Vinitaly, Giansanti (Confagricoltura): massima velocità sperimentazioni. Serve riflessione su quantità produzione. VIDEOINTERVISTA

“Io credo che il Vinitaly sia una grande occasione per parlare di vino, per promuovere il nostro vino. Vinitaly non è una festa. Vinitaly è un momento di business, un momento in cui le aziende presentano le nostre eccellenze, ovviamente al mercato. Un mercato sempre più difficile, competitivo. Tra l’altro in questi giorni abbiamo avuto la notizia che la Cina ha riaperto le sue frontiere all’Australia: tutto questo ovviamente avrà un impatto significativo sul commercio mondiale. Se a questo aggiungiamo anche gli effetti delle guerre, è evidente che stiamo vivendo una stagione difficile, legata anche tra l’altro agli effetti del cambiamento climatico.
Quindi da una parte c’è sempre più difficoltà a produrre un buon vino in termini di quantità, dall’altra un mercato sempre più competitivo. Su questo dobbiamo lavorare, da una parte trovando le soluzioni, per cui ci vuole massima velocità nell’adozione delle sperimentazioni sulle Tea anche in campo vitivinicolo per dare ai nostri produttori mezzi e strumenti per il cambiamento climatico. Dall’altra serve una riflessione più generale per quello che riguarda la produzione, ovviamente guardando al commercio mondiale perché non possiamo permetterci di fermarci”. Lo ha detto ad Agricolae il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti dal Vinitaly di Verona.

“Vengo proprio da un incontro due settimane fa con gli agricoltori francesi”, prosegue Giansanti. “Alla loro Assemblea ho ascoltato il grido di dolore che riguarda uno dei nostri principali competitor, ma che è anche uno dei principali produttori al mondo. Lì si sta iniziando ad espiantare. Noi in Italia dobbiamo fare una serie di riflessioni, perché da una parte dobbiamo iniziare a guardare anche alla quantità di uva prodotta ad ettaro, quindi all’interno dei disciplinari dobbiamo forse iniziare a immaginare anche una riduzione delle produzioni, quindi forse lavorare anche in quel settore prima di arrivare agli espianti. E poi serve una riflessione su come andremo a gestire i programmi operativi sia in termini di nuovi impianti ma più in generale in termini di promozione”.




Clima. Coldiretti, Prandini: Piano invasi con pompaggi per garantire acqua ed energia

“L’Italia ha bisogno di un Piano invasi con pompaggi per garantire acqua ed energia a famiglie e imprese”. Lo ha detto il presidente di Coldiretti Ettore Prandini in un videomessaggio proiettato durante il convegno Acqua e sole, un connubio perfetto che si è tenuto alla Camera. “Coldiretti – ha proseguito Prandini – ha posto al centro della propria politica, oggi e per i prossimi anni, proprio il tema dei bacini di accumulo. E questi dovrebbero essere accompagnati anche da pannelli fotovoltaici galleggianti, come soluzione a tante problematiche guardando anche alla sostenibilità e a incentivare le energie rinnovabili”. Piuttosto che consumare suolo agricolo fertile, è intelligente occupare gli specchi d’acqua unendo rispetto dell’ambiente e sicurezza alimentare. “Vi ringraziamo – dice nel messaggio Prandini rivolgendosi agli esponenti del Partito Democratico e del Movimento 5 stelle – per il lavoro che state svolgendo. Grazie per l’appoggio a una battaglia storica che Coldiretti ha intuito in termini di possibilità e strategia per il sistema paese che è proprio quella dei bacini di accumulo. Bacini di accumulo che diventano fondamentali quando parliamo anche di cambiamenti climatici”.

Il Presidente di Coldiretti ha poi voluto sottolineare la situazione attuale nel nostro Paese per quanto riguarda il clima: “Purtroppo ha sottolineato – anche in questi mesi ne stiamo vedendo le conseguenze. In tante regioni siamo già in fortissima difficoltà e noi pensiamo che sia qualcosa che il nostro Paese non si possa permettere, soprattutto quando altri Stati membri investono in modo significativo. La Francia – ha concluso – è già arrivata a superare il 35% di accumulo di acqua piovana, la Spagna è al 28%, l’Italia è ferma ancora all’11%. Non trattenere l’acqua significa non avere attenzione alle future generazioni”.




Anbi. Le temperature più calde di sempre anticipano i cicli della natura

Contraddicendo la vulgata popolare, è proprio l’arrivo di interminabili mezze stagioni a caratterizzare la crisi climatica sull’Italia, contrastando l’estate torrida e cancellando il freddo inverno, così da mettere in crisi i produttori di abbigliamento pesante e costringere gli agricoltori a ripensare i cicli colturali. Il settimanale report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche indica come l’andamento meteo degli anni recenti sull’Europa denoti una lunga stagione secca, da Giugno (addirittura da Maggio nel 2021-2022) a fine Ottobre, con temperature costantemente pari o superiori ai 30 gradi e piogge quasi totalmente assenti; i restanti mesi, invece, sono caratterizzati da moderata instabilità atmosferica, con sporadiche precipitazioni localmente anche violente e temperature decisamente miti, cui si accompagna una stagione umida, caratterizzata da temperature primaverili e dal transito di cicloni, che in alcuni casi assumono l’intensità di uragani mediterranei: in sintesi, una lunga stagione intermedia, ora più secca, ora più umida ed una lunga, caldissima estate.

“E’ questa fotografia a testimoniare la necessità di adattare i territori alla nuova fase climatica, dotandoli delle necessarie infrastrutture per calmierare l’estremizzazione degli eventi atmosferici, dall’alluvione alla siccità. Servono investimenti nella programmazione idrica per garantire produzione e redditività all’agricoltura” ribadisce Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

Secondo il C.N.R. (Consiglio Nazionale Ricerche), Febbraio si è concluso con anomalie  fino a +7 gradi nella Mitteleuropa. In Italia, al Nord l’anomalia è stata +3,64°, al Centro +2,85°, mentre al Sud +2,56°; Febbraio 2024 è stato il più caldo di sempre al Nord ed al Centro, mentre al Sud è al secondo posto. In Italia, l’inverno meteorologico che si è appena concluso (se mai è iniziato), è stato il più caldo della storia, con un’anomalia trimestrale di +2,16°. Le precipitazioni dell’ultima decade del mese scorso sono riuscite, ma solo al Nord, a stabilizzare un bilancio idrico negativo, soprattutto a causa della rapida fusione del già scarso manto nevoso, dovuto alle alte temperature.

Questo ha permesso il riempimento dei bacini settentrionali ma, allo stesso tempo, sta costringendo al rilascio di enormi quantità d’acqua, che vanno inevitabilmente disperse: è il caso dei due laghi più grandi, Maggiore (+ cm. 70 sulla media) e Benaco (+ 90 centimetri, quando l’anno scorso si raggiungeva a piedi l’Isola dei Conigli…), costretti a far defluire il massimo delle portate così come il bacino romagnolo della diga di Ridracoli in tracimazione controllata; buone anche le condizioni dei laghi di Como (65,3% di riempimento) e d’Iseo (79,3%). Al Sud, invece, le piogge di questi giorni, localmente anche violente, non sono sufficienti a ripianare un grave deficit idrico, consolidatosi in oltre 7 mesi di siccità.

Rispetto alla settimana scorsa, la portata del fiume Po è aumentata mediamente del  317%; a Pontelagoscuro, sul delta, scorre il 175% d’acqua in più rispetto alla media.

In Valle d’Aosta sono presenti al suolo oltre 130 centimetri di neve; crescita moderata per la Dora Baltea ed il torrente Lys.

In Piemonte, gli ultimi 10 giorni di Febbraio hanno portato in dote 158 millimetri di pioggia, regalando un surplus di +234%! La neve è caduta abbondante anche sui rilievi Sud-Occidentali, che per tutto l’inverno erano rimasti quasi totalmente brulli; un leggero deficit nivale persiste  sui rilievi nord-orientali dei bacini fluviali di Sesia, Toce e Ticino. Migliora la situazione delle acque sotterranee ed aumenta considerevolmente la condizione di tutti i fiumi, le cui portate sono ora nettamente superiori alla media del periodo (fonte: ARPA Piemonte). Esemplare è il caso del Tanaro che , dopo settimane di profondissima crisi idrica, ha ora un flusso di quasi il 160% superiore alla media e 10 volte maggiore di quello dell’anno scorso; “performances” eccezionali anche per Toce e Stura di Lanzo.

