Alimentare, Conte (Lega), da Ue attacco a Made in Italy con grilli e larve

“Ufficiale l’ok dell’Ue alla commercializzazione della farina sgrassata di grillo domestico, mentre dal 26 ci sarà il via libera alle larve del verme della farina minore. Tutto questo, mentre il portavoce della Commissione europea conferma l’intenzione di Bruxelles di voler introdurre etichette alimentari che demonizzano il vino e la carne. Ormai, l’indirizzo dell’Europa è chiaro: puntare sugli insetti e sulla carne sintetica come cibo del futuro e cancellare le eccellenze di una dieta secolare – e salutare – come quella mediterranea. Continueremo a difendere, al Parlamento europeo e a ogni livello, le nostre tradizioni alimentari, i nostri prodotti, le eccellenze del made in Italy: lo faremo per il bene degli agricoltori e della salute dei cittadini”.

Così Rosanna Conte, europarlamentare della Lega, componente della commissione Agricoltura.




FMI, approvata una nuova finestra di finanziamento per gli shock alimentari. Disponibile per un anno per rispondere a crisi alimentare globale

Il comitato esecutivo del Fondo monetario internazionale (FMI) ha approvato una nuova finestra per lo shock alimentare nell’ambito dei suoi strumenti di finanziamento di emergenza. Questa nuova finestra sarà disponibile per un anno per fornire ulteriore accesso ai finanziamenti di emergenza per i paesi che devono affrontare urgenti esigenze di bilancia dei pagamenti legati alla crisi alimentare globale.

 

Il 30 settembre il comitato esecutivo dell’FMI ha approvato una nuova finestra temporanea per lo shock alimentare (FSW) nell’ambito dei suoi strumenti di finanziamento di emergenza (Rapid Credit Facility-RCF/Rapid Financing Instrument-RFI).

Una combinazione di shock climatici e pandemia ha interrotto la produzione e la distribuzione di cibo, facendo aumentare i costi per nutrire persone e famiglie. L’invasione russa dell’Ucraina ha spinto il prezzo del cibo e dei fertilizzanti ancora più in alto e ha esacerbato la carenza di forniture alimentari, danneggiando allo stesso modo gli importatori di cibo e alcuni esportatori.

La finestra per lo shock alimentare fornirà, per un periodo di un anno, un nuovo canale per il finanziamento del Fondo di emergenza ai paesi membri che hanno esigenze urgenti di bilancia dei pagamenti a causa di una grave insicurezza alimentare, un forte aumento delle importazioni alimentari o per le loro esportazioni di cereali. L’accesso sarà coerente con le effettive esigenze della bilancia dei pagamenti e limitato al 50 percento della quota, e sarà aggiuntivo agli attuali limiti di accesso annuali previsti dall’RCF/RFI. I limiti di accesso cumulativi nell’ambito della finestra regolare di RFI e della finestra di shock esogeno RCF, attualmente al 150% della quota, saranno aumentati al 175% della quota per i membri che prenderanno in prestito attraverso l’FSW. Una revisione è prevista entro la fine di giugno 2023.

Il comitato esecutivo ha anche modificato la politica per i programmi monitorati dal personale (SMP), per consentire il monitoraggio del programma con il coinvolgimento del consiglio (PMB). Il ruolo del comitato esecutivo sarà limitato alla valutazione della solidità delle politiche dei membri per raggiungere gli obiettivi del programma e al monitoraggio dell’attuazione del programma, comprese le politiche volte a facilitare la transizione verso un programma di qualità superiore della tranche di credito (UCT) sostenuto dall’FMI. I paesi che considerano un SMP sarebbero incoraggiati a richiedere un PMB se sono oggetto di uno sforzo internazionale concertato in corso da parte di creditori o donatori per fornire nuovi sostanziali finanziamenti o alleggerimento del debito, o se hanno un credito significativo del Fondo in sospeso nell’ambito di strumenti di finanziamento di emergenza. Il PMB sarà riesaminato entro la fine di settembre 2023.

 

 

 




Meeting di Rimini, Di Maio: Diplomazia alimentare fondamentale per sicurezza globale e per tutela Made in Italy da Nutriscore

“Spero che tanti giovani si possano appassionare alla carriera diplomatica perchè tutto è politica estera, specialmente in questi tempi. Anche ciò che compriamo negli scaffali del supermercato.

Abbiamo imprese e famiglie in sofferenza ma in altri paesi l’impatto dei prezzi dell’energia e degli alimenti rischia di portare alla nascita di nuove cellule terroristiche o colpi di stato.”

Così il ministro affari esteri, Luigi Di Maio nel corso del suo intervento al Meeting di Rimini.

“Importante dunque è affrontare e portare avanti i negoziati come quello che si è svolto tra Ucraina e Russia, sotto l’egida della Turchia, per permettere la fuoruscita del grano dall’Ucraina, il che ha evitato di certo alcune guerre in Africa.

Abbiamo costruito con la Fao un G20 a Matera dove abbiamo approvato la carta di Matera sulla sicurezza alimentare, quando già la la pandemia aveva fatto aumentare l’insicurezza alimentare.

