Grano duro, risoluzione Caramiello (M5S): su proroga istituzione Granaio Italia e ripristino CUN

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00112

presentato da

CARAMIELLO Alessandro

testo di

Lunedì 5 giugno 2023, seduta n. 113

La XIII Commissione,

premesso che:

in Italia è sempre più a rischio la produzione agricola di grano duro, la più estesa per superficie nel Paese. Il prezzo continua, infatti, a sprofondare, con un crollo delle quotazioni, che si aggira sui 380 euro a tonnellata, mentre nello stesso periodo del 2022 era di 550 euro a tonnellata; ciò sta inevitabilmente preoccupando gli operatori del comparto tanto da paventare l’ipotesi di mettere a rischio la prossima stagione di semine;

la Puglia è la prima produttrice italiana di grano duro, con una media che negli ultimi anni si è attestata attorno ai 9,5 milioni di quintali annui, circa il 20 per cento dell’intera produzione nazionale; oggi, sulle piazze di Bari e Foggia le quotazioni del grano duro fino all’origine sono crollate del 25-26 per cento da inizio anno e del 14-15 per cento nell’ultimo mese;

allo stesso tempo aumentano i prezzi dei prodotti trasformati all’interno della filiera e le esportazioni sono cresciute al ritmo del +5 per cento nel 2022, per un valore totale di 3,7 miliardi di euro;

negli ultimi anni si era assistito a un miglioramento del tasso di autoapprovvigionamento per il grano duro, tuttavia, la minore remunerazione della materia prima potrebbe indurre a contrarre le semine e quindi la produzione nazionale con un maggiore ricorso alle importazioni che nel 2022 aveva subìto un vero e proprio crollo con un calo delle importazioni dal Canada di oltre il 40 per cento – l’Italia ha importato più grano duro dall’Ue (essenzialmente da Francia e Grecia) che dal Canada, tradizionalmente primo Paese fornitore;

l’Italia è il primo produttore mondiale di pasta, dal quale dipende ben un quarto della produzione globale, per un valore complessivo che supera addirittura i 20 miliardi di euro;

lo squilibrio, annoso, tra produzione di grano e fabbisogno dell’industria molitoria continua ad aumentare ed è quantomai necessario incidere sul deficit strutturale di grano duro del nostro Paese che, a fronte dei 4 milioni di tonnellate prodotti, necessita di quasi 6 milioni di tonnellate per rispondere al fabbisogno dell’industria molitoria,

impegna il Governo:

a riconsiderare la decisione di proroga dell’istituzione di Granaio Italia e, dunque, del Registro telematico dei cereali definito «Granaio Italia», fine di tutelare i consumatori della filiera del pane e della pasta, nonché al fine di contrastare fenomeni speculativi;

a rafforzare gli strumenti di sostegno alla produzione, tra tutti i contratti di filiera, che abbiano in parte come base di partenza i costi medi di produzione definiti da enti terzi, quali ad esempio Ismea o Università;

a adottare le iniziative di competenza volte a rafforzare la trasparenza dei prezzi, ripristinando la CUN (Commissione Unica Nazionale) sul grano, ma anche studiando nuovi strumenti che certifichino i costi di produzione di grano duro, vigilando contro la speculazione;

a valorizzare maggiormente le produzioni nazionali di pasta ottenuta con 100 per cento di grano duro italiano, intensificando anche il sistema dei controlli sulle produzioni italian sounding;

a promuovere la ricerca e l’innovazione nel settore, anche attraverso un miglioramento dell’approccio agronomico alla coltura, un maggiore ricorso all’agricoltura e all’irrigazione di precisione, ma anche sostenendo una sensibile apertura nei confronti dell’utilizzo delle cosiddette tecniche di evoluzione assistita;

a favorire la diffusione tra le aziende agricole delle più moderne tecniche colturali attraverso i servizi di divulgazione e la formazione continua degli imprenditori del settore;

a promuovere investimenti che possano rafforzare la filiera cerealicola per aumentare le rese e favorire produzioni sempre più sostenibili anche in chiave ambientale;

a rafforzare il concetto di interprofessione nel settore cerealicolo, con una specificità per il grano duro, anche come strumento di modernizzazione del settore.
(7-00112) «Caramiello».




Durum Days, Vaccari (Crea): Grano, per contrastare speculazioni produrre di più, investire in TEA e puntare su filiera forte

“Il Crea l’anno scorso è stato il primo a dire alla presidenza del Consiglio che l’aumento dei prezzi cereali era solo speculazione brutale, e lo ha dimostrato. Dai dati del Chicago Board of Trade – che è il posto dove si fa il prezzo – è emerso che i prezzi sono cominciati ad aumentare in maniera vertiginosa dal giugno del 2021 perché la grande finanza ha scommesso sulla guerra”. Lo ha detto il direttore generale del Crea Stefano Vaccari, intervenendo ai Durum Days sul grano duro in corso a Foggia.

“Allora, vediamo che cosa si può fare per la ricerca, intesa come aumento delle produzioni. Perché il primo punto chiave è che dobbiamo produrre di più. L’Italia sta producendo poco grano duro. Quest’anno siamo a 4 milioni di tonnellate: è poco. Dobbiamo assolutamente arrivare a 5,5-6 milioni di tonnellate”, avverte Vaccari. “Perché produciamo poco? Per due ragioni. La prima è che le superfici sono in riduzione. E stimiamo che siano in riduzione perché è venuta meno una classe di cerealicoltori esperti. Sempre più la produzione si è deprofessionalizzata, è diventata una facile coltura: ‘mi accontento del premio Pac’ ecc.. Si è persa una concentrazione di classi. Bisogna valorizzare la classe di cerealicoltori professionali, che sono sempre meno”.

“Siccome il prezzo dei cerali è stata particolarmente oscillante”, prosegue il direttore del Crea, “anche la coltivazione di grano duro è andata abbassandosi in termini di resa. È vero che la resa è stata bassa l’anno scorso per via dell’andamento climatico, ma anche perché si è investito poco. A tal proposito il Crea ha lanciato proprio in questi giorni un obiettivo che si chiama ‘Crea 100+15 grano duro’. Noi puntiamo a dimostrare che è possibile produrre 100 quintali ad ettaro con il 15% di proteine. È questo è possibile con le attuali tecnologie. Quindi bisogna che ci sia uno sforzo forte per aumentare il livello tecnico e tecnologico, e anche di investimenti, della coltivazione di grano duro. Non possiamo continuare a pensare di coltivare grano duro come abbiamo fatto negli ultimi 10-15 anni”.

