L’EDITORIALE DI RAZZANTE: SANZIONI SI TRADUCONO IN MULTE DA PAGARE? BASTA CHE NON COLPISCANO CHI LAVORA PER IL PAESE

La segnalazione da parte della COPAGRI Puglia delle sanzioni a numerosi agricoltori della zona, che sarebbero stati multati per aver trasgredito al divieto di circolazione imposto dalla pandemia in atto, poiché si recavano nei propri fondi agricoli, necessita di un chiarimento che, ovviamente, prescinde dal caso specifico.

Dopo numerosi “tentativi” legislativi di regolamentare il fenomeno del contagio da Coronavirus, principio ovviamente sacrosanto, si è creato un quadro giuridico che rischia di essere disorientante per coloro che devono applicare le norme, così come per i cittadini che devono rispettarle. Il decreto legge n.19 del 25 marzo ha infatti sostituito le famigerate sanzioni penali dell’ammenda di 206 euro o arresto fino a 3 mesi, con quelle amministrative in un minimo di 400 euro fino a un massimo di 3.000 euro, arrivando a 4.000 euro in caso di ripetute violazioni oppure di commissione delle stesse guidando un veicolo. Questo passaggio non meriterebbe ulteriori spiegazioni se non fosse accompagnato dalla nota “autocertificazione”, i cui moduli sono diventati oggetto di vivace dibattito socio-politico, sul quale ritengo inutile ritornare.

Qui interessa invece declinare una volta per tutte le tre motivazioni che consentono gli spostamenti ed evitano in via assoluta l’applicazione di qualsivoglia sanzione. Escluso ovviamente il personale sanitario, deve (non può) essere consentito di muoversi anche verso un Comune diverso da quello di residenza, quando la necessità (esempio appartamento violato da ladri), la salute (esempio recarsi in ospedale specializzato per traumi), ovvero il lavoro (uno di quelli ritenuti essenziali con elencazione tassativa del Governo) lo richiedano. L’autocertificazione che si fornisce alle Forze di Polizia vale da esimente fino a prova contraria, che deve essere fornita dall’Autorità attraverso un riscontro della veridicità delle dichiarazioni ivi contenute. Nel caso in cui si acclari la violazione, non seguirà – come accadeva fino al 25 marzo scorso – la denuncia all’Autorità giudiziaria, ma la trasmissione al Prefetto del verbale redatto dal pubblico ufficiale di polizia.

A questo punto, però, lo scenario non diventa meno complicato, in quanto le Prefetture dovranno esaminare i verbali e decidere se formulare la contestazione ed emettere un’ordinanza ingiuntiva (come per le contravvenzioni stradali), consentendo la possibilità al destinatario di presentare scritti difensivi nei 30 giorni dall’inizio del procedimento (consegna a mano del verbale o notifica per posta). Se gli argomenti a difesa non verranno ritenuti validi, lo stesso Prefetto emetterà l’ordinanza a pagare nei 60 giorni.

È chiaro che il cittadino potrà fare ricorso allo stesso Prefetto ovvero al Giudice di Pace, ed essendo sospesi ad oggi i termini che abbiamo citato (come da Circolare del Ministero dell’Interno del 27 marzo), il pagamento delle somme non sarà immediato. Non deve quindi essere allarmistica la comunicazione pubblica, poiché nessuna sanzione si può applicare senza consentire la difesa al soggetto destinatario. Tra l’altro, questo decreto ha reso inutili tutte le contestazioni penali emesse fino al 25 marzo, poiché un principio cardine in questo caso è quello del c.d. “favor rei”.

Non è però detto che il Codice penale non si possa comunque applicare come ulteriore conseguenza del provvedimento amministrativo, in quanto se le dichiarazioni contenute nell’autocertificazione risultino false, si potrebbe applicare l’art. 495 dello stesso Codice penale, che prevede la sanzione della reclusione non inferiore a due anni per le false attestazioni rese al pubblico ufficiale. Inoltre, una sanzione penale più forte è in ogni caso prevista dall’art. 260 del TU delle Leggi sanitarie, che punisce con l’arresto fino a a 18 mesi e con l’ammenda da un minimo di 500 euro ad un massimo di 5.000, chiunque consenta la diffusione di una malattia infettiva violando un ordine dell’Autorità. In questi casi, come è noto, saranno le Procure della Repubblica a provvedere ad instaurare un vero e proprio procedimento penale.

Come si vede, un quadro complesso che non porta i furbi a farla franca; speriamo però che non incida su situazioni obiettivamente giustificabili. Chiarimenti ulteriori sono auspicabili con istruzioni precise e leggibili da parte di chiunque. La buona fede e la pazienza di ciascuno di noi farà la differenza.

Ranieri Razzante, docente di legislazione antiriciclaggio Università di Bologna