Vino, Georgofili: Distinguere tra abuso e consumo responsabile. Scienza ha dimostrato presenza di sostanze utili alla salute

Il mondo del vino italiano è in fibrillazione di fronte al via libera dell’Europa alla richiesta dell’Irlanda di adottare sulle etichette degli alcolici gli avvisi, come sulle sigarette, «il consumo di alcol provoca malattie del fegato» e «alcol e tumori mortali sono direttamente collegati».
Mentre il governo italiano, con il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e il ministro degli Esteri Antonio Tajani, promette battaglia, sale la preoccupazione che l’esempio irlandese sia seguito da altri Paesi.
L’Accademia dei Georgofili ha chiesto l’opinione di autorevoli accademici georgofili, che rivestono ruoli importanti nel settore: Rosario Di Lorenzo, Presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino; Luigi Moio, Presidente dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV); Vincenzo Gerbi, professore ordinario di enologia; Donato Lanati del centro di ricerca Enosis.
In breve, tutti concordano che è indispensabile distinguere tra abuso e consumo responsabile di vino altrimenti si annullano risultati scientifici che hanno dimostrato la presenza nel vino di sostanze (resveratolo, polifenoli, flavonoidi …) utili alla salute umana. L’approccio corretto al consumo è altresì dettato da abitudini culturali e alimentari che vanno insegnate laddove non esistono, ma non con i divieti e la cattiva informazione bensì con programmi di formazione ed educazione al vino, che non è soltanto una bevanda alcolica ma anche espressione della storia dei territori e dell’uomo da oltre 8mila anni.

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Di seguito, gli interventi dei diversi Georgofili.

1. Rosario Di Lorenzo, Presidente Accademia Italiana della Vite e del Vino
Porre in allarme i cittadini sulla “nocività del vino” a prescindere dalle quantità’ consumate, dagli stili di vita e dalle abitudini alimentari, oltreché contrario alle numerose evidenze scientifiche a sostegno del ruolo positivo che il consumo moderato di vino svolge all’interno di una corretta alimentazione ispirata alla dieta mediterranea, è sbagliato.
Al di là di facili richiami sulle reali motivazioni che potrebbero spiegare l’insensata campagna contro il consumo moderato e consapevole di vino, è certamente necessario fare alcuni ragionamenti.
Quale sarebbe l’impatto sulla costruzione europea se dovessimo rinnegare, di fatto, il valore culturale che ha avuto e ha il vino e il suo mondo nel plasmare la nostra civiltà?
Quali conseguenze si avrebbero se si dovessero disconoscere le radici della nostra Europa che affondano anche nella triade grano-olio e vino e nei loro prodotti che hanno nutrito e, ci auguriamo, continueranno a nutrire il corpo e lo spirito della nostra civiltà e cultura?
L’impatto economico e le conseguenze sociali in tante aree del continente europeo di un assoluto e acritico messaggio sulla “nocività del vino” sempre e comunque, quali sarebbero?
Affermare che il vino non debba essere consumato che effetto potrebbe avere sui tanti sforzi che vengono fatti dal mondo della ricerca e della comunicazione per evidenziare la necessità di un consumo responsabile, moderato e consapevole e quale impatto avrebbe sugli studi condotti per migliorare la qualità delle produzioni viticole ed enologiche e per consentire al comparto vitivinicolo di svolgere un ruolo di fondamentale importanza per la valorizzazione e la salvaguardia di tanti territori del nostro continente?
L’auspicio è che i decisori europei, prima di assumere precipitose e acritiche decisioni sappiano ascoltare tutti gli attori coinvolti, ispirandosi al metodo del dialogo con l’impostazione descritta da Platone nel SIMPOSIO (e se necessario spiegandone l’etimo, il significato e il valore agli stessi decisori europei che dovessero averne bisogno e agli amici irlandesi).
A questi ultimi, noi tutti dobbiamo augurare di continuare a seguire nel loro agire l’incipit “may the road rise up to meet  you …”, della famosa benedizione di san Patrizio protettore dei pazzi, degli ingegneri e santo patrono dell’Irlanda.

