Arrivano al pettine i nodi creati nella scorsa legislatura dal ministero delle Politiche agricole. E ora tocca pagare i conti. Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso di CAvit contro Agea e il Mipaaft. Un ‘pacchetto’ da circa 4 milioni di euro che ora potrebbe andare sulle spalle del ministero delle Politiche agricole e di Agea e chi c’è adesso si potrebbe ritrovare a pagare i conti di chi era seduto al tavolo prima di loro. Il Consiglio di Stato smentisce la precedente sentenza del Tar e affossa il decreto Martina sull’Ocm vino. Una sentenza questa, che potrebbe aprire la strada a un futuro preoccupante per l’amministrazione di via Venti Settembre in quanto sono molti i ricorsi presentati sotto la gestione di Maurizio Martina a causa dei gap rilevati per quanto riguarda l’Ocm promozione vino che hanno in passato messo in difficolta le aziende che avevano investito nella promozione del vino italiano all’estero mettendo in svantaggio il made in Italy rispetto ai competitors francesi e spagnoli. Ora bisognerà vedere se la Corte dei Conti aprirà un ‘ndagine a riguardo, dato che si tratta di danno all’erario.
Il Consiglio di Stato scrive:
“1. L’appello è fondato e, pertanto, va accolto.
1.2. Come anticipato nella narrativa in fatto il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, con decreto ministeriale n. 32072 del 18 aprile 2016, recante il titolo “OCM Vino – Modalità attuative della misura “Promozione sui mercati dei Paesi terzi”, ha disciplinato in dettaglio le modalità attuative della misura “promozione” prevista dall’art. 45, paragrafo 1, lettera b) del Regolamento (UE) n. 1308/2013 del 17 dicembre 2013 e riferita all’informazione e promozione dei vini dell’Unione sia negli Stati membri che nei paesi terzi.
1.3. Il predetto atto generale, all’art. 6, paragrafo 3, individua i requisiti di ammissibilità dei soggetti proponenti, prevedendo, tra l’altro, che “Il beneficiario non ottiene il sostegno a più di un progetto per lo stesso mercato del paese terzo nella stessa annualità”. Tale preclusione è valida anche ….in caso di partecipazione del beneficiario a progetti presentati da raggruppamenti temporanei”.
La definizione dell’accezione “beneficiario” è contenuta, in termini più generali, all’art. 2 del medesimo decreto a mente del quale deve intendersi beneficiario “il soggetto che presenta il progetto e sottoscrive il contratto” ovvero, nel caso di soggetto plurisoggettivo, “ogni singolo partecipante ad un raggruppamento”.
1.4. Di poi il medesimo testo, all’articolo 11, indica, altresì, i criteri di priorità alla stregua dei quali graduare l’assegnazione di punteggi di premialità ai progetti ammessi, tra i quali quelli di:
– “nuovo Paese terzo o nuovo mercato del paese terzo”;
– “nuovo beneficiario” da intendersi quale “uno dei soggetti indicato […] all’articolo 3 che non ha beneficiato dell’aiuto sulla Misura Promozione nel corso dell’attuale periodo di programmazione 2014-2018. Nel caso di raggruppamenti, il requisito deve essere posseduto da tutti i partecipanti al raggruppamento medesimo”.
1.5. All’esito dello scrutinio svolto in sede procedimentale, i cui esiti sono stati confermati nella loro legittimità dal TAR per il Lazio, l’odierna appellante è stata esclusa dalla graduatoria definitiva, adottata il 14 ottobre 2016, per aver violato gli artt. 6, comma 3 e art. 11, comma 1, lett. b) del D.M. n. 32072/2016, muovendo dalla sussistenza di un doppio finanziamento a cagione della sovrapponibilità della propria richiesta a quella di altre aziende che figurano come soci all’interno della sua compagine sociale, avendo i suddetti soci presentato per la stessa campagna e per lo stesso paese altro progetto.
2. Gli snodi essenziali che qualificano il procedimento logico sotteso alla decisione dell’Autorità procedente, e convalidato dal giudice di prime cure, involgono le questioni di fondo che caratterizzano la res iudicanda, rappresentati, in sequenza, dalla corretta qualificazione giuridica dell’appellante nell’ambito delle diverse variabili che compongono la categoria dei soggetti collettivi ed il rilievo che a tale qualificazione può essere riconnesso nell’economia della lex specialis alla stregua del regime giuridico ad essi riservato.
