Latte, ecco la bozza Mipaaf di protocollo di intesa per aumentare di 3 centesimi prezzo stalla. Riunione a data da destinarsi

Resta a data da destinarsi la prossima riunione di filiera del latte al Mipaaf per firmare un protocollo di intesa e trovare la quadra su un settore che soffre di una crisi strutturale ormai dai tempi in cui fu svenduto per l’acciaio.

Prima la riunione era stata convocata per il 5 ottobre, poi è stata sconvocata. Resta incerto l’aumento di tre centesimi a litro che la parte finale della filiera dovrebbe pagare alla parte centrale, per farla riversare poi a monte, ai produttori.

Un sistema farraginoso, secondo alcuni, poco attuabile in una filiera lunga e variegata se non mediante controlli capillari. Il rischio è che i tre centesimi si perdano prima di tornare ai produttori.

Un sistema efficace invece secondo altri, che potrebbe rappresentare la soluzione per una distribuzione più equa del reddito.

Qui di seguito AGRICOLAE pubblica la bozza di protocollo di intesa in PDF e a seguire in forma testuale:

PROTOCOLLO INTESA FILIERA LATTE

EMERGENZA LATTE – INTESA DI FILIERA PER LA SALVAGUARDIA DEGLI ALLEVAMENTI ITALIANI TRA MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI E ORGANIZZAZIONI AGRICOLE ASSOLATTE – GRANDE DISTRIBUZIONE

CONSIDERATO

– che nel 2021 si è registrata un aumento insostenibile dei costi di produzione per gli allevamenti nazionali, con un rincaro delle materie prime e dei foraggi, dal mais alla soia;

– necessario valorizzare la filiera lattiero casearia nazionale che esprime un valore di oltre 16 miliardi di euro, occupa oltre 100.000 persone e genera una ricaduta positiva in termini di coesione sociale in tanti territori del Paese;

– l’esito della riunione del Tavolo di filiera Latte tenutosi presso il Ministero delle politiche agricole il 30 settembre 2021 durante il quale è emersa la necessità di un intervento emergenziale a tutela del reddito degli allevatori;

LE PARTI CONVENGONO QUANTO SEGUE

1. Le imprese della Grande distribuzione si impegnano a valorizzare ed aumentare gli acquisti di latte alimentare 100% italiano, prodotti lattiero caseari freschi ed a media stagionatura da latte 100% italianoe Grana Padano Dop, riconoscendo dal mese di ottobre 2021 un premio “emergenza stalle” che viene pagato alle imprese di trasformazione di cui al punto 2, da riversare integralmente agli allevatori e pari a 3 centesimi al litro di latte utilizzato per la produzione di cui al presente punto.

2. Le imprese di trasformazione si impegnano a valorizzare il latte 100% italiano e a tutelare il reddito degli allevatori riconoscendo un aumento del prezzo pagato per litro che raggiunga almeno la soglia di prezzo indicativa di 0,41 euro per il latte conferito nella Regione Lombardia dal quale determinare le soglie di prezzi indicativi del latte conferito nelle altre Regioni d’Italia, senza diminuire il prezzo già riconosciuto. Tale prezzo è comprensivo del premio di cui al punto 1.

3. Le organizzazioni agricole si impegnano a valorizzare i prodotti lattiero caseari da latte 100% italiano attraverso iniziative di promozione rivolte ai consumatori e ai propri associati.

4. Il Ministero si impegna a tutelare la filiera lattiero casearia, anche attraverso attività di comunicazione e promozione rivolte ai consumatori e agli operatori.

5. Gli impegni di cui ai punti 1 e 2 sono assolti attraverso l’inserimento nella contrattualistica che regola i rapporti commerciali in essere attraverso la dicitura “Premio emergenza stalle” e per la durata dell’emergenza.

6. Le parti si impegnano a prevedere incontri regolari nel breve e lungo periodo del Tavolo di Filiera Latte presso il Mipaaf che viene istituzionalizzato in via permanente al fine di discutere e programmare le azioni sopra indicate da mettere in atto per il sostegno e lo sviluppo del settore lattiero caseario.

7. Le parti altresì si impegnano, a partire dalla occasione offerta dalla discussione della prossima legge di bilancio, ad individuare interventi volti al rafforzamento della redditività degli operatori della filiera e della tutela dei consumatori .