Il secondo punto sul fronte del miglioramento tecnologico, prosegue Vaccari, “è l’introduzione di nuove varietà con le tecniche di evoluzione assistita (TEA). In alcune aree del Nord gli ottanta quintali ad ettaro sono già la norma. E attenzione, perché con il cambiamento climatico uno spostamento, più ancora che a Nord a Ovest della coltura di grano duro con prezzi alti non è per niente futuristico”.

“L’altro punto”, spiega il direttore del Crea, “è che se tutto va bene e il Parlamento approva al sperimentazione delle nuove varietà ottenute con le TEA. Noi abbiamo già delle varietà sperimentabili, soprattutto sull’orzo, ma ben presto anche sul grano duro, che ci consentono una maggiore resistenza agli stressi climatici (capacità di assorbire maggiore acqua e di resistenza alle botte di caldo). È uno scenario verificabile nel giro di tre anni, e ci aspettiamo un aumento delle rese non inferiore al 20%. Insomma, l’obiettivo per l’Italia è: produrre di più”.

“Poi c’è invece la questione economica”, prosegue Vaccari. “I 4 milioni di tonnellate sono pochi. Anche perché, come dicevo prima, il prezzo lo fa il Chicago Board of Trade, non lo fa certo qualsiasi tavolo ministeriale. Soprattutto incidono quelle aspettative di semina di quell’area americana tra il Nord Dakota e il Canada: lì si decide il prezzo perché tra marzo e aprile, quando si semina, si decide se seminare un milione di ettari o quattro. Quando loro seminano loro sanno già quanto abbiamo seminato noi”.

“Quindi è una filiera che ha informazioni di prezzo secondarie”, spiega il direttore del Crea, “perché chi decide il prezzo decide sulla base dei nostri investimenti. E soprattutto è una filiera che ha un prezzo esposto alle speculazioni. Il prezzo è crollato non perché c’è un aumento di quantità. Nel 2022 noi abbiamo prodotto più grano eppure il prezzo è aumentato. Perché? Perché c’erano delle aspettative, in quanto la guerra crea delle aspettative di crisi, e il prezzo è aumentato. Per far capire come si muove il mercato, peraltro, specifico che sul Chicago Board of Trade meno del 5% delle transazioni avviene fisicamente, l’altro 95% ha a che fare con scambi e vendite di contratti. Dunque, perché è fondamentale la filiera? Perché la filiera è un ammortizzatore di queste speculazioni. Solo con una filiera forte – in cui la distribuzione del reddito e del valore aggiunto è omogenea – ci può essere una difesa da meccanismi speculativi che per noi sono ingovernabili. Senza contratti di filiera non andiamo da nessuna parte”, conclude Vaccari.




Durum Days, Brandoni (Assosementi): Miglioramento genetico semi fondamentale. Certificazione legata ad aiuti accoppiati è riconoscimento valore ricerca

“In questo momento storico stiamo vivendo delle grandi sfide, perché dobbiamo sfamare una popolazione in crescita, con una crescita della domanda importante nel bel mezzo di un grande cambiamento climatico”. Lo ha detto Tommaso Brandoni, presidente sezione Cereali di Assosementi, durante l’intervento ai Durum Days in corso a Foggia. “Noi pensiamo che le soluzioni a questa grande sfida siano due. Primo, mettere a disposizione la migliore agronomia, in tutte le sue sfaccettature (innovazione, biogenerativa, 4.0, miglioramento della nutrizione e dei sistemi irrigui). La seconda soluzione è il miglioramento genetico. È imprescindibile. Il miglioramento genetico è la ricetta fondamentale”, spiega Brandoni.

“Il mondo sementiero vive di questo. I nostri ricercatori stanno combattendo da diversi anni una battaglia importante, che è quella appunto di fronteggiare il cambiamento climatico cercando di sfornare varietà resistenti a problemi biotici e abiotici, quindi le malattie, e allo stesso tempo i problemi legati alla siccità. A che punto siamo? Siamo direi a buon punto”, racconta il rappresentante di Assosementi. “I nostri genetisti stanno godendo perché si trovano di fronte a una situazione in cui l’esplosione delle malattie fa vedere il risultato del loro lavoro, quindi fa riconoscere la tolleranza e la resistenza alle malattie che stanno spingendo in basso le nostre produzioni. Sotto questo aspetto grossi passi avanti sono stati fatti e ce ne renderemo conto molto presto. Quasi tutto viene dal seme, noi siamo il primo anello della catena alimentare. E quindi abbiamo il dovere di consegnare agli agricoltori il nostro migliore prodotto, frutto di un miglioramento genetico efficace, per dare poi ai primi trasformatori, i mulini e i produttori di pasta, prodotti performanti che poi andranno a finire sulle nostre tavole”.

“Rispetto al seme certificato”, afferma ancora Brandoni, “noi sementieri offriamo la migliore garanzia di qualità e di performance. Questo è il nostro compito. E l’obbligatorietà che è stata introdotta dell’utilizzo del seme certificato per ottenere l’aiuto accoppiato è un segnale per cercare di alzare l’asticella, per cercare di dare un piccolo contributo alla nostra ricerca, affinché possa essere aiutata nel compito di cui vi parlavo prima, cioè mettere a disposizione degli agricoltori varietà performanti e produttive. Per far questo la genetica va sostenuta”.

Brandoni si sofferma anche sugli aspetti di mercato, affermando che “dobbiamo imparare a fare i conti, come imprenditori. Dovremmo riuscire, tutti insieme – e le associazioni di categoria qui presenti sono rappresentative di questo tema –, ad aiutare gli agricoltori a fare i conti, riuscire a fare impresa. Gli imprenditori che effettivamente conoscono il valore della produzione e che conoscono e analizzano i costi di produzione sono veramente pochi. Quindi dobbiamo tutti insieme cercare di alzare questa asticella culturale. Affrontare il mondo delle filiere significa prima di tutto conoscere i propri costi per capire se quel contratto può essere remunerativo o meno. Non conoscendo i costi si fa un salto nel buio”.