2.1. Ed, invero, ancorchè in modo non sempre intellegibile, il TAR per il Lazio sembra, anzitutto, dubitare della rivendicata ascrivibilità della Cavit sc alla categoria giuridica dei Consorzi stabili ovvero delle Cooperative di secondo grado, ritenendo non compiutamente provata la dedotta qualità e, però, non peritandosi nemmeno di inquadrarlo nelle diverse tipologie giuridiche che qualificano le diverse forme di aggregazione collettiva.
3. Di, poi, il predetto giudice accede ad un’interpretazione ampia del termine “raggruppamento” cui riconnette una valenza onnicomprensiva, riferita cioè a qualsiasi forma di operatore plurisoggettivo, senza che assuma, dunque, rilievo la veste giuridica quale ATI, Consorzi, rete d’impresa effettivamente adottata e prescindendo dal fatto che il raggruppamento abbia o meno personalità giuridica distinta rispetto ai componenti.
4. Rispetto al primo tema in discussione, il Collegio rileva che non trovi smentita negli atti di causa la rivendicata qualifica soggettiva in capo all’appellante di consorzio stabile all’uopo mutuando anche i principi informatori compendiati all’articolo 45 del d. lgs 50/2016, secondo cui, per consorzi stabili, s’intendono i consorzi formati da non meno di tre consorziate, che abbiano stabilito di operare nel settore dei contratti pubblici per un periodo non inferiore a cinque anni e che, pertanto, abbiano istituito una comune struttura d’impresa.
4.1. Sul punto, anche in riscontro delle deduzioni difensive svolte dalle amministrazioni appellate, è necessario precisare che i consorzi stabili nell’economia della disciplina in commento sono soggetti dotati di autonoma personalità giuridica, distinta dalle imprese consorziate. Si tratta, dunque, di aggregazioni durevoli di soggetti che nascono da un’esigenza di cooperazione ed assistenza reciproca e, operando come un’unica impresa, si accreditano all’esterno come soggetto distinto.
Coerentemente, l’art. 47, c. 1 del d. lgs 50/2016, prescrive che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria dovranno essere posseduti dai consorzi in proprio. E’ pur vero che il comma 1 prevede la possibilità del cumulo, ma ciò vale solo per i requisiti relative alla disponibilità delle “attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo”.
Quanto alla qualificazione, i suddetti operatori possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto
E’ stato, altresì, di recente evidenziato in giurisprudenza come l’elemento essenziale per poter attribuire al consorzio la qualifica di consorzio stabile è il c.d. elemento teleologico, ossia l’astratta idoneità del consorzio, esplicitamente consacrata nello statuto consortile, di operare con un’autonoma struttura di impresa, capace di eseguire, anche in proprio, ovvero senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le presentazioni previste nel contratto (ferma restando la facoltà per il consorzio, che abbia tale struttura, di eseguire le prestazioni, nei limiti consentiti, attraverso le consorziate) (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 02/05/2017 n. 1984; Consiglio di Stato sez. V, 17/01/2018, n.276). Il riferimento aggiuntivo del codice dei contratti pubblici alla “comune struttura di impresa” induce a concludere nel senso che costituisce un predicato indefettibile di tali soggetti l’esistenza di un’azienda consortile, intesa nel senso civilistico di “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.
L’alterità che connota tali soggetti rispetto ai propri componenti (e che vale a differenziarli sia rispetto ai raggruppamenti temporanei che ai consorzi ordinari ) trova indiretta conferma nel fatto della possibilità, a determinate condizioni, di una partecipazione congiunta alla medesima gara.
Sul punto, si registra, invero, un diverso regime tra i raggruppamenti temporanei ed i consorzi ordinari, da un lato, ed i consorzi stabili dall’altro: l’articolo 48 comma 7 del d. lgs 50/2016 prevede infatti che “E’ fatto divieto ai concorrenti di partecipare alla gara in più di un raggruppamento temporaneo o consorzio ordinario di concorrenti, ovvero di partecipare alla gara anche in forma individuale qualora abbia partecipato alla gara medesima in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti. I consorzi di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b) e c), sono tenuti ad indicare, in sede di offerta, per quali consorziati il consorzio concorre; a questi ultimi è fatto divieto di partecipare, in qualsiasi altra forma, alla medesima gara; in caso di violazione sono esclusi dalla gara sia il consorzio sia il consorziato..”.
Anche in ambito comunitario si è affermato che viola i principi del Trattato la normativa nazionale che stabilisce l’esclusione automatica dei consorzi stabili, e delle imprese che lo compongono, che abbiano partecipato in concorrenza alla stessa procedure di affidamento di un pubblico appalto. Siffatta disposizione nazionale pone una presunzione assoluta d’interferenza reciproca tra i suddetti soggetti, anche nel caso in cui il consorzio non sia intervenuto nel procedimento per conto e nell’interesse di dette imprese; né è consentito ai suddetti operatori di dimostrare che le loro offerte sono state formulate in modo pienamente indipendente e che non vi è un rischio d’influenza sulla concorrenza fra gli offerenti (cfr. Corte giustizia UE , sez. IV , 23/12/2009 , n. 376).
