Aviaria, Ghidoni (Lega): Commissione UE eroghi presto i 46,7mln stanziati per allevatori

Finalmente una buona notizia per gli allevatori italiani: la Commissione Europea ha stanziato 46,7 milioni di euro per contribuire a compensare gli operatori colpiti dall’influenza aviaria. Su questo tema avevo recentemente presentato un’interrogazione, sollecitando un intervento che ora è arrivato. Meglio tardi che mai. Ora auspichiamo che le erogazioni avvengano rapidamente, senza intoppi e lungaggini. La filiera avicola è un fiore all’occhiello del made in Italy e partecipa in modo considerevole al prodotto interno lordo italiano. Decine di migliaia di famiglie attendono risposte da troppo tempo. La Commissione, per una volta, ha l’occasione di fornirle. Vigileremo perché ciò accada e un settore gravemente colpito possa riprendersi dai danni subiti.”

Lo ha dichiarato Paola Ghidoni, europarlamentare della Lega, Componente della Commissione Agricoltura.




Puglia, la denuncia di Cia: Allevatori aspettano ristori dovuti dal 2018

Gli allevatori di tutta la Puglia aspettano ancora, dal 2018, i ristori per le epizozie, vale a dire le malattie infettive che hanno causato perdite. Nell’ambito dell’ultimo incontro nazionale del GIE (Gruppo di Interesse Economico Zootecnia) si è discusso anche di questo, con l’appello della delegazione di CIA Agricoltori Italiani della Puglia – composta da Leonardo Santucci, Angelo Miano e Michele Ferrandino – affinché Agea eroghi il prima possibile quanto dovuto, in modo da alleviare almeno in parte le difficoltà del settore zootecnico pugliese.

Una delle altre questioni affrontate, poi, è quella inerente alla registrazione degli animali secondo le più recenti novità normative.

L’obbligo di registrare un nuovo capo di bestiame, all’interno dell’allevamento, entro i sette giorni dall’apposizione dei mezzi identificativi rappresenta un problema di non poco conto.

“La mortalità precoce è un fenomeno molto diffuso per gli ovicaprini e i suini”, ha spiegato Leonardo Santucci. “Ciò significa che è necessario aspettare almeno qualche settimana”. Il fatto che la normativa non colga questa necessità, secondo Angelo Miano, “è dovuta a una scarsa comunicazione tra le governance della Sanità e quelle dell’Agricoltura, tra i due ambiti occorre maggiore dialogo, così da normare il settore della zootecnia sulla base di un maggiore pragmatismo”.

Durante la riunione, inoltre, si è discusso anche del problema rappresentato dalle pratiche sleali. “C’è una importante questione legata all’enorme quantità di latte bovino proveniente dall’estero”, ha ricordato Michele Ferrandino. “Abbiamo proposto che, anche per il latte bovino, sia adottato il sistema in uso per il latte di bufala, con la registrazione e comunicazione dei quantitativi prodotti da parte direttamente degli allevatori”. Il comparto lattiero-caseario pugliese conta oltre 2mila aziende con vacche e bufale, circa 3mila con ovini e caprini da latte. In questo particolare settore, la maggioranza delle imprese si concentra nelle province di Bari e Taranto. Nel Foggiano e nel Barese si concentra la maggiore presenza di allevamenti ovicaprini. Il numero di capi allevati si attesta attorno ai 70mila bovini e bufalini, mentre registra oltre 300mila ovicaprini. In Puglia, c’è un aumento delle dimensioni medie d’impresa, ma è ancora insufficiente se paragonato alla media nazionale. Per quanto riguarda le bufale, è la provincia di Foggia a detenere il primato pugliese. Sono circa 200 le unità di trasformazione e raccolta del latte in tutta la Puglia. Particolarmente rilevante su base regionale, nel complesso, è la diffusione di caseifici privati, mentre molto lavoro c’è da fare per accrescere il numero delle cooperative dedicate alla raccolta e alla lavorazione del latte. A differenza del comparto olivicolo, quello lattiero-caseario vede una scarsa presenza di OP. Il latte raccolto a livello regionale è stato destinato alla trasformazione industriale di prodotti lattiero-caseari e recentemente ha portato all’ottenimento di oltre 108.000 tonnellate di latte alimentare (pari al 4% del totale nazionale), a poco più di 1.000 tonnellate di burro e a quasi 40.000 tonnellate di formaggi, per la gran parte attinenti la categoria “freschi”. Il settore zootecnico regionale, considerato nel suo complesso, si compone di poco più di 9.000 allevamenti. Dal punto di vista della rilevanza dei capi allevati, il contributo della regione alla zootecnia nazionale risulta significativo nell’allevamento ovicaprino e degli equini, per i quali l’incidenza sul comparto nazionale è superiore al 4%. Le dimensioni medie degli allevamenti restano modeste. Le Province a maggior vocazione sono Foggia, Bari e Taranto, dove si concentrano oltre il 90% dei capi bovini e bufalini e in cui si registrano anche le dimensioni di impresa maggiori in termini di capi/azienda.