In Liguria è tornata la neve sulle Alpi (cm. 49 a Triora).Dopo i picchi della scorsa settimana, la decrescita dei livelli fluviali è considerevole: l’Entella cala di circa mezzo metro, la Vara di oltre 80 centimetri, mentre la Magra addirittura di cm.180; a Ponente cresce, invece, l’Argentina.

In Lombardia, le riserve idriche sono tornate in linea con i valori normali, anche se persiste un deficit nivale significativo sui bacini di Toce-Ticino-Verbano (-41,2%), Brembo (-19,6%), Serio (-6,5%); nel complesso, rispetto all’anno scorso, la risorsa stoccata è superiore del 158%. Tra i fiumi, la portata dell’Adda (291 metri cubi al secondo) è ora quasi 4 volte superiore alla media del periodo nello scorso biennio.

Per il Veneto è stato il secondo Febbraio più caldo di sempre (+4,1° dopo aver registrato addirittura +5,6° e +5,1° nella prima e seconda decade). Grazie alle perturbazioni di fine mese, la cumulata di pioggia mensile è salita a mm.170 (+192%) con picchi di mm. 557 nel Vicentino a rischio alluvione. Sull’anno idrologico il surplus d’acqua è del 37%. Le nevicate a cavallo tra la fine di Febbraio ed i primi giorni di Marzo hanno colmato anche il deficit nivale sulle Prealpi, riportando il valore nella norma, mentre sulle Dolomiti ora è superiore alla media. Attualmente la risorsa idrica nivale è di 220 milioni di metri cubi sul bacino del fiume Piave, 140 milioni su quello del Cordevole e di 200 milioni di metri cubi su quello del Brenta (fonte: ARPAV). Le portate dei fiumi sono tutte in crescita e ben al di sopra delle medie del periodo: spiccano il Muson dei Sassi (+329% sulla media), il Bacchiglione (+315%), la Livenza (+297%), il Brenta (+224%), l’Adige (+134%).

In Emilia-Romagna, le abbondanti piogge cadute sui bacini montani più occidentali (mm.413 in media da inizio 2024) hanno consentito agli invasi piacentini di Mignano e Molato di riempirsi rispettivamente per il 90,4% e per l’88,7%: complessivamente stanno  trattenendo oltre 16 milioni di metri cubi d’acqua (+5 milioni in un mese), il valore più alto dal 2016. Le portate dei fiumi sono in grande crescita e molto superiori alla media.

Anche per l’Alta Toscana, quella attuale si sta rivelando una stagione particolarmente “umida”. Negli scorsi 30 giorni, sui comuni del versante appenninico toscano e su quelli abbarbicati sulle Alpi Apuane (province di Prato, Pistoia, Massa, Lucca) si sono cumulate piogge tra i 300 ed i 500 millimetri con record a Stazzema con 560 millimetri. Tornano a valori più rassicuranti, ma sempre ben al di sopra della media, le portate di fiumi nella regione. A differenza delle Alpi, sull’Appennino continua a scarseggiare la neve e sulla cima dell’Amiata, così come in Garfagnana, ci sono solamente 8 centimetri di coltre.

Le precipitazioni di questa settimana hanno bagnato anche le Marche, soprattutto le località meridionali a ridosso dei Sibillini (fino a 100 millimetri in 7 giorni), mentre decisamente meno la parte settentrionale della regione (una trentina di millimetri). Si alzano i livelli dei fiumi e la disponibilità idrica negli invasi è di oltre 50 milioni di metri cubi, leggermente inferiore all’ottima annata 2023. Sui monti Sibillini, sopra i 2000 metri, sono  presenti 63 centimetri di neve (monte Bove).

Le piogge cadute sull’Umbria non sono state sufficienti per un ritorno alla normalità dei livelli del lago Trasimeno: la crescita di soli 6 centimetri è ancora insufficiente a raggiungere almeno il livello minimo vitale (-cm. 1,20). In aumento sono le portate dei fiumi Topino, Chiascio e Paglia.

Nel Lazio, incrementi di portata vengono registrati nei fiumi Tevere, Aniene e Liri, mentre è in calo la Fiora. La neve ricompare sull’Appennino laziale, ma è scarsa: mancano dai 40 (Terminillo) ai  50 centimetri (Campo Catino) di manto rispetto all’anno scorso.

Preoccupante è la situazione della disponibilità idrica in Abruzzo: su tutta la regione, da inizio anno idrologico, è piovuto pochissimo e, per quanto riguarda il mese di febbraio, il deficit pluviale riguarda tutto il territorio regionale (-51%) con criticità più evidenti sulla fascia collinare litoranea, in particolare sulle province di Chieti e Pescara (entrambe intorno a -64% di pioggia); la situazione si ripercuote anche sulla disponibilità idrica nell’invaso di Penne, oggi ai minimi dal 2016. L’Appennino Abruzzese, che sino a pochi giorni fa era a secco di neve, vede le sue cime più alte imbiancarsi, ma la coltre è alquanto scarsa (- cm.46 a Forca d’Acero).

In Molise il livello nel bacino  della diga del Liscione è cresciuto di m. 1,63 in un mese (fonte Molise Acque).

Tra i fiumi della Campania, la migliore performance è del Garigliano, il cui livello cresce di quasi 90 centimetri in una settimana.

In Basilicata, questa settimana, l’aumento dei volumi invasati si attesta su quasi 23 milioni di metri cubi, ma lo scarto negativo rispetto all’anno scorso rimane enorme (-mln. mc.128).

Anche in Puglia il buon andamento di questa settimana (+14,52 milioni di metri cubi) non riesce a colmare il gap con l’anno scorso (-mln mc 129,77).

“A leggere i dati di questa settimana – commentaMassimo Gargano, Direttore Generale di ANBIsi preannuncia un’estate difficile per il Sud Italia.Sarebbe, però, un errore considerare superata l’allerta siccità, presente fino a pochi giorni fa anche in altre zone del Paese: non cambiando sostanzialmente la situazione infrastrutturale, resta infatti marcata la fragilità idrica di alcuni territori dipendenti quasi esclusivamente da un andamento meteo, di cui la crisi climatica accentua gli estremi: pur essendo migliorata la disponibilità d’acqua, persistendo temperature largamente superiori alla norma, basteranno, come già accaduto, settimane prive di piogge significative per riproporre condizioni di sofferenza idrica. In quei momenti rimpiangeremo l’enorme ricchezza, che stiamo lasciando defluire inutilizzata in mare.” 

In Sicilia localmente continua a piovere molto: nel Messinese si registrano cumulate, che superano i 40 millimetri  (mm.76  a Cesarò Monte Soro) nelle 48 ore.

Infine, in Sardegna, a Febbraio, sono confluiti nei bacini artificiali 67 milioni di metri cibi d’acqua, insufficienti a colmare il deficit accumulato in questi mesi: i volumi  attualmente trattenuti sono, infatti, il 53% della capacità totale, inferiori del 31% rispetto alla media del periodo (Fonte: Autorità di Bacino Regionale della Sardegna).

 




Maltempo: Coldiretti, arriva dopo febbraio più caldo di sempre (+3,09°)

Il maltempo arriva dopo che il mese di febbraio 2024 è stato il più caldo di sempre mai registrato in Italia con una temperatura media superiore di 3,09 gradi rispetto alla media storica 1991-2020. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla banca dati aggiornata Isac Cnr che registra le temperature dal 1800 e che evidenzia come gli effetti del cambiamento climatico siano sempre più evidenti, con il caldo fuori stagione che si alterna a fenomeni temporaleschi improvvisi, con pioggia, neve o grandinate come quella abbattutasi su Roma. L’anomalia climatica – sottolinea la Coldiretti – è stata più evidente nel nord Italia dove la temperatura è stata superiore addirittura di 3,78 gradi la media mentre al centro è stata di +2,86 gradi e al sud di +2,63 gradi.

I rischi per le colture. Il febbraio bollente segue peraltro un mese di gennaio che aveva fatto registrare una temperatura superiore di 1,6 gradi rispetto alla media storica – sottolinea la Coldiretti – per un inizio d’anno all’insegna del caldo che ha mandato in tilt la natura anticipando le fioriture ed esponendole ai rischi del ritorno del maltempo. Violenti nubifragi rischiano – sottolinea la Coldiretti – di provocare danni alle colture ma anche all’assetto idrogeologico del territorio poiché i terreni secchi non riescono ad assorbire l’acqua che cade violentemente e tende ad allontanarsi per scorrimento provocando frane e smottamenti.