4.2. Orbene, dal progetto presentato – e la circostanza nemmeno è contestata – si evince che Cavit si è accreditato come soggetto dotato di personalità giuridica, segnatamente come “società cooperativa” (pag. 1), contraddistinto da propri organi sociali (Assemblea dei soci, Consiglio di Amministrazione e Collegio sindacale cfr. pag 6), dotato di una propria struttura aziendale, diversa da quella delle consorziate, con propri mezzi e personale, soprattutto per ciò che concerne l’attuazione dei progetti (ha 195 dipendenti – pag. 9), e dotato dell’organizzazione e del personale necessario per attuare direttamente il progetto (pag. 17).
Peraltro, nello stesso progetto la società proponente dichiara espressamente di svolgere “.. direttamente i programmi promozionali, utilizzando il proprio personale coadiuvato da partner commerciali e consulenti selezionati” (pag. 4), confermando così che non solo è dotato di autonoma struttura aziendale ma anche che nessuno dei consorziati sembra partecipare alla esecuzione del progetto in parola.
Emerge, dunque, con particolare nitore – in mancanza di elementi di segno contrario e di chiare smentite da parte delle appellate – sia l’alterità della società Cavit sc rispetto alle aziende consorziate sul piano strutturale sia sul piano funzionale atteso che il finanziamento sembra riferirsi esclusivamente alla tutela e all’espansione sul mercato USA del brand Cavit e non dei singoli consorziati.
4.3. Di poi, e quanto al secondo punto, la divisata natura giuridica, contrariamente a quanto ritenuto, non ha una valenza neutra nell’economia della procedura qui in rilievo.
Ed, invero, va rilevato, anzitutto, che la lex specialis reca una preclusione dichiaratamente riferita ai raggruppamenti temporanei, da considerarsi altro rispetto ai Consorzi.
Segnatamente, il D.M. 32072 del 18.4.2016 all’art. 6, paragrafo 3, espressamente declina i requisiti di ammissibilità dei soggetti proponenti, prevedendo, tra l’altro, che “Il beneficiario non ottiene il sostegno a più di un progetto per lo stesso mercato del paese terzo nella stessa annualità”. Tale preclusione è valida anche ….in caso di partecipazione del beneficiario a progetti presentati da raggruppamenti temporanei”.
E’, dunque, di tutta evidenza come il secondo periodo della disposizione in commento, cui si riconnette, per i profili qui in rilievo, la dignità di norma speciale, rechi esclusivo riferimento ai raggruppamenti temporanei, evocando, dunque, in ragione del chiaro valore semantico della proposizione utilizzata, aggregazioni non stabili e durevoli ma occasionate da scopi contingenti e mirati.
Vengono cioè in rilievo quelle associazioni temporanee e di scopo espressamente contemplate alla lettera g) dell’articolo 3 del medesimo decreto, che reca l’elenco completo dei soggetti beneficiari e che colloca i consorzi stabili nella distinta previsione di cui alla lettera h.
Di ciò si ha già un eloquente riscontro nella piana lettura del decreto ministeriale 43478 del 25.5.2016 avente ad oggetto la disciplina delle modalità operative e procedurali per l’attuazione del sopra menzionato decreto ministeriale n. 32072 del 18.4.2016 che, all’articolo 6 comma 6, espressamente fa carico ai Comitati di valutazione nazionali e regionali di verificare preliminarmente “che non vi siano proponenti che si presentino in forma singola o in raggruppamenti temporanei di cui all’art. 3 comma 1 lettera g del decreto ministeriale n. 32072 del 18 aprile 2016 nella stessa annualità per lo stesso paese mercato/bersaglio…”.
Orbene, una lettura sistemica delle disposizioni in commento conferma che, nel perimetrare i profili di possibili sovrapposizioni, la disciplina di settore fa riferimento non a qualsiasi soggetto collettivo ma a determinate aggregazioni, tecnicamente qualificate e tipologicamente individuate all’interno di un’analitica classificazione.
Quanto fin qui evidenziato, per la forza dimostrativa rinveniente dallo stesso significato letterale delle disposizioni oggetto di indagine ermeneutica, sarebbe già di per sé sufficiente a smentire l’opzione esegetica privilegiata dal giudice di prime cure.
