L’Alleanza delle cooperative della pesca tira le somme facendo una dettaglaita analisi su quanto è abdato a buon fine e quanto è rimasto in sospeso
Per la pesca italiana l’anno che si sta chiudendo ci offre una fotografia in chiaro-scuro. Secondo AGCI AGRITAL, CONFCOOPERATIVE – FEDERCOOPESCA e LEGACOOP AGROALIMENTARE – Dipartimento Pesca, riunite nel Coordinamento nazionale Pesca dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, è difficile – spiegano ad AGRICOLAE – dire se con più luci o più ombre; in Europa sicuramente sono più ombre. Meglio in Italia anche se sul giudizio pesa la mancata approvazione della proposta di legge sulla pesca (il cd. testo unificato).
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Oltre confine – dichiarano i presidenti Buonfiglio, Petruzzella e Tiozzo – a tenere banco è stata soprattutto la questione delle quote legate alla pesca del tonno e del pesce spada. Se per il tonno rosso c’è stato un aumento delle quote su base triennale, che consente di dare stabilità al comparto in un’ottica di crescita bilanciata, dobbiamo però registrare per l’Europa un meno 4% nella chiave di ripartizione dei quantitativi massimi di cattura da distribuire tra i vari Paesi; conseguenza, questa, di un infelice negoziato condotto in sede ICCAT dall’Ue lo scorso novembre a Marrakech.
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Pur aumentando per tutti il totale ammissibile di catture, all’Europa spetterà infatti una fetta più piccola rispetto al passato: il 55,05%, contro il 59,24% dello scorso anno. Una decisione che penalizza le flotte italiane, spagnole e francesi, quelle dei principali paesi produttori nella Ue.
Sul fronte pescespada, invece, dobbiamo dare una bocciatura senza appello visto che il quantitativo assegnato dall’Ue al nostro paese è al di sotto di quanto tradizionalmente pescato dalla flotta nazionale, la più importante per la pesca al pesce spada nel Mediterraneo. Per questo apprezziamo il ricorso del Governo italiano in Corte di Giustizia dell’Unione europea per impugnare il quantitativo assegnato al nostro paese nel 2017, che con il nuovo anno vedrà ridursi ulteriormente di un 3% le possibilità di pesca. Per non parlare del pasticcio fatto con il regolamento 2107 del novembre scorso che ha recepito norme ICCAT non più in vigore, sia in materia di calendario di pesca che di taglia minima (errori per i quali l’Ue sta correndo ai ripari con un po’ di pezze a colori...). Segnali, questi, di un’Europa che volge purtroppo lo sguardo verso altre coste e altri mari, con poca attenzione per la nostra penisola.
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Sempre sul fronte europeo attendiamo con una certa apprensione le scelte che saranno fatte nella gestione della risorsa “piccoli pelagici” . Una materia sulla quale l’Alleanza, con un grande sforzo di ascolto e confronto con le marinerie, ha indicato possibili soluzioni di mediazione tra visioni diverse esistenti tra le imprese
Così come chiediamo grande attenzione ai parlamentari europei, nei prossimi mesi, sulle “misure tecniche” per il grande impatto che avranno sulle flotte e sulle procedure di gestione delle risorse
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Se dal contesto comunitario volgiamo poi lo sguardo alla cornice nazionale, due temi in primo piano: legge di bilancio e testo unificato. In una situazione ancora delicata per l’economia nazionale, abbiamo apprezzato gli sforzi fatti per i pescatori italiani con importanti misure sociali inserite nella legge di stabilità licenziata dal Parlamento lo scorso 23 dicembre. Da segnalare infatti le risorse destinate al sostegno del reddito dei pescatori e dei soci delle cooperative di pesca (16 milioni di euro + 5 dal 2019 a regime) così come quelle, ancorché insufficienti, per il fondo di solidarietà della pesca, che vedrà però incrementare di 1 milione di euro la sua dotazione (attualmente a 0) solo nel 2019. Una situazione, quella degli interventi a sostegno delle imprese colpite da calamità naturali, che non può più essere rinviata; basti mettere a confronto il settore agricolo con quello ittico per rendersi conto delle profonde differenze. Ragion per cui chiediamo l’attivazione urgente degli strumenti forniti dal FEAMP, ai quali occorrerà tuttavia aggiungere anche un adeguato livello di risorse nazionali, anche compartecipando le spese tra Stato e Regioni.
Analoga considerazione agrodolce riguarda il programma triennale pesca, unico strumento di governo del settore, che tuttavia riceverà un sostegno, sebbene significativo, soltanto tra 12 mesi, sperando che nel frattempo non sopraggiungano tagli.