Campagne in prima linea. L’agricoltura italiana è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma è anche il settore più impegnato per contrastarli – ricorda la Coldiretti – e tale obiettivo richiede un impegno delle Istituzioni per accompagnare innovazione dall’agricoltura 5.0 con droni, robot e satelliti fino alla nuova genetica green no ogm. Ma servono anche – conclude Coldiretti – investimenti strutturali con progetti di lungo respiro che vadano oltre l’emergenza come il piano elaborato dalla Coldiretti con Anbi che punta ad aumentare la raccolta di acqua piovana, oggi ferma all’11%, attraverso la realizzazione di invasi che garantiscano acqua per gli usi civili, per la produzione agricola e per generare energia pulita idroelettrica.




NovelFarm: l’agricoltura come soluzione al cambiamento climatico e alla crisi idrica

Il legame clima-acqua è stretto, e NovelFarm, la mostra-convegno internazionale sulle innovazioni in agricoltura, indoor e vertical farming, in programma a Pordenone il 20 e 21 marzo, l’affronta in una sessione dedicata nel pomeriggio della prima giornata.

Periodi di siccità che si alternano a periodi di intense precipitazioni causano notevoli danni all’ambiente e alle colture. Inoltre, le modifiche all’uso dei terreni e la crescente impermeabilizzazione del suolo nelle città causano l’aumento della velocita e dell’intensità dello scorrimento delle acque superficiali. Diventa quindi fondamentale la gestione idrica in agricoltura che in Italia consuma più della metà della risorsa.

Il primo fronte del rapporto clima-agricoltura è quello dell’adattamento. Da una parte c’è l’adattamento di cosasi coltiva, dall’altra come si coltiva. Spiegarlo in sintesi è un compito che NovelFarm affida rispettivamente a Domenico Ventrella, ricercatore del CREA, a Marco Benetti di Veneto Agricoltura e ad Amedeo Reyneri docente dell’Università di Torino, che ricorda che esistono già delle lezioni da apprendere dal settore che è nato per lavorare con poca acqua, l’aridocoltura. Che ci ha portato, per esempio, all’irrigazione a goccia, applicata anche in ambienti non aridi.

Oggi si realizzano sistemi di irrigazione sotterranei per evitare l’evaporazione, con somministrazione telecontrollata attraverso la quale si applicano anche i fertilizzanti e i fitofarmaci. Si applicano sensori e controlli digitali alle reti di irrigazione esistenti, eliminando gli sprechi e gli errori di attribuzione dei consumi. Le start-up si sono buttate su questo settore, parte del più ampio ambito dell’agricoltura di precisione.

Lo spreco alimentare è un fattore nella catena di fenomeni che porta ai cambiamenti climatici. Se una percentuale elevata di cibo prodotto viene sprecato da qualche parte nella catena, a parità di domanda, che comunque è in crescita, è necessario aumentare la produzione e le superfici coltivate.

Esistono molti modi per ridurre lo spreco alimentare, uno di questi è accorciare ed eliminare il tragitto che le derrate fanno per arrivare sui luoghi di trasformazione o direttamente di consumo. Questo è uno dei vantaggi delle coltivazioni fuori suolo e del vertical farming, rendere la produzione primaria di cibo per alcune colture indipendenti dalla località. Anche in città come spiegano Mattia Accorsi, amministratore delegato di HIND, e Filippo Orsini del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano. Anche in queste soluzioni la gestione dell’acqua è fondamentale, sebbene il suo uso sia molto ridotto rispetto alle colture tradizionali. L’università di Pisa, per esempio, ha messo a punto un sistema, come spiega la ricercatrice Martina Puccinelli, per usare i reflui della coltivazione idroponica del pomodoro per irrigare colture di borraggine.

Ma oltre che reagire e adattarsi, l’agricoltura può combattere la parte di cambiamento ambientale che deriva dall’aumento dell’anidride carbonica in atmosfera. Lo fa per esempio diventando un attore di carbon sequestration, ossia bloccando la CO2  prima che si liberi nell’aria. Alcune delle tecniche sono antiche, come la combustione dei residui colturali in privazione d’ossigeno, producendo carbone vegetale. In questo modo, applicandolo a livello europeo, si bloccherebbero nel terreno fino a 100 milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno, con un beneficio anche per la salute dei suoli, che nell’Europa mediterranea sono cronicamente poveri di carbonio. Il processo avviene anche in campo, senza la necessità di impianti a parte, e richiede l’azione degli agricoltori.

NovelFarm è la mostra-convegno internazionale sulle innovazioni in agricoltura, indoor e vertical farming, organizzata da Pordenone Fiere in collaborazione conStudio Comelli – Conferences&Communication, che cura i contenuti delle conferenze e l’ufficio stampa. La manifestazione è nata nel 2020 e nell’ultima edizione tenutasi in contemporanea con AquaFarm, i due eventi hanno registrato una crescita del 62% rispetto al 2022, 130 espositori, il 35% proveniente dall’estero e quasi 7.000 mq di area espositiva. La partecipazione all’evento è gratuita previa registrazione online sul sito: www.novelfarmexpo.it.




Anbi, crisi climatica: rischio alluvioni al nord ma sofferenza idrica al sud Italia

“Non sappiamo né dove, né quando, ma sappiamo che succederà, perché rischio idrogeologico e siccità sono facce di una stessa medaglia chiamata gestione idraulica e che, di fronte all’estremizzazione degli eventi meteo, abbisogna di nuove infrastrutture capaci di calmierare i picchi della disponibilità idrica, per eccesso o per mancanza; ad evidenziarlo sono gli eventi come dimostra l’alluvione sfiorata a Vicenza ed impedita dall’allagamento dei bacini di espansione a monte della città, realizzati dal 2010 ad oggi”: a ricordarlo, ancora una volta, è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue, commentando i dati dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, che testimoniano il repentino cambiamento climatico sull’Italia, dove la neve è tornata sulle Alpi e l’Appennino settentrionale, ma al Sud permangono aree in carenza d’acqua.

Nel Centro Italia, infatti, solamente la Toscana sembra seguire le dinamiche registrate nelle regioni settentrionali: lungo la dorsale adriatica precipitazioni più modeste (piogge moderate e quasi assenza di nevicate) non hanno influenzato significativamente l’andamento idrometrico di fiumi e bacini.

Nelle Marche continua a mancare un vero manto nevoso sui monti ed i livelli dei fiumi restano stabili su valori molto bassi da settimane: Esino e Sentino registrano addirittura un’ulteriore contrazione delle portate.

In Umbria, dove sta piovendo poco, è tornato ad abbassarsi il livello già scarso del lago Trasimeno, mentre restano sotto media i flussi dei fiumi Chiascio Topino.

Completamente diversa è la condizione della Toscana interessata da precipitazioni violente soprattutto sulla fascia montana a Nord (province di Massa Carrara, Lucca, Pistoia), dove sono caduti fino a 200 millimetri di pioggia; tale massa d’acqua ha fatto elevare pericolosamente le portate dei fiumi: in una settimana il Serchio è salito da 40 metri cubi al secondo a mc/s 647 mc/s, l’Ombrone da mc/s 9 a mc/s 269,30, l’Arno ha raggiunto 455,50 metri cubi al secondo (fonte: SIR-Sistema Idrologico Regionale). Sull’Abetone sono ora presenti circa 30 centimetri di neve.

Nel Lazio una consistente crescita di livello è stata registrata dal fiume Fiora, che in 5 ore è cresciuto di 1,5 metri; sono aumentate anche le portate di Aniene e Liri così come le altezze idrometriche dei laghi di Bracciano, Nemi ed Albano. Un sottile velo di neve è presente esclusivamente sui Monti Simbruini.

In Campania vengono registrati incrementi di portata nei fiumi Sele, Volturno e Garigliano.

In Basilicata i volumi invasati nei bacini artificiali aumentano di 8 milioni di metri cubi in una settimana, ma non bastano certo a colmare il rilevante deficit idrico, causato da scarse precipitazioni e temperature eccezionalmente miti (mancano oltre 146 milioni di metri cubi d’acqua nei serbatoi della regione).

In Puglia l’incremento d’acqua negli invasi è stato ancora più modesto (1.700.000 metri cubi), allargandosi ulteriormente il deficit sul 2023 (-126 milioni di metri cubi).