Ciò nondimeno, deve soggiungersi come il suddetto approdo trovi ulteriori elementi di conferma che, nell’ambito di una necessaria visione di insieme, conclamano la fondatezza delle doglianze affidate dall’appellante al mezzo qui in rilievo.
Segnatamente, un ulteriore elemento di conforto si trae – giusta allegazione compendiata nell’atto di appello e non smentita dalla parte appellata – dallo stesso qualificato avviso espresso dal Ministero intimato nella FAQ7, in riscontro ad un quesito volto giustappunto a chiarire nel caso dei soggetti di cui alla lettera h dell’articolo 3 comma 1 del d.m. 32072/2016 se per beneficiario debba intendersi il proponente stesso o le singole aziende associate che prendono parte al progetto di promozione.
Orbene, a tal riguardo, e facendo applicazione del principio di non contestazione, deve rilevarsi che il Ministero ha precisato che i soggetti suddetti (id est soggetti di cui alla lettera h dell’articolo 3 comma 1, tra cui appunto i Consorzi) sono soggetti dotati di personalità giuridica propria e, pertanto, sono essi stessi direttamente beneficiari dell’agevolazione comunitaria e non i propri associati coinvolti nell’attività di promozione.
Resta, dunque, confermata la distinzione, sopra tracciata, tra i raggruppamenti temporanei ed i consorzi, con la ulteriore precisazione – che vale a scongiurare ogni equivoco riferimento contenuto all’articolo 2 ai “raggruppamenti” – che in siffatte evenienze il beneficiario è solo ed esclusivamente il Consorzio; e ciò vieppiù a dirsi nei casi in cui il Consorzio concorre per sè e non per una delle aziende consorziate.
Nel suddetto senso si dispiega coerentemente anche il disposto di cui all’art. 5 del Decreto direttoriale 25 maggio 2016, n. 43478, impropriamente richiamato dal TAR a sostegno della propria tesi.
Tale disposizione ha, infatti, previsto, previsto, in caso di soggetti di cui all’articolo 3 comma 1 lettera h del d.m. 32072/2016, la necessità di precisare, per opportuna informazione e completezza amministrativa ed al fine di verificare il possesso dei requisiti indicati al successivo comma 4 e l’accesso alle eventuali premialità, “tramite dichiarazione del legale rappresentante, quali fra le aziende associate/consorziate usufruiranno del contributo, partecipando alla realizzazione del progetto”.
In disparte la diversa finalità della norma, anche a voler assegnare a tale regola una funzione concorrenziale nella disciplina dei requisiti di ammissibilità, appare di tutta evidenza come, al più, un problema di sovrapposizione si porrebbe soltanto per quelle aziende consorziate che “partecipano alla realizzazione del progetto” e sono indicate come tali, ossia quelle aziende che eseguono il progetto e usufruiranno del contributo. Di ciò alcuna prova è stata fornita dalla stazione appaltante che nemmeno ha smentito la tesi dell’appellante secondo cui il progetto è eseguito solo da Cavit attraverso la propria struttura aziendale, autonoma rispetto ai consorziati.
Né ha pregio l’argomentazione difensiva spesa dall’Amministrazione appellata che impinge nel rischio di possibili applicazioni elusive del divieto del doppio finanziamento.
Sul punto, vale qui ribadire che le valutazioni confluite negli atti impugnati si sono impropriamente arrestate ad uno stadio meramente formale illegittimamente equiparando, ai fini della verifica del divieto del doppio finanziamento, tutti i soggetti collettivi nonostante il diverso regime previsto dalla disciplina concorsuale e senza peritarsi di verificare se sussistessero, nel caso di soggetti collettivi dotati di autonoma soggettività e riconducibili all’elencazione di cui all’articolo 3 lettera h) cit., indici sintomatici di eventuali fittizie interposizioni ovvero di una reale sovrapposizione dei progetti presentati dai consorzi e dalle consorziate.
In definitiva, gli atti impugnati in prime cure devono ritenersi illegittimi nella parte in cui non hanno tenuto conto della non riconducibilità, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 6 comma 3 cit., dei consorzi stabili alla categoria dei raggruppamenti temporanei.
Vale, infine, soggiungere che, ai fini della disposta esclusione, assume una rilevanza neutra il disposto di cui all’articolo 11 del d.m. 32072/2016, nella parte in cui indica, altresì, i criteri di priorità alla stregua dei quali graduare l’assegnazione di punteggi di premialità ai progetti ammessi.
In disparte la replicabilità delle considerazioni fin qui svolte, è sufficiente aggiungere che tale disposizione non governa la fase di ammissione bensì quella di assegnazione dei punteggi.
