LE INTERVISTE PER IL 2014-2015, Luigi Scordamaglia: guardo il bicchiere mezzo pieno, ma cambiare, cambiare e cambiare. Svolgeremo ruolo attivo

Luigi Scordamaglia_2014_B“Non posso che vedere il prossimo anno come un anno di grosse sfide per il settore. Un anno che deve realmente rappresentare quello di svolta e di rilancio del food and beverage italiano sui mercati mondiali. Il mondo è oggi alla ricerca di prodotti e di un modello agroalimentare efficiente, di qualità e sostenibile con cui rispondere alla sfida strategica della food security e noi, con Expo, avremo la possibilità di dimostrare a milioni di persone, a moltissime delegazioni ufficiali e a buyers di tutto il mondo che il modello agroalimentare italiano è quello che meglio di qualsiasi altro risponde a questi requisiti”, così ad AGRICOLAE Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, nel tirare le somme sull’anno che si sta chiudendo e guardando all’apertura del 2015.

Per quanto rguarda invece il fronte mercato interno, Scordamaglia spiega: “tendo sempre a vedere il bicchiere mezzo pieno per cui mi ostino a leggere positivamente i pochi decimali di segno positivo che sono previsti per 2015 per i consumi alimentari. Ma è evidente che questo è un Paese da anni nel più totale immobilismo e così non è più possibile continuare. Sono preoccupato, nel nostro settore, dalla mancanza di investimenti importanti. La forza della nostra industria alimentare è quella di aver sempre innovato, seppur nella sapienza della tradizione, processi e prodotti. Oggi per aprire un nuovo impianto produttivo ci vuole un gran coraggio ed una pazienza infinita con una burocrazia che vorrebbe che tutto rimanesse sempre fermo. Bisogna rompere in qualsiasi modo questo circolo vizioso, è questa la vera priorità”.

Un anno in cui industria ed agricoltura andranno finalmente d’accordo. “Ne sono certo, siamo interdipendenti. La produzione agricola nazionale è vitale per molti dei nostri settori industriali. Ci concentreremo sulla valorizzazione della materia prima italiana, dove è presente, pretendendo però che non si discrimini in alcun modo la materia prima estera indispensabile per colmare carenze sia quantitative che in alcuni casi qualitative (penso al grano) delle nostre filiere. Saremo fermi però – spiega – nel respingere fughe in avanti di normative nazionali applicabili solo ai produttori di questo Paese, al di là delle più o meno giuste intenzioni, sarebbero comunque discriminanti e controproducenti. Bisogna imparare a portare la legislazione comunitaria su quello che riteniamo più giusto, non percorrere scorciatoie che creino solo confusione con il solo risultato di essere inapplicabili. L’alimentare non deve essere un campo in cui fare facile demagogia, è troppo importante per questo Paese…

Cosa vi aspettate dal Governo e dal sistema Paese? “Cambiamento, cambiamento, cambiamento. Ed intendiamo assumere un ruolo attivo, di responsabilità e di collaborazione affinchè ciò avvenga. È chiaro che nessuno può avere la bacchetta magica. Le misure sul jobs act, ad esempio, non sono certo tutto quello che avremmo voluto, ma non possiamo dimenticarci da dove veniamo, dobbiamo ricordare quanto difficile nel nostro Paese sia ogni minimo cambiamento normativo soprattutto su argomenti incomprensibilmente ritenuti “intoccabili”. Se questo è il traguardo, è evidente che è troppo poco, se invece, come credo, è l’inizio di una coraggiosa rivoluzione copernicana che non potrà che andare oltre ed interessare altri ampi settori sinora esclusi, allora ben venga. Per il resto, cambiare non deve voler dire “buttare il bambino con l’acqua sporca”. Ci sono strutture ed Enti che faticosamente si stanno rilanciando, riorganizzando, rendendo più produttivi nonostante le pesanti zavorre di una normativa borbonica. Penso all’ICE ad esempio o ad altri esempi simili”.

“Una bella sfida insomma da non delegare ad altri – conclude – ma da affrontare singolarmente in prima linea. Come sempre”.