In Sicilia, nonostante abbondanti piogge (fino a 100 millimetri sul Messinese), resta grave la condizione degli invasi, che registravano il secondo valore più basso dal 2010, trattenendo il 23% d’acqua in meno rispetto all’anno scorso e -33,54% sulla media degli ultimi 14 anni.

In Sardegna, le piogge più abbondanti si sono registrate sui territori occidentali, mentre in 48 ore sono caduti 25 millimetri d’acqua sulla fascia settentrionale, mm. 41 su quella centrale ed una ventina di millimetri sul Sud dell’Isola.

Nella prospicente Liguria, oltre alla crescita dei livelli fluviali a causa di importanti cumulate di piogge soprattutto nel settore di Levante (Magra +m.2,36; Entella +m.1,10; Vara +m.1,70), è tornata la neve sulle cime delle montagne.

Sul Piemonte le precipitazioni più intense si sono verificate a Nord con una media settimanale di circa 80 millimetri, mentre neve abbondante si registra anche sulle Alpi Marittime e Cozie meridionali, finora brulle; aumenta la portata dei fiumi, tra i quali spicca il Tanaro, che finalmente torna sopra la media storica, evidenziando il carattere torrentizio.

In Valle d’Aosta le nevicate hanno accresciuto il manto nevoso; sono aumentate anche le portate di Dora Baltea e torrente Lys.

Pure in Lombardia migliora la condizione dei fiumi, grazie alle piogge intense delle scorse ore: mm. 50 sul bacino dell’Adda (la portata del fiume ha toccato +150% sulla media decennale); mm.40 su quello del Mincio; mm. 43,6 su quello dell’Oglio; mm. 52,5 sul bacino del Ticino (Fonte: ARPA Lombardia); in rialzo sono anche i livelli di Chiese ed Oglio. Sui monti lo spessore nevoso è cresciuto considerevolmente in una settimana: + cm.67 ad Edolo e Livigno, +cm. 84 a Chiesa Valmalenco.

I livelli dei grandi laghi del Nord sono ampiamente sopra la media del periodo con il Benaco, che ha superato il livello massimo di riempimento ed il Verbano, che è al 90%.

Nel Veneto, se l’attenzione è concentrata sulle minacciose ondate di piena dei fiumi Bacchiglione e Retrone, le abbondanti piogge (in 24 ore oltre 100 millimetri) hanno velocemente innalzato le portate di molti altri corsi d’acqua: dai minori (Tesina da mc/s 7,16 a mc/s 155) ai più conosciuti (Brenta da mc/s 70 a mc/s 350 ca.).

Infine, grande apprensione si registra anche in Emilia-Romagna, preoccupata dall’improvviso risvegliarsi di fiumi in sofferenza idrica da tempo: è il caso del Reno, il cui livello in 24 ore è cresciuto di 7 metri  così come il Panaro, mentre  la Secchia è salita di oltre 6 metri e mezzo.

A godere di questa condizione è finalmente anche il fiume Po tornato ovunque sopra la media.

“Ancora una volta, quindi, quella che potremmo definire l’imprevedibilità prevedibile della crisi climatica sta mettendo a rischio la tenuta dei territori – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – L’esempio dell’alluvione prevenuta in Veneto, grazie alla programmazione degli interventi in anni recenti, deve essere indicazione per scelte politiche, che siano centrali anche in un’Europa, capace di interpretare le reali esigenze delle comunità.”

 




Anbi. Sull’Italia il clima parla africano. Urge una nuova cultura dell’acqua

C’è il filo rosso della siccità a collegare l’assetata Sicilia con il Piemonte, le cui zone meridionali sembrano destinate al ripetersi di analogo destino nei prossimi mesi, permanendo la carenza di neve, che a Gennaio ha segnato -86%.

Sono soprattutto le alte temperature (da Siracusa a Torino e nel Cuneese hanno sfiorato e talvolta superato i 20 gradi con lo zero termico, che ha raggiunto i 3000 metri sulle Alpi) a confermare come l’area mediterranea sia investita dalla crisi idrica, che ha il suo epicentro nel Maghreb (in Marocco le temperature sono mediamente 5 gradi superiori alla norma, trasformando Febbraio in Aprile) e si diffonde lungo i Paesi dell’Europa Meridionale: l’intera Italia (ad eccezione del NordEst), il Sud di Spagna e Francia, parte della Croazia, la Bosnia, il Montenegro, la Grecia fino a Creta; a soffrire di più sono i territori siciliani e quelli spagnoli di Andalusia, Murcia e Catalogna (fonte: EDO-European Drought Observatory).

Questo quadro di anomalie termiche (Gennaio 2024 è stato il mese più caldo di sempre a livello globale) condiziona fortemente l’andamento dei corsi d’acqua, caratterizzati ormai da un andamento torrentizio, se non addirittura da fiumara o da “uadi” africano (alveo di un corso d’acqua a carattere non perenne, tipico delle zone desertiche): dopo i confortanti segnali idrici post piogge, i fiumi della Penisola sono tornati in larga parte sotto i livelli tipici di questa stagione.

“E’ questo un dato, su cui prestare molta attenzione, perché la costante escursione idrica indebolisce la tenuta degli argini, aumentando la necessità di costante monitoraggio. In questo senso va la nostra disponibilità ad affiancare gli organi competenti nella manutenzione dei fiumi, soprattutto negli ambiti urbani, così come è importante che sia stata riconosciuta per legge la fondamentale funzione dell’agricoltore nel mantenere il territorio” evidenzia Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

“Non solo – aggiunge il Direttore Generale di ANBI, Massimo Gargano – È indispensabile non abbassare la guardia sul rischio idrogeologico, distratti dai ricorrenti allarmi siccità. L’ormai acclarata imprevedibilità dei fenomeni meteo può trasformare in breve tempo un alveo asciutto in un’irrefrenabile forza distruttrice. È necessario non dimenticarlo negli strumenti urbanistici, ma soprattutto è quantomai urgente il varo della legge contro l’inarrestabile consumo di suolo, che aumenta i rischi per il territorio.”

Tra i grandi laghi del Nord, il livello del Verbano cresce di 10 centimetri, arrivando al 90,5% di riempimento, mentre il Benaco è quasi al massimo della capacità (99,3%); il Lario scende leggermente al 52,9% ed il Sebino (unico sotto media) rimane attorno al 30%.

In Valle d’Aosta, dopo le nevicate della scorsa settimana, la coltre bianca va assottigliandosi: ad alta quota, il calo è superiore ai 10 centimetri, mentre a quote basse il manto è decisamente scarso. Si riduce la portata della Dora Baltea, anche perchè le precipitazioni sulla regione sono state finora esigue.

Detto dell’anomalia climatica sul Piemonte, conseguentemente si riducono le portate di tutti i fiumi nella regione, dove il Tanaro ha appena il 15% dell’acqua di 7 giorni fa e la portata è dimezzata rispetto alla media del periodo; anche i flussi di Stura di Lanzo e Toce si distinguono in negativo: rispettivamente -58% e -38% in una settimana.

In Lombardia prosegue invece il periodo favorevole del fiume Adda, che mantiene una portata al di sopra dei 150 metri cubi al secondo e largamente superiore a quanto registrato in anni recenti. Migliora anche la condizione delle riserve idriche regionali,grazie soprattutto all’aumento di neve al suolo (+ 46%), riducendo all’8,1% il deficit sulla media storica e registrando addirittura + 94% sul 2023.

Andamento altalenante per le portate fluviali in alcuni bacini del Veneto:  il Brenta scende da mc/s 154  a mc/s 48, mentre il Bacchiglione perde in una settimana l’80% d’acqua in alveo e torna sotto media (-33%). Sui monti la neve è localmente abbondante solo sopra i 2200 metri.

In Emilia-Romagna si allarga il fronte dei territori, dove la pioggia scarseggia: i bacini montani romagnoli, le pianure a Nord e a Sud del fiume Reno ed ora anche la pianura tra Panaro ed Enza registrano cumulate al di sotto della media; alvei, che solo pochi giorni fa erano ricchi d’acqua, ora si presentano quasi asciutti: se la Secchia registra l’83% in meno ed il Reno ha circa la metà delle portate minime mensili,  sono però tutti i fiumi appenninici a soffrire: Savio (6,7% di portata rispetto alla media mensile), Enza, Taro e Trebbia. 