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2. Luigi Moio, Presidente dell’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino)
L’argomento vino e salute è un dibattito che non avrà mai fine. Un binomio che anima un confronto che è cambiato continuamente nel tempo, fortemente influenzato dall’evoluzione dell’umanità, dal progresso e dall’avanzamento delle conoscenze.
In un’epoca non molto distante dalla nostra, in cui il principale problema era la sicurezza alimentare, Louis Pasteur scriveva, nel suo straordinario libro sulle malattie del vino pubblicato nel 1866, che “Il vino è la più igienica e sana delle bevande” (ai suoi tempi, l’acqua era invece molto pericolosa).
Il vino, come bevanda contenente alcol è unica, per il modo in cui viene ottenuta, per i forti legami con i territori di origine dei quali è un formidabile ambasciatore, per il modo in cui viene consumato, in piccoli sorsi in abbinamento ai pasti, per la cultura e per le forti tradizioni ad esso legate.
Gli studi e le ricerche su questa tematica sono andati avanti per decenni fino alla clamorosa notizia del 1991, quando l’epidemiologo francese Serge Renaud in un’intervista ad una rete televisiva americana, discutendo del legame tra coronopatie e assunzione di lipidi, parlò per la prima volata di “paradosso francese” o di “effetto Bordeaux”, ossia: “bere vino, specialmente rosso, determina una significativa riduzione di malattie cardiovascolari anche se la dieta è ricca di lipidi”. Studi successivi hanno messo in evidenza che probabilmente questo effetto positivo era correlato alla presenza di resveratrolo.
Da quegli anni, gli studi scientifici sui composti presenti nel vino con un ruolo funzionale positivo sull’organismo si sono moltiplicati in modo esponenziale ed in più di trent’anni le pubblicazioni scientifiche prodotte sull’argomento vino e salute sono giunte a 236.068, suddivise: tra vino e salute (58.443); vino e resveratrolo (59.456); vino e longevità (4.251); vino e ruolo funzionale dei polifenoli (83.925); vino e problematiche cardiovascolari (20.586); vino e dieta mediterranea (5.970); vino e prevenzione di degenerazioni neurologiche (3.437).
Lo scopo comune di questa enorme mole di lavori scientifici è stato quello di dimostrare gli effetti benefici del vino assunto in modo responsabile ed in dosi moderate nell’ambito di uno stile di vita sano.
Più che di riduzione dei consumi, a mio avviso, è necessario parlare di una ottimizzazione dei consumi, di un approccio intelligente al consumo di bevande alcoliche, di un consumo moderato e responsabile. È l’unico modo per eludere una delegittimazione del vino che spianerebbe la strada ai movimenti anti-alcol i quali oscurerebbero la verità sul vino determinando più un danno che un reale aiuto alla salute pubblica
Occorre, come ormai tutti diciamo, distinguere l’abuso dal consumo responsabile. Ma questo concetto non può essere recepito se non si avviano processi di educazione per coloro che si avvicinano alla bevanda. Forse, per i Paesi storicamente produttori, il consumo è di norma più corretto perché vino e vigna fanno parte di una elevata tradizione culturale. Ma in generale e per tanti altri Paesi occorre attivare programmi di formazione ed educazione al vino che facciano comprendere l’altissima valenza culturale di questo prodotto, sostenendo il consumo responsabile soprattutto durante i pasti ed all’interno di uno stile di vita sano.
È necessario lavorare in modo incisivo su una appropriata e corretta informazione verso i consumatori. In modo estremamente chiaro, senza tentennare, coinvolgendo tutti gli attori della filiera dai produttori, ai consorzi, alle associazioni di categoria ed ovviamente alle istituzioni. Tutti uniti, dobbiamo comunicare in modo corretto, non per nascondere, ma per aiutare a capire, perché spiegando bene che cosa è realmente il vino in modo semplice e chiaro, è possibile ottenere il risultato di valorizzare ancora di più l’unicità di questa straordinaria bevanda che in poco più di 8mila anni, per la sua naturalità e la sua eccezionale diversità legata ai territori di origine, ha conquistato il mondo intero.