Senza contare che Cavit, giusta quanto dichiarato anche nel mezzo qui in rilievo, nemmeno ambisce al riconoscimento del criterio di cui alla lett. b), relativo al “nuovo beneficiario”.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della decisione di primo grado, s’impone, nei limiti dell’interesse azionato, l’annullamento degli atti impugnati.
Le spese del doppio grado di giudizio, in ragione della novità della questione scrutinata, possono essere compensate”.
Qui di seguito AGRICOLAE pubblica la sentenza:
SENTENZA CONSIGLIO DI STATO CAVIT VS MIPAAFT-AGEA
Era stato già scritto:
OCM VINO, MIPAAF METTE IN STAND BY DECRETO IN ATTESA RISPOSTA SERVIZI GIURIDICI UE. MA AZIENDE FANNO RICORSO MILIONARIO A CONSIGLIO DI STATO CONTRO MINISTERO SU OCM 2016-2017
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Redazione × Pubblicato il 08/06/2018 at 17:51
Il ministero delle Politiche agricole ha ‘messo in stand by’ il decreto già pronto e presentato alle regioni sull’Ocm promozione vino in attesa dell risposta da parte della Commissione europea sul lodo spagnolo, prevista fra una decina di giorni. Da quanto si apprende, tra chi a via venti Settembre era intenzionato a pubblicare il decreto subito e chi preferiva aspettare per vedere gli sviluppi europei, sembrerebbe abbia avuto la meglio chi preferiva premdere tempo.
Secondo i rumors – anticipati da AGRICOLAE il primo giugno scorso – la Commissine europea avrebbe infatti deciso di rimanere ferma, senza tornare indietro sulla propria decisione, accogliendo la proposta di Italia, Francia e Portogallo messa a punto per evitare di perdere la possibilità di fare promozione in Canada o negli Stati Uniti anche se fatta negli ultimi cinque anni. Ancora nulla di confermato, la risposta da parte della Commissione dovrebbe arrivare fra una decina di giorni. L’unico rischio sulla tempistica e sul risultato dell’azione dei tre paesi, è il parere dei servizi giuridici della Commissione interpellati dalla dg Agri.
Tutto era nato da una lettera di precisazione chiesta dalla Spagna con l’obiettivo di far saltare il banco ai paesi membri competitor.
Nel frattempo – da quanto apprende AGRICOLAE – sono confermati i ricorsi al Consiglio di Stato contro il Mipaaf da parte di alcune delle aziende che si dicono danneggiate perché escluse dalla graduatoria dell’Ocm promozione vino 2016-1017. Viene chiesta la riforma della discussa sentenza del Tar in merito all’azione milionaria di danni nei confronti del ministero delle Politiche agricole per la gestione della vicenda sotto l’egida di Martina.
Per saperne di più:
OCM VINO, TAR DEL LAZIO RIGETTA TUTTI I RICORSI RIFERITI A GRADUATORIA 2016 PER TECNICISMO GIURIDICO. ORA PALLA PASSA AL CONSIGLIO DI STATO
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Redazione × Pubblicato il 14/12/2017 at 17:48
Su Ocm vino il Mipaaf vince il primo round per tecnicismo giuridico. Ora palla passa al Consiglio di Stato
Il Tar del Lazio boccia i ricorsi per un tecnicismo giuridico. Il tribunale amministrativo con l’odierna pubblicazione delle attese ulteriori sei sentenze mette fine, per il momento, alla diatriba amministrativa sollevata dalle organizzazioni escluse con la graduatoria emanata dal Mipaaf con D.D. n. 76628 del 16 ottobre 2016 (a firma del D.G. Francesco Saverio Abate) dai finanziamenti comunitari a sostegno della promozione del vino sui Paesi terzi per le annualità 2016/2017 e 2017/2018.
Tuttavia, nel disposto delle stesse viene preso atto da parte del collegio amministrativo della lamentata (dai ricorrenti …) contraddittorietà e non univocità nell’applicazione della medesima norma (art. 6, co. 3) del DM 32072/2016 ma, in buona sostanza, i ricorsi vengono rigettati sul presupposto che la documentazione prodotta a sostegno degli stessi reca una data successiva ai termini di valutazione del comitato Ministeriale che ha determinato l’esclusione dei programmi dei ricorrenti.
Resta il particolare che l’interpretazione “contraddittoria” della norma a dire dei ricorrenti, stabilita unilateralmente dagli uffici ministeriali (rispetto alle amministrazioni regionali) è stata alimentata da un processo decisionale a sostegno delle tesi regionali che AGEA ha deciso a distanza di tempo dall’emanazione della graduatoria nazionale, attraverso la produzione di atti e documentazione che non poteva ovviamente essere conosciuta prima dai ricorrenti e che è stata portata all’attenzione dei giudici del TAR solo nel momento in cui gli stessi ne venivano a conoscenza.
