Quote latte, Copagri Lombardia: “estremo tentativo di incassare soldi non dovuti, una presa in giro. Ecco perché non bisogna pagare”
Al via, dall’8 maggio, la rateizzazione per chiudere una volta per tutte la vicenda delle quote latte. Una questione che per anni ha diviso il mondo agricolo: chi ha comprato le quote dagli altri produttori; chi non lo ha fatto e ha pagato le sanzioni; e chi non ha pagato.
Una situazione che mette da anni in difficoltà l’Italia nelle trattative con l’Unione europea a fronte del fatto che, avendo anticipato il debito, questo risulta come aiuto di stato che metterebbe – secondo gli schemi europei – i produttori italiani in condizione di maggior competitività rispetto ai competitor di altri paesi.
La prima rateizzazione la fece Luca Zaia con l’auspicio di mettere già all’epoca una pietra tombale su tutta la questione. Ora il governo Meloni ci riprova.
Obiettivo: chiudere una volta per tutte il dossier con il quale il Paese scambiò il latte per l’acciaio e alla fine perse sia il primo che il secondo. O quasi.
Ma su circa 3000 produttori ancora in debito, sono più o meno 200 quelli con i debiti più alti, milionari. E sono loro a formare il fronte più duro dell’opposizione.
In questo contesto è stata recapitata alla redazione di AGRICOLAE l’ultima sentenza del Tar del Lazio in base alla quale si ritiene si debba procedere a “una rideterminazione complessiva”. Gli allevatori parlano, sulla base delle numerose sentenze in merito prodotte negli anni dal lavoro dei propri avvocati, di “criteri non discriminatori che dovranno tenere conto della disciplina europea e delle sentenze pronunciate in materia dalla Corte di Giustizia (CdS10 ottobre 2022 n. 8663, CdS 23 novembre 2022 n. 10303).
Qui di seguito AGRICOLAE pubblica la sentenza dello scorso 14 aprile:
In sostanza, spiega ad AGRICOLAE il presidente di Copagri Lombardia e responsabile nazionale settore lattiero caseario Roberto Cavaliere, “l’Amministrazione deve procedere ad una rideterminazione complessiva per evitare di perseverare in una ulteriore ingiustificabile disparità di trattamento tra i produttori che hanno pagato, stanno pagando e non dovevano pagare e produttori che per effetto dei criteri discriminatori e anti-comunitari non hanno mai pagato nulla e invece avrebbero dovuto pagare con grave e inaccettabile distorsione della concorrenza tra imprese, violazione dei principi di uguaglianza”.
Citando poi la sentenza della Corte di Giustizia del 24 gennaio 2018 (in causa C-433/2015) spiega in una nota come “sembra che l’argomentazione sviluppata dalla Repubblica italiana derivi da un’errata lettura delle conclusioni della Commissione. Infatti, con le sue conclusioni, la Commissione chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti per non aver adottato, così come rilevato al punto 27 della presente sentenza, le misure necessarie al fine di garantire che il prelievo supplementare sul latte sia addebitato ai produttori interessati e, se del caso, recuperato dalle autorità competenti. L’oggetto di tale inadempimento non verte quindi sul fatto che tale Stato membro non avrebbe recuperato la totalità delle somme dovute a titolo di tale prelievo” ma perché non ha fatto in modo che il prelievo fosse addebitato in maniera corretta e proporzionale ai singoli produttori che avevano contribuito a ciascun superamento”.
“Il dies a quo per il calcolo degli interessi deve essere individuato a partire dalla notifica del ricalcolo atteso il credito dell’Agea è rimasto illiquido fino alla sua (nuova) determinazione da parte dell’amministrazione stessa”, scrive ancora Copagri Lombardia. “Gli interessi quindi non possono che decorrere solo dal momento della corretta (ri)determinazione del dovuto: solo una somma di denaro liquida ed esigibile infatti produce interessi di pieno diritto (art. 1282 cod.civ.) ed erronea la decorrenza degli interessi nella misura legale a partire dalla fine dell’annata lattiero-casearia oggetto del ricalcolo come se già da quella data il credito fosse liquido ed esigibile. (Tar Friuli n.402/2022)”.
In conclusione secondo Cavaliere, c’è la “necessità di stabilire l’entità di quanto ancora dovuto e se i produttori hanno subito delle trattenute sugli aiuti agricoli che spettavano loro, non può non verificarsi se tali somme sono state conteggiate (CdS, 25/05/2022, n. 4159/2022) con imputazione delle somme trattenute al capitale ancora dovuto”.
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