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3. Vincenzo Gerbi, professore ordinario di enologia, Università di Torino
Il vino si può considerare la bevanda alcolica più conosciuta e consumata nei Paesi del bacino del Mediterraneo. Nel 2010 l’Unesco ha dichiarato la dieta mediterranea patrimonio immateriale dell’umanità. L’etimologia greca del termine “dieta” fa riferimento allo “stile di vita”, di cui fa parte, a pieno titolo, l’abitudine al consumo moderato di vino.
L’uso consapevole e moderato di vino è stato considerato, da affidabili studi scientifici, protettivo contro lo sviluppo delle malattie coronariche e delle patologie associate allo stress ossidativo. Il potenziale beneficio salutistico del vino è stato principalmente attribuito ai composti polifenolici, in particolare flavonoidi, presenti in abbondanza e in forma biodisponibile nel vino.
Per chi studia il vino dal punto di vista biologico, chimico e tecnologico queste informazioni sono state di stimolo per il perseguimento di alcuni obiettivi fondamentali per una moderna enologia. Non s’intende infatti produrre una generica bevanda alcolica, ma un complemento all’alimentazione, da scegliere e valutare non in base al grado alcolico, bensì in funzione della ricchezza di componenti nobili e della diversità legata all’origine geografica e al vitigno.
Principale attenzione è stata quindi dedicata dalla ricerca enologica al miglioramento della qualità dell’uva e all’estrazione e conservazione delle componenti fenoliche del vino.
Dopo il 1986 l’enologia correttiva ha lasciato spazio all’enologia di espressione; in particolare l’attenzione della ricerca si è spostata dal vino all’uva, al fine di trasferirne i componenti nobili al vino e favorirne la loro conservazione nel tempo, limitando anche il ricorso ad additivi e conservanti. I migliorati processi di vinificazione, associati ad una approfondita conoscenza dell’uva, hanno permesso di ottenere ottimi risultati anche sull’affinamento e sulla shelf life del vino, riducendo anche il rischio della presenza di sostanze potenzialmente pericolose.
Stupisce quindi che nel recente dibattito sia completamente ignorata questa parte della ricerca scientifica e sia stato enfatizzato solo l’effetto deleterio dell’etanolo, qualunque sia la sua origine e la modalità di consumo.
Ritengo che l’esempio irlandese possa essere seguito da altri paesi nordici con problemi seri di alcolismo, ma gli effetti sulla popolazione saranno sicuramente modesti se non accompagnati da una campagna di educazione alimentare, da iniziare fin dalla più tenera età, basata non solo su elementi di medicina, ma anche su aspetti culturali che arricchiscano i giovani di interessi e curiosità, riducendo la noia e la ricerca dell’obnubilazione, sostitutiva della felicità.

