Food, multinazionali alla conquista dell’energia che muove l’uomo: le Kcal. Prima Ogm, poi semi e cibo sintetico. Ora puntano alle Tea: pronti 180 brevetti
Un grammo di petrolio ha un potere calorifico di 10 kcal, l’unità di misura per calcolare l’energia che consente all’uomo di muoversi, produrre, lavorare e vivere. Un grammo di pane ha 2,7 kcal mentre un grammo di carne rossa ne ha 1,36. Se il mercato dell’Energia che muove le macchine e le industrie è oggetto di potenti lobby da quando è stato inventato il motore a scoppio, l’energia che muove l’essere umano non è da meno. Dalle chilocalorie dipende la stabilità economica e sociale dei Paesi. E le dinamiche geopolitiche del Pianeta.
Prima ci hanno provato con gli Ogm, ora con la carne sintetica. Passando per i semi. In poche parole: chi detiene il potere di gestire le chilocalorie – l’energia che muove l’uomo – possiede il mondo. Tutto il resto inteso come qualità, benessere alimentare e piacere, è un lusso. Sempre di più destinato a pochi.
Dietro la sfida di fornire alimentazione ad una popolazione mondiale in costante crescita si nasconde il pericolo di rendere appannaggio delle grandi multinazionali l’approvvigionamento di cibo, sottraendo di fatto la sovranità alimentare alle nazioni e demandando ai big dell’industria agroalimentare il compito di produrre cibo. Il tutto a danno degli agricoltori e specialmente delle piccole e medio imprese agricole che costituiscono il reticolo, non solo italiano ma mondiale, della filiera agroalimentare e garanti della sostenibilità economica e sociale dei territori.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura stima che il 75% della diversità delle colture sia scomparso tra il 1900 e il 2000 (FAO, Commission on genetic resources for food and agriculture assessment, The state of the world’s biodiversity for food and Agriculture, Rome 2019).
Ma il tentativo delle multinazionali di controllare la filiera agroalimentare non è recente. A partire dagli anni’90 si è assistito alla privatizzazione del mercato dei semi mediante brevetti che sempre più ha stretto il cappio attorno il collo degli agricoltori, costringendo in tal modo le imprese a dover passare attraverso i big dell’industria per poter coltivare. Così assisitiamo oggi ad un reale oligopolio da parte di poche multinazionali che tramite brevetti controllano il seme da coltivare, oltre a produrre i fertilizzanti necessari alla loro crescita. Il tutto a danno non solo delle pmi agricole, specie del sud del mondo, ma anche della biodiversità, andando in tal modo a perdere varietà. Sullo sfondo la libertà d’impresa e la perdita di sovranità alimentare. Sono in tal modo poche aziende a controllare il mercato sementiero mondiale e a decidere cosa coltivare.
Ma quali sono queste aziende che controllano circa il 60% del mercato globale sementiero? la tedesca Bayer (che ha inglobato Monsanto), la statunitense Monsanto Agriscience, la cinese Syngenta group, le tedesche Basf e Kws, e la francese Limagrain. Le stesse che controllano circa il 70% del mercato di pesticidi e fitofarmaci.
Scriveva così Oxfam in un suo report:
“Con l’approvazione delle mega fusioni tra Dow e DuPont Pioneer, ChemChina e Syngenta, e Bayer e Monsanto , solo tre multinazionali controllano il 60% del mercato globale delle sementi e il 71% del mercato agrochimico.Ciò lascia il mondo con solo poche aziende sementiere e agrochimiche a decidere quali colture saranno allevate e coltivate per quali ambienti e sistemi agricoli. Oxfam teme che il numero crescente e la portata dei brevetti su piante, parti di piante e sequenze di DNA possano minacciare la sicurezza alimentare e nutrizionale bloccando la libera disponibilità di questi materiali per ulteriori colture e reimpianti.”
Qui il report Oxfam tradotto in italiano:
Degli stessi pericoli avvertivano anni addietro anche le Nazioni Unite in un rapporto su diritto al cibo e semi, mettendo in guardia sui rischi derivanti dai brevetti sul sistema delle sementi e dal monopolio delle industrie. Rischi che, denunciano le Nazioni Unite, vanno dalla perdita di agrobiodiversità all’indebitamento e perdita di reddito degli agricoltori, oltre all’obbligo da parte degli Stati di garantire l’accesso al cibo e assicurare lo sviluppo di sementi non commerciali.
Qui il report delle Nazioni Unite tradotto in italiano:
Nazioni Unite, diritto al cibo
Semi e Ogm, il tentativo delle multinazionali
Altrettanto importante è notare come queste stesse aziende mettano in commercio fertilizzanti e pesticidi necessari per garantire la resa dei semi che producono, vincolando in tal modo gli agricoltori così da renderli dipendenti ai prodotti delle multinazionali, col rischio in caso contrario di perdere il raccolto o addirittura con l’impossibilità di coltivare.