Il Governo e la Farnesina, insieme alle rappresentanze imprenditoriali e dei coltivatori, insieme alle altre organizzazioni stanno facendo un grande lavoro. Ma la diplomazia alimentare è anche lavoro e contrasto al Nutriscore, perché rischiamo che una lattina di Coca cola e una di olio d’oliva abbiano lo stesso bollino rosso e lo stesso rischio per la salute. Per questo abbiamo creato il Nutrinform battery, a tutela delle nostre produzioni che sono eccellenze.

Sulla sicurezza alimentare stiamo andando verso un 2023 non facile, ma il lavoro di squadra continua e continuerà per difendere il Made in Italy e la sicurezza alimentare in tutto il mondo.”




Alimentare, Filiera Italia: export vola a 50 miliardi, ma non si abbassi la guardia sulla piaga del falso Made in Italy

“Le previsioni danno per certo il raggiungimento dell’obiettivo dei 50 miliardi di export agroalimentare, ma vietato abbassare la guardia su italian sounding e contraffazioni” così Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, commenta i dati Istat appena diffusi sull’export a livello mondo dei beni di consumo non durevoli, di cui l’alimentare rappresenta la maggior parte, che confermano un ottimo +15,2% giugno 2021 su giugno 2020 e un +11,5% sul semestre. “Un record a due cifre – ricorda Scordamaglia – che salvo imprevisti consentirà al settore di mantenere la parola data a Expo 2015, nonostante i grandi stravolgimenti causati dalla pandemia in atto”.

Alert però sulle imitazioni che ormai sono ben oltre i 100 miliardi di euro “Peccato – prosegue infatti il consigliere – che a fronte di questi risultati eccezionali non si arresti la piaga della diffusione del Made In Italy tarocco”. Recente esempio del dilagare di questo fenomeno, il tentativo di scippo che si sta consumando in Cile, dove il Consorzio statunitense Ccfn sta chiedendo la registrazione di 3 falsi delle nostre più conosciute indicazioni geografiche come Asiago, Mortadella Bologna e Parmigiano Reggiano. “Abbiamo già denunciato l’accaduto e chiesto un repentino intervento dell’Unione europea, perché il danno  – conclude Scordamaglia – non è solo economico ma anche culturale e identitario”.




Alimentare, Rolfi (Lombardia): A Cremona 500 industrie del settore, lavoro per 7.000 famiglie

L’agroalimentare è uno dei settori portanti dell’economia. L’agroindustria lombarda vale 14.2 miliardi di euro, il 15% del totale nazionale, con un export da 7 miliardi l’anno il 16% del nazionale. Ascoltando questi imprenditori possiamo capire la direzione del mercato e calibrare misure per il futuro che possano essere efficaci per tutto il settore primario”. Lo ha detto l’assessore regionale lombardo all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi, Fabio Rolfi, che, oggi, in provincia di Cremona ha effettuato la terza tappa del programma di visite delle più importanti industrie lombarde dell’alimentazione e bevande.

La provincia di Cremona conta 500 industrie alimentari e delle bevande. In questa provincia, i settori con più aziende sono quelli dei prodotti da forno (189) e della lavorazione carni (124), seguiti da quelli dell’industria lattiero casearia (45).

 




Produrre meglio, consumando meno: il 1° Agrifood Forum racconta le sfide del sistema alimentare italiano

«Serve un sistema alimentare più equilibrato. Dobbiamo avere l’ambizione, la responsabilità e il coraggio di disegnare insieme un nuovo modello che declini concretamente questo concetto: produrre meglio, consumando meno». Con queste parole il Vice Direttore Generale della FAO, Maurizio Martina, ha aperto i lavori del 1° Agrifood Forum di Rinnovabili.it, conferenza digitale dedicata all’agricoltura e all’alimentazione sostenibili che si è tenuta il 6 maggio. L’appuntamento è stato organizzato dal quotidiano online sulla sostenibilità ambientale (https://www.rinnovabili.it/), diretto da Mauro Spagnolo, con la collaborazione di Santa Chiara Lab (https://santachiaralab.unisi.it/) dell’Università di Siena e il e il patrocinio di Borghi autentici, Future Food Institute, Fondazione Symbola, Slow food Italia, Earth day Italia.

 

L’Agrifood Forum ha favorito il dibattito tra istituzioni, associazioni e imprese del settore agroalimentare nazionale in vista degli importanti appuntamenti internazionali che si terranno nella seconda metà del 2021.

A settembre l’ONU organizzerà il Food System Summit, un vertice internazionale sui sistemi alimentari come parte del decennio di azione per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030. L’Italia giocherà un ruolo fondamentale nella preparazione di questo percorso, organizzando dal 19 luglio al 21 luglio il pre-Summit. Sarà un momento chiave per mobilitare gli impegni di cui il settore agroalimentare ha bisogno, con l’obiettivo di renderlo più sano, ecologico, resiliente, efficiente e inclusivo.

La conferenza organizzata da Rinnovabili.it è parte di questo percorso di avvicinamento che mira a gettare le basi per una trasformazione dell’agrifood globale realmente virtuosa.

 

La prima sessione ha affrontato il tema della risposta delle istituzioni, delle associazioni e della ricerca di fronte alla sfida della transizione ecologica e della sostenibilità nel sistema agro-alimentare. «Il 2021 è un anno cruciale – ha ricordato il direttore di Rinnovabili.it, Mauro Spagnolo, dando il via alla conferenza nella veste di moderatore – tra il Food System Summit, il G20 a presidenza italiana e la COP26. La sostenibilità alimentare è un tema che sta diventando centrale nelle linee guida della politica italiana e non solo, ed è anche un tema complesso che racchiude tanti sotto-aspetti da analizzare congiuntamente: la cultura del cibo, l’esigenza di creare nuove alleanze come quella tra produttori e consumatori, la riduzione degli sprechi, la povertà alimentare, l’innovazione».

