Pesca, Conte: problema è atteggiamento Dg Ambiente. Manfredi non minacci deputati Ue e rispetti Parlamento. Non si vanifichino sforzi settore

Bagarre, nei giorni scorsi, tra i deputati della Commissione Pech del Parlamento Ue e la Commissione che ha presentato un Piano di Azione volto ad eliminare, da qui al 2030, la pesca a strascico e ogni strumento che operi sul fondale.

I deputati di Francia e Paesi Bassi hanno ventilato la possibilità di non recepire le eventuali sanzioni mentre la Dg Envi ha tagliato corto rimandando la decisione alla Corte di Giustizia Ue. Il 20 marzo la questione andrà una prima volta in Consiglio Ue per tornarci, per l’ok definitivo, a fine luglio.

Nel frattempo, le organizzazioni, sindacati e cooperative d’Europa hanno redatto e sottoscritto un documento indirizzato ai propri ministri per fermare quella che definiscono “scellerata iniziativa” della Commissione Ue.

AGRICOLAE ha chiesto a Rosanna Conte, membro della Commissione PECH in quota Lega, cosa sta succedendo tra Commissione Ue e Parlamento europeo sul pacchetto per la pesca sostenibile presentato da Bruxelles.

“Succede che questo pacchetto contiene diversi punti critici”, spiega. “Da un lato si espandono le Aree marine protette, che dovranno coprire almeno un terzo dei nostri mari. Dall’altro, con il Piano di azione, si prevede il progressivo stop in queste aree a tutte le attività che utilizzano la pesca a strascico, che verrà vietata del tutto entro il 2030. Questo è inaccettabile. Parliamo di un settore che che in Europa contribuisce per il 25% agli sbarchi totali di prodotto ittico e per il 38% dei ricavi, con 7.000 imbarcazioni. Di queste 2.088 sono italiane (il comparto più importante della nostra flotta): imprese che sbarcano il 33% del prodotto ittico nazionale per un valore pari al 46% del fatturato totale, e che riforniscono la maggior parte di quanto viene venduto nei nostri mercati. Inoltre, i presupposti scientifici del Piano sono assolutamente discutibili, e scelti ad arte per sostenere un paradigma tutto ideologico”. 

Quale paradigma?

Quello per cui per proteggere i nostri mari occorre cancellare i nostri pescatori. È un paradigma smentito ampiamente dai fatti: la sostenibilità ambientale e quella socioeconomica del settore possono e devono andare di pari passo. Ricordo che il settore della pesca europeo è impegnato da molti anni in un faticoso processo di adeguamento a norme Ue in continua evoluzione e per il raggiungimento degli obiettivi della Politica comune. Questo impegno sta dando i suoi frutti: il Mediterraneo, per esempio, sta registrando i primi risultati di ripresa di alcuni stock”, ribadisce Conte. “E la Commissione europea che fa? Invece di premiare questi sforzi, cerca di affossare un comparto strategico con un rapido colpo di spugna. Si tratta di una follia controproducente, perché senza la pesca a strascico, aumenterà ancora di più la quota di pesce che l’Europa importa da Paesi terzi in cui la pesca non osserva le nostre stesse regole in materia ambientale, di sicurezza, di lavoro. In altre parole, si fanno chiudere imprese che operano con i più alti standard di sostenibilità al mondo, per promuovere la pesca eccessiva e l’inquinamento in altre parti del mondo. Alla faccia della lotta per il clima e per il bene del Pianeta”. 

Quindi cosa propone?

“Quello che va fatto è rivedere radicalmente il concetto stesso di phasing out della pesca a strascico, uno dei comparti principali ed essenziali per la fornitura di alimenti pregiati sui nostri mercati. L’azione della Politica comune sulla pesca a strascico, attraverso misure tecniche e di gestione, ha ormai decenni di storia e ha raggiunto risultati  significativi. Questo lungo e faticoso percorso non può essere bruscamente interrotto con un bando che provocherebbe un disastro produttivo, economico e sociale, e che darebbe solo maggiori spazi alle flotte extra Ue per soddisfare la domanda europea”, prosegue ancora l’eurodeputata.

La sua posizione è condivisa al Parlamento europeo?

“In commissione Pesca, dove da anni sono capogruppo di Identità e democrazia, devo dire che c’è largo consenso con i colleghi. Devo anche aggiungere che in questi anni il dialogo portato avanti con la Dg Mare della Commissione europea è stato positivo e ci ha permesso di raggiungere dei risultati importanti per il settore”, spiega.

Il problema è l’atteggiamento della Dg Ambiente dell’esecutivo Ue. Un atteggiamento di chiusura totale nei confronti delle istanze del Parlamento e più in generale delle associazioni di categoria. L’audizione in commissione Pesca di Veronica Manfredi della Dg Ambiente è stata arrogante e irrispettosa delle prerogative del Parlamento europeo. Minacciare i deputati contrari al Piano d’azione sventolando procedure d’infrazione contro i Paesi, come ha fatto Manfredi non è certo il modo più corretto per intavolare un dialogo e trovare forme di mediazione”, prosegue ancora. “Ricordo alla dirigente che il Parlamento europeo è l’unica istituzione democraticamente eletta dell’Ue, ed è dunque la voce dei cittadini, pescatori compresi. Troppe volte Commissione e Stati membri hanno aggirato il Parlamento quando si è trattato di definire gli sforzi di pesca, per esempio. È ora di dire basta a questo vulnus di democrazia. Forse Manfredi dovrebbe ascoltare la sua collega, la dirigente generale della Dg Mare, che nella stessa audizione ha giustamente ricordato che “prendersi cura dei pesci e dell’ambiente in cui vivono significa prendersi cura dei pescatori”, conclude.

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