AIA, ANAFI CAMBIA STATUTO, PREFETTURA FRENA E MIPAAF REVOCA. ANAFI RISPONDE MA ALLEVATORI FANNO RICORSO MENTRE AGCM AVVERTE: TENTATIVO AIA DI CONDIZIONARE RIFORMA CONTRO MONOPOLIO. I DOCUMENTI

Mentre è in corso la Fiera del latte di Cremona, sempre a Cremona vede la luce un caso sulla gestione dei dati del settore zootecnico che perdura da molto tempo ma i cui nodi sembrano essere arrivati al pettine. L’Associazione di razza degli allevatori di bovini da latte di razza frisona – Anafi – cambia il proprio statuto ma il Mipaaf frena, scrive alla Prefettura di Cremona e revoca la modifica perché “illogico e irragionevole adottare una disposizione statutaria che si pone apertamente in contrasto con l’impostazione generale della nuova normativa” che, arrivando direttamente da Bruxelles, vuole porre fine a regimi di monopolio.

Anche perché il Garante della Concorrenza nel frattempo scrive proprio al Mipaaf e al Viminale per chiedere lumi in merito ad alcune pratiche attuate “con il tentativo di condizionare il processo di riforma della governance del settore zootecnico da cui deriverebbe un sostanziale depotenziamento delle soluzioni pro-competitive e di maggiore efficienza”. E, riferendosi al Mipaaf, ribadisce l’importanza della necessità di attuare dei controlli in merito in nome della trasparenza e del democratico svolgimento della vita associativa”.

In pratica, scrive l’Agcm, sembra che l’Aia “abbia posto in essere un complesso tentativo di condizionare il processo di riforma della governance del settore zootecnico da cui deriverebbe un sostanziale depotenziamento delle soluzioni pro-competitive e di maggiore efficienza introdotte con precisato decreto legislativo 52/2018”. Un monopolio cui è legato il finanziamento di oltre 200 milioni di euro di soldi europei.

Ma l’Anafi non ci sta e replica al ministero in data 23 ottobre: “La perdurante inerzia di Codesto Ministero imporrà di lamentare e richiedere tutti i danni cagionati a titolo di danno ingiusto, lesivo, di un diritto sussistente a percepire le contribuzioni. A tal riguardo rappresentiamo che sarà inevitabile procedere ad azioni legali, in sede civile ed amministrativa, onde ottenere condanne ai danni, da azionare nei confronti di Codesto Ministero a tutela dei diritti violati”.

E tira in ballo il capodipartimento delle Politiche Ue (Giuseppe Blasi): “Sulla base delle indicazioni ricevute dal Capo Dipartimento e sulla base della analitica ricostruzione della normativa di riferimento ed infine delle inequivocabili prove documentali fornitevi – scrive l’Anafi al Mipaaf – si invita codesto ministero a verificare la sussistenza dei requisiti in capo alla scrivente associazione e all’esito della verifica darne tempestiva comunicazione”.

La storia prosegue con cento allevatori che (non più soci dato che lo statuto non esiste più) quando ricevono le quote da pagare fanno ricorso al Tribunale ordinario di Cremona per smontare una situazione che – a loro avviso – appare nebulosa e fuori legge.