Il tutto com’è noto ha portato da una parte all’esclusione di 13 programmi nazionali e di converso all’approvazione di oltre 70 programmi regionali in un contesto che in ogni caso i giudici amministrativi, sulla base della documentazione prodotta dai ricorrenti, hanno avuto modo di conoscere e valutare e sulla base della quale gli stessi erano in possesso di elementi più che probatori per sanare l’evidente contraddittorietà ed il principio amministrativo violato.
In ogni caso, da quanto si apprende sembrerebbe che per alcuni ricorsi si tratti del primo round di una partita che potrebbe avere un’appendice ulteriore presso il Consiglio di Stato presso il quale potrebbero essere impugnate le sentenze di oggi e che a questo punto potrebbe essere chiamato ad un nuovo pronunciamento sulla controversia amministrativa che ormai, visto il tempo trascorso e l’impossibilità di impattare sull’annualità 2018 (sono in via di ultimazione le graduatorie regionali e la nazionale è già stata emanata) potrebbe impattare unicamente per gli aspetti risarcitori che potrebbero essere invocati dai ricorrenti in caso di accoglimento dei nuovi ricorsi oggetto di proposizione.
La vicenda resta una pagina nera della burocrazia di Via XX settembre che ha sottratto importanti risorse alla promozione dei vini italiani nel mondo e sicuramente contribuito alle pessime performances del 2017 vitivinicolo a livello di export.
OCM VINO, MIPAAF FUORI TEMPO MASSIMO PER CORREGGERE DECRETO MARTINA. E PREDISPONE CIRCOLARE CORRETTIVA. MA NON BASTA
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Redazione × Pubblicato il 19/10/2017 at 16:46
Ancora guai sull’Ocm vino, lo strumento finanziario per promuovere il vino italiano all’estero. Il decreto Martina – che come anticipato da AGRICOLAE deve essere modificato per un’incongruenza sui tempi – non può essere modificato, perché ci vorrebbe troppo tempo. E ora si cerca un escamotage. La riunione della Commissione Politiche agricole (Cpa) della Conferenza delle Regioni dell’altro ieri si è conclusa – da quanto apprende AGRICOLAE – con una posizione unitaria e con l’impegno da parte del Mipaaf di corrispondere alle istanze regionali attraverso la modifica dell’ allegato e al cosiddetto “decreto direttoriale” relativamente ai punteggi da attribuire ai progetti multi regionali. Ma non solo: stante l’impossibilità di modificare in tempi compatibili il decreto”Martina”, è stato chiesto di predisporre una circolare/nota interpretativa che corregga la distorsione presente nel decreto e ribadita nella riunione relativamente alla data di avvio dell’attività promozionale che, ad oggi è fissata dallo stesso nel 16/10/2018, vanificando il senso e l’utilità deI bandi in via di emanazione.
Oggi – sempre da quanto si apprende – sarebbe arrivato il primo pezzo della circolare, con un contenuto che sembra essere coerente con gli auspici regionali. Ma non è sufficiente: dato che se non corretto l’aspetto temporale, viene pregiudicata l’operatività stessa dell’intera misura.
L’attuale decreto Abate all’articolo 8 riguardante i termini di valutazione dei progetti al paragrafo 1 lettera c) fissa al 20 febbraio 2018 il termine entro il quale l’AGEA stipula i contratti con i beneficiari. Tuttavia l’articolo 5, comma 3 del decreto Martina prevede che ” le attività sono effettuate a decorrere dal primo giorno utile dell’esercizio finanziario comunitario di pertinenza successivo al giorno di stipula del contratto”. Operando attualmente nell’esercizio finanziario comunitario 2017/2018 ciò vuole dire che se non interviene un urgente modifica del decreto Martina i programmi che verranno proposti in adesione del decreto Abate decorreranno dal 16 ottobre 2018 (primo giorno del l’esercizio finanziario comunitario successivo…).
Senza la correzione dell’aspetto temporale, sempre da quanto apprende AGRICOLAE – le regioni sono pronte ad esprimere parere negativo non potendo operare in modo proficuo ed entro i termini di legge nonostante diverse regioni abbiano già emanato i propri bandi.