“Bisogna capire se si deve andare verso il mercato oppure seguire pedissequamente questa Pac, che è molto complicata”, osserva il rappresentante di Assosementi. “Ma per fare questo bisogna analizzare i numeri e verificare la situazione reale delle singole aziende”. Tornando al tema, dice Brandoni, “il mondo sementiero si sta preparando alla novità normativa. I dati di richiesta di certificazione in campo testimoniano un aumento delle superfici destinate a seme, anche se non è un aumento eclatante. Noi ce la stiamo mettendo tutta per mettere a disposizione dei nostri clienti le quantità di sementi necessarie. Tutto questo passa ovviamente per l’andamento climatico, ma in questo caso ci vorrebbe una sfera di cristallo per capire cosa succederà da qui a un mese. L’andamento non è molto positivo, però onestamente l’anno scorso e due anni fa abbiamo vissuto due anni di siccità che più facilmente potevano far prevedere un calo produttivo. Ora al tema della produzione si aggiunge anche il tema della qualità del prodotto che verrà raccolto. Dal punto di vista sementiero, le nostre macchine sono in grado di selezionare le diverse situazioni che ci troveremo di fronte. Perciò noi siamo pronti e preparati per affrontare questa nuova realtà e come sementieri faremo la nostra parte mettendo a disposizione la migliore genetica, possibilmente italiana, per aiutare l’agricoltore a performare le proprie produzioni”.




Durum Days, Sicolo (CIA): Fatta pressione su Governo per rinviare Registro Telematico. Servono regole chiare e certificazione grano

“Rispetto alla Pac, vediamo tutte queste regole di produzione, di tutela dell’ambiente. E noi, in quanto custodi dell’ambiente, lavoriamo in questa direzione. Ma i nostri sforzi non vengono premiati dal mercato. Noi produciamo prodotti genuini, sani, di qualità ma il mercato non ci dà quella remunerazione giusta che spetta a un agricoltore che fa impresa. Poi vediamo i grani che arrivano in Europa e in Italia da tutto il mondo. Così succede che i nostri prodotti vengono offuscati, i prezzi dei grani stranieri fanno mercato rispetto ai nostri prodotti”. Lo ha detto il vicepresidente di Cia-Agricoltori italiani Gennaro Sicolo durante i Durum Days sul grano duro in corso oggi a Foggia.

All’inizio dell’anno i poteri forti – non gli agricoltori, non i consumatori – hanno fatto pressione al governo Meloni per rinviare registro telematico, che serve a certificare grani dal Kazakistan, dalla Russia, dall’Ucraina ecc. E la pasta che ne risulta deve uscire con il nome di origine del grano. Questo doveva entrare in funzione dal 1° gennaio. Ma i poteri forti hanno rinviato al 2025”, denuncia Sicolo. “Quindi sui mercati c’è una convulsione. In Polonia, Bulgaria, Romania ecc. ci sono rivolte contro grani che arrivano da Ucraina via terra. C’è una rivolta degli agricoltori. Anche in quei paesi ci sono turbolenze sui mercati. In periodi di guerra c’è chi si arricchisce e chi fallisce: noi agricoltori siamo destinati a fallire se non mettiamo le regole in questo settore”.

“Ecco a cosa serve la petizione”, spiega il vicepresidente Cia. “I grani possono arrivare dall’estero, non è che siamo autosufficienti, ma devono essere certificati rispetto alla loro origine. Abbiamo raccolto già 50mila firme. Quindi: non guardiamo le borse, perché possono salire o scendere, ma mettiamo le regole in questo settore, come ci sono già nell’olivicoltura. Noi da 30 anni abbiamo il registro telematico nel campo dell’olio: gli olii arrivano dall’estera e vengono registrati. La scusa che hanno trovato nel caso del grano è quella della burocrazia. Falso! Un importatore che importa milioni non ha i ragionieri per specificare da dove arrivano i grani?”.

“Le regole vanno fatte. Noi porteremo avanti con i consumatori questa battaglia. Perché è una battaglia di civiltà, di onestà e di chiarezza sui mercati”, conclude Sicolo.




Grano duro, interrogazione Sasso (Lega): su istituzione CUN sperimentale

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-00937

presentato da

SASSO Rossano

testo di

Mercoledì 3 maggio 2023, seduta n. 96

SASSO, PIERRO e DAVIDE BERGAMINI. — Al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

il grano duro è la principale specie di cereale utilizzata per la produzione della pasta italiana, simbolo dell’eccellenza del made in Italy, e una delle più importanti voci delle esportazioni agroalimentari italiane all’estero per un valore complessivo che supera addirittura i 20 miliardi di euro;

nel 2023, su 15.000 aziende agricole, il numero di quelle che hanno deciso di seminare grano duro è diminuito del 3,2 per cento, anche se le esportazioni di pasta italiana nel 2022 sono cresciute in volume e in valore rispettivamente del 5,1 per cento e 31 per cento;

la pasta 100 per cento grano italiano costa sopra i 3 euro, mentre il grano 100 per cento italiano è sceso in circa 6 mesi da 0,58 a 0,36 euro al chilo;

nonostante nel mercato internazionale la domanda di pasta e semola si mantenga elevata, quella d’acquisto della materia prima (grano duro nelle diverse varietà) ha una dinamica che incide negativamente sui prezzi, i quali non riescono a garantire una corretta remunerazione agli agricoltori;

le quotazioni del prezzo del grano crollano mentre il prezzo della semola o della pasta subiscono un’impennata negli scaffali dei supermercati, con una ricaduta sui consumatori che si vedono costretti a pagare 1,95 euro al chilo per la pasta e 4,7 euro al chilo per il pane;

nell’ultimo decennio è scomparso un campo di grano su cinque, con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati e con effetti devastanti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente; secondo i dati ISTAT nel 2022 in media una famiglia italiana ha speso 513 euro in più rispetto al 2021; la spesa per pane, pasta, farina e riso ha comportato un costo aggiuntivo per le famiglie di 100 euro rispetto al 2021, a fronte di un’inflazione media del 10,9 per cento;