Oggi l’Anafi non ha uno statuto rinnovato secondo la nuova legge e nonostante questo ha proseguito a convocare durante l’estate scorsa gli allevatori alle assemblee territoriali e a far votare il bilancio dell’associazione.

Bilancio che si fonda in realtà su soldi pubblici votato da allevatori che in realtà non sono legittimati a farlo non essendo di fatto più soci.

In gioco i quasi 230 milioni di euro di fondi pubblici stabiliti con decreto Martina. Che ora per l’Aia – a seguito delle valutazioni Agcm e del ricorso presentato – potrebbero essere messi a rischio. E che potrebbero andare direttamente agli enti selettori secondo norma di legge. O – a causa dei malcontenti e malumori nata da quella che secondo l’Autorità garante per la concorrenza è un tentativo di “depotenziare il decreto sulla riforma zootecnica ” – potrebbero finire non spesi.

Da quanto apprende AGRICOLAE il ministro Bellanova avrebbe chiesto il 22 ottobre a Blasi una sintesi su quanto accaduto e ieri è avvenuta una riunione al ministero per cercare di sbrogliare la matassa.

Qui di seguito AGRICOLAE pubblica tutta la documentazione:

VERBALE ASSEMBLEA

NOTA PREFETTURA

REVOCA STATUTO DA PARTE MIPAAF

REPLICA ANAFI

Era stato scritto:

AIA, GARANTE SCRIVE AL MIPAAF E AL VIMINALE: CERCA DI CONDIZIONARE RIFORMA. MONITORATE TRASPARENZA E DEMOCRAZIA. IN GIOCO 230 MLN

L’Agcm scrive al ministero delle Politiche agricole di Teresa Bellanova per chiedere lumi in merito ad alcune pratiche attuate “con il tentativo di condizionare il processo di riforma della governance del settore zootecnico da cui deriverebbe un sostanziale depotenziamento delle soluzioni pro-competitive e di maggiore efficienza”. E, riferendosi al Mipaaf, ribadisce l’importanza della necessità di attuare dei controlli in merito in nome della trasparenza e del democratico svolgimento della vita associativa”.

Altro lavoro per l’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Stavolta si tratta dell’Aia-Associazione italiana allevatori e degli obiettivi di riforma stabiliti dal decreto legislativo 11 maggio 2018 n.52, attuativo  dell’art. 15 della legge 28 luglio 2016 n.154 a sua volta determinato dal regolamento Ue n.2016/1012.

“La nuova normativa mira a una più efficiente organizzazione del settore nel suo complesso e a un’efficace concorrenza nella fornitura di controlli funzionali. Predisponendo tra le altre cose il superamento del monopolio prima riconosciuto per tale fornitura in capo all’associazione italiana allevatori AIA e alle associazioni nazionali allibratori ANA esistenti, introducendo un sistema incentrato sulla separazione tra attività di enti selezionatori e soggetti terzi autorizzati ai controlli funzionali e sul ruolo di garante e controllore del Mipaaf chiamato a riconoscere enti selezionatori e soggetti terzi abilitati a rendere i servizi sulla base della titolarità di specifici requisiti”.

“Elemento qualificante della riforma – scrive l’Agcm – è stata la rottura del precedente assetto organizzativo con la separazione delle funzioni tra il soggetto che raccoglie i dati e quello che eroga i servizi di assistenza tecnica. Tra le conseguenze del nuovo assetto del settore vi è inoltre l’impossibilità per AIA di svolgere vari servizi fin qui destinati agli allevatori e per i quali risultano disponibili significativi finanziamenti da parteDello Stato sulla base di contributi europei”.

Si tratta di 230 milioni di euro sul Psrn della biodiversità che il Mipaaf aveva creato con la scorsa Pac al fine di migliorare e finanziare il miglioramento genetico sotto Maurizio Martina.

“A fronte di tali significative novità risulta che a decorrere da maggio 2018 – prosegue il Garante nella sua missiva – AIA abbia posto in essere un complesso tentativo di condizionare il processo di riforma della governance del settore zootecnico da cui deriverebbe un sostanziale depotenziamento delle soluzioni pro-competitive e di maggiore efficienza introdotte con precisato decreto legislativo 52/2018”.