Per saperne ancora di più:
Pubblicato il 04/10/2017
OCM VINO, A RISCHIO AVVIO PROGRAMMI PROMOZIONE 2017/2018 SE NON INTERVIENE MODIFICA DEL DECRETO MARTINA. ECCO PERCHE
Pubblicato il 11/10/2017
OCM VINO, DECRETO MIPAAF DA MODIFICARE MA E.ROMAGNA HA GIA EMANATO DECRETO REGIONALE. FAVA CHIEDE INCONTRO CON REGIONI E MINISTRO. E’ CAOS. REGIONI IN ALLARME
Ma era tutto previsto:
VINO, BRUXELLES CONTESTA OPERATO MARTINA A 360 GRADI. ECCO LA LETTERA UE (IN PDF) AL MIPAAF. SU OCM VINO PARAMETRI NON COINCIDONO. E AUTOCERTIFICAZIONE NON BASTA. “SI PREGA DI MODIFICARE”
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Redazione × Pubblicato il 08/09/2017 at 17:42
La commissione europea scrive al ministero delle Politiche agricole: bene il lavoro fatto, ma vi diamo alcuni suggerimenti. I suggerimenti – nel documento in possesso di AGRICOLAE (riportato in PDF a pie’ di pagina) e di cui aveva anticipato l’esistenza prima della pausa estiva – riguardano le questioni di ordine generale; questioni da chiarire, inserire o riformulare nel testo per ciascuna misura; la promozione nei paesi terzi; la ristrutturazione e riconversione; il reimpianto di vigneti per ragioni sanitarie o fitosanitarie; assicurazione del raccolto; investimenti nelle imprese a norma dell’articolo 50; la distillazione dei sottoprodotti;
Confermati dunque i rilievi formulati dalla Direzione generale dell’agricoltura e dello sviluppo rurale sulle procedure osservate dal dicastero di Martina in materia di recepimento delle norme comunitarie e degli orientamenti comunitari in applicazione del proprio Piano Nazionale di sostegno vino.
Per quanto riguarda l’ambito, appunto, della promozione nei Paesi Terzi, Bruxelles fa notare a via Venti Settembre come l’indicatore confronto con l’andamento’ e l’obiettivo quantificato del 30 per cento di progetti non coincidano. Come anche non sembra coincidere l’indicatore relativo all’andamento delle esportazioni e i pertinenti obiettivi quantificati. “Si prega di chiarire o precisare”, scrivono i funzionari europei.
Ma non solo: Il capo Unità Rudy van der Stappen spiega nella sua missiva – arrivaTO lo scorso 24 luglio al ministro Martina – come “la strategia proposta di migliorare la competitività del settore includendo i raggruppamenti non coincide con la sezione G in cui questo non vene menzionato. Per quanto riguarda poi i beneficiari, da Bruxelles evidenziano come “le reti di imprese non sono incluse in qualità di beneficiario di tale misura a norma dell’articolo 3 del RD. Quanto descritto del piano sembra essere un’associazione temporanea o permanente di produttori che sono già inclusi al punto G. Si prega di modificare”.
Poi la dichiarazione degli stessi: “la dichiarazione deve essere corredata da elementi di prova, come indicato all’articolo 10, lettera D del Rd. Si prega di modificare”.
Sempre da quanto apprende AGRICOLAE sembra il ministero sia pronto alla replica.
Pià nel dettaglio, con nota ARES (2017) 3714733 dello scorso 24 luglio i competenti servizi della Commissione hanno reiterato la richiesta di urgenti precisazioni riguardo i rilievi in materia già notificati al Mipaaf lo scorso mese di marzo con la nota ARES (2017) 1674594.