dopo i fatti accaduti nelle camere di commercio di Foggia e di Bari, in cui i prezzi sono stati modificati al ribasso per oltre 30 euro a tonnellata, a parere dell’interrogante sembrerebbe opportuno formare un prezzo unico nazionale per almeno i beni di prima necessità, quali ad esempio pane e pasta;

una delle misure dei precedenti Governi è stata la commissione prezzi unica nazionale (CUN), frutto di intese al tavolo di filiera e strumento in grado di garantire equità e trasparenza nella previsione dei prezzi del grano; ma la sua attività, sia pur sperimentale, si è interrotta a novembre 2022;

l’istituzione della CUN sarebbe necessaria poiché le borse merci sono uno strumento ormai obsoleto, come riconosciuto anche da una sentenza del TAR Puglia (n. 01200/2019) da cui emerge: «le rilevazioni dei prezzi non si basano su dati documentati da fatture o da altri riscontri certi e facilmente verificabili, ma su dati riportati solo oralmente dai presenti; e, pertanto, frutto di un’istruttoria deficitaria, in contrasto con le delibere di giunta numeri 52 del 2009 e 67 del 2016 a mente delle quali le quotazioni devono essere basate su elementi certi di valutazione». Vizi formali e sostanziali hanno portato il TAR ad annullare i listini settimanali dei prezzi del grano duro della camera di commercio di Foggia per gli anni 2016 e 2017 –:

quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, per contrastare l’aumento dei prezzi del pane e della pasta, nonché vigilare sulla dinamica di formazione dei prezzi, anche attraverso possibili segnalazioni all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in un momento così difficile per i consumatori che si vedono aumentare la spesa «al carrello»;

se non si ritenga di riavviare subito, nell’attesa di quella effettiva, l’istituzione di una commissione unica nazionale sperimentale;
(4-00937)




Grano duro, interrogazione Ronzulli (FI Senato): su speculazione, prezzi e CUN

Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-00400

presentata da

LICIA RONZULLI
mercoledì 3 maggio 2023, seduta n.064

RONZULLI, DAMIANI, FAZZONE, GASPARRI, LOTITO, OCCHIUTO, PAROLI, ROSSO, SILVESTRO, TERNULLO, ZANETTIN – Al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. – Premesso che:

il grano duro è la principale specie di cereale utilizzata per la produzione della pasta italiana, a sua volta uno dei simboli per eccellenza del made in Italy e una delle più importanti voci delle esportazioni agroalimentari italiane all’estero per un valore complessivo che supera addirittura i 20 miliardi di euro;

da alcuni anni, il mercato di questo cereale sta conoscendo un andamento anomalo dei prezzi all’origine, ed il conflitto in Ucraina, dimostrando peraltro quanto sia strategico questo comparto per la sicurezza alimentare italiana, ha acuito tale anomalia;

nonostante la domanda dei prodotti finiti (pasta e semola) si mantenga sempre elevata soprattutto sul mercato internazionale, la domanda d’acquisto della materia prima, ossia il grano duro nelle sue diverse varietà, pur mantenendosi sostenuta, presenta una dinamica che incide negativamente sui prezzi, i quali, senza adeguati aiuti comunitari, non riuscirebbero a garantire una corretta remunerazione agli agricoltori;

infatti, la pasta 100 per cento grano italiano costa dai 3 euro in su, mentre il grano 100 per cento italiano è sceso in meno di 6 mesi da 0,58 a 0,36 euro al chilo; circa 10 volte in meno il prezzo della pasta 100 per cento italiana;

già in passato le rilevazioni dell’ISMEA mostravano che i prezzi del “grano duro fino” nazionale erano estremamente variabili tra loro e non sembravano rispondere ad una logica precisa;

a seguito di questi fenomeni speculativi nell’ultimo decennio è scomparso un campo di grano su cinque, con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati e con effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente;

mentre le quotazioni del prezzo del grano crollano, non si assiste ad una diminuzione del prezzo della semola o della pasta che, al contrario, hanno subito un’impennata negli scaffali dei supermercati; con evidente danno per i consumatori costretti a pagare, secondo Assoutenti, 1,95 euro un chilo di pasta e 4,7 euro un chilo di pane;

una delle misure dei precedenti Governi è stata la commissione prezzi unica nazionale (CUN), frutto di intese al tavolo di filiera e unico strumento in grado di garantire equità e trasparenza nella previsione dei prezzi del grano; ma la sua attività, sia pur sperimentale, è stata interrotta da ottobre 2022 senza motivazioni plausibili, mentre tutto il mondo agricolo aspettava che diventasse effettiva;

l’istituzione della CUN si rende necessaria perché le borse merci sono uno strumento ormai obsoleto, come riconosciuto anche da una sentenza del TAR di Foggia (n. 01200/2019) da cui emerge: “le rilevazioni dei prezzi non si basano su dati documentati da fatture o da altri riscontri certi e facilmente verificabili, ma su dati riportati solo oralmente dai presenti; e, pertanto, frutto di un’istruttoria deficitaria, in contrasto con le delibere di giunta nn. 52 del 2009 e 67 del 2016 a mente delle quali le quotazioni devono essere basate su elementi certi di valutazione”. Vizi formali e sostanziali hanno portato il TAR ad annullare i listini settimanali dei prezzi del grano duro della camera di commercio di Foggia per gli anni 2016 e 2017,

si chiede di sapere:

quali urgenti iniziative il Ministro in indirizzo intenda assumere, anzitutto per contrastare la speculazione in atto da parte dei molini nel mercato italiano, che sta causando l’aumento dei prezzi del pane e della pasta, in un momento così difficile per la popolazione in cui si mescolano fenomeni di inflazione importata e fenomeni speculativi;

se non ritenga di dover vigilare sulla grave situazione che riguarda la dinamica dei prezzi, quale quello di semola, pasta e pane, anomalo rispetto a quello del grano duro nazionale, anche attraverso il coinvolgimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato;

se non ritenga di riavviare subito, nell’attesa di quella effettiva, l’istituzione di una commissione unica nazionale sperimentale, e l’istituzione del registro telematico di carico e scarico della merce che entra ed esce dai mulini.