Il fiume Po, dopo l’exploit della scorsa settimana, torna alle ormai consuete misure di flusso, ovunque sotto media: dopo i picchi di piena di 7 giorni fa, le portate si sono praticamente più che dimezzate (a San Sebastiano da mc/s 193  a mc/s 75; a Piacenza da mc/s 1663 a mc/s 612; a Boretto da mc/s 1918 a mc/s  912).

Una netta contrazione dei livelli idrometrici si registra anche in Liguria, dove Entella, Vara e Magra calano di circa mezzo metro.

Più evidente è la contrazione delle portate fluviali in un’Italia centrale con le cime dei monti ancora totalmente brulle.

In Toscana, l’Arno segna un preoccupante -64% sulla media; flusso più che dimezzato anche in Serchio e Sieve, mentre l’Ombrone torna sotto i 10 metri cubi al secondo (la media è intorno a mc/s 36).

Nelle Marche, i livelli dei fiumi restano molto bassi ed inferiori allo scorso quinquennio; continuano invece a crescere i volumi invasati nelle dighe (+2 milioni di metri cubi), rappresentando una certezza per la prossima stagione primaverile.

In Abruzzo cala il livello del fiume Sangro , che ora si attesta sui valori dell’anno scorso, a differenza dell’Orta che, rispetto al 2023, è circa 40 centimetri più basso. Sull’Appennino sono presenti 10 centimetri di neve solo a Campo Imperatore.

Nel Lazio cresce la portata del fiume Tevere, mentre si riducono quelle di Aniene, Fiora e Liri. Su Roma, il 2024 è stato finora avaro di piogge: solo 30 millimetri dall’inizio dell’anno.

Brusca è la riduzione dei livelli nei fiumi della Campania: Volturno, -cm. 120; Garigliano, -cm. 160 .

In Basilicata si registra un cospicuo incremento d’acqua invasata nei bacini artificiali: ben 15 milioni e mezzo di metri cubi in più; il deficit sullo scorso anno resta però di oltre 150 milioni.

In Puglia, infine, il volume d‘acqua, trattenuto negli invasi di Capitanata, è cresciuto di 1 milione e 330.000 metri cubi, raggiungendo il 47% della capacità di riempimento, ma rimanendo inferiore all’anno scorso per oltre 124 milioni di metri cubi. La regione sta soffrendo molto per la scarsità di precipitazioni invernali soprattutto sui territori meridionali della Penisola Salentina: infatti, dai 60 millimetri di pioggia caduti a Gennaio sulla provincia di Foggia si scende a mm. 50 sul Barese, circa 40 millimetri  sulla Valle d’Itria, mm. 23 sul basso Salento fino a 12 millimetri su Leuca, il comune più a Sud nel “Tacco d’Italia”.




Censis Confcooperative, Gardini: disastri ambientali bruciano 210 Mld e cancellano il Pnrr. In Italia il conto più salato in Ue

«È di 210 miliardi di euro il conto che disastri naturali e cambiamenti climatici hanno presentato al nostro paese. Si tratta di un costo pesantissimo pari all’intero importo del PNRR e a 10 manovre finanziarie. Di questi 210 miliardi ben 111 sono determinati dagli effetti dei cambiamenti climatici. Ecco perché la cura del territorio non è un costo, ma un investimento sul sistema paese». Lo dice Maurizio Gardini presidente di Confcooperative commentando idati che emergono dal Focus Censis Confcooperative “Disastri e climate change conto salato per l’Italia che certifica, dati alla mano, come negli ultimi 40 anni 1/3 del valore dei danni provocati da eventi estremi nella Ue sia stato “pagato” dall’Italia.

«Venendo agli ultimi anni parliamo di 42,8 miliardi solo dal 2017 al 2022. Nel 2022 è costato quasi 1% di PIL, lo 0,9% per l’esattezza, pari a 17 miliardi circa: un importo – precisa Gardinipoco inferiore a una manovra finanziaria».

Impatto sulle imprese «Ben 1 Pmi su 4 – aggiunge Gardinisono minacciate, perché localizzate in comuni a rischio frane e alluvioni e presentano una probabilità di fallire del 4,8% più alta di quella delle altre imprese una volta che si sia verificato l’evento avverso» (Tab 1).

Tab. 1 – Le piccole e medie imprese italiane e l’esposizione al rischio fisico (val. % sul totale PMI Italia)

Rischio fisico

%

Molto alto

1,4

Alto

6,7

Medio

13,2

Basso

17,7

Molto basso

61,0

Totale imprese

100,0

Fonte: Cerved

Allo stesso modo queste imprese realizzerebbero un risultato economico inferiore del 4,2% e una dimensione d’impresa, in termini di addetti, anch’essa inferiore alle imprese localizzate in territori non esposti a rischi di frane e alluvioni (Tab 2).

Tab. 2 – Impatto degli eventi naturali sulle imprese italiane negli anni successivi all’evento. Confronto fra imprese localizzate in comuni colpiti e non colpiti da frane e alluvioni

Indicatori

Rispetto a imprese localizzate in comuni non colpiti da frane e alluvioni

Probabilità di fallimento

Superiore al 4,8%

Ricavi

Inferiori al 4,2%

Addetti

Inferiori all’1,9%

Durata degli effetti da eventi avversi

4-5 anni

Tipologia di imprese

Micro e piccole imprese nei settori delle Costruzioni e dei Servizi

Aree territoriali

Mezzogiorno, aree rurali

Fonte: Banca d’Italia

L’agricoltura è il settore più colpito, solo nel 2022 persi circa 900 milioni «L’agricoltura – aggiunge Maurizio Gardiniè il settore economico che risente di più le conseguenze dei cambiamenti climatici. L’andamento dell’economia agricola nel 2022 ha registrato un calo della produzione dell’1,5%, poco meno di 900 milioni di euro». (Tab 3)

Tab. 3 – Siccità e alluvioni stremano l’agricoltura italiana. Produzione e valore aggiunto di agricoltura, silvicoltura e pesca in Italia. 2022 (v.a. in milioni di euro correnti 2022, var. %)

Indicatori

Milioni di euro valori correnti

%

Var.% di volume 2022/2021

Produzione di Agricoltura, silvicoltura e pesca

74.659

100,0

-1,5

Consumi intermedi

37.238

49,9

-1,0

Valore aggiunto di Agricoltura, silvicoltura e pesca

37.422

50,1

-1,8

Fonte: Istat

Buona parte del risultato negativo è da imputare alla diffusa siccità e alla carenza di precipitazioni, tanto che il 2022 è considerato l’anno più caldo di sempre. Quasi tutte le tipologie di coltivazioni hanno subito un duro contraccolpo: la produzione di legumi (-17,5%), l’olio di oliva (-14,6%), i cereali (-13,2%). In flessione anche ortaggi (-3,2%), piante industriali (-1,4%) e vino (-0,8%). Il comparto zootecnico ha subito una riduzione della produzione pari allo 0,6%.

Dal punto di vista territoriale, la flessione del volume di produzione ha avuto una maggiore incidenza nel Nord Ovest (-3,5%) e nel Sud (-3,0%), mentre al Centro non si è registrata alcuna variazione.

Se si guarda al valore aggiunto, la tendenza negativa appare particolarmente evidente nel nord Ovest con un -7,6%. Al Sud il valore aggiunto si riduce del 2,9%.

La storia dei disastri naturali e del climate change: tra il 1980 e il 2022, in Italia le perdite economiche causate da eventi estremi e da disastri naturali si attestano sui 210 miliardi di euro. I cambiamenti climatici hanno prodotto danni per 111, di cui 57,1 miliardi di euro per alluvioni;ondate di calore, con un costo pari a 30,6 miliardi (14,6%);le precipitazioni per 15,2 miliardi di euro (7,2%). Siccità, incendi boschivi e ondate di freddo, invece, hanno causato danni per 8,2 miliardi. I disastri: poco meno di 100 miliardi, sono imputabili a terremoti, eruzioni, frane e altri fenomeni geofisici (Tab 4).