 

In un anno di importanti vertici internazionali e nel mezzo della pandemia di coronavirus, le Nazioni Unite hanno un ruolo di coordinamento centrale. «Penso che il 2021 sia cruciale per le grandi sfide di sostenibilità che abbiamo davanti, e l’Italia è baricentrica in questo momento – introduce Maurizio Martina, Vice Direttore Generale FAO – I tre aspetti della crisi attuale, quello sanitario, economico-sociale e climatico-ambientale, hanno come epicentro la tenuta dei sistemi alimentari e agricoli e la loro capacità di riorganizzarsi in funzione di queste sfide. Quando pensiamo alla sfida del clima, ciò che fino a poco fa consideravamo emergenziale sta diventando normale: questo deve diventare un tema centrale delle politiche alimentari. Serve un sistema alimentare più equilibrato. Dobbiamo avere l’ambizione, la responsabilità e il coraggio di disegnare insieme un nuovo modello che declini concretamente questo concetto: produrre meglio, consumando meno».

 

Sui passi concreti che l’Italia deve compiere per raggiungere questi obiettivi si è concentrato l’intervento di Stefano Patuanelli, Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. «Spesso l’Italia ha fissato obiettivi, ma senza dare alle aziende strumenti per raggiungerli. Oggi li abbiamo: in parte grazie alla nuova Pac post 2020, in parte grazie alla chance aperta dalla risposta alla pandemia. Dobbiamo fronteggiare una mancanza di sovranità alimentare, migliorare la gestione dell’acqua che è un tema non più procrastinabile, distribuire il valore aggiunto nella filiera e in modo corretto anche attraverso i contratti di filiera. Tutto questo passa anche attraverso l’innovazione nel settore primario: dalla sensoristica all’uso del satellitare, al GPS, all’agricoltura di precisione. Anche questo è produrre meglio, consumando meno».

 

«L’innovazione per noi affianca i sistemi alimentari, dal campo alla tavola – fa eco Giorgio Marrapodi, Direttore generale per la Cooperazione allo Sviluppo del MAECI – L’innovazione serve per migliorare i processi, fino a eliminare quel 1/3 della produzione che finisce nella spazzatura ed è un problema etico oltre che alimentare. Saremo più credibili al pre-vertice di luglio e al summit di settembre se l’Italia avrà degli impegni precisi in tema di sostenibilità alimentare».

 

Il percorso che si snoda lungo questi impegni va costruito insieme al consumatore, per comunicare il binomio Made in Italy – sostenibilità. «Dobbiamo scegliere accuratamente il sistema con cui decidiamo di misurare la sostenibilità alimentare – sostiene Filippo Gallinella, Presidente Commissione Agricoltura della Camera – Sostenibilità non solo del prodotto, ma anche dell’azienda agricola visto che possiamo misurare l’impatto delle pratiche agricole sull’ambiente».

 

L’approccio inclusivo va allargato alla fase di sviluppo di una maggiore capacità produttiva dei sistemi agricoli. «Oggi ci viene chiesto di produrre sempre di più, preservando le risorse naturali. Come possiamo farlo? Dando servizi ecosistemici per il progresso della società – puntualizza Massimiliano Giansanti, Presidente di Confagricoltura, che sottolinea il ruolo centrale dell’innovazione per migliorare la tracciabilità e per dare impulso al sistema-Paese – Ci sarà dibattito in futuro tra cibo sintetico e cibo naturale. Dobbiamo proteggere il Made in Italy: così, intorno all’agricoltura potremo costruire un comparto trainante dell’economia».

 

«Per conciliare sostenibilità, piccole dimensioni e redditività, la parola chiave è innovazione, che deve essere sì tecnologica ma anche organizzativa e sociale. Va promosso un modo nuovo delle aziende di organizzare se stesse e di mettersi in relazione con gli altri – argomenta Angelo Riccaboni, Presidente di Santa Chiara Lab dell’Università di Siena – Servono meccanismi nuovi di co-creazione come i Living Lab: momenti in cui imprese, innovatori, esperti e policy makers si trovano insieme per elaborare delle soluzioni».

 

Ermete Realacci, Presidente di Fondazione Symbola, ricorda che «la nostra agricoltura tra quelle europee è quella con il maggior numero di giovani e di donne. Quindi non solo produce reddito, ma anche senso: è un’attività che vogliono fare. E noi non vinceremo la sfida della transizione ecologica, se la gente non la percepisce anche come una liberazione. La tutela dell’agricoltura italiana significa territorio, comunità, bellezza. Serve una difesa della nostra identità, incrociata con l’innovazione. Per noi la sostenibilità non è solo la somma di algoritmi astratti, ma il cuore di ciò che l’Italia ha da dire al mondo».

 

«Le biotecnologie rappresentano un potenziale enorme di sviluppo per l’agricoltura, soprattutto oggi perché abbiamo le nuove tecniche di genome-editing – considera Massimo Iannetta, Responsabile Divisione Biotecnologie e Agroindustria di ENEA – Centrale è anche il tema della chiusura dei cicli. Su questo punto abbiamo attivato una piattaforma di stakeholder, IGEST, con l’obiettivo di fare innovazione non solo tecnologica ma anche di governance, verso nuovi modelli di sviluppo per creare nuovo valore aggiunto all’interno delle filiere».

