul quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027;

la proposta della Commissione europea per la politica agricola comune 2021-2027 prevede uno stanziamento di 365 miliardi di euro a prezzi correnti: una dotazione che corrisponde a una percentuale media del 28,5 per cento del bilancio complessivo della UE previsto per lo stesso arco di tempo, quantificato in 1.135 miliardi di euro in impegni. L’importo totale a prezzi correnti della spesa PAC nell’ambito del precedente quadro finanziario pluriennale 2014-2020 è stato di 408,31 miliardi di euro, corrispondenti al 37,6 per cento del bilancio generale della UE a 28 Stati membri per il settennio;

i prezzi correnti rappresentano gli importi effettivi che i beneficiari finali riceveranno dal bilancio UE, i prezzi costanti non tengono conto dell’inflazione e vengono utilizzati per confrontare l’incidenza economica degli investimenti su un periodo più lungo;

secondo la Commissione europea, la PAC 2021-2027 subirebbe una riduzione del 5 per cento a prezzi correnti rispetto al periodo 2014-2020, il che equivarrebbe a una riduzione di circa il 12 per cento a prezzi costanti 2018, al netto dell’inflazione. Secondo il Parlamento europeo il taglio ammonterebbe al 15 per cento;

la riduzione degli stanziamenti per la politica agricola comune, avviata già dal periodo di programmazione 2000-2006, così come quella per un altro settore tradizionale come la politica di coesione, viene giustificata dalla Commissione europea con l’aumento di risorse in altri settori (ricerca e innovazione, ambiente, migrazioni e difesa) e tiene conto anche dell’uscita del Regno Unito dalla UE, con la conseguente perdita di risorse, stimata dalla Commissione in circa 12 miliardi di euro all’anno;

dell’importo totale di 365 miliardi di euro previsto dalla Commissione europea per la politica agricola 2021-2027, 286,2 miliardi di euro sono destinati al Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), il primo pilastro della PAC, che finanzia i pagamenti diretti agli agricoltori e le misure di mercato, senza necessità di cofinanziamento. 78,8 miliardi sono invece destinati al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), il secondo pilastro, che finanzia lo sviluppo rurale in regime di cofinanziamento. A questo insieme di risorse si aggiungono ulteriori 10 miliardi di euro per sostenere attività di ricerca e innovazione in prodotti alimentari, agricoltura, sviluppo rurale e bioeconomia;

la proposta della Commissione prevede che gli stanziamenti dei due pilastri possano essere trasferiti dall’uno all’altro fino ad un massimo del 15 per cento. Un ulteriore 15 per cento potrà poi essere trasferito dal primo al secondo pilastro per interventi con obiettivi ambientali e climatici. Il 2 per cento degli stanziamenti potrà invece essere trasferito dal primo al secondo pilastro per misure rivolte ai giovani agricoltori;

in base alla proposta, l’Italia avrebbe una dotazione complessiva di circa 36,3 miliardi di euro a prezzi correnti (24,9 miliardi di euro per i pagamenti diretti, circa 2,5 miliardi per le misure di mercato e circa 8,9 miliardi per lo sviluppo rurale), corrispondenti a 32,3 miliardi di euro a prezzi costanti (22,1 miliardi di euro per i pagamenti diretti, circa 2,2 miliardi per le misure di mercato e 7,9 miliardi per lo sviluppo rurale). Rispetto agli oltre 41 miliardi di euro dello stanziamento PAC 2014-2020 (27 per i pagamenti diretti, 4 per le misure di mercato e 10,5 per lo sviluppo rurale), la riduzione equivale a circa 5,2 miliardi di euro;

considerato che:

le Regioni italiane hanno più volte dimostrato scarsa efficienza nella spesa dei fondi destinati ai programmi di sviluppo rurale. Su circa 9 miliardi di euro a prezzi correnti, più della metà viene disimpegnata e, invece di essere destinata al mondo agricolo, favorisce la riduzione della contribuzione netta dell’Italia verso il bilancio UE;

anche i fondi di coesione non spesi (ogni settennio sono decine di miliardi di euro), contrariamente ai luoghi comuni, non tornano indietro all’Unione europea ma si traducono in minore contribuzione per gli italiani verso l’Europa: insomma, meno tasse ma a spese degli agricoltori e delle popolazioni rurali. Un tesoretto di oltre 38 miliardi di euro, di cui circa una trentina finanziati dalla politica di coesione dell’Unione europea, risorse che le Regioni e alcuni Ministeri dovranno spendere entro il 2023 per realizzare progetti e iniziative per i quali sono già stati impegnati;

la situazione è monitorata con attenzione dalla Commissione europea, che già a inizio novembre 2019, in occasione della riunione annuale con le Regioni e il Governo a Trieste, aveva espresso le proprie preoccupazioni per la lentezza con cui l’Italia spende i fondi strutturali europei. In sostanza la capacità complessiva di assorbimento di tali risorse, a fine 2019, si è fermata al 28,53 per cento, un dato che resta tra i più bassi dell’intera Unione;

peraltro, pare che il programma sviluppo rurale Puglia, a seguito di bandi affetti da errori macroscopici che avrebbero falsato la graduatoria favorendo di fatto le soccide, sia nel mirino dell’antifrode europea, così come riporta la “Gazzetta del Mezzogiorno” del 13 febbraio 2020;

tenuto conto che:

gli agricoltori hanno scarsa credibilità bancaria per cofinanziare i progetti del secondo pilastro rischiando di ridurre il budget per gli anni successivi secondo il principio della spesa storica;

non è mai successo che le risorse non siano state spese col meccanismo delle domande agroambientali, anzi è vero il contrario, dal momento che la loro limitatezza ha sempre ostacolato lo sviluppo delle produzioni biologiche come richiesto dai consumatori;

relativamente alle misure agroambientali va precisato che la misura A1 dell’agricoltura biologica è stata penalizzata a partire dal regolamento (CEE) n. 2078/92, dal momento che gran parte dei fondi sono stati dirottati sulla misura A2 (lotta integrata) in cui sono previsti i fitofarmaci tossici di sintesi. È ciò che sta accadendo ancora oggi e che accadrà anche per i prossimi piani sviluppo rurali 2021-2027 se non si interviene per scongiurarlo;

tenuto conto, infine, della scarsa capacità di spesa di molte amministrazioni, regionali e ministeriali, della pesante crisi che investe il mondo agricolo e i comuni rurali, dello spopolamento in corso in molti comuni del Mezzogiorno, degli obiettivi specifici della PAC, contenuti nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) che, all’articolo 39, comma 1, lett. b), recita: “assicurare così un tenore di vita equo alla popolazione agricola, grazie in particolare al miglioramento del reddito individuale di coloro che lavorano nell’agricoltura”,

si chiede di sapere:

quali iniziative il Presidente del Consiglio dei ministri, in previsione del prossimo Consiglio europeo, ed i Ministri in indirizzo, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, intendano assumere affinché siano modificate le previsioni della Commissione UE sui trasferimenti da un pilastro all’altro e l’utilizzo dei fondi entro tre anni dall’impegno a bilancio;

se non si ritenga che sarebbe opportuno, almeno per la PAC, ricalibrare in automatico i trasferimenti dal secondo al primo pilastro, in modo da favorire con più premi l’agricoltura biologica, ecosostenibile, salubre e senza organismi geneticamente modificati o nuove tecniche di ingegneria genetica NBT.

(4-02900)