Era stato scritto:

Latte, rinviata riunione Mipaaf a data da destinarsi

Latte, nuova riunione al Mipaaf nel pomeriggio. Obiettivo: trovare la quadra e firmare protocollo intesa di filiera

Mipaaf: riunita la filiera lattiero-casearia, al centro dell’incontro prezzo del latte alla stalla e istituzionalizzazione del tavolo. I commenti

Da quote latte all’Ilva, agricoltura sacrificata per l’acciaio. Paese ci ha rimesso miliardi e ora acciaio investe nel latte




Ex-Ilva, Confartigianato Puglia a confronto con il ministro Giorgetti: Con ingresso dello Stato, appianare pendenze e normalizzare rapporti con Azienda

L’ingresso dello Stato nell’azionariato del siderurgico di Taranto deve segnare una immediata discontinuità col passato. Le questioni pendenti sono ancora molte e centinaia di piccole imprese dell’indotto sono in grande difficoltà, a cominciare da quelle dei trasportatori. Per questo abbiamo chiesto al Ministro l’istituzione di un tavolo negoziale con l’obiettivo di normalizzare i rapporti tra Azienda e i fornitori di servizi, in una sorta di patto per il futuro”. Questo il commento di Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia, ad esito dell’incontro tenutosi ieri pomeriggio tra il ministro Giorgetti e le più rappresentative associazioni di categoria delle imprese dell’indotto ex-Ilva.

In particolare, Confartigianato ha seguito da vicino le difficoltà delle imprese di trasporto, in massima parte padroncini e imprese familiari raggruppate in consorzi, di fatto operanti in regime di mono-committenza rispetto all’industria siderurgica.

Molti trasportatori sono ancora in attesa del pagamento di ingenti crediti risalenti alla gestione commissariale successiva ai Riva e con la gestione franco-indiana le cose non sono certo migliorate.

L’azienda infatti ha rivisto radicalmente le modalità di assegnazione dei trasporti in entrata ed uscita dallo stabilimento, superando in modo del tutto unilaterale gli accordi vigenti ed innescando un regime di spietata competizione tra i piccoli vettori. Il risultato è che in moltissimi sono rimasti esclusi dal sistema: gli imprenditori abilitati a lavorare lo fanno nella perdurante incertezza dei pagamenti e con tariffe sotto-costo, imposte dall’Azienda. A farne le spese sono state in primis le piccole imprese fornitrici storiche del siderurgico, che hanno sempre dato il proprio contributo, specie negli anni di maggiore difficoltà dell’ex-Ilva.

“Abbiamo chiesto al ministro Giorgetti di adottare alcune azioni concrete – prosegue Sgherza – primariamente è bene che lo Stato, che si dispone a iniettare liquidità nell’azienda, trovi il modo di appianare tutte le partite sospese, a partire da quelle delle imprese di trasporto. Sarebbe paradossale che in questo periodo storico di così grande difficoltà si lasciassero ancora sospese partite creditizie, come quelle risalenti alla gestione commissariale, ormai in piedi da troppi anni”.

Secondo Michele Giglio, presidente regionale dei trasportatori di Confartigianato Puglia  “è fondamentale ricondurre a correttezza i rapporti con l’azienda istituendo un tavolo sindacale con le associazioni di categoria: l’obiettivo è riequilibrare i contratti di fornitura dei servizi, finora sempre sbilanciati a esclusivo vantaggio della committenza. Per l’autotrasporto il punto di partenza non può che essere il decreto sui costi indicativi di riferimento dell’attività di autotrasporto merci  pubblicato dal MIT in data 27 novembre scorso. A nostro avviso è assolutamente necessario e urgente recuperare il prima possibile l’operatività delle centinaia di piccole imprese di fatto espulse dall’indotto ex-Ilva, lavorando nell’interesse di una competitività sana tra le aziende fornitrici, non unicamente improntata al principio del massimo ribasso ma tesa all’innovazione e al miglioramento dei processi aziendali”.

Il ministro ha espresso la propria disponibilità a mantenere costante il dialogo con le Associazioni di categoria non solo nell’ottica di trovare soluzioni condivise rispetto ai problemi evidenziati ma anche con l’obiettivo di mantenere alta la vigilanza sulla correttezza dei rapporti tra Azienda e fornitori, specie ad esito dell’ingresso della parte pubblica nell’azionariato.




Da quote latte all’Ilva, agricoltura sacrificata per l’acciaio. Paese ci ha rimesso miliardi e ora acciaio investe nel latte

Il latte e l’acciaio, due vicende parallele che raccontano di una storia italiana. Da quando Filippo Maria Pandolfi –  ministro dell’Agricoltura – scambiò il latte con l’acciaio nella trattativa con l’Unione Europea nell’anno di introduzione delle quote.