 

L’innovazione non è qualcosa di astratto, ma una serie di politiche e di pratiche concrete. Per questo Francesco Sottile, del Comitato esecutivo di Slow Food, rimarca l’importanza di fare un passo indietro per vedere questo concetto con più chiarezza. «Dobbiamo capire quale innovazione serve. Quella che negli ultimi 50 anni ha caratterizzato l’agricoltura, probabilmente non è stata la migliore per garantire l’equilibrio tra uomo e ambiente. La prima innovazione di cui abbiamo bisogno è culturale. L’innovazione genetica tampona solo un problema, mentre dobbiamo risolverlo alla base».

 

Sara Roversi, Presidente del Future Food Institute propone di affrontare il processo di costruzione di nuovi modelli di sviluppo con la lente dell’ecologia integrale. «È l’unico modo di pensare all’ecologia per tenere insieme le tante dimensioni che vengono toccate: ambientale, sociale, culturale, economica. Educazione e formazione sono tra i pilastri della transizione in atto nei sistemi alimentari: dobbiamo prima di tutto imparare un modo diverso di affrontare i problemi».

 

I piccoli Comuni d’Italia possono essere luoghi di sperimentazione di queste nuove tendenze di innovazione del sistema alimentare. «Il cambiamento culturale sull’agricoltura non deve declinare in modo elitario il tema del cibo, bisogna chiudere il cerchio e coinvolgere cittadini, amministratori locali. Tra gli strumenti da potenziare per sostenere la trasformazione del sistema agroalimentare ci sono i distretti del cibo e, in generale, tutti quelli che creano opportunità per i piccoli Comuni», conclude Rosanna Mazzia, Presidente dell’Associazione Borghi Autentici.

 

La sessione pomeridiana dell’Agrifood Forum ha dato voce a chi interpreta quotidianamente il percorso di trasformazione dell’agricoltura. Grandi aziende e start up innovative hanno raccontato la loro esperienza e condiviso la loro visione del futuro dell’agrifood.

La torsione verde dell’agricoltura passa anche da un rapporto diverso con l’energia. Per Giovanni Tula, Responsabile Sostenibilità di Enel Green Power, è possibile una condizione win-win se si individua un nuovo modello ottimale di gestione integrata. Sfida resa più che attuale dall’inserimento dell’agrivoltaico nel Pnrr. «I benefici dell’agrivoltaico possono essere sia ambientali che sociali. Quanto ai primi si parla di servizi ecosistemici, come il miglioramento degli habitat e della biodiversità. I benefici sociali includono più posti di lavoro, ma anche nuove tipologie di lavori. A questo si può arrivare se sviluppiamo nuove competenze che oggi non esistono: ad esempio possiamo immaginare un operatore agro-solare, che è impegnato sia nella parte agricola tradizionale ma anche in parte degli interventi di ordinaria amministrazione sull’impianto».

 

Massimo Monti, AD di Alce Nero, vede come priorità l’educazione e l’equità. «Da 40 anni il cibo costa troppo poco rispetto al suo valore reale e viene percepito come una commodity data per scontata. Dobbiamo agire sia sull’educazione civica sia sull’equità nella distribuzione del reddito. Il fatto che una famiglia non possa spendere 100 euro in più al mese per mangiare bene, quello è il problema». Gli fa eco Lara Ponti, AD di Ponti SpA: «Negli ultimi anni si è costruito il pensiero che il cibo sia scontato. Di fatto, come ogni prodotto, in realtà ha dietro il lavoro delle persone. Bisogna valorizzare questo aspetto, che tocca la sostenibilità ma anche temi come l’equità». «Se riusciamo a collegare il valore fantastico del made in Italy anche al cibo sostenibile, aumentiamo la credibilità della nostra offerta alle nuove generazioni», propone Gianpiero Calzolari, Presidente del Gruppo Granarolo.

 

Gli esempi di buone pratiche sostenibili in questo ambito si possono trovare sia tra i marchi affermati che nel mondo delle start up. Andrea Illy, Presidente di illycaffé, affronta la sfida della decarbonizzazione promuovendo l’agricoltura rigenerativa. «Ci permette di combinare i benefici per l’ambiente con quelli per la salute e di essere net-zero in maniera circolare, aumentando la capacità di fissazione di carbonio dei terreni agricoli senza puntare sull’offsetting». Enrico Galasso, AD di Birra Peroni, spiega come «tramite il Campus Peroni facciamo formazione per le giovani generazioni di agricoltori. L’obiettivo primario è migliorare la sostenibilità dell’orzo distico». Accelerazione e incubazione di impresa sono anche al centro degli  sforzi di ENI. Tra le molte iniziative spicca Joule, la Scuola di ENI per l’Impresa che punta molto sul Sud Italia. «Con la call SouthUp sui temi dell’agritech e dell’agri-energia, Joule vuole coinvolgere le aziende agricole lucane per creare innovazione con ricadute sul territorio della Basilicata. Tramite la call, Joule punta a fare del Sud Italia un punto di riferimento europeo sull’innovazione in campo agricolo», spiega Massimo Sabatini, Acceleration Specialist per SouthUp.

