ELEZIONI E.ROMAGNA BANCO DI PROVA. PD CAMBIA NOME, RECUPERA LEU E STRAPPA VOTI A M5S ATTRAVERSO LE SARDINE DI PRODI E PARISI. OBIETTIVO: FAR FUORI RENZI E SALVINI

Domenica si vota in Emilia Romagna e in Calabria. Un voto amministrativo dalla forte valenza politica che è destinato a ripercuotersi a livello nazionale. Con una squadra di governo giallorossa che in questi mesi si è divisa su più fronti. Sia per quanto riguarda i temi sul tavolo (dalla prescrizione alle tasse) che per quanto riguarda le questioni interne ai partiti facenti parte del tavolo di Palazzo Chigi.

Renzi ha fondato Italia Viva, andando via dal Pd di Zingaretti.

Zingaretti ha annunciato l’intenzione di dar vita a un rinnovamento del Pd – non un “nuovo” partito, ma “un partito nuovo”, capace di ricomporre la vecchia frattura con Leu (come Bersani, per esempio) – e di attrarre quanti si riconoscono nel movimento delle sardine, nato col proposito di arginare il dilagare della Lega di Salvini, ma anche di intercettare i voti in libera uscita dal Movimento 5S che sembra in caduta libera. Un’ispirazione, questa, in obiettiva consonanza con le impostazioni di Romano Prodi uno dei fondatori del Partito democratico e di Arturo Parisi che fu l’anima e ispiratore dell’Ulivo e dello stesso Partito Democratico. Anche il nome scelto sarebbe più da piazza e meno da partito di palazzo: “I Democratici”.

D’altronde il fondatore delle sardine – che pure afferma di non conoscere Prodi – è uno dei collaboratori della rivista “Energia” il trimestrale curato dalla società Rie- Ricerche Industriali ed energetiche fondata dall’ex ministro Alberto Clò e dallo stesso Prodi.

Nel frattempo il Movimento Cinque Stelle perde il suo leader Luigi Di Maio che aveva avuto uno ‘strappo’ estivo con il premier Giuseppe Conte. Mentre continua l’esodo dei parlamentari gialli verso il Misto.

La maggioranza è divisa su tutto tranne che sulla determinazione di fare il possibile per impedire la conquista da parte della Lega di Salvini del governo nazionale. E nel Pd (anche se non tutto il Pd) prende consistenza l’idea di fare il possibile per evitare che Renzi possa accrescere i suoi consensi attingendo a quello che è stato finora il bacino elettorale dei democratici.

Zingaretti parla chiaro: “Dobbiamo rivolgerci alle persone, e non alla politica ‘organizzata’. Dobbiamo aprirci alla società e ai movimenti che stanno riempiendo le piazze in queste settimane. Non voglio lanciare un’opa sulle Sardine, ci mancherebbe altro, rispetto la loro autonomia: ma voglio offrire un approdo a chi non ce l’ha…”

E chissà che il segretario Pd non mediti – se le fibrillazioni nella maggioranza non trovassero una composizione – di tornare a quella che era la sua idea originaria: quella di strappare al Movimento 5S quei consensi che aveva eroso alla Sinistra. Come aveva affermato, d’altronde, prima dell’accordo che aveva portato al Conte bis con l’improvviso testa-coda di Renzi. Il 3 febbraio del 1919 – giova ricordarlo – aveva detto di essersi “stancato di dover dire che non intendo favorire alcuna alleanza o accordo con i 5s. Li ho sconfitti due volte e non governo con loro”. E aveva aggiunto:

“Tantissime donne, pensionati e giovani erano nostri elettori e non possiamo non porci il problema di guardare a loro e riconquistarli. Altro che accordi!”

Obiettivo: ricompattare il Pd sotto un nuovo nome e una nuova egida, fare fuori la formazione di Renzi, frenare Salvini e far rientrare i fuorusciti dal partito a trazione renziana.

Salvini dal canto suo è sicuro di vincere. E già pensa al voto. Conte mette le mani avanti e rassicura che qualunque risultato possano dare le elezioni in Emilia Romagna, il governo non è in discussione.
E il Partito Democratico guadagna tempo.