Era il 1984 e Pandolfi prese come anno di riferimento il 1983, un’annata particolarmente bassa a livello produttivo. Le promesse fatte dall’ex ministro ai produttori agricoli relative al fatto che non avrebbero mai pagato le sanzioni, hanno portato nel 1997 alla denuncia, assieme ai suoi successori al ministero, per presunti comportamenti omissivi in relazione alla mancata adozione delle sanzioni, ma pochi anni dopo venne assolto dalla Corte dei Conti.

Era invece il 1937 quando nasce la Finsider, che rileva gli impianti dell’Ilva, quelli di Genova-Cornigliano (Ansaldo) e quelli di Terni e di Piombino. Nel secondo dopoguerra fu Oscar Sinigaglia a portare l’Ilva – assistita dallo Stato già dal 1911 – a Taranto. Obiettivo era: competere con l’Unione europea. Un sogno che si avverò per qualche anno con la produzione che aumentò del 200% per poi crollare negli anni 80 proprio per l’eccessiva capacità produtttiva e a causa della concorrenza di altri materiali.

I produttori di latte, negli stessi anni, si trovavano improvvisamente nell’impossibilità di poter produrre perché avrebbero ‘splafonato’ le quote loro assegnate. Si sono venute a creare tre ‘famiglie’ di allevatori: quelli che hanno continuato a produrre a fronte delle promesse dell’allora ministro competente; quelli che hanno rispettato le quote (pochi); e quelli che hanno comprato le quote da altri allevatori indebitandosi attraverso mutui bancari.

Tra l’ 82 e l’ 87 – sotto la gestione di Lorenzo Roasio e Sergio Magliola – la Finsider perdeva 7.500 miliardi e lo stabilimento di Bagnoli fu chiuso anche per ordine della Cee. Finsider fu svenduta ad Ancelor Mittal dall’Iri di Romano Prodi e del suo assistente Massimo Tononi, presidente di Cassa Depositi e prestiti fino al 24 ottobre scorso. Cdp che probabilmente entrerà ora nell’affaire Arcelor Mittal-Ilva. Entrambi, sia Mittal che Tononi, sono legati alla Goldman Sachs. Il primo è nel Cda dal 2008; il secondo ha fatto avanti e indietro tra incarichi nelle istituzioni italiane e la società finanziaria dove si occupava di acquisizione e fusione di aziende.

Negli stessi anni le quote latte – di fatto un regime di contingentamento della produzione volto a regolare l’offerta – interveniva sulle decisioni degli imprenditori agricoli, disincentivando fortemente la produzione e gli investimenti oltre certi limiti.

Nel frattempo la Germania investiva sia sull’acciaio che sul latte.

L’Italia ha pagato quasi due miliardi di euro di sanzioni all’Unione europea per lo splafonamento delle quote latte (che deve farsi ridare dagli allevatori per non essere uleriormente multata per aiuto di Stato) e ha speso per l’Ilva – solo fra il 2013 e il 2018 – fra i 3 e i 4 miliardi di euro l’anno (circa due decimi di punto di ricchezza nazionale) che si vanno ad aggiungere ai 30 miliardi di perdita registrati già nel 1993.

Il comparto del latte è in difficoltà a causa della scarsa redditività e della mortificazione produttiva imposta per anni dall’Unione Europea. Ma soprattutto per l’effetto boomerang causato dalla fine – nel 2015 – del regime che ha portato all’improvviso a un calo del 12% del prezzo del latte e alla chiusura di circa 150 stalle all’anno. Chiudono le stalle, ma è il frutto di un naturale processo di concentrazione. Il settore resiste.

Il comparto dell’acciaio è al capolinea a causa del mancato adeguamento dello stabilimento Ilva e di anni di assistenza da parte dello Stato senza investimenti per un futuro.

Ma dopo che il latte fu dato in sacrificio all’acciaio senza investire però in quest’ultimo per renderlo competitivo e sostenibile, a resistere è ancora una volta il comparto Primario. La produzione italiana di latte non diminuisce e le importazioni non aumentano. Da anni il fenomeno più vistoso è l’aumento dell’export e l’Italia esporta prodotti di qualità verso mercati ricchi.

Esempio di come il Paese abbia saccheggiato l’agricoltura per l’industria. E nonostante questo, e nonostante errori su errori che non hanno consentito al comparto di investire, il Primario resta ‘primario’.

Proprio in questi giorni, da quanto apprende AGRICOLAE infatti, il Gruppo Arvedi, uno dei principali protagonisti del mercato europeo dell’acciaio (ex azionista anche del Corriere della Sera) sta massicciamente investendo nel settore della produzione di latte bovino e ha acquisito di recente grandi aziende zootecniche in provincia di Brescia e di Cremona.