“Nello specifico AIA ha operato in primo luogo una scissione parziale ai sensi dell’articolo 2506 bis c.c. e da cui è derivata la cessazione del rapporto associativo in qui esistente tra la stessa e le varie ANA e la costituzione di una nuova federazione delle associazioni nazionali di razza e specie. A decorrere dall’ottobre 2018 AIA ha quindi comunicato alle ANA l’associazione automatica alla nuova federazione la quale si troverebbe nelle condizioni di avocare nuovamente a sé la gestione operativa dicono amica dei servizi oltre a poter esercitare una profonda influenza sulla vita associativa delle ANA”.

“Dalle segnalazioni ricevute dall’Autorità risulta – si legge ancora – che da una parte varie ANA abbiano formalmente contestato le modalità di associazione alla federazione e gli effetti da questa conseguenti ed alcune ANA dall’altra parte sarebbero invece procedendo alla modifica dei rispettivi statuti al fine di adeguarli a quanto previsto da quello della federazione così di fatto dando seguito alle indicazioni di AIA da cui verrebbe a dipendere inefficacia della predetta riforma del settore zootecnico”.

Nella sua adunanza dell’8 ottobre 2019 l’Autorità ha esaminato i fatti segnalati ed ha osservato che un assetto maggiormente trasparente efficiente e pro-competitivo di tale settore rispetto a quanto verificato nel passato risulti un obiettivo che alla luce della predetta riforma normativa e di quanto già a suo tempo considerato dall’Autorità nella precedente segnalazione del 2010 non deve essere in alcun modo pregiudicato da artificiose riorganizzazioni quale quella appena richiamata. Ovvero da altri eventualmente perseguibili in futuro a vario titolo e da vari soggetti”.

“Con specifico riferimento alle modifiche che alcune a me sarebbero apportando ai propri statuti si ritiene necessario mantenere i rispettivi atti rigorosamente allineati agli obiettivi delle riforme evitando ogni modifica che pregiudichi autonomia indipendenza e capacità operative dell’ente evitando altri sì il trasferimento in qualsiasi modo di prerogative e responsabilità a soggetti terzi e garantendo al contempo il più efficace e democratico svolgimento della vita associativa a partire dalla E trasparente comunicazione di ogni eventuale modifica statutaria fino alle modalità di recesso”.

Poi il garante si rivolge nello specifico a Ministero delle Politiche Agricole e Forestali:

“L’autorità intende ribadire che nell’ottica di una riforma concorrenziale del settore zootecnico l’adesione alla neocostituita federazione delle associazioni nazionali di razza e specie da parte degli enti selezionatori deve essere facoltativa e che l’oggetto sociale delle singole associazioni nazionali allevatori deve risultare coerente con la necessità di garantire l’autonomia e l’indipendenza gestionale delle medesime e con il principio di fornire servizi richiesti degli associati su base volontaria. E ancora lo è il diritto di recesso da un’associazione nazionale allevatori deve comunque risultare automatico a fronte della richiesta dell’associato e senza condizionamenti di sorta”.

L’Autorità richiama quindi il Mipaaf e il Viminale “alla necessità di rigorosi controlli affinché i rispettivi atti non comportino pregiudizi all’autonomia, non trasferiscano indebitamente responsabilità e prerogative a soggetti terzi e garantiscano il più efficace e democratico svolgimento della vita associativa a partire dalla trasparenza.

Qui di seguito AGRICOLAE pubblica la lettera in PDF:

LETTERA GARANTE A MIPAAF E VIMINALE SU TENTATIVO AIA DI DEPOTENZIARE RIFORMA

Tutto è nato, per quanto riguarda il tesoretto da oltre 200 milioni di euro, da un colpo di coda del ministro Maurizio Martina che approvò il decreto poco prima di andare via senza passare per il parere delle Comagri di Camera e Senato. Tanto che la commissione Agricoltura della Camera scrisse alla Finocchiaro.