(3-00400)




Grano, interrogazione Paroli (FI Senato): su speculazione, prezzi e CUN

Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-00402

presentata da

ADRIANO PAROLI
mercoledì 26 aprile 2023, seduta n.060

PAROLI, SILVESTRO – Al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. – Premesso che:

il grano duro è la principale specie di cereale utilizzata per la produzione della pasta italiana, a sua volta uno dei simboli per eccellenza del made in Italy e una delle più importanti voci delle esportazioni agroalimentari italiane all’estero per un valore complessivo che supera addirittura i 20 miliardi di euro;

secondo l’indagine ISTAT pubblicata pochi giorni fa, nel 2023 è diminuito del 3,2 per cento il numero di aziende agricole che hanno deciso di seminare grano duro. Il dato è stato ricavato su un campione di 15.000 aziende agricole. Eppure le esportazioni di pasta italiana sono cresciute del 5,1 per cento nel 2022 in volume e del 31 per cento in valore;

da alcuni anni, il mercato di questo cereale sta conoscendo un andamento anomalo dei prezzi all’origine, ed il conflitto in Ucraina, dimostrando peraltro quanto sia strategico questo comparto per la sicurezza alimentare italiana, ha acuito questa anomalia;

nonostante la domanda dei prodotti finiti (pasta e semola) si mantenga sempre elevata soprattutto sul mercato internazionale, la domanda d’acquisto della materia prima, ossia il grano duro nelle sue diverse varietà, pur mantenendosi sostenuta, presenta una dinamica che incide negativamente sui prezzi, i quali, senza adeguati aiuti comunitari, non riuscirebbero a garantire una corretta remunerazione agli agricoltori;

infatti, la pasta 100 per cento grano italiano costa dai 3 euro in su, mentre il grano 100 per cento italiano è sceso in meno di 6 mesi da 0,58 a 0,36 euro al chilo; circa 10 volte in meno il prezzo della pasta 100 per cento italiana;

già in passato le rilevazioni dell’ISMEA mostravano che i prezzi del “grano duro fino” nazionale erano estremamente variabili tra loro e non sembravano rispondere ad una logica precisa;

anche l’Autorità garante della concorrenza e del mercato durante un’audizione in Senato nella XVIII Legislatura ha dichiarato: “Sotto il profilo della dinamica dei prezzi, si sono registrate forti tensioni a partire dall’anno 2015, con una perdurante spinta al ribasso che ha preso a invertirsi solo negli ultimi mesi dell’anno 2019. Tale tendenza ha interessato il commercio di grano duro a livello mondiale, ma è un dato di fatto che in Italia le quotazioni sono risultate in media ancora più basse. Infatti, in meno di un triennio si è assistito alla perdita in Italia di oltre la metà del precedente valore medio del grano duro, con il passaggio da circa 400 euro/ton nel 2015 a meno di 200 euro/ton tra il 2016 e 2017, e la conseguente forte incidenza sulla redditività d’impresa con prolungati margini negativi per gli agricoltori”;

a seguito di questi fenomeni speculativi nell’ultimo decennio è scomparso un campo di grano su cinque, con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati e con effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente;

il nostro Paese, a fronte di 4 milioni di tonnellate di produzione di granella, necessita di quasi 6 milioni di tonnellate per rispondere al fabbisogno dell’industria molitoria;

considerato che:

mentre le quotazioni del prezzo del grano crollano, non si assiste ad una diminuzione del prezzo della semola o della pasta che, al contrario, hanno subito un’impennata negli scaffali dei supermercati; con evidente danno per i consumatori costretti a pagare, secondo Assoutenti, 1,95 euro un chilo di pasta e 4,7 euro un chilo di pane;

l’Unione nazionale consumatori ha elaborato i dati ISTAT per calcolare l’inflazione media provvisoria del 2022. Nella top ten dei rincari ci sono proprio i prodotti alimentari: se in media una famiglia italiana nel 2022 ha speso 513 euro in più rispetto al 2021, nelle classi di spesa la voce pane e cereali, che include pane, pasta, farina e riso, fa vincere la classifica dei rincari, con una spesa aggiuntiva di 100 euro rispetto al 2021, a fronte di un’inflazione media del 10,9 per cento. L’esborso può superare i 700 euro per una coppia con due figli;

a causa della speculazione indisturbata, le famiglie italiane sono costrette a consumare 100 euro in più all’anno per portare in tavola pane e pasta; sono, dunque, proprio pane e pasta a svuotare le tasche degli italiani;

sul tema inflazione in altri Paesi, soprattutto in Francia, è stato avviato un dibattito pubblico tra produttori e distribuzione su chi abbia la responsabilità di questo andamento anomalo. In Italia il dibattito non è nemmeno cominciato e si rischia prima o poi lo scoppio di una rivolta dei consumatori e dei produttori. Sarebbe necessario, addirittura, ricorrere ai prezzi amministrati per un paniere di beni indispensabili di cui le famiglie non possono fare a meno;

preso atto che:

dopo i fatti accaduti nelle camere di commercio di Foggia e di Bari, in cui i prezzi sono stati modificati al ribasso per oltre 30 euro a tonnellata, appare ancora più evidente la necessità di formare un prezzo unico nazionale;

l’accresciuta volatilità dei listini delle commodity agricole sui mercati internazionali ha acceso in passato un forte dibattito su un possibile intervento pubblico capace di mitigare gli stessi effetti indesiderati;

una delle misure dei precedenti governi è stata la commissione prezzi unica nazionale (CUN), frutto di intese al tavolo di filiera e unico strumento in grado di garantire equità e trasparenza nella previsione dei prezzi del grano; ma la sua attività, sia pur sperimentale, è stata interrotta da ottobre 2022 senza motivazioni plausibili, mentre tutto il mondo agricolo aspettava che diventasse effettiva;

l’istituzione della CUN si rende necessaria perché le borse merci sono uno strumento ormai obsoleto, come riconosciuto anche da una sentenza del TAR di Foggia (n. 01200/2019) da cui emerge: “le rilevazioni dei prezzi non si basano su dati documentati da fatture o da altri riscontri certi e facilmente verificabili, ma su dati riportati solo oralmente dai presenti; e, pertanto, frutto di un’istruttoria deficitaria, in contrasto con le delibere di giunta nn 52 del 2009 e 67 del 2016 a mente delle quali le quotazioni devono essere basate su elementi certi di valutazione”. Vizi formali e sostanziali hanno portato il TAR ad annullare i listini settimanali dei prezzi del grano duro della camera di commercio di Foggia per gli anni 2016 e 2017,

