Il mercato del tabacco sta cambiando. Quello riscaldato sta sostituendo, anno dopo anno, quello tradizionale prendendo nuove quote di mercato. Mentre nel 2019 il primo ha registrato un incremento del 118%, il secondo ha subito un calo di oltre il 4 per cento. Ma l’apporto del settore del tabacco all’erario diminuisce in maniera proporzionale creando un buco fiscale sempre più ampio che il governo deve recuperare tramite la pressione fiscale su altri segmenti produttivi. A danno – alla fine – dei consumatori finali che vanno a fare la spesa.
Infatti l’accisa sul tabacco riscaldato, partita nel 2015 con una scontistica fiscale rispetto a quella delle sigarette tradizionali del 50 per cento, in Finanziaria per l’anno 2019 è passata a una scontistica del 75 per cento. Accisa che in una prima stesura della nuova legge di Bilancio era stata incrementata e poi – inaspettatamente – è sparita dal testo.
“Il tabacco riscaldato ha determinato un cambio strutturale nel mercato del tabacco. Un dato che dal punto di vista tecnico rappresenta un’evoluzione epocale”, spiega ad AGRICOLAE Alessandro Bertolini, vicepresidente della Bat.
“La crescita del tabacco riscaldato ha accelerato, negli ultimi 5 anni, la contrazione dei volumi delle sigarette tradizionali”, prosegue. “Se il tasso di contrazione medio negli ultimi dieci anni è stato del 3 per cento su base annua, nel 2019 la contrazione dei volumi delle sigarette tradizionali è stata del 4,2% e nell’anno in corso del 6% tendenziale”. Diversa la situazione per quello riscaldato “cresciuto del 118% nel solo anno 2019 e con un tasso di crescita quest’anno stimabile al 61 per cento”.
Una modifica strutturale del mercato che, spiega Bertolini, “si ripercuote sul gettito erariale. Riportando la fiscalità a una scontistica del 50 per cento, come previsto dalla norma previgente rimasta in vigore per 4 anni, si genererebbe un maggior gettito erariale pari a circa 300 milioni di euro su base annua”.
Il tabacco riscaldato è stato introdotto in Italia nel 2014. La prima a lanciare è stata Philip Morris, la Bat si è affacciata sul mercato da due anni, a fine 2018.
“La fiscalità del tabacco è un tema complesso”, prosegue ancora il vicepresidente Bat. “Il legislatore, lo scorso primo gennaio 2015, aveva ritenuto di tassare il tabacco riscaldato il 50 per cento in meno rispetto alle tradizionali sigarette. Un tipo di approccio mai contestato da noi. Irragionevole riteniamo invece il maggiore sconto concesso con la Finanziaria per il 2019 che ha portato a un differenziale rispetto alla fiscalità sulle tradizionali sigarette del 75 per cento”.
Una “molto marcata asimmetria fiscale” ritenuta a maggior ragione irragionevole da Bat in seguito alle valutazioni del ministero della Salute.
Le accise nascono infatti come una tassazione compensativa degli effetti negativi sulla salute provocati dal prodotto stesso. “Ma nel momento in cui, nonostante i corposi dossier scientifici presentati volontariamente da entrambi i produttori oggi operanti sul mercato, il ministero della Salute ritiene di non poter riconoscere né la minor tossicità del tabacco riscaldato né il minor danno per la salute umana a parità di condizioni di utilizzo rispetto alle tradizionali sigarette, a che titolo il Mef mantiene lo sconto attuale?”. “Non comprendo – prosegue ancora Bertolini – come mai lo sconto non venga riportato a quello originario del 2015 durato fino al 2019, dato che la Salute, proprio nel 2019, ha ritenuto di non riconoscere né la minor tossicità né il minor danno per la salute rispetto alle tradizionali sigarette.
Mentre il Ministero della Salute di Roberto Speranza mette il bollino rosso quello dell’Economia di Roberto Gualtieri mette il bollino verde. Ma nel frattempo si genera un buco fiscale che, a parere di Bat, potrebbe far implodere tutto il sistema danneggiando il comparto e chi ci lavora”.