Per saperne di più riportiamo la lettera e l’articolo:

SISTEMA ALLEVATORI, OK A DECRETO SENZA PASSARE PER IL PARLAMENTO. COMAGRI SCRIVE A FINOCCHIARO

Posted by Redazione × Pubblicato il 22/02/2018 at 18:52

La conferenza Stato – regioni da il proprio placet – con alcune modifiche apportate – al decreto legislativo sul sistema allevatoriale. Ma uno dei nodi più stretti da sciogliere del settore, per paradosso, non ha potuto avere il parere della competente commissione della Camera. In sostanza, il decreto partito da Palazzo Chigi – che ha suscitato non poche polemiche relative alla liberalizzazione dei servizi – non è stato valutato dal Parlamento.

Tanto che la stessa Commissione Agricoltura di Montecitorio scrive al ministro dei rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro per informarla dei fatti.

Qui di seguito Agricolae riporta la lettera:

LETTERA COMAGRI A FINOCCHIARO




NASCE USMCA, ACCORDO USA-CANADA-MESSICO PER MERCATO PIU LIBERO PER AGRICOLTORI E ALLEVATORI

Da una parte i dazi, dall’altra un’apertura per creare nuovi ‘ponti’ commerciali contrastanti il potere europeo e quello Russo-cinese dall’altro. Nato un nuovo asset economico-commerciale tra gli Stati Uniti, il Messico e il Canada. I tre paesi hanno infatti raggiunto un accordo commerciale trilaterale, chiamato USMCA. Lo hanno dichiarato il rappresentante per il commercio statunitense Robert Lighthizer e il ministro degli Esteri canadese Chrystia Freeland. All’inizio della giornata, i media hanno riferito che il Canada ha accettato di far parte del nuovo accordo per sostituire il North American Free Trade Agreement (NAFTA), che è stato annunciato alla fine di agosto da Stati Uniti e Messico. Dopo intensi colloqui trilaterali, tenutisi durante il fine settimana, le parti sono riuscite a risolvere i disaccordi sul NAFTA e hanno raggiunto accordi che manterranno il formato a tre paesi dell’intesa originale.

”Oggi, il Canada e gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo, insieme al Messico, su un nuovo accordo commerciale: l’accordo Stati Uniti-Messico-Canada (USMCA). L’USMCA darà ai nostri lavoratori, agricoltori, allevatori e imprese un accordo commerciale di alto livello che porterà a mercati più liberi, un commercio più equo e una solida crescita economica nella nostra regione. Rafforzerà la classe media e creerà buoni posti di lavoro ben pagati e nuove opportunità per quasi mezzo miliardo di persone”, si legge in un nota pubblicata sul portale del governo canadese.

La Russia è infatti pronta a fornire assistenza all’esportazione a tutti i progetti industriali congiunti attuati in Russia con la partecipazione della Cina, aveva detto il 21 settembre scorso il ministro dell’Industria e del Commercio, Denis Manturov.

Manturov e il ministro dell’Industria e dell’Informazione cinese Miao Wei si erano incontrati per il terzo incontro della sottocommissione russo-cinese sulla cooperazione industriale.

“Nel contesto dello sviluppo della cooperazione tra i nostri due paesi, vorrei sottolineare che siamo pronti a fornire un complesso sostegno alle esportazioni nella promozione dei prodotti fabbricati congiuntamente a tutti i progetti industriali attuati in Russia con la partecipazione del capitale della Cina”, aveva detto Manturov durante l’incontro.

Il ministro aveva espresso la convinzione che le società russe e i loro partner cinesi avrebbero colto questa opportunità per intensificare le esportazioni che, a loro volta, avrebbero accelerato lo sviluppo delle industrie di trasformazione ad alta tecnologia e la diversificazione delle rispettive economie.

Manturov aveva anche elogiato la crescita del commercio reciproco, osservando che ci sono tutti i prerequisiti per il commercio bilaterale per superare i 100 miliardi di dollari.

Per conto suo, l’Unione europea sta lavorando al fine di facilitare il commercio con alcuni paesi extra Ue come l’Iran, attraverso uno speciale meccanismo per facilitare gli scambi. Era stato proprio il rappresentante speciale Usa per l’Iran, Brian Hook, a dirlo ai giornalisti lo scorso 26 settembre giudicando “improbabile che il meccanismo speciale per facilitare il commercio delle società europee con l’Iran nel contesto delle sanzioni statunitensi contro Teheran possa cambiare la realtà economica e le preferenze commerciali del mercato americano”.