 

La missione di Osvaldo De Falco, co-founder e CEO Biorfarm, è usare «il digitale per garantire un giusto margine all’azienda agricola, soprattutto i piccoli agricoltori locali biologici, e al tempo stesso assicurare ai consumatori la freschezza dei prodotti e raccontarne la storia». Daniele Benatoff, co-founder e co-CEO Planet Farms spiega perché puntare sul vertical farming: «Usiamo la tecnologia per aiutare l’agricoltura. Il vertical farming produce dove serve quando serve: la produzione è a ridosso dei centri urbani, disponibile 365 giorni l’anno ma senza chimica». «Tutto quello che viene fatto nel campo ha un costo, e noi lo rendicontiamo puntualmente con l’app IoAgri. Così l’agricoltore ha una stima dei costi che ha sostenuto e ipotizzare dei guadagni reali», conclude Vito Sanitate, co-founder e CEO IoAgri.

 




Dl alimentare: Paolini (Lega), bene governo su tutela settore                       

“Con questo provvedimento eviteremo che l’agroalimentare resti privo di tutela sanzionatoria penale e amministrativa come sarebbe potuto accadere a seguito dei recenti adeguamenti normativi ai regolamenti dell’Unione Europea. Il governo dimostra ancora una volta la dovuta attenzione per un settore strategico della nostra economia a differenza dell’esecutivo precedente. Non dimentichiamo, infatti, il pasticcio burocratico del governo Conte con il quale si rischiava il travolgimento di tutti i processi pendenti e conclusi con una sorta di amnistia retroattiva a dir poco assurda”. Così il deputato della Lega Luca Rodolfo Paolini.




Alimentare, Fai Cisl: bene Campari su azionariato per lavoratori

Il Gruppo Campari ha scelto di offrire a tutti i dipendenti un pacchetto di azioni e la possibilità di destinare parte del proprio stipendio all’acquisto di azioni ordinarie. A renderlo noto è la Fai Cisl, che si era battuta in occasione dell’ultimo accordo integrativo per ottenere anche un capitolo sull’azionariato diffuso.

Il CdA del Gruppo ha approvato un apposito documento informativo, da sottoporre all’Assemblea degli Azionisti, che introduce un piano di partecipazione azionaria volto a premiare i dipendenti a livello globale. Il piano prevede che ai dipendenti venga offerta la possibilità di destinare determinati importi che saranno dedotti mensilmente dal proprio stipendio, attraverso un contributo del 1%, 3% o 5% dello stipendio lordo annuo, per l’acquisto di azioni ordinarie. Sempre nell’ambito del piano, viene introdotto un bonus che prevede il diritto gratuito per i dipendenti del Gruppo di ricevere un numero di azioni, subordinatamente al mantenimento del rapporto di lavoro con Campari Group per un vesting period di tre anni.

“Un bel passo in avanti – commenta Onofrio Rota, Segretario Generale della Fai Cisl – che realizza un pezzo importante di welfare aziendale innovativo e lungimirante, nell’ottica di una sempre maggiore partecipazione dei lavoratori, anche economico-finanziaria, alla vita delle imprese. Una conquista ottenuta grazie anche all’ottimo lavoro svolto dalle Rsu. Crediamo fermamente che questo sia un modello da perseguire, in tanti settori, per contribuire alla crescita del Paese facendo leva su principi fondamentali di partecipazione e democrazia economica”.

Ora la palla passa a una commissione interna all’azienda, che dovrà gestire concretamente il progetto. A settembre partirà una campagna informativa per tutti i lavoratori, e da gennaio 2022 sarà attivato concretamente il percorso previsto dal piano. Fondato in Italia nel 1860, il Gruppo Campari negli ultimi 15 anni ha vissuto uno sviluppo importante, diventando il sesto player mondiale per importanza nell’industria degli Spirit di marca. La multinazionale conta 22 impianti produttivi e impiega complessivamente circa 4.000 persone. In Italia è presente con la sede centrale di Sesto San Giovanni e i 4 stabilimenti di Canale, Novi Ligure, Alghero e Caltanissetta.




Alimentare, Coldiretti, De Cecco aderisce a Filiera Italia

Lo storico pastificio De Cecco ha deciso di aderire a Filiera Italia, la nuova realtà associativa che riunisce per la prima volta in una Fondazione il meglio della produzione agricola nazionale, rappresentata da Coldiretti, dell’industria alimentare, della distribuzione e delle più importanti componenti economiche del sistema Paese.  L’adesione è stata comunicata dal Cavaliere del Lavoro Filippo Antonio De Cecco, Presidente e Amministratore delegato dell’azienda abruzzese, al Presidente della Coldiretti Ettore Prandini e al Consigliere delegato di Filiera Italia Luigi Scordamaglia, in visita allo stabilimento di Fara San Martino, in provincia di Chieti. Di fronte alle difficoltà del Paese aggravate dall’emergenza Covid e alle grandi opportunità che vengono per l’economia e l’occupazione dalla valorizzazione del Made in Italy, è stato deciso di avviare un percorso comune, per una sempre maggiore valorizzazione del grano duro italiano di alta qualità anche attraverso contratti di filiera che interessino un numero sempre maggiore di produttori nazionali, con il comune obiettivo di risultare sempre meno dipendenti dall’estero.




