Ci stiamo lasciando alle spalle anni veramente complicati, nei quali è stato come vivere sull’ottovolante dovendo fronteggiare emergenze e problemi di enorme portata, dalla pandemia su scala mondiale alla guerra tra Russia e Ucraina con il pesante impatto economico e i forti rincari dell’energia e delle materie prime.
Il primo auspicio che sento di formulare per il nuovo anno è dunque quello di provare a dare risposte alle nostre imprese con una programmazione di lungo periodo e un orizzonte temporale ampio, non dettato dalle emergenze. È questa a mio avviso la sfida più grande.
Nonostante nelle ultime settimane ci siano stati alcuni segnali rassicuranti sui costi dell’energia, è evidente che non stiamo ancora fuori dalle difficoltà. L’aumento dei costi sta determinando crisi di liquidità nelle nostre imprese e all’orizzonte si profila la minaccia di serie difficoltà nella realizzazione degli investimenti assistiti dalle risorse del PNRR.
Con il conflitto tra Russia e Ucraina abbiamo poi compreso quanto sia importante per l’Unione Europea e per i singoli Stati membri avere produzioni primarie e non essere dipendenti da Paesi Extra UE. Emblematico il problema della carenza dei fertilizzanti, con un approvvigionamento dall’estero che ha dimostrato tutti i suoi limiti. Con lo scoppiare della guerra, sono emersi con tutta la loro evidenza tutte le fragilità di un equilibrio minato dall’instabilità di infrastrutture e trasporti marittimi. È bastato poco per metter in crisi un modello produttivo come il nostro che per anni ha continuato ad esternalizzare svariati fattori produttivi, dalle materie prime, al vetro ai fertilizzanti, pertantoora dobbiamo necessariamente tendere ad essere più indipendenti nelle forme di approvvigionamento.
Per la prima volta, a 60 anni di distanza dall’introduzione della PAC, abbiamo dovuto fare i conti con le fragilità strutturali e gli effetti di una globalizzazione dei mercati non sempre regolamentata con accortezza. Si è avuta la sensazione che ad essere minacciata fosse la stessa Food Security, così faticosamente conquistata nell’Unione Europea.
Occorre quindi avviare una profonda riflessione sugli stessi paradigmi delle politiche di sviluppo economico nazionali ed europee. Sono convinto, ad esempio, che nel 2023 occorrerà rimettere mano al Piano strategico nazionale. L’Italia non ha a mio avviso risposto appieno, attraverso il proprio Piano strategico, alle carenze del sistema agricolo italiano individuate dalla Commissione stessa in termini di “elevata frammentazione e carenza di relazioni verticali o di filiera” ed è per questo che sarà necessario aprire alla possibilità di estendere le OCM settoriali a comparti ad oggi esclusi, come il settore zootecnico e quello lattiero-caseario.
Anche nell’ottica di una revisione di metà mandato della Politica Agricola Comune, è necessario un vero e proprio cambio di passo per sostenere e rafforzare un’agricoltura italiana ed europea che è molto cambiata rispetto agli anni in cui è stata scritta e pensata la nuova Pac. Auspichiamo che torni un po’ di realismo e si comprenda che certe direttive e indicazioni non possano più essere perseguite e che su temi come la riduzione dei fitofarmaci, la direttiva delle emissioni e la riforma del packaging l’Europa faccia meno voli pindarici, assumendo decisioni così impattanti sulla vita delle nostre imprese, facendosi guidare da un sano realismo e non da pure ideologie.
Sul fronte nazionale, il nostro obiettivo è rendere l’agricoltura italiana più moderna ed efficiente, con uno sguardo che miri al mercato del 2030 e non del 2000. Andranno implementate politiche per lo sviluppo dell’agricoltura nazionale che a mio avviso passa attraverso il rafforzamento di filiere integrate cooperative. Le dimensioni aziendali medie delle aziende agricole restano ancora piccole, occorre dunque incentivare l’aggregazione di allevatori e produttori, per rafforzarne il potere contrattuale nei confronti dell’industria e della distribuzione, e migliorare nel contempo la competitività, la sostenibilità e la qualità del comparto agroalimentare.
Al fine di evitare l’abbandono delle attività agricole e lo spopolamento delle aree interne, occorrerà poi attuare misure efficaci che contrastino la frammentazione aziendale: il rilancio della cooperazione di conduzione associata dei terreni può rappresentare ad esempio una soluzione, in quanto agevola l’aggregazione in forma mutualistica delle terre.
Carlo Piccinini
Presidente Alleanza Cooperative agroalimentari