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4. Donato Lanati, centro di ricerca Enosis
Il vino è una bevanda molto complessa sia da un punto di vista organolettico, per il contenuto di tante molecole che definiscono il colore, l’aroma, il gusto ecc … che da un punto di vista sociale, per il contenuto alcolico e per il suo effetto euforizzante e disinibente. Sono però proprio questi effetti ad avere indotto alcune persone ad abusare del vino, utilizzandolo come medicamento nei confronti di depressione e timidezza e per alcuni giovani, come fonte di forti emozioni. Da qui sono nati i problemi sociali legati all’abuso.
In base a queste considerazioni non credo che possano essere i divieti ad eliminare i problemi dell’abuso; certo si ridurrà il numero di alcuni incidenti, ma rimarrà inalterata la questione di base. Occorre educare i consumatori a pensare al vino non come una bevanda alcolica ma ad apprezzarla come il frutto della vite, nato da 8mila anni e cresciuto con gli uomini per i quali ha rappresentato un pilastro dell’economia, contribuendo allo sviluppo di molte civiltà. Questo non si ottiene applicando leggi e divieti ma educando a conoscere la cultura del vino come espressione della storia, dei territori e di coloro che lo hanno coltivato.
L’enologia era un’arte che oggi è diventata una scienza e la ricerca serve per capire cosa avviene in natura. Compito dell’enologo è mettere in bottiglia il vino più buono possibile, nel modo più naturale possibile e nel rispetto dell’ambiente.
La nutraceutica, che si occupa degli alimenti che hanno funzioni benefiche sulla salute, insegna che attraverso gli alimenti è possibile mantenere l’organismo in stato di salute e rallentarne l’invecchiamento e il vino in tal caso stimola curiosità e discussione.
Il resveratrolo per esempio, entra nei processi di detossificazione dei radicali liberi in eccesso nel metabolismo dell’etanolo e nell’azione combinata dei composti lipidici ossidati e nell’inibizione dell’aggregazione delle piastrine.
Innanzi tutto, quando si parla di effetti dell’alcol bisogna distinguere tra uso moderato, non moderato o eccessivo di bevande alcoliche.
L’ingestione di quantità moderate di alcol, in funzione del peso corporeo (150-450 ml di vino rosso per giorno ai pasti) ha un effetto benefico sulla salute in quanto combatte proprio gli effetti negativi indotti da un’eccessiva produzione di radicali liberi e dagli stessi radicali prodotti dal metabolismo dell’alcol. Effetti positivi dell’etanolo sono rappresentati dalla sua proprietà vaso dilatatoria e per l’opposizione all’aggregazione delle piastrine e quindi alla formazione dei trombi, un’altra proprietà positiva riconosciuta all’alcol.
Altri composti fenolici come idrossistilbeni, flavonoli, antociani e acidi idrossicinnamici e non fenolici come la melatonina, sono in grado di espletare azioni specifiche e antiinfiammatorie cardioprotettrici, antimutagene oltre che antiradicaliche. Si deve tenere presente che è proprio la presenza dell’alcol a rendere possibile la protezione dalle patologie cardiache, grazie all’azione combinata di rimozione dei composti lipidici ossidati e alla conseguente inibizione dell’aggregazione delle piastrine.
I radicali liberi in eccesso, prodotti dal metabolismo dell’etanolo, servirebbero all’attivazione dei processi di detossificazione mediata dall’ossidazione dei polifenoli o alternativamente, verrebbero bloccati dagli stessi polifenoli presenti nel vino.

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CAI ALL’ACCADEMIA GEORGOFILI: AL VIA PERCORSO PER INIZIATIVE CONGIUNTE

CAI ALL’ACCADEMIA GEORGOFILI

CAI ALL’ACCADEMIA GEORGOFILI: AL VIA PERCORSO PER INIZIATIVE CONGIUNTE

La Confederazione degli Agromeccanici e Agricoltori Italiani (Cai) e l’Accademia dei Georgofili hanno stabilito un percorso comune sui temi dell’innovazione nella meccanica, sulla valorizzazione della filiera agricola italiana, la prevenzione del rischio idrogeologico, la gestione del rischio in agricoltura negli ambiti legati alla volatilità del mercato, dell’assicurazione delle produzioni, dei cambiamenti climatici, delle questioni fitosanitarie e dei danni da ungulati.

A breve saranno individuati i referenti di Cai e dell’Accademia dei Georgofili per la definizione delle diverse iniziative, che potranno essere convegni, prove sperimentali in campo, ricerche scientifiche dedicate a filiere specifiche.

Così è emerso dall’incontro di ieri mattina a Firenze tra la delegazione di Cai, composta dal presidente Gianni Dalla Bernardina, dal vicepresidente Sandro Cappellini e dai consiglieri Massimo Alberghini e Gianluca Ravizza, e il presidente dell’Accademia dei Georgofili, Giampiero Maracchi, con il responsabile dei progetti dell’Accademia dei Georgofili, Carlo Chiostri.

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“L’agricoltura italiana sta vivendo una fase di grande cambiamento e oggi più che mai serve un’azione di ricerca e di comunicazione, scientifica, ma allo stesso tempo chiara, agli agricoltori e alla società civile – ha detto il presidente della Confederazione degli Agromeccanici e Agricoltori Italiani (Cai), Gianni Dalla Bernardina -. Come associazione di riferimento nazionale desideriamo dare il nostro contributo nell’ambito della sperimentazione e dell’innovazione nella meccanica e contribuire alle iniziative convegnistiche e divulgative dei Georgofili”.
Inoltre, Cai metterà a disposizione il proprio staff, qualificato e accreditato ai ministeri e alle diverse istituzioni, per il nuovo portale L’Accademia risponde.