L’Italia è al quarto posto nel mondo per i volumi di mercato del tabacco riscaldato. Al primo posto figura il Giappone, con una scontistica rispetto al tabacco riscaldato del 10 per cento. Al secondo posto la Corea, con una scontistica fiscale del 5 per cento. Al terzo posto la Russia, la cui scontistica apportata è fissata al 25 per cento. Al quarto posto l’Italia, con uno sconto del 75 per cento.
“Mantenere questa marginalità fiscale in un segmento che presenta un tasso esponenziale di crescita come quella del tabacco riscaldato pregiudica la sostenibilità dell’intero settore e, con esso, del gettito erariale”, insiste il vicepresidente Bat.
“La nostra posizione non è di equiparare la tassazione del tabacco riscaldato a quella delle sigarette, occorre tuttavia riportare il livello di incidenza fiscale al 50 per cento, come da norma previgente”.
Il prezzo medio di un pacchetto di sigarette tradizionali è di cinque euro. “Di questi, spiega ancora Bertolini, 4 euro vanno all’erario tra Iva e Accisa, 50 centesimi, che è l’aggio, vanno al tabaccaio e 50 centesimi è il margine del produttore. Un pacchetto di tabacco riscaldato ha oggi un prezzo di vendita di 4,50 euro ed il margine del produttore è di 2,50 euro”.
La filiera del tabacco è complessa e include i produttori, i distributori, i tabaccai, le aziende tabacchicole, i trasformatori. “Si parla di un gettito erariale, tra accisa e Iva, di 14 miliardi all’anno. Nel momento in cui la crescita del riscaldato come prodotto alternativo alle tradizionali sigarette, provoca l’accellerazione della contrazione dei volumi di quello tradizionale, viene a mancare gettito erariale, creando un buco a danno del paese pregiudicando al tempo stesso la sostenibilità dell’intero settore”, spiega ancora Bertolini. “E noi come azienda riteniamo che la sostenibilità complessiva del settore sia fondamentale per mandare avanti il comparto tutto, al di là dei tornaconti particolari. Ciò a vantaggio dell’erario e dell’intera filiera”.
Un esempio? La passata Finanziaria, quando il governo ha dovuto reperire maggiori risorse, fra l’altro, per sterilizzare gli aumenti IVA. “La Finanziaria ha incrementato la fiscalita di tutte le categorie dei prodotti del tabacco con l’eccezione del tabacco riscaldato per il quale è stato mantenuto lo sconto del 75% rispetto alle tradizionali sigarette da combustione. Non a caso, il complessivo gettito dai prodotti del tabacco diminuirà, nell’anno in corso, di circa 100 milioni di euro”.
“BAT ha una storia ultra decennale di acquisto di tabacco italiano, in particolare quello del Veneto e della Campania, attraverso un rapporto storico e consolidato nel tempo con Italtab. Dal 2010 a tutt’oggi BAT ha acquistato oltre 200 milioni di euro di tabacco italiano. Il mantenimento di questo livello di investimento sul territorio richiede una politica fiscale equilibrata che garantisca la sostenibilità del settore superando l’attuale asimmetria fiscale e riportando l’incidenza fiscale del tabacco riscaldato al 50 per cento rispetto a quello tradizionale, come previsto dalla norma previgente. In mancanza, verrebbero meno i presupposti atti a giustificare questi investimenti nel territorio”.
Alla domanda sulle motivazioni per cui l’accisa sul tabacco riscaldato, all’articolo 37, è sparita dalla prima stesura della legge di Bilancio, Bertolini risponde: “La domanda va posta ai vertici della politica ed alle istituzioni tecniche, in primis al Mef ed al Ministero della Salute. La politica e gli organi tecnici dovrebbero adottare soluzioni di buonsenso. La mia azienda non è interessata a battaglie di principio o a tutelare posizioni di privilegio, bensì a soluzioni di equità cha assicurino al sostenibilità dell’intero settore”. Lei ha mai incontrato Gualtieri? “Mai incontrato”.