Tab. 4 – Le perdite economiche causate da disastri naturali ed eventi climatici estremi in Italia per tipologia di evento. 1980-2022 (v.a. in mld di euro 2022 e val.%)

Disastri naturali ed eventi estremi

v.a. in mld €

%

Terremoti e altri eventi geofisici

99,1

47,1

Alluvioni

57,1

27,2

Ondate di caldo

30,6

14,6

Precipitazioni

15,2

7,2

Altro (siccità, incendi boschivi e ondate di freddo)

8,2

3,9

Totale eventi estremi

210,2

100,0

Fonte: elaborazione Censis su dati Agenzia Europea dell’Ambiente

Negli ultimi 40 anni 1/3 del valore dei danni provocati da eventi estremi nella Ue è stato “pagato” dall’Italia (Tab. 5)

Tab. 5 – Italia paese a più alto rischio economico in Europa. Perdite economiche causate da disastri naturali ed eventi climatici estremi. 1980-2022 (v.a. in mld di euro 2022 e val.%)

Paesi

v.a. in mld €

%

di cui, da eventi climatici estremi

v.a. in mld €

% sul totale per paese

Italia

210.202

27,4

111.110

52,9

Germania

167.342

21,8

167.299

99,9

Francia

120.962

15,8

120.613

99,7

Spagna

86.260

11,2

83.781

97,1

Grecia

21.947

2,9

11.935

54,4

Romania

20.242

2,6

17.526

86,6

Resto UE

140.239

18,3

138.202

98,5

UE 27

767.194

100,0

650.466

84,8

Fonte: elaborazione Censis su dati Agenzia Europea dell’Ambiente




Clima, Coldiretti, sos per 50 mld di api ingannate dal caldo

Le temperature ben al di sopra della norma e le ripetute giornate di sole di questo febbraio anomalo ingannano 50 miliardi di api presenti sul territorio nazionale anno che si sono risvegliate in anticipo per la finta primavera. E’ quanto emerge da un monitoraggio della Coldiretti sugli effetti di un inverno bollente dopo un 2023 che ha fatto registrare la caduta del 14% di precipitazioni in meno ed una temperatura superiore di 1,14 gradi rispetto alla media storica del periodo 1991-2020.

Le temperature fino a 20gradi, da Aosta a Palermo, fanno uscire dagli alveari le api che pero’ – sottolinea la Coldiretti – rischiano di morire di freddo se sorprese fuori dalle arnie quando le temperature si abbassano al calare del sole. Peraltro – continua la Coldiretti – la sostanziale carenza di fioriture, fa consumare energie, senza che ci siano raccolti, con l’ulteriore problema della siccità e della conseguente carenza idrica. Così i produttori – precisa la Coldiretti – sono costretti ad intervenire con alimentazione zuccherina, per sostenere le famiglie di api, che rischiano perdite consistenti.

In pericolo c’è la produzione di miele dopo che il raccolto del 2023 in Italia è stimato attorno ai 15 milioni di chili, fra i più poveri del decennio schiacciato dagli eventi estremi frutto della progressiva tropicalizzazione del clima. Il ruolo delle api peraltro va ben oltre la produzione di miele con tre colture alimentari su quattro (75%) dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra cui le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni. In media una singola ape – precisa la Coldiretti – visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di esplorazioni floreali per produrre un chilogrammo di miele.

La situazione delle api nostrane – continua la Coldiretti — rappresenta dunque un indicatore dello stato di salute dell’ambiente ma anche un campanello d’allarme delle eventuali criticità e difficoltà dell’ambiente. Il caldo fuori stagione infatti – sottolinea la Coldiretti – favorisce in tutte le piante il risveglio anticipato anche le fioriture anticipate come per le mimose in anticipo di oltre un mese rispetto alla data dell’8 marzo, con il pericolo di esporre le coltivazioni ai danni di un prevedibile, successivo, forte abbassamento delle temperature con la conseguente perdita dei raccolti. A preoccupare – continua la Coldiretti – è anche la siccità che mette a rischio le semine di cereali, legumi, ortaggi ma anche il foraggio nei pascoli che risulta in netto calo. La mancanza di acqua provoca ripercussioni anche sui costi per le imprese aumentati anche a causa del rialzo delle quotazioni del foraggio mentre in Puglia siccità e venti di scirocco con alti tassi di umidità hanno ridotto anche la produzione di carciofi del 60% mentre in Sicilia e Sardegna si segnalano difficoltà allo sviluppo di frutta e ortaggi con le arance o le insalate che non riescono a crescere adeguatamente per la carenza di acqua.

C’è – precisa la Coldiretti –scarsità di neve in diversi settori dell’arco alpino e su gran parte della dorsale appenninica e una situazione di stress idrico che cresce ma mano che si scende verso Sud con apice nelle isole, che non è certo normale nel mese di gennaio. Negli invasi della regione Sardegna il primo gennaio c’era il 21% di acqua in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente mentre in quelli della Sicilia a gennaio 2024 il deficit è del 13% rispetto all’anno precedente secondo le analisi Coldiretti sui dati dei Dipartimenti Idrografici Regionali. Ed è preoccupante anche la situazione dei bacini della Puglia con oltre 119 milioni di metri cubi in meno rispetto all’anno scorso secondo l’Anbi che evidenzia criticità anche nel centro Italia. Dall’Abruzzo dove non c’è neve al Lazio dove i laghi rimangono in condizioni critiche così come grave risulta la condizione del fiume Tevere, dall’ Umbria dove il lago Trasimeno resta 18 centimetri più basso rispetto al minimo livello “vitale” alle Marche scendono i livelli dei fiumi Potenza, Esino, Sentino, Tronto e Nera e sui monti non c’è neve ma – rileva la Coldiretti – si aggrava anche la condizione dei fiumi in Toscana secondo l’Osservatorio Anbi.

 L’agricoltura italiana è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma è anche il settore più impegnato per contrastarli” afferma la Coldiretti nel sottolineare che “i cambiamenti climatici impongono una nuova sfida per le imprese agricole che devono interpretare le novità segnalate dalla meteorologia e gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio”. Un obiettivo che richiede un impegno delle Istituzioni per accompagnare innovazione dall’agricoltura 4.0 con droni, robot e satelliti fino alla nuova genetica green no ogm ma servono anche – conclude Coldiretti– investimenti per la manutenzione, risparmio, recupero e regimazione delle acque con un sistema diffuso di piccoli invasi che possano raccogliere l’acqua in eccesso per poi distribuirla nel momento del bisogno.




Clima, Coldiretti: inverno bollente con -14% pioggia, sos siccita

L’inverno bollente manda la natura in tilt dopo un 2023 che ha fatto registrare la caduta del 14% di precipitazioni in meno ed una temperatura superiore di 1,14 gradi rispetto alla media storica del periodo 1991-2020. E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare l’anomalia con la colonnina di mercurio che nelle ore più soleggiate del week end sale su valori primaverili da Trento a Palermo.

Il caldo fuori stagione – sottolinea la Coldiretti – favorisce in tutte le piante il risveglio anticipato anche le fioriture anticipate come per le mimose in anticipo di oltre un mese rispetto alla data dell’8 marzo, con il pericolo di esporre le coltivazioni ai danni di un prevedibile, successivo, forte abbassamento delle temperature con la conseguente perdita dei raccolti. A preoccupare – continua la Coldiretti – è anche la siccità che mette a rischio le semine di cereali, legumi, ortaggi ma anche il foraggio nei pascoli che risulta in netto calo. La mancanza di acqua provoca ripercussioni anche sui costi per le imprese aumentati anche a causa del rialzo delle quotazioni del foraggio mentre in Puglia siccità e venti di scirocco con alti tassi di umidità hanno ridotto anche la produzione di carciofi del 60% mentre in Sicilia e Sardegna si segnalano difficoltà allo sviluppo di frutta e ortaggi con le arance o le insalate che non riescono a crescere adeguatamente per la carenza di acqua.

C’è – precisa la Coldiretti –scarsità di neve in diversi settori dell’arco alpino e su gran parte della dorsale appenninica e una situazione di stress idrico che cresce ma mano che si scende verso Sud con apice nelle isole, che non è certo normale nel mese di gennaio. Negli invasi della regione Sardegna il primo gennaio c’era il 21% di acqua in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente mentre in quelli della Sicilia a gennaio 2024 il deficit è del 13% rispetto all’anno precedente secondo le analisi Coldiretti sui dati dei Dipartimenti Idrografici Regionali. Ed è preoccupante anche la situazione dei bacini della Puglia con oltre 119 milioni di metri cubi in meno rispetto all’anno scorso secondo l’Anbi che evidenzia criticità anche nel centro Italia. Dall’Abruzzo dove non c’è neve al Lazio dove i laghi rimangono in condizioni critiche così come grave risulta la condizione del fiume Tevere, dall’ Umbria dove il lago Trasimeno resta 18 centimetri più basso rispetto al minimo livello “vitale” alle Marche scendono i livelli dei fiumi Potenza, Esino, Sentino, Tronto e Nera e sui monti non c’è neve ma – rileva la Coldiretti – si aggrava anche la condizione dei fiumi in Toscana secondo l’Osservatorio Anbi.