Alimentare, la filiera delle pesche Valfrutta ora è 100% tracciabile

La pesca 100% italiana si racconta con un semplice QR Code. È questa l’innovazione targata Valfrutta e realizzata attraverso un nuovo progetto di tracciabilità che, grazie all’uso del codice, consentirà a tutti i consumatori di conoscere l’intera filiera del frutto che stanno per gustare.

“La nostra è da sempre una grande filiera agricola, non ci siamo inventati nulla se non provare a dare il giusto risalto ai nostri soci produttori”, spiega Pier Paolo Rosetti, direttore generale di Conserve Italia, il consorzio proprietario del marchio Valfrutta. “Vogliamo rendere la filiera agricola cooperativa sempre più trasparente agli occhi dei consumatori che potranno ora conoscere già sul punto vendita, nel giro di pochi istanti, la storia che si cela dietro le singole referenze, dall’agricoltore che ha prodotto quella frutta a tutte le informazioni sull’azienda agricola, la varietà, il periodo di raccolta, lo stabilimento e la data di lavorazione”.

Il progetto di tracciabilità coinvolge in questa prima fase le confezioni di pesche in pezzi Valfrutta, sia in vetro che in barattolo di latta. Il QR Code presente in etichetta accanto alla scritta “Scopri la mia origine”, una volta inquadrato con uno smartphone, consente di accedere alla sezione tracciabilità del sito www.valfrutta.it; a questo punto, una volta inserito il codice univoco riportato in confezione (sulla latta o sul bordo della capsula), si aprirà una pagina web nella quale il consumatore potrà trovare tutte le informazioni sul prodotto, sull’agricoltore che ha coltivato quelle pesche, sul territorio di riferimento. È possibile accedere alle stesse informazioni anche aprendo la sezione tracciabilità del sito di Valfrutta e inserendo il codice univoco, senza utilizzare il QR Code.

Sono più di trenta le aziende agricole socie delle cooperative di Conserve Italia attualmente coinvolte nel progetto di tracciabilità delle pesche in pezzi, presenti prevalentemente in Romagna. Le aziende agricole interessate dai diversi lotti di produzione vengono geolocalizzate ed è così possibile conoscerle grazie a fotografie e filmati e persino attraverso il ricorso ad aneddoti e curiosità sull’attività dei soci agricoltori. Completano il quadro informazioni relative all’area geografica di riferimento, con consigli su eventi, sagre o mostre, con l’obiettivo di promuovere tutto il territorio circostante.

Insieme al progetto di tracciabilità, che ha preso il via nei mesi scorsi, Conserve Italia ha anche promosso il lancio di una nuova linea di frutta in pezzi senza zuccheri aggiunti, sempre a marchio Valfrutta. 

“Il mercato chiede sempre più garanzie sull’origine delle produzioni alimentari – aggiunge il presidente di Conserve Italia, Maurizio Gardini – e con questo progetto di tracciabilità delle pesche intendiamo fare un salto ulteriore: non ci limitiamo solo a indicare dove le coltiviamo, come fatto fino adesso nelle nostre confezioni, ma d’ora in avanti vogliamo raccontare al consumatore anche chi le ha coltivate, di quale varietà si tratta e quando sono state lavorate. Al centro di tutto c’è il socio agricoltore, fulcro della nostra cooperativa. Partiamo con questo progetto di tracciabilità dalle pesche in pezzi, ma siamo convinti che possa essere implementato anche su altre categorie di prodotti. Mettere al centro il socio – conclude Gardini – equivale a valorizzare la nostra filiera corta: è la mission di Conserve Italia che portiamo avanti tutti i giorni”.

 

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Conserve Italia è un Gruppo cooperativo con sede a San Lazzaro di Savena (Bo), leader in Italia nel settore della trasformazione alimentare, che associa 14.000 produttori agricoli e lavora 550mila tonnellate di frutta, pomodoro e vegetali in 12 stabilimenti produttivi, di cui 9 in Italia, 2 in Francia e uno in Spagna. Il fatturato del Gruppo Conserve Italia è di circa 900 milioni di euro. Conserve Italia dà lavoro in Italia a oltre 3.000 persone tra lavoratori fissi e stagionali e detiene marchi storici del made in Italy alimentare come Cirio, Valfrutta, Yoga, Derby Blue e Jolly Colombani.




Industria, Coldiretti: tiene l’alimentare in vista del Natale

Tiene l’alimentare con un fatturato che rimane praticamente stabile (-0,4%) rispetto allo scorso anno grazie all’impegno di 730mila aziende agricole e 70 mila industrie alimentari che non hanno mai smesso di lavorare per garantire le forniture di cibo e bevande agli italiani. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi all’andamento del fatturato industriale a settembre, che evidenzia un calo del 4,6% rispetto allo scorso anno.

 

Una rete diffusa lungo tutto il territorio che – spiega la Coldiretti – viene quotidianamente rifornita dalle campagne italiane dove stalle, serre e aziende hanno continuato a produrre anche per assicurare le tavole imbandite degli italiani per Natale. Un appuntamento che tra pranzi e cenoni – stima la Coldiretti – vale 5 miliardi, con il consumo di 70 milioni di chili tra pandori e panettoni, 74 milioni di bottiglie di spumante, 20mila tonnellate di pasta, 6 milioni di chili tra cotechini e zamponi e frutta secca, pane, carne, salumi, formaggi e dolci spariti dalle tavole lo scorso anno solamente tra Vigilia e Capodanno.

