Inchieste22/09/2021 11:33

Made in Italy, Prosek come il Balsamico. Partita delicata con Slovenia alleata dell’Italia vs Nutriscore. E ‘balsamico’ è già sugli scaffali

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Mentre la Croazia cerca di utilizzare il termine Prosek per evocare il Prosecco italiano, la Slovenia va avanti sull'utilizzo del termine 'balsamico' per scimmiottare l'aceto balsamico fatto in Italia.

Una partita delicata quella dell'aceto balsamico. Se l'Italia è pronta infatti a battersi in maniera unita contro il tentativo del governo croato di utilizzare a livello di marketing tutti i benefit che derivano dal termine Prosek, la Slovenia è uno di quei paesi su cui l'Italia conta come alleato per puntare i piedi contro l'introduzione del Nutriscore in Europa. Anche questa una partita da cui dipende lo stato di salute prossimo del made in Italy agroalimentare.

Ma la questione del 'balsamico' sloveno è molto simile, se non ancora più evidente, a quella del Prosek. Nonostante ci si appelli all'accezione comune dell'aggettivo.

La normativa tecnica nazionale notificata dalla Slovenia alla Commissione Ue presenta infatti almeno tre problematiche di carattere generale di incongruenza con il diritto comunitario. A fare fede è l’art. 14 comma 4 della legge nel quale è prevista la possibilità di utilizzare la denominazione “aceto balsamico” per qualsiasi prodotto a base di aceto di vino e mosto d’uva concentrato.

  1. Il primo conflitto di norme è riferito all’incompatibilità della proposta di legge nazionale con il sistema di registrazione e tutela dei prodotti DOP e IGP previsto dal Reg. (UE) n. 1151/12. In particolare, l’art. 13 del regolamento prevede dei principi generali di tutela delle denominazioni registrate ampiamente integrati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione. Il sistema che si è strutturato negli ultimi decenni prevede che i possibili casi di imitazione, evocazione ed usurpazione di un nome registrato, che possono configurarsi anche attraverso l’utilizzo di una parte della denominazione protetta, devono essere accertati dai giudici nazionali del luogo ove la denominazione evocativa o imitativa viene utilizzata. Dunque, l’accertare se l’uso di un nome di un prodotto simile ad una denominazione registrata come DOP o IGP possibili casi di imitazione, evocazione ed usurpazione di un nome registrato, rientri o meno nei divieti previsti dal regolamento di riferimento è di competenza esclusiva dei giudici nazionali. Pertanto, il fatto che una legge nazionale decida a priori che una denominazione che riproduce in parte un nome protetto come IGP sia legittima, sembra significare disapplicare i principi sopra richiamati e così sovvertire il sistema comunitario di tutela dei prodotti DOP e IGP.

 

  1. La seconda questione è riferita alla normativa comunitaria in materia di etichettatura dei prodotti alimentari e di informazione del consumatore. Tale norma impone che un prodotto non possa fare vanto di caratteristiche che non siano reali e che l’informazione al consumatore, oltre ad essere veritiera, sia anche chiara, esplicita e mai ambigua. Nel caso di specie, la norma slovena prevede la possibilità di utilizzare l’aggettivo “balsamico” per un aceto che non ha caratteristiche balsamiche e nessun legame con il sentore olfattivo “balsamico”. Inoltre, questo aggettivo, utilizzato per questa tipologia di prodotto, risulta ambiguo e per nulla chiaro perché il consumatore non associa in alcun modo il termine “balsamico” al fatto che uno degli ingredienti è il mosto concentrato. Se si volesse assicurare un’informazione chiara e precisa, in luogo della denominazione “aceto balsamico”, che di per sé non è in grado di dare nessuna informazione corretta, chiara e veritiera al consumatore, si dovrebbe utilizzare la denominazione descrittiva “aceto con mosto concentrato”, oppure “aceto dolce”. Infine, la denominazione “aceto balsamico”, oltre ad evocare l’IGP Aceto Balsamico di Modena, potrebbe ingannare il consumatore lasciando intendere che questa IGP è uno degli ingredienti del prodotto “aceto balsamico”.

 

  1. Il terzo aspetto è legato ad una questione di contraddizione interna della stessa normativa tecnica slovena che, nei primi 3 commi dell’art. 14, stabilisce che qualora un aceto venga prodotto con diverse materie prime queste debbano essere tutte indicate nella denominazione di vendita, ma che al comma 4 dello stesso articolo prevede un’eccezione, immotivata e inspiegabile, per il cosiddetto “aceto balsamico” prodotto che in teoria dovrebbe essere commercializzato con questa denominazione invece che con quella corretta di aceto di vino e mosto d’uva oppure di aceto di mosto d’uva o altre similari. La norma, per motivi che non sono spiegati, prevede questa eccezione al principio generale da essa stessa statuito. Un principio che, peraltro, è previsto dagli standard europei e da tutte le legislazioni nazionali che li hanno applicati attraverso normative nazionali. In questo caso, per ovvie ragioni, vengono messi in discussione due principi fondamentali per la costruzione del diritto alimentare comunitario: il principio di armonizzazione delle legislazioni particolari e quello del cosiddetto mutuo riconoscimento. Questa proposta di legge, se dovesse essere accettata dalla Commissione Europea, legittimerebbe spazi di concorrenza sleale tra operatori di diversi Stati Membri e comprometterebbe il diritto ad un’informazione trasparente e completa dei consumatori europei.

Dopo la notifica da parte dell’Italia del parere circostanziato contrario alla legislazione slovena, il periodo cosiddetto di “standstill” della procedura è scaduto il 3 giugno. Così la Slovenia - dato che la Commissione Ue non si è pronunciata a favore o contro - ha introdotto la legge nazionale. E il balsamico sloveno è già sugli scaffali da questa estate.

 

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