si chiede di sapere:

quali urgenti iniziative il Ministro in indirizzo intenda assumere, anzitutto per contrastare la speculazione in atto da parte dei molini nel mercato italiano, che sta causando l’aumento dei prezzi del pane e della pasta, in un momento così difficile per la popolazione in cui si mescolano fenomeni di inflazione importata e fenomeni speculativi;

se non ritenga di dover vigilare sulla grave situazione che riguarda la dinamica dei prezzi, quale quello di semola, pasta e pane, anomalo rispetto a quello del grano duro nazionale, anche attraverso il coinvolgimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato;

se non ritenga di riavviare subito, nell’attesa di quella effettiva, l’istituzione di una commissione unica nazionale sperimentale, e l’istituzione del registro telematico di carico e scarico della merce che entra ed esce dai mulini.

(4-00402)




Cun cereali, Cia di Scanavino si oppone all’entrata della Copagri. Tensioni su ripartizione quote

E’ lite tra la Cia e la Copagri sulla Cun cereali. Da quanto apprende AGRICOLAE infatti il presidente uscente della Cia Dino Scanavino avrebbe detto ‘no’ all’entrata della Copagri di Franco Verrascina nella Commissione Unica. A nulla sono serviti i tentativi di accomodamento delle altre parti interessate cui erano disposte a un compromesso.

Si tratta di un problema di quote. La proposta sul tavolo era quella di togliere una quota alla Cia per darla alla Copagri (che non rientra con i numeri per un soffio) oppure di aumentare il numero dei commissari a undici.

La Copagri è da sempre molto attiva in Puglia, Basilicata e Sicilia sulla questione dei cereali e in particolare sul grano duro.




Agricoltura, L’Abbate (M5s): importante trovare accordo e dare avvio alla Cun sperimentale grano duro

È fondamentale trovare un punto di accordo tra le diverse posizioni venutesi a creare tra i rappresentanti della filiera così da dare avvio alla Commissione Sperimentale sul grano duro. Dopo un lungo lavoro di raccolta delle deleghe e di concerto sul regolamento, sarebbe davvero un peccato per tutta la filiera grano-pasta non cogliere l’opportunità che questo strumento, divenuto norma con un mio emendamento nel 2015, mette a disposizione”. Lo dichiara il deputato Giuseppe L’Abbate (M5S), che già da sottosegretario al Mipaaf aveva seguito i lavori, in merito alla riunione propedeutica all’avvio della Commissione sperimentale Nazionale del grano duro in programma oggi al Mipaaf con il supporto di Borsa Merci Telematica Italiana.
La Commissione Sperimentale Nazionale non è la panacea di tutte le storture che da tempo contraddistinguono la filiera – prosegue – ma rappresenta un primo luogo di confronto determinante per fotografare in modo trasparente e regolamentato il mercato, accantonare i dissidi e concentrarsi sul valorizzare una delle produzioni nazionali tipiche del made in Italy” conclude.



Grano duro, Cia Puglia: “CUN a Foggia, astenersi perditempo”

“Designare Foggia quale sede della CUN, la Commissione Unica Nazionale sul prezzo del Grano, è prerogativa della politica. Se dipendesse da CIA Puglia, che da anni si sta spendendo per questo naturale approdo, al capoluogo dauno da tempo sarebbe stata assegnata la sede in virtù di numeri, qualità e quantità della produzione, storia e capacità innovativa espressi da aziende, centri di ricerca e università. Suonano come un ribaltamento della realtà le dichiarazioni di chi, da membro del Parlamento e della Commissione Agricoltura, invece di impegnarsi a trovare un’intesa sopra le parti che ponga fine alla questione, scarica le proprie responsabilità buttandola in caciara”.

E’ Raffaele Carrabba, presidente di CIA Agricoltori Italiani della Puglia, a intervenire sulle polemiche sollevate dal senatore De Bonis riguardo alla ormai annosa vicenda della sede CUN.

“In alcuni comunicati, sono evocati perfino Panama e il suo grano misterioso. Occorre essere seri. Se i nostri politici vogliono davvero aiutare il settore cerealicolo, lo facciano, senza perdere tempo con polemiche sterili”, ha aggiunto Felice Ardito, presidente di CIA Levante. “Si fermino le manovre speculative che abbassano artatamente le quotazioni del grano duro italiano. Uno strumento concreto ed efficace è la sospensione temporanea delle importazioni a ridosso dei periodi della trebbiatura. Si intensifichino i controlli sulla qualità dei grani che arrivano dall’estero. Le speculazioni di cui si è parlato nelle ultime 24-48 ore noi le denunciamo da anni. Siamo stati i primi a far rilevare a livello nazionale lo scandalo rappresentato dal crollo del grano duro biologico”, ha ricordato Michele Ferrandino, presidente di CIA Capitanata.

Le scelte di politica agricola nazionale devono orientarsi verso una valorizzazione concreta delle produzioni agricole di qualità, in tal senso per il settore grano duro – di rilevanza strategica per il nostro Paese – vanno utilizzate le risorse a disposizione del Mipaaf, da ultimo quelle stanziate con la legge di bilancio 2021 e poi anche le risorse del PNRR e del Fondo complementare: la filiera del grano duro è un asset fondamentale per il nostro Paese e, come tale, deve essere tutelata e valorizzata in tutte le sue fasi. Restano sempre più inaccettabili, inoltre, i ritardi dei pagamenti AGEA per i contributi sui de minimis sui contratti di filiera. E’ quanto è stato ribadito dalla CIA e dalle altre associazioni del coordinamento Agrinsieme nell’audizione indetta dall’Ufficio di Presidenza della Commissione Agricoltura del Senato.

Nel 2020, complessivamente la Puglia ha prodotto 9,5 milioni di quintali del prezioso cereale, il 35% della produzione nazionale, impiegando una superficie pari a 344.300 ettari. Da sola, la provincia di Foggia nel 2020 riuscì a produrre 7.125.000 quintali su una superficie di 240mila ettari, con una resa media per ettaro di 29,68 quintali.