 

A preoccupare è il rischio che un Natale sobrio, senza le tradizionali maxitavolate delle feste di fine anno composte in media da 9 persone nel 2019, si traduca anche – continua la Coldiretti – in meno brindisi ed un netto taglio delle portate.

 

Con la pandemia – conclude la Coldiretti – la filiera agroalimentare è diventata la prima ricchezza del Paese con 538 miliardi di valore dai campi agli scaffali che garantisce 3,8 milioni di posti di lavoro e vale il 25% del Pil.

 




Industria, Coldiretti: alimentare cresce in controtendenza (+1.2%)

In controtendenza al crollo generale della produzione industriale cresce l’alimentare con una produzione in aumento congiunturale dell’1,2% rispetto a mese precedente. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi all’andamento della produzione industriale a settembre che evidenzia un calo del 5,6% rispetto al mese precedente dopo quattro mesi di recupero. Al contrario degli altri settori simbolo del Made in Italy come il tessile e automotive, che registrano cali a doppia cifra, le imprese del comparto alimentare – sottolinea la Coldiretti -mettono a segno un aumento della produzione diventando la prima ricchezza del Paese con un valore di filiera che supera i 538 miliardi. Un esempio di resilienza per continuare a soddisfare il fabbisogno alimentare dei cittadini nonostante – precisa la Coldiretti – le grandi difficoltà provocate dalla chiusure del canale della ristorazioni e le difficoltà del turismo che hanno messo in ginocchio numerose aziende. Quella agroalimentare è una realtà allargata dai campi agli scaffali che garantisce – evidenzia la Coldiretti – 3,6 milioni di posti di lavoro e vale il 25% del Pil grazie all’attività, tra gli altri, di 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. “L’emergenza globale provocata dal coronavirus ha fatto emergere una consapevolezza diffusa sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza” afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che l’Italia può contare su una risorsa da primato mondiale ma deve investire per superare le fragilità presenti, difendere la sovranità alimentare e ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali”.




Alimentare, Coldiretti: etichetta Nutrinform salva made in Italy

“L’etichetta Nutrinform salva il Made in Italy dagli attacchi del Nutriscore francese e dei Semafori inglesi che penalizzano la dieta mediterranea e le grandi produzioni di qualità Dop e Igp italiane, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dall‘extravergine di oliva ai salumi”. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel suo intervento all’assemblea di Origin Italia dove la ministra delle Politiche agricole e alimentari Teresa Bellanova ha annunciato che è in corso di emanazione il decreto interministeriale che introduce la possibilità di informare, volontariamente, il consumatore in merito al contenuto di energia, grassi, zucchero, sale con una “porzione” denominato NutrInform. Si tratta di un sistema di etichettatura nutrizionale alternativa al modello che si sta diffondendo nei paesi del nord Europa sotto la spinta delle multinazionali che boccia ingiustamente quasi l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine (Dop) che la stessa Ue dovrebbe invece tutelare e valorizzare. Si tratta – precisa la Coldiretti – di sistemi fuorvianti, discriminatori ed incompleti che finiscono per escludere paradossalmente dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta. Si rischia – evidenzia la Coldiretti – di promuovere bevande gassate con edulcoranti al posto dello zucchero e di sfavorire elisir di lunga vita come l’olio extravergine di oliva considerato il simbolo della dieta mediterranea, ma anche specialità come il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano ed il prosciutto di Parma le cui semplici ricette non possono essere certo modificate. L’etichetta nutrizionale dei prodotti alimentari a batteria, denominato Nutrinform – conclude Prandini – non attribuisce presunti “patentini di salubrità” ad un alimento e soprattutto esclude i prodotti a marchio Igp e Dop che sono già soggetti ad una forte regolamentazione europea ed a disciplinari specifici che ne garantiscono la qualità e la sicurezza.




DPCM, PER GARANTIRE BENI ALIMENTARI SI DOVRA FARE LA FILA IN PREFETTURA. LATTINE E BOTTIGLIE ESCLUSE DA LISTA. GOVERNO AL LAVORO

Mentre Palazzo Chigi è al lavoro con imprese e sindacati per ‘correggere’ la lista ATECO, stanno arrivando a centinaia le richieste alla Prefettura da parte delle aziende interessate dal punto D dell’articolo uno del nuovo DPCM della presidenza del Consiglio. Ovvero quello che prevede la possibilità per le aziende di non interrompere la produzione previa autorizzazione della prefettura e indicazione della destinazione del materiale. Che deve servire a garantire i beni di prima necessità.

Tra coloro che devono inviare la richiesta in prefettura anche i produttori di bande di latta e bottiglie di vetro, con cui vengono distribuite e vendute circa il 90 per cento delle conserve alimentari, dai pomodori al tonno, ai fagioli al mais. E così via. Vale a dire quei beni di prima necessità che vengono presi d’assalto ai supermercati.

In sostanza, la filiera di beni alimentari di prima necessità dovrà fare la fila per poter garantire la produzione.

“Nessuno vuole fermare l’industria che sostiene il Paese che non può e non deve fermarsi, c’è stato tavolo che ha definito le attività essenziali ma poi le attività sono raddoppiate” ha detto la segretaria generale della Fiom, Francesca Re David che ad Agorà su Rai 3 ha sottolineato che “per quanto riguarda l’industria metalmeccanica c’è anche la produzione delle giostre”.