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“L’Accademia dei Georgofili – ha detto il suo presidente Giampiero Maracchi – è a disposizione per condividere un percorso che concretizzi il protocollo d’intesa siglato nel luglio 2016 con l’allora Coordinamento degli Agromeccanici e Agricoltori Italiani, in particolare per favorire la diffusione dell’innovazione nel settore dell’agricoltura, delle foreste e dell’agroalimentare per quanto concerne le tecniche colturali compatibili con i cambiamenti climatici, la tutela dell’ambiente e la valorizzazione dei prodotti alimentari e individuare modelli di produzione sostenibile dal punto di vista economico e ambientale”.




INCONTRO GEORGOFILI-CONFAGRICOLTURA: SERVE NUOVA POLITICA FORESTALE

“La selvicoltura è un’attività da preservare e valorizzare, che deve tornare ad essere fattore trainante dello sviluppo rurale e dei territori, con la sua spiccata vocazione multifunzionale a livello economico, ambientale e sociale, attraverso lo sviluppo di filiere produttive (legno, carta, energia, ecc.) e di servizi ecosistemici, da cui trae beneficio tutta la collettività”. Lo ha rimarcato Concezio Gasbarro, presidente della Federazione Nazionale Risorse Boschive di Confagricoltura, in occasione dell’incontro promosso a Roma dall’Accademia dei Georgofili, con tutta la filiera, sul patrimonio forestale nazionale.

Ad avviso di Confagricoltura sono troppi i fattori esterni limitanti, come condizionamenti culturali e colturali ma anche e soprattutto normativi, di chiara impostazione  conservativa, che portano all’abbandono dei territori con gravi rischi per la sicurezza. Problemi aggravati da criticità di carattere strutturale e fondiario (comproprietà, frammentazione, polverizzazione, ecc.) che caratterizzano la componente produttiva.

Troppi poi – rimarca l’Organizzazione degli imprenditori agricoli – gli atteggiamenti ostativi che si riscontrano a livello delle istituzioni locali che non hanno certo contribuito allo sviluppo di forme contrattuali innovative capaci, attraverso processi condivisi, di coinvolgere tutti gli attori: proprietari forestali privati e pubblici, operatori economici della filiera foresta-legno, enti locali e aree protette, nonché partner finanziari e tecnici.

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Partendo da tali considerazioni “va ripensata la politica forestale nazionale, con un profondo riordino della materia in grado di rispondere alle esigenze emergenti di sviluppare un’economia forestale efficiente e innovativa, di tutelare il territorio e l’ambiente e garantire le funzioni di interesse pubblico e sociale”. Confagricoltura ha ricordato come proprio l’Unione Europea abbia proposto un quadro  di riferimento per l’elaborazione delle politiche settoriali aventi un impatto sulle foreste. I principi guida di questa strategia sono la gestione sostenibile delle foreste e la promozione del loro ruolo multifunzionale, l’utilizzo efficace delle risorse.

E ciò potrà essere agevolato se a livello centrale potrà essere esercitato l’indispensabile ruolo di indirizzo e di coordinamento, attraverso la piena funzionalità della Direzione Generale Foreste del ministero delle Politiche agricole.

“Il patrimonio forestale italiano e l’arboricoltura da legno – ha concluso Concezio Gasbarro –  presentano notevoli potenzialità di sviluppo a cui si deve dare concretezza attraverso una strategia politica di lungo termine e una pianificazione nazionale omogenea capace di garantire e incentivare la gestione forestale sostenibile. Lo sviluppo della filiera, se correttamente pianificato sul territorio, può portare non solo ad indubbi benefici ambientali, contrastando il cambiamento climatico e favorendo la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, ma anche ad una valorizzazione nella gestione del patrimonio forestale nazionale, in grado di produrre occupazione e di coniugare in una unica filiera la messa in sicurezza del territorio e la sua valorizzazione a scopo produttivo. Si sottolinea che, proprio lo sviluppo del potenziale delle aree interne, rurali, montane e la custodia di territori e paesaggi, è al centro della strategia nazionale sullo sviluppo sostenibile”.

Questi temi saranno rilanciati da Confagricoltura nel convegno che si terrà a Rimini, nell’ambito della manifestazione Ecomondo-KeyEnergy, il 10 novembre 2017 presso la Sala Biobased Industry, alle ore 9.30.