- Sono stati sollevati rilievi e richieste di chiarimenti riguardo diverse e molteplici “incoerenze” del nuovo testo normativo, il DM n. 60710 a firma di Martina, emanato lo scorso 10 agosto rispetto alle fonti normative citate in premessa della nota comunitaria;
- I rilievi riguardano “questioni di ordine generale” (in particolare si evidenziano quelle afferenti la “ragionevolezza dei costi” e sui “criteri di demarcazione” ex post rispetto alle altre misure agevolative previste dall’U.E. come ad es. i P.S.R. o la promozione “orizzontale” prevista dal Reg. UE n. 1144/2014) e trasversali sulle diverse misure di sostegno previste dal PNS vino per l’Italia e questioni di carattere specifico sulle diverse misure;
- Nello specifico della “promozione sui Paesi terzi”, degne di attenzione e preoccupazioni sui contenuti del DM 60710/2016 firmato da Martina che alla luce dei rilievi formulati si evidenzia con un dettato normativo che appare incoerente con le disposizioni comunitarie in più punti, quali:
3.1 Le procedure correlate alle varianti di progetto che in caso di varianti “sostanziali” (o di grande portata …) che in “caso di rigetto” dovrebbe prevedere una “procedura di notifica al beneficiario dei motivi pertinenti” ;
3.2 Manca una correlazione tra strategia ed obiettivi nel caso di un miglioramento della competitività del settore “includendo i raggruppamenti d’imprese”;
3.3 Tra i beneficiari, indicati nel DM di Martina, sono state previste le “reti d’impresa” che a loro volta non sono fattispecie giuridiche previste dall’art. 3 del Regolamento delegato UE 2016/1149 della Commissione;
3.4 Il DM di Martina, a parere dei servizi della commissione, appare carente in termini di elementi di prova a carico dei beneficiari per quanto concerne la dimostrazione di possesso di “… disponibilità di prodotti, in termini di qualità e di quantità, è sufficiente per rispondere alla domanda del mercato a lungo termine dopo l’operazione di promozione”;
3.5 Non viene chiarito e definito il metodo per verificare “la ragionevolezza dei costi” come richiamato al punto 11.1.1.1 delle linee guida comunitarie);
Ma più in generale è interessante rilevare come nel documento dei servizi della commissione vi sono ben 15 richiami al rispetto di quanto previsto dalle linee guida comunitarie (vedi https://ec.europa.eu/agriculture/sites/agriculture/files/wine/documents/reg-2016-1612_en.pdf ) che in particolare, nel caso della “promozione sui Paesi terzi” appaiono totalmente disattese se non inspiegabilmente ignorate dagli uffici ministeriale.
In tutto ciò, nell’attesa che gli uffici ministeriali possano chiarire i reiterati rilievi dei servizi della commissione UE (cosa che sembra essere proprio di queste ultime ore …) chi continua a soffrire tutta questa situazione sono certo gli operatori del settore posto che nonostante la pubblicazione del DM (che alla luce delle considerazioni esposte nel documento comunitario probabilmente dovrà essere oggetto di indispensabili, ulteriori, modifiche …) il ritardo e l’handicap accumulato rispetto ai nostri competitors europei è veramente “drammatico” (come peraltro evidenziato dalla relazione sui dati export presentata lo scorso 5 settembre da U.I.V. ed ISMEA) e certo non appare confortante la dichiarazione del vice ministro Andrea Olivero di consapevolezza “dei ritardi accumulati…”, posto che quello che chiedono gli operatori è una pronta soluzione dei problemi generati dagli stessi uffici ministeriali.
A riguardo, secondo gli operatori interpellati da AGRICOLAE, sarebbe auspicabile l’immediata attivazione di un tavolo tecnico (una vera e propria “unità di crisi”) da parte del Ministro Martina che attivi un immediato dialogo costruttivo con le Regioni, le Province autonome e le OO.PP. del settore, mancato durante tutto l’ultimo anno, per fronteggiare la pesantissima situazione venutasi a creare.
A tutto ciò si aggiungano gli inspiegabili ritardi del TAR del Lazio nell’emanazione delle attese sentenze rispetto ai 13 giudizi nel merito instaurati dalle organizzazioni escluse lo scorso 14 ottobre e che sicuramente avranno pesanti ripercussioni sulla linea di condotta del Ministero di Martina sia sulle vicende passate ma anche e soprattutto per le condotte del futuro.
Qui di seguito Agricolae riporta la lettera:
OCM VINO, LETTERA UE A MIPAAF
Per saperne di più:
OCM VINO, MIPAAF AL LAVORO PER ADEMPIERE A RILIEVI UE AGGIUNGENDO MODIFICHE NELL’AVVISO DI GARA. DECRETO RESTA QUELLO ANTICIPATO IL 30 GIUGNO
OCM VINO, DECRETO PUBBLICATO. RESTANO INCOGNITE RILIEVI UE
Le reazioni:
OCM VINO, GALLINELLA, M5S: CHIEDERO’ (ANCORA UNA VOLTA) A PRESIDENZA DI CONVOCARE MARTINA IN COMAGRI CAMERA PER FARE CHIAREZZA
OCM VINO, FAVA: BRUXELLES CONTESTA MIPAAF, MARTINA SI CONFRONTI CON LE REGIONI
In archivio:
ARCHIVIO OCM VINO
OCM VINO, MARTINA “BLOCCATO” DISERTA INCONTRO CON OPERATORI FILIERA. LO ASPETTAVANO AL VARCO
OCM VINO, REGIONI NOTIFICANO A MARTINA RISOLUZIONE DI MESSA IN MORA. E MIPAAF CONVOCA FILIERA CON NUOVO DECRETO. E’ SCONTRO
OCM VINO, IL VENETO DI ZAIA SCRIVE: GRAVI ERRORI MIPAAF, A RISCHIO CRITICHE BRUXELLES. SI VA IN CPA. ECCO LA LETTERA