Massimo Coccia: la pesca che vorrei…

massimo-coccia-2Passare dall’affrontare continue emergenze alla valorizzazione delle tante eccellenze della filiera ittica. Un cambio di prospettiva che presuppone una diversa politica di settore, basata non più su interventi tampone, spesso realizzati con risorse non adeguate, ma su una programmazione in grado di gettare le basi per un vero rilancio del comparto. Fare questo significa spostare l’attenzione dal qui ed ora, al futuro, quello di un settore primario che rivendica attenzioni adeguate. Troppo spesso ancora oggi quando si pensa al mestiere del pescatore vengono in mente aggettivi che hanno una connotazione negativa: faticoso, rischioso, poco redditizio.

Un immaginario collettivo che fatichiamo a scrollarci di dosso. E questo vale anche per alcuni cliché che vedono tutti i pescatori, come il Santiago descritto da Hemingway ne “Il vecchio e il mare”, uomini solitari, orgogliosi e coraggiosi. I pescatori possono essere anche questo, ma non solo questo. Oggi più che mai sono chiamati ad assolvere il ruolo di imprenditori ittici che, con la loro attività, contribuiscono a dar vita al patrimonio agroalimentare italiano. Un ruolo che andrebbe riconosciuto ponendo gli operatori al centro delle scelte di gestione della risorsa. Non più regole decise a tavolino e imposte dall’alto, ma condivise, perché solo così potranno essere realmente efficaci. Le difficoltà non mancano di certo, il settore in questi anni ha subito un ridimensionamento importante in termini di addetti e pescherecci, ma non mancano anche esempi di buone pratiche da seguire per affrontare i momenti di crisi e rispondere meglio alle esigenze di un mercato sempre più globalizzato.

Le organizzazioni dei produttori, le attività turistiche cresciute intorno alla pesca come la pescaturismo e l’ittiturismo, i punti di vendita gestiti dai pescatori, rappresentano un modello che funziona. Se le possibilità di pesca diminuiscono, seguendo gli indirizzi europei del “pescare meno, pescare meglio”, è importante ampliare il ruolo del pescatore e non limitarlo alla sola attività di prelievo. Una sfida che il settore sta dimostrando di saper cogliere. Un modo per coinvolgere anche le giovani generazioni e avviare, così, quel ricambio generazionale auspicato e atteso da tempo. Per dare un futuro diverso alla pesca è indispensabile poter contare su persone che abbiano voglia di investire ancora in questo settore. E le nuove energie si potranno coinvolgere solo se si darà vita ad una filiera ittica in grado di garantire occupazione e reddito, così da contribuire maggiormente alla formazione del prodotto interno lordo. Gli operatori sono pronti a dare il loro contributo, ora spetta alla politica dimostrare di credere e sostenere questo nuovo corso.

 

Massimo Coccia

Presidente nazionale di Federcoopesca-Confcooperative