L’agricoltura italiana è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma è anche il settore più impegnato per contrastarli” afferma la Coldiretti nel sottolineare che “i cambiamenti climatici impongono una nuova sfida per le imprese agricole che devono interpretare le novità segnalate dalla meteorologia e gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio”. Un obiettivo che richiede un impegno delle Istituzioni per accompagnare innovazione dall’agricoltura 4.0 con droni, robot e satelliti fino alla nuova genetica green no ogm ma servono anche – conclude Coldiretti– investimenti per la manutenzione, risparmio, recupero e regimazione delle acque con un sistema diffuso di piccoli invasi che possano raccogliere l’acqua in eccesso per poi distribuirla nel momento del bisogno.




Fieragricola, Dell’Acqua: Italia sta diventando un paese povero d’acqua. Serve più coordinamento tra enti. VIDEOINTERVISTA

“Partirei da un presupposto, che il cambiamento climatico c’è, è un dato di fatto e che in Italia – soprattutto in alcune zone – piove in maniera completamente diversa da come eravamo abituati. Sto parlando soprattutto, ad esempio, dell’Italia del settentrionale che non era abituata a crisi idriche e invece – come state vedendo e come vediamo in questo momento – ora se ne parla.”

Così ad AGRICOLAE Nicola Dell’Acqua – Commissario straordinario nazionale Emergenza Idrica nel corso dell’incontro Anbi a Fieragricola.

“La crisi idrica è causata da due aspetti principali. Il primo è metereologico: piove meno, nevica meno – lo avete visto tutti, anche in questo momento. Ci sono zone in Italia dove – ad esempio in Sicilia – in questo momento c’è emergenza idrica. L’altro aspetto è un po’ un aspetto amministrativo: ci vuole più coordinamento da parte di tutti gli enti preposti alla gestione dell’acqua grezza, cioè all’acqua prima che questa venga fornita ai settori agronomico, potabile e industriale.

Su questo abbiamo più un Paese che nel tempo si è strutturato come se di acqua ne avesse tanta. Dobbiamo imparare molto di più dai Paese e dagli Stati che, avendo poca acqua, hanno fatto molta più squadra tra le istituzioni, hanno creato coordinamento e hanno fatto in modo che tutte le risorse cadessero in un piano unico: ecco, questo piano lo sta verificando la cabina di regia – tutti i ministeri sono coinvolti, l’Agricoltura, la Infrastrutture, l’Ambiente chiaramente, la Presidenza del Consiglio.

Questo vuol dire maggiore coordinamento di tutti gli investimenti. Il Piano Nazionale di Interventi infrastrutturali e per la Sicurezza nel Settore Idrico (PNISSI) è un piano di investimento che il Ministero delle Infrastrutture sta mettendo a frutto ed è il primo che stiamo vedendo: i primi 100 milioni sono già stati in qualche modo pianificati.

Cosa dobbiamo fare adesso? Dobbiamo forse darci un’organizzazione diversa: dobbiamo organizzare il territorio in maniera diversa. Guardando quello che c’è già, ci sono i Distretti che la Comunità Europea ci ha chiesto. Le autorità di distretto funzionano, le dobbiamo far funzionare ancora meglio, ancora più a regime e più coordinate.

Ricordo a tutti che il governo dei Distretti è un governo che vede l’agricoltura – e quindi i consorzi -, che vede le infrastrutture e quindi gli idropotabili tutti coinvolti in un’unica conferenza istituzionale. Questo è il modo di andare avanti: dobbiamo copiare – permettetemi il termine – da Paesi che sono poveri di acqua. L’Italia sta diventando un Paese povero d’acqua.




Forum Italia-Giappone, Corti (Crea): mettere insieme suolo e clima per agricoltura di qualità. VIDEOINTERVISTA

“Il suolo è fondamentale, ma non solo il suolo, noi lo chiamiamo pedo clima, vale a dire quell’insieme di suolo e il clima sotto il quale questo suolo soggiace. Perché se non riusciamo a mettere insieme il tipo di suolo, il tipo di clima e il tipo di coltura più adatta a quel pedo clima, noi falliremo per sempre su questo pianeta. Noi dobbiamo riuscire a fare quella cultura che è più adatta a quel suolo, sotto quel clima e in questo modo riusciamo ad avere più produzione, maggior qualità e rispettare l’ambiente”.

Così ad AGRICOLAE Giuseppe Corti, Direttore CREA Agricoltura e Ambiente in occasione del Forum Italia Giappone.




Anbi: In Italia è estate idrica invernale. Le criticità si annunciano al centro sud

E’ l’immagine di una quasi dimenticata normalità estiva, anticipata però di ben sei mesi, ad essere disegnata dal settimanale report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche: disponibilità d’acqua al Nord (pur con qualche eccezione); stress idrico man mano, che si scende verso Sud (finora concentrato soprattutto in Centro Italia) con apice nelle isole.

“L’Italia si è nuovamente rovesciata – commentaFrancesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – ma i 6 mesi d’anticipo climatico fanno temere soprattutto per il futuro dell’agricoltura meridionale. Non è certo normale parlare di rischio  siccità a Gennaio, così come va evidenziato che le risorse idriche, anche dove sono superiori all’anno scorso, permangono spesso al di sotto delle medie storiche. Questo è conseguenza di un andamento pluviometrico disomogeneo e che quest’anno sta finora portando anche poca neve.”

Un primo esempio arriva dalla Valle d’Aosta, dove la Dora Baltea registra una portata di 4,9 metri cubi al secondo contro mc/s 2,9 del Gennaio 2023, ma una media mensile di mc/s 5 (fonte: Centro Funzionale Regionale Valle d’Aosta).

Maggiormente marcato è l’andamento per la gran parte dei fiumi piemontesi con il flusso del Tanaro più che dimezzato (mc/s 47,5 contro mc/s 118,2 di media mensile).

Decisamente meglio va in Lombardia, dove il fiume Adda è in crescita, ma soprattutto le riserve idriche complessive sono superiori alla media (3.048 milioni di metri cubi contro Mmc. 2883, cioè + 5,7%), grazie soprattutto all’acqua trattenuta nei bacini (fonte: ARPA Lombardia).

I livelli dei grandi laghi del Nord, ad eccezione del Sebino, sono infatti stabilmente sopra la media del periodo (il Benaco è al 94,3% del riempimento).

In Veneto, il fiume Adige, pur con altezza idrometrica in discesa, segna una delle migliori condizioni dal 2016 e solo le portate di Bacchiglione e Muson dei Sassi risultano sotto media.

Decisamente diversa, iniziando a scendere lungo la Penisola, è la situazione dei principali corsi d’acqua in Emilia Romagna: hanno flussi sotto media, ma soprattutto nettamente inferiori a quelli dell’anno scorso con l’Enza, che oggi trasporta 5,49 metri cubi al secondo, ma erano mc/s 44,37 solo 12 mesi fa! (fonte: ARPAE).

Pur migliorando rispetto agli anni recenti, rimane sotto media lungo tutto il corso anche il fiume Po:dai –25 metri cubi al secondo di Torino ai -mc/s 214 di Pontelagoscuro, nel ferrarese.

In calo sono le portate negli alvei della Liguria, dove solo il fiume Vara è sopra la media mensile ed il Magra ha flussi quasi dimezzati.

Analogo andamento si registra nella confinante Toscana, dove il fiume Ombrone segna una portata di 6,60 metri cubi al secondo, quando l’anno scorso era mc/s 35,6 e la media di Gennaio  è mc/s 29,03! (fonte: Centro Funzionale Regione Toscana).

Non va meglio per i fiumi delle Marche, che sono al di sotto dei livelli nel recente passato: Esino e Tronto hanno altezze dimezzate rispetto al 2023;decisamente confortante è però la condizione dei bacini artificiali, che attualmente trattengono 46,41 milioni di metri cubi d’acqua, cioè oltre 10 milioni in più dell’anno scorso.

In Umbria prosegue l’insufficienza idrica del lago Trasimeno, la cui altezza idrometrica segna -m.1,38 contro una media storica a Gennaio di -m.0,64; non va meglio per i fiumi Nera e Chiascio con portate in calo.