E ha precisato poi come “le richieste alla prefettura in questi giorni stanno arrivando a centinaia”.

Per adesso domani in Lombardia e Lazio c’è lo sciopero.

Era già stato scritto:

DPCM, MANCANO LATTINE E BOTTIGLIE PER BENI ALIMENTARI. TEMPI PIU LUNGHI E PIU BUROCRAZIA PER GARANTIRE SCAFFALI PIENI. ECCO IL TESTO. LA LISTA SI E’ FATTA, DA IERI, PIU CORTA. E PER PRODOTTI NECESSARI A PRODUZIONE ALIMENTARE CI VORRA OK PREFETTURA

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Un giorno di discussione intensa a Palazzo Chigi – dopo l’annuncio su facebook da parte del presidente del Consiglio Giuseppe Conte – per trovare la quadra sul testo del DPCM che restringe le misure per le linee produttive delle imprese italiane.

Oggetto di scontro la lista dei settori dalla comprovata necessità per il Paese, contenuti nella lista ATECO.

Agroalimentare e sanità – come insegnano tutte le guerre – sono i due asset a cui è impossibile rinunciare e il cui approvigionamento bisogna garantire nei tempi e nei modi.

Rispetto alla lista su cui stava lavorando Palazzo Chigi – pubblicata da AGRICOLAE nella serata di ieri – Speranza e Conte –  si apprende – avrebbero insistito per un ulteriore stretta, non troppo condivisa dal ministro dell’Economia Gualtieri. Sono stati così eliminati i codici ATECO relativi alle bottiglie in vetro e alle bande di alluminio per le lattine. Due settori dai quali dipendono il 90 per cento della produzione dei pelati in scatola ma anche tonno, fagioli, mais e tutti quei prodotti in scatola che costituiscono un bene necessario.

La soluzione trovata – al punto D dell’articolo uno – sarebbe quella di dare la possibilità alle aziende interessate di continuare la produzione previa comunicazione alla prefettura, indicandone la destinazione.

Una ‘quadra’ che sembra non essere proprio in linea con la necessità di garantire i beni di prima necessità sugli scaffali senza ritardi, lungaggini e aumenti di burocrazia. Soprattutto in un contesto che vede le aziende lavorare spesso a ranghi ridotti e le persone assaltare i supermercati.

Considerando anche che la psicosi da scaffale vuoto è sempre dietro l’angolo.

 




ALIMENTI, CONTROLLI NAS IN DIVERSI SETTORI. SEQUESTRI PER 700 MILA EURO

controlli nas

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I militari dei NAS sono stati impegnati in una serie di controlli in diversi settori del comparto alimentare, sia a tutela della genuinità e qualità dei prodotti di origine che della loro salubrità e sicurezza.

Il NAS di Firenze, nell’ambito di un’attività ispettiva volta alla tutela delle indicazioni geografiche tipiche, ha eseguito un controllo presso un distributore all’ingrosso e dettaglio della provincia di Firenze. Nel corso dell’ispezione l’attenzione dei militari si focalizzava sul prezzo di vendita di alcune bottiglie di vino, notevolmente inferiore rispetto alle caratteristiche di pregio indicate in etichetta.  Gli accertamenti del NAS hanno determinato il sequestro cautelativo sanitario di 4.704 bottiglie di vino, delle quali ben 2.316 a denominazione IGT, per un valore commerciale di 20.000 euro.

Anche le analisi chimiche di laboratorio sono uno strumento utile a supportare le attività di controllo dei NAS. Ad esempio, sempre i Carabinieri del NAS fiorentino hanno denunciato un commerciante della provincia di Arezzo per frode in commercio, per aver venduto miele di qualità inferiore al dichiarato. Le analisi di laboratorio hanno permesso di appurare la presenza di polline millefiori, dal valore commerciale nettamente inferiore rispetto a quello di “acacia”, come in realtà indicato in etichetta. Gli accertamenti hanno portato inoltre al sequestro di oltre 21.000 kg di miele, del valore di 300.000 euro.

Il NAS di Parma ha segnalato all’Autorità Giudiziaria il titolare di una ditta di prosciutti emiliana. L’uomo, infatti, deteneva quasi 2.500 prosciutti in cattivo stato di conservazione insudiciati e invasi da parassiti. Gli alimenti, del valore di 350.000 euro, sono stati sequestrati prima che venissero distribuiti al commercio.

Anche il NAS di Sassari ha individuato due situazioni illecite. In un caso è stata denunciata la proprietaria di una pizzeria per aver congelato abusivamente alimenti senza la corretta procedura, mentre nell’altro, invece, è stato segnalato all’A.G. il responsabile di un’azienda agricola della provincia di Sassari per aver messo in vendita oltre 290 forme di formaggio e 135 confezioni di yogurt/creme, indicandoli come di propria produzione sebbene fossero provenienti da altri stabilimenti.

I Carabinieri del NAS di Pescara, insieme al personale del locale Ispettorato Centrale Repressioni Frodi, sono stati impegnati in diversi controlli nel settore oleario, procedendo a comminare sanzioni per aver per aver mantenuto in funzione opifici strutturalmente inadeguati e aver omesso di adeguare le procedure aziendali per la tracciabilità.