Obiettivo delle multinazionali è sempre di più quello di “impossessarsi” dei beni primari che alimentano i popoli. Prima con gli Ogm ora con il cibo artificiale prodotto dai privati.
Il vero rischio degli organismi geneticamente modificati era infatti – al di la della sicurezza sulla salute umana per la quale è stato applicato il cosiddetto principio di precauzione senza avere di fatto alcun dato certo – era quello di mettere nelle mani di pochi il potere di produrre cibo per tanti.
Le politiche intraprese all’epoca dei Big del settore erano tese infatti a vincolare senza soluzione di continuità, l’agricoltore che coltivava – almeno una volta – il seme Ogm.
Con una serie di contratti progettati per far si che l’agricoltore diventasse dipendente a tutti gli effetti da chi produceva il seme Ogm e i fertilizzanti e i fitosanitari necessari per farli crescere. Tanto da mettere a punto contratti ad hoc sfalsati di alcuni mesi. Così che – anche nel caso in cui l’agricoltore avesse voluto interrompere la coltivazione Ogm o anche solo passare a un altro operatore del segmento, avrebbe perso una stagione di colture.
Dunque un mercato globale in mano a poche grandi aziende del settore agrochimico e agroindustriale che -operando spesso tramite fusioni e detenendo i brevetti- realizzano un effettivo oligopolio, il quale mette a rischio la stessa sovranità alimentare delle nazioni. Un mercato a cui guardano con interesse anche i big dell’High Tech, che sempre più sono legati al settore agroalimentare come dimostrano gli investimenti su agricoltura, zootecnia, cibo sintetico.
“Le più grandi aziende agrochimiche e sementiere del mondo hanno rafforzato il loro controllo sul mercato attraverso consolidamenti e mega fusioni. Ora stanno investendo febbrilmente in tecnologie high-tech e digitali per espandere ulteriormente il loro già solido oligopolio. Ecco perché le più grandi società di dati del mondo – Apple, Alibaba, Amazon, IBM, Google, Baidu e Microsoft, tra le altre – sono ora strettamente legate alla produzione alimentare industriale.“
Così avverte il report “Foodbarons 2022” pubblicato da Etc Group, un collettivo internazionale di ricerca impegnato nella difesa dei sistemi agroalimentari.
Cibo sintetico e multinazionali
In tale ottica si legge l’obiettivo delle grandi corporation dell’High Tech e dell’agroindustria di allungare la mano sul mercato del cibo sintetico che garantirebbe di assestare un colpo forse fatale al settore della zootecnia e dell’agricoltura tradizionale, concentrando nelle mani di pochi la produzione di cibo. Previsioni che già oggi sono realtà con le grandi aziende zootecniche e i big label dell’industria alimentare che controllano anche il mercato delle alternative della carne, dal sintetico alle varianti vegetali.
Società come Cargill e JBS, la più grande azienda di lavorazione della carne al mondo, non solo hanno investito in tali mercati, ma hanno rilevato società più piccole, in quello che va dunque definendosi come un monopolio sul fronte zootecnico e non solo. Queste stesse aziende, inoltre, sono le stesse che si stanno unendo ad altri giganti alimentari che già controllano circa l’80% del mercato alternativo alla carne, tra cui Kellogg’s, che possiede il marchio MorningStar Farms, e Conagra, che possiede Gardein.
Secondo un rapporto di IPES-Food (gruppo internazionale di esperti e scienziati sui sistemi alimentari sostenibili, tra cui un vincitore del World Food Prize e copresieduto da Olivier De Schutter, attuale Relatore speciale delle Nazioni Unite su povertà estrema e diritti umani) il settore zootecnico rappresenta oggi il 40-50% del PIL agricolo mondiale ed è sempre più caratterizzato da vaste aziende multinazionali con un’enorme quota di mercato e potere politico. Nel 2014, le prime 10 aziende di lavorazione della carne del mondo controllavano il 75% della macellazione della carne bovina, il 70% della macellazione della carne di maiale e il 53% della macellazione del pollo.
Il caso Tea e multinazionali
Emergerebbe inoltre – secondo un report del Centro Internazionale Crocevia – che Bayer-Monsanto, Corteva, BASF e Syngenta avrebbero già richiesto e depositato 139 brevetti su applicazioni delle nuove biotecnologie per l’editing genomico sulle piante, per acquisire la proprietà esclusiva di varietà vegetali geneticamente modificate per vent’anni e rivenderle agli agricoltori.
Le stesse multinazionali avrebbero creato nel marzo 2023-scrive nel suo report il Centro Internazionale Crocevia- l’Agricultural Crop Licensing Platform (ACLP), una piattaforma di licenza che permetterà di gestire l’offerta di processi e prodotti NGT in regime di oligopolio. Tra i membri fondatori della piattaforma, anche Limagrain, KWS, BNA, HZPC ed Elsoms Ackermann Barley. Insieme, queste imprese contano un totale 180 brevetti depositati sulle NGT.