Una situazione simile si verifica nel Lazio: i principali fiumi (Tevere ed Aniene) hanno portate quasi dimezzate alla media, mentre i laghi registrano livelli in discesa rispetto all’anno scorso con il bacino di Nemi, che segna -29 centimetri.

“Quanto si sta registrando nell’Italia centrale dimostra l’importanza di realizzare nuovi invasiche, di fronte all’irregolarità dei fenomeni atmosferici, aumenterebbero la possibilità  di trattenere acqua piovana sul territorio, garantendo maggiore sicurezza idrica. L’esempio delle Marche è lampante” commenta Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

La situazione fluviale è complessivamente migliore in Campania, dove il Volturno segna addirittura il record del quinquennio, toccando l’altezza idrometrica di 221 centimetri a Castel Volturno (fonte: Centro Funzionale Multirischi della Regione Campania).

In Basilicata cresce leggermente il volume d’acqua trattenuta dalle dighe, nei cui invasi, però, mancano quasi 99 milioni di metri cubi rispetto all’anno scorso.

Infine, segnano un incremento maggiore (+mln. mc. 4,6 ca.), le disponibilità idriche nei bacini di Puglia, dove si registra un surplus di oltre 37 milioni di metri cubi sull’anno scorso.




Clima, Coldiretti, taglia dieta mediterranea da -12% vino a -30% frutta. Nella giornata del ringraziamento il bilancio dell’anno

I cambiamenti climatici tagliano i raccolti nazionali e mettono a rischio gli alimenti base della dieta mediterranea con riduzioni che vanno dal 12% per il vino al 30% per le pesche e nettarine ma anche la produzione dell’olio extravergine nazionale è stimata in circa 290mila tonnellate, ben al di sotto della media dell’ultimo quadriennio. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti nel giorno di San Martino, l’11 novembre, la Giornata nazionale del Ringraziamento, la tradizionale ricorrenza che dal 1951 viene festeggiata dalla Coldiretti in tutta Italia, con una manifestazione promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) per rendere grazie per il raccolto dei campi e chiedere la benedizione sui nuovi lavori.

Un appuntamento che cade nel giorno della fine dell’annata agraria che chiude tradizionalmente il bilancio di un anno di lavoro nelle campagne e che viene ricordato dagli agricoltori della Coldiretti con centinaia di iniziative lungo tutta la Penisola. Quest’anno la 73° Giornata nazionale del Ringraziamento si celebra in Piemonte, a Vercelli, domenica 12 novembre 2023, con la Santa Messa in Duomo alle ore 11:00, celebrata dall’Arcivescovo di Vercelli, Mons. Marco Arnolfo, e concelebrata dal Consigliere ecclesiastico nazionale di Coldiretti, Mons. Nicola Macculi.

Il 2023 si classifica fino ad ora in Italia al secondo posto tra gli anni più caldi dal 1800 con una temperatura superiore di 1,05 gradi la media storica da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1800, secondo l’analisi della Coldiretti sui dati Isac Cnr nel primi dieci  mesi nel sottolineare che pero’ l’anomalia climatica è stata accompagnata da una media di quasi 10 eventi estremi al giorno per il maltempo lungo la Penisola, tra grandinate, trombe d’aria, bombe d’acqua, ondate di calore e tempeste di vento che hanno provocato vittime e danni secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati dell’European Severe Weather Database (Eswd).

Un’annata nera per l’agricoltura italiana con danni che, tra coltivazioni e infrastrutture, superano i 6 miliardi a causa dei cambiamenti climatici con un taglio del 15% della produzione di riso mentre il calo per la frutta arriva al 60% per le ciliegie e al 63% delle pere, secondo le analisi della Coldiretti che evidenzia il forte ridimensionamento anche nelle colture autunnali come le zucche in calo del 20% o le castagne praticamente dimezzate.

Siamo di fronte – sottolinea la Coldiretti – ad una evidente tendenza alla tropicalizzazione con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal caldo al maltempo con effetti devastanti come dimostrano l’alluvione in Romagna e in Toscana.

Il 2023 – continua la Coldiretti – è stato infatti segnato prima da una grave siccità che ha compromesso le coltivazioni in campo e poi per alcuni mesi dal moltiplicarsi di eventi meteo estremi, precipitazioni abbondanti che si sono alternati al caldo torrido al quale ha fatto seguito un autunno mite ma con violenti nubifragi con l’alluvione che in Toscana ha devastato città e campagne

L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma è anche il settore più impegnato per contrastarli” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “i cambiamenti climatici impongono una nuova sfida per le imprese agricole che devono interpretare le novità segnalate dalla meteorologia e gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio”. Un obiettivo che – continua Prandini – richiede un impegno delle Istituzioni per accompagnare innovazione dall’agricoltura 4.0 con droni, robot e satelliti fino alla nuova genetica green no ogm alla quale la Commissione Europea, anche grazie al nostro pressing, sta finalmente aprendo le porte. Servono – conclude Prandini – investimenti per la manutenzione, risparmio, recupero e regimazione delle acque con un sistema diffuso di piccoli invasi che possano raccogliere l’acqua in eccesso per poi distribuirla nel momento del bisogno.




Confagricoltura: tassi di interesse, prezzi al ribasso e clima. A rischio le produzioni agricole

La Banca Centrale Europea (BCE) ha deciso un ulteriore aumento dei tassi d’interesse di riferimento per contrastare l’inflazione. Secondo gli esperti della BCE, dovrebbe attestarsi, in media, al 5,6% quest’anno e scendere al 3,2% nel 2024. Nel comunicato diffuso a conclusione della riunione del Comitato direttivo dell’Istituito di Francoforte si sottolinea che “le pressioni di fondo sui prezzi restano elevate”.

 

Per i prodotti destinati all’alimentazione prosegue, invece, la fase ribassista dei prezzi a livello internazionale in atto da oltre un anno.

 

Secondo l’ultimo rapporto diffuso dalla FAO, le quotazioni delle principali “commodities” hanno fatto registrare lo scorso agosto una riduzione del 2,1% rispetto a luglio. Nei confronti del picco raggiunto nel marzo 2022, il taglio è di 24 punti percentuali.

 

Sulle quotazioni dei cereali incidono il mancato rinnovo dell’Accordo sul grano dal Mar Nero e le recenti stime del dipartimento di Stato USA all’Agricoltura, secondo le quali la produzione mondiale di grano sarà inferiore a quella della precedente campagna, con una riduzione delle giacenze nell’ordine di 7 milioni di tonnellate.

 

In controtendenza rispetto all’indice generale della FAO i prezzi di riso e zucchero.  A seguito del blocco senza scadenza delle esportazioni di riso bianco non basmati deciso dall’India, le quotazioni hanno toccato il massimo da quindici anni.  Il blocco è stato deciso per contrastare l’aumento dei prezzi all’interno, a seguito della diminuzione dei raccolti dovuta alle piogge monsoniche di eccezionale intensità.

 

Nel caso dello zucchero, ad agosto, i prezzi sono saliti di oltre il 34% sui livelli dello scorso anno. Alla base del balzo in avanti c’è il crollo della produzione in Tailandia (secondo esportatore mondiale dopo il Brasile) causato dalla siccità.  Secondo le stime dell’Organizzazione internazionale dello zucchero (ISO), la produzione mondiale di zucchero potrebbe attestarsi al di sotto della domanda per un ammontare di circa 2 milioni di tonnellate.

 

Alcune indicazioni possono essere tratte dai dati che precedono. I livelli di produzione dell’agricoltura su scala globale sono messi a crescente rischio dal cambiamento climatico. La diminuzione dei raccolti fa salire i prezzi e determina le condizioni per scelte protezionistiche contrarie al libero mercato. Con il risultato di spingere ulteriormente al rialzo le quotazioni.

 

L’adattamento al cambiamento climatico richiede tempo, ingenti investimenti e la più ampia diffusione delle innovazioni tecnologiche. Nel frattempo, lo scenario migliore è quello di avere a disposizione produzioni abbondanti e di qualità il più vicino possibile ai punti di trasformazione e consumo. E’ la condizione, a ben vedere, che le imprese agricole che producono per il mercato, e più in generale il sistema agroalimentare, garantiscono ai consumatori europei. Il potenziale produttivo va salvaguardato per limitare al massimo la dipendenza dalle importazioni dai Paesi terzi.