“La politica e le istituzioni possono fare molto, magari producendo più fatti e meno parole”, ha detto Carrabba. “Serve un patto tra produttori e trasformatori nel segno del ‘made in Italy’ e del nostro grano duro come elemento principe della pasta italiana di qualità. Come organizzazione, siamo a disposizione di chi voglia trovare una soluzione innovativa anche in direzione della sostenibilità ambientale: le enormi navi che arrivano in Italia con i loro carichi di grano fanno migliaia di chilometri, inquinano e rappresentano un rischio e un costo da molti punti di vista. Ecco, se davvero vuol battere un colpo, la politica scelga Foggia quale sede della CUN e trovi un accordo su pochi e concretissimi punti per valorizzare davvero il grano duro italiano. Noi ci stiamo, gli agricoltori ci sono, siamo qui e siamo pronti a fare la nostra parte, come sempre, astenersi perditempo”, ha concluso Carrabba.




Pasta: Cia, no a polemiche su grano duro nazionale. Basso il prezzo, non la qualità

Le polemiche che tendono troppo spesso a svalutare la qualità del grano duro nazionale sono contraddette dall’incremento, a doppia cifra (+ 23%, dati Ismea), per le confezioni di pasta con dicitura “100% italiana” sull’etichetta. Secondo Cia-Agricoltori Italiani, il discredito gettato sulla materia prima sembra solo strumentale a mantenere bassi i prezzi pagati agli agricoltori.

Negli ultimi anni, il livello qualitativo del nostro grano ha raggiunto picchi notevoli sia nel contenuto proteico, che nel peso ettolitrico, andando incontro alle richieste dell’industria pastaria. I produttori hanno anche investito in pratiche agronomiche virtuose, con forte aumento dei costi di produzione. Ma nonostante il picco della domanda di pasta 100% di semola di grano duro italiano, sempre più apprezzata dai consumatori e determinato anche dal boom di acquisti durante il lockdown, i prezzi all’origine del grano duro nazionale continuano a essere ingiustificatamente bassi.

Nessuna criminalizzazione da parte di Cia per le imprese che decidono legittimamente di approvvigionarsi di grano importato, ma occorre maggiore trasparenza nell’etichettatura. Cia non ritiene, dunque, coerenti le recriminazioni sulla qualità dei grani italiani, da chi non ha interesse a fare chiarezza sull’origine estera della materia prima sulle confezioni.




La filiera grano duro-pasta presenta i dati della campagna 2019/20: mappate oltre 150 mila tonn di grano duro per premiare l’approvvigionamento di materia prima nazionale di qualità

In annate particolarmente complicate dal punto di vista produttivo, quale quella appena conclusasi che ha visto gli attori della filiera doversi confrontare con le ripercussioni della pandemia del Coronavirus, è necessario fare affidamento su sistemi capaci di riconoscere e premiare coloro che tutelano e garantiscono l’approvvigionamento di materia prima nazionale di qualità.

È questo uno degli scopi che hanno portato alla realizzazione dell’innovativo sistema “FRUCLASS”, ideato dall’Università degli Studi della Tuscia su impulso delle associazioni della filiera grano-pasta firmatarie del protocollo d’intesa “Filiera grano duro-pasta di Qualità”, ovvero Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Assosementi, Cia-Agricoltori Italiani, COMPAG, Confagricoltura, Copagri, ITALMOPA – Associazione Industriali Mugnai d’Italia e i pastai di Unione Italiana Food.

Muove da queste premesse la conferenza stampa “Filiera grano-pasta: i dati della campagna granaria online in tempo reale”, in programma mercoledì 28 ottobre in modalità telematica, con inizio alle ore 10:30. Alla conferenza stampa interverranno tutte le associazioni della filiera grano-pasta, che approfondiranno e discuteranno i risultati della campagna granaria 2019/20 e proveranno insieme a delineare le prospettive della prossima annata e le basi comuni per i contratti di coltivazione. L’iniziativa si svolgerà alla presenza del presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei deputati Filippo Gallinella.

Per seguire i lavori sarà necessario registrarsi, entro lunedì 26 ottobre, cliccando su https://bit.ly/377VQAh.

“Il sistema ‘FRUCLASS’ ha permesso, per la prima volta in Italia, la restituzione in tempo reale di uno spaccato territoriale dei risultati della campagna granaria 2019/20, derivanti dalla raccolta e dall’analisi dei dati quali-quantitativi di oltre 150.000 tonnellate di grano duro stoccato in più di 40 centri dislocati in 19 diverse provincie distribuite lungo tutta la Penisola. Grazie ad un approccio innovativo per la gestione dei big-data, le rilevazioni così raccolte sono state trasmesse quotidianamente su un server dedicato dell’Ateneo viterbese, dove sono state processate, controllate e rese fruibili, con diverso grado di dettaglio, agli iscritti alla piattaforma informatica http://granoduropasta.unitus.it/”, spiegano Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Assosementi, Cia-Agricoltori Italiani, COMPAG, Confagricoltura, Copagri, ITALMOPA – Associazione Industriali Mugnai d’Italia e i pastai di Unione Italiana Food.

“‘FRUCLASS’ – concludono le associazioni della filiera grano-pasta – va a integrare gli intenti del protocollo d’intesa ‘Filiera grano duro-pasta di Qualità’ e vuole essere una risposta concreta, volontaria e di squadra alle criticità che ostacolano la crescita del settore; uno degli obiettivi, infatti, è quello di proporre soluzioni adeguate a tradurre gli impegni dell’accordo in nuove pratiche gestionali, informative e contrattuali, con benefici a cascata su tutta la filiera”.




I sette giorni ‘agricoli’ del Senato. Tutti gli appuntamenti

Si apre una settimana intensa di lavori per la commissione Agricoltura del Senato.