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Con soddisfazione accogliamo poi l’accesso dei lavoratori marittimi dal 2018 all’ape sociale, l’anticipo dell’uscita previdenziale per i lavori gravosi. Una scelta peraltro in linea con il riconoscimento dei pescatori nella categoria dei lavoratori che non subiranno l’aumento a 67 anni dell’età di pensione nel 2019.
Giudizio positivo anche per l’istituzione di un fondo contro il bracconaggio ittico nelle acque interne: 3 milioni di euro per il triennio 2018-2020. Uno strumento prezioso per contrastare la pesca illegale e la tutela delle risorse e del lavoro dei pescatori.
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Tuttavia avremmo preferito chiudere l’anno brindando all’approvazione della proposta di legge sul testo unificato. Ma i nostri calici resteranno tristemente vuoti. Dobbiamo registrare purtroppo una grande occasione mancata per modernizzare la filiera ma, soprattutto, per mettere finalmente mano alle sanzioni. Il grande assente di questa fine di legislatura è proprio la mancata riforma del sistema sanzionatorio, prima entrata e poi incomprensibilmente uscita dalla manovra, nell’estremo tentativo di salvare il lavoro fatto nell’ultimo anno. Un vero peccato, difficile da spiegare agli occhi delle imprese di pesca italiane. Ci siamo impegnati a lungo e con tenacia affinché il testo unico venisse approvato. Per questo non ci spieghiamo come un lavoro così lungo e ben studiato possa venire buttato via così: è come affrontare una scalinata di 500 gradini e tornare in dietro a 490 perché si è stanchi.
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Nota dolente anche per il mancato utilizzo quest’anno di 8 milioni di euro per misure sociali che non si è riusciti ad attivare a causa di scelte legislative non idonee. La nostra attenzione ora è puntata sull’attivazione del fondo 2017 dei cosiddetti “30 euro al giorno” per la cui erogazione già si registrano numerose criticità per le procedure amministrative adottate. Ritardi e difficoltà che stanno allarmando l’intera categoria e per i quali come Alleanza delle Cooperative, assieme alle organizzazioni sindacali, abbiamo scritto ai ministri Poletti, Martina e Padoan, per chiedere spiegazioni.
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E per il prossimo anno chiediamo da subito di concordare meglio e più in fretta le procedure di spesa per la nuova misura (nel complesso potremo infatti contare su 16 milioni di euro), evitando lunghe attese per gli equipaggi. Le lungaggini registrate quest’anno sono intanto costate ai pescatori un taglio di oltre 1,5 milioni di euro, per effetto di un paio di “manovrine” di aggiustamento dei conti pubblici registratesi durante l’anno. Chiediamo di attivare una procedura totalmente differente, “a sportello”, alla cui definizione intendiamo prendere parte: la categoria chiede più partecipazione ed è pronta a condividere scelte e responsabilità per ridurre le distanze fra istituzioni e cittadini.
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Queste criticità indicano anche l’urgenza di un intervento per rafforzare l’apparato amministrativo che governa il settore pesca. Il ritardo con cui vengono attuate importanti misure di sostegno al settore stanno creando gravi problemi alle imprese. Prime fra tutte il mancato completamento del pagamento del fermo pesca 2015 e di quello 2016, quest’ultimo ancora nemmeno iniziato.
Altra profonda novità introdotta con la recente legge di stabilità riguarda il divieto di pagamento in contanti di qualunque cifra, anche in acconto, per le retribuzioni di qualsiasi rapporto di lavoro. Nella pesca questa novità rappresenta per molti aspetti una vera rivoluzione poiché i nostri equipaggi sono abitualmente liquidati settimanalmente mediante acconti; cosa, questa, che non avviene nella gran parte degli altri lavori. La lotta al lavoro nero, in qualunque forma si manifesti, è una battaglia di assoluta civiltà ma le soluzioni vanno calibrate con maggiore attenzione verso la realtà evitando talvolta inutili appesantimenti burocratici ed amministrativi.
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Così come chiediamo una riflessione, a un anno di distanza, sull’efficacia del decreto ministeriale che ha individuato una nuova classificazione della “piccola pesca” e delle conseguenti norme per la costituzione di consorzi di gestione. Continuiamo a ritenerla una occasione mancata per avviare forme di gestione sostenibile delle risorse di quell’area di mare cosiddetta “sotto costa” fortemente aggredita da fattori esterni alla pesca.
Il 2018 sarà caratterizzato da una nuova legislatura. Il nostro impegno, come sempre, sarà puntuale e costante per portare al centro dell’agenda del governo che nascerà i temi fondamentali per dare un futuro alla pesca italiana, ai suoi pescatori ed alle cooperative di pesca, soggetti indispensabili per una gestione sostenibile delle risorse del mare.