Martedì 13 ottobre

Alle ore 14:30 o ALLA SOSPENSIONE DEI LAVORI DELL’ASSEMBLEA SE SUCCESSIVA

PLENARIA (n. 139)

PROCEDURE INFORMATIVE

Svolgimento interrogazione n. 3-01705 (Lanzi ed altri – Sull’erogazione degli anticipi del 40 per cento delle sovvenzioni statali al comparto ippico)

SEDE REDIGENTE

Seguito discussione congiunta ddl nn. 810, 918 e 933 (disposizioni in materia di tartufi) – relatore: sen. Vallardi Seguito discussione ddl n. 988 (Agricoltura con metodo biologico) – Approvato dalla Camera dei deputati – relatore: sen. Mollame

SEDE REFERENTE

Seguito esame ddl n. 1373 (Limitazione alla vendita sottocosto di prodotti agricoli e divieto di aste a doppio ribasso) – Approvato dalla Camera dei deputati – relatore: sen. Taricco

SEDE CONSULTIVA

Esame Doc. LVII, n. 3-bis Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2020, allegati e relativo annesso (parere alla 5 a Commissione) – relatore: sen. Taricco Esame ddl n. 1503 (“legge SalvaMare”) – Parere alla 13a Commissione – relatrice: sen. Abate Seguito esame congiunto ddl nn. 1571 e 674 (“legge SalvaMare”) – Parere alla 13a Commissione – relatrice: sen. Abate

Alle ore 15.30

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI (n. 173)

Audizione informale, in videoconferenza, in relazione all’affare assegnato n. 215 (problematiche riguardanti aspetti di mercato e tossicologici della filiera del grano duro) di rappresentanti dell’Istituto superiore di sanità

Mercoledì 14 ottobre

Alle ore 9.00

PLENARIA (n. 140)

SEGUITO ARGOMENTI NON CONCLUSI

Al termine

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI (n. 174)

PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI

Alle ore 14,30 (O ALLA SOSPENSIONE DEI LAVORI DELL’ASSEMBLEA SE SUCCESSIVA)

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI (n. 175)

Audizione informale, in videoconferenza, nell’ambito dell’esame dell’affare assegnato n. 337 (danni causati all’agricoltura dall’eccessiva presenza della fauna selvatica) del Presidente della provincia di Bolzano

Alle ore 15,30

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI (n. 176)

Audizione informale, in videoconferenza, nell’ambito dell’esame dell’affare assegnato n. 337 (danni causati all’agricoltura dall’eccessiva presenza della fauna selvatica) di rappresentanti del Comitato Pastori d’Italia




Grano duro: Cia, basta rinvii su istituzione CUN. Serve più trasparenza prezzi

Il settore cerealicolo aspetta da tempo l’istituzione della CUN del grano duro, la Commissione Unica Nazionale che potrebbe garantire una maggiore trasparenza nelle relazioni contrattuali tra gli operatori di mercato e nella definizione dei prezzi. Cia-Agricoltori italiani torna, così, a sollecitare le istituzioni perché si ponga fine ai continui rinvii e si contribuisca a fare chiarezza sugli incomprensibili cali di listino delle borse merci, dove le quotazioni del grano duro di tutta Italia non raggiungono i costi di produzione in campagna. 

Per Cia è necessario che si superino i farraginosi e complessi processi per la costituzione del collegio dei Commissari e si introduca reale semplificazione nei meccanismi di rappresentanza, ricorrendo magari ai CAA di riferimento liberamente scelti dagli agricoltori e che possono assicurare massima trasparenza, numeri certi e conosciuti dall’amministrazione.

Quanto alle persistenti tendenze al ribasso, a Cia appaiono ancora del tutto ingiustificate, come inadeguate le risposte fino a ora ricevute dalle borse merci. Dunque, anche a fronte delle mobilitazioni dei cerealicoltori a Foggia, davanti la più importante borsa merci di riferimento, è tempo di porre fine alle lungaggini della politica che sta ingessando l’istituzione di uno strumento moderno e potenzialmente in grado di assicurare maggiore trasparenza nella formazione dei prezzi.

Cia chiede che si acceleri il percorso di insediamento della CUN, soprattutto nel rispetto del lavoro degli agricoltori. Non si può continuare a mortificare i produttori di grano duro, già colpiti da un’annata agraria difficile, con siccità e gelate che hanno messo a dura prova la coltura, segnata da rese molto basse seppur con un ottimo contenuto proteico. Senza dimenticare, conclude Cia, l’impegno in campagna assicurato anche durante il lockdown, affinché l’industria della pasta continuasse ad alimentare la filiera con il 100% di grano italiano, eccellenza del Made in Italy e prodotto che continua a trainare le vendite sul mercato nazionale.




ASSOSEMENTI: PROTOCOLLO INTESA GRANO DURO NON PUO’ PRESCINDERE DA SEME CERTIFICATO 

Assosementi grano duro

Assosementi accoglie con favore Protocollo d’Intesa a difesa grano duro siglato da alcune organizzazioni del settore, ma coinvolgere seme certificato

Assosementi accoglie con favore il Protocollo d’Intesa a difesa del grano duro siglato da alcune organizzazioni di categoria del settore. L’associazione che riunisce le imprese sementiere italiane sottolinea però la necessità che il Protocollo coinvolga anche il seme certificato, condizione imprescindibile per assicurare la tracciabilità di una produzione che rappresenta più di ogni altra il Made in Italy nel mondo.

“Il settore cerealicolo non può fare a meno di dare vita a un proficuo dialogo tra tutti gli attori del comparto se vuole superare le criticità che è costretto ad affrontare, ha dichiarato Franco Brazzabeni, Presidente della Sezione cereali di Assosementi. Il Protocollo d’intesa è un importante passo verso la tracciabilità, ma è necessario ricordare che per perseguire questo obiettivo bisogna partire dal seme certificato, primo anello della filiera e fulcro di un sistema orientato alla qualità richiesta dai consumatori”.

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“La coltura del grano duro è minacciata oggi dal calo delle richieste di certificazione di sementi a cui assistiamo in Italia. Secondo i numeri diffusi dal CREA-DC, il rischio è che per la campagna autunno-vernina l’impiego di seme non certificato interessi oltre il 50% della superficie coltivata, con il risultato che non sarebbe tracciata più della metà delle nostre produzioni” ha aggiunto Brazzabeni.

“L’industria sementiera mette in campo costanti investimenti nell’innovazione varietale, per assicurare agli agricoltori varietà più performanti e di maggiore interesse per il mercato. Per questo Assosementi è pronta a dare il suo contributo all’interno del Protocollo d’intesa, sicura che la competitività della filiera parta dalla competitività delle colture”, ha concluso Brazzabeni.