Lavoro, Lollobrigida: servono lavoratori esteri, ma devono essere regolari e arrivare attraverso programmazione. VIDEOINTERVISTA

“I lavoratori sono ovviamente essenziali nel sistema produttivo, insieme agli imprenditori che investono sul lavoro che deve essere sempre più sicuro, protetto, qualificato, perché la qualità è data dal prodotto finito, ma anche dalla filiera di chi svolge le attività di produzione”.

Così ad AGRICOLAE Francesco Lollobrigida, ministro Masaf, a margine dell’incontro “Made in ImmigrItaly, promosso e organizzato da Fai Cisl a Roma,

“Abbiamo anche bisogno di lavoratori, esaurita la richiesta interna, che provengono da altre nazioni, ma devono essere lavoratori regolarmente arrivati in Italia, perché questo è il vero investimento. Programmare, come ha fatto questo Governo, anche con flussi triennali, l’arrivo e la formazione.

Dobbiamo mettere in condizione le persone che vengono qui di essere trattate con dignità, con pari reddito rispetto agli altri, avendo le stesse opportunità. Ovviamente devono rispettare le stesse regole che i nostri cittadini rispettano, la prima delle quali è arrivare in Italia regolarmente. In questi anni è stato messo in campo un programma innovativo: flussi triennali, accordi bilaterali o multilaterali con altre nazioni, per programmare la formazione linguistica, di lavoro e anche rispetto agli impegni civici che mettono in condizione la persona che arriva di poter capire dove si trova.

Quindi un grande investimento sul mondo del lavoro. La Cisl oggi è stata protagonista di una presentazione, insieme al CNEL, il luogo del confronto per definizione, che parla di cultura, culture e di terra, rapporti indissolubili con il mondo del lavoro. Noi continuiamo a pensare che il nostro cibo sia di qualità, che possa portare benessere, in termini di ricchezza, benessere e di longevità.

Questo attraverso la valorizzazione del nostro sistema produttivo che vogliamo anche donare, ove possibile, agli altri in termini di formazione, attraverso il Piano Mattei, con le nazioni in via di sviluppo a cui offrire la possibilità, certamente di venire a lavorare in Italia e quindi a compensare le nostre latenze demografiche, ma anche di poter rimanere a vivere e vicino alle loro famiglie e nel loro case non dover scappare dalla fame. Questo si fa investendo su le grandi potenzialità, per esempio dell’Africa e dandogli tecnologia e formazione”.




Lavoro, Lollobrigida: lavorare a immigrazione legale con accordi bilaterali o multi laterali che prevedano formazione. Occorre pianificazione

“L’immigrazione legale è quella che dobbiamo avere perché serve a mandare avanti le imprese, ma occorre verificare se ci sia la condizione per dare lavoro in questo mondo a chi percepisce il reddito di cittadinanza. Non dobbiamo svilire il ruolo degli agricoltori, combattiamo invece il caporalato e lo sfruttamento. La stragrande maggioranza degli agricoltori lavorano onestamente e garantiscono una altissima qualità al nostro sistema e un valore aggiunto dato dalla qualità. Vogliamo contrastare l’immigrazione illegale perché è il primo nemico dell’immigrazione legale. Attraverso il decreto flussi e una pianificazione corretta possiamo dare risposte alle esigenze del nostro sistema produttivo.”

Così il ministro Masaf Francesco Lollobrigida a margine dell’incontro con Coldiretti a Bologna.

“Bisogna attuare un modello di pianificazione che ci permetta di attivare anche accordi bilaterali o multilaterali che prevedano una formazione nei luoghi di provenienza per i lavori che poi andranno a svolgere. Attualmente il carico di formazione è compito dei nostri imprenditori, invece questo può risolversi con accordi con altre nazioni e dare inoltra anche una formazione civica a queste persone che giungono nel nostro paese, così da conoscere i nostri modi di vivere e abitudini.

È una questione di civiltà organizzare bene l’immigrazione e garantire l’integrazione.

Ci sono lavori che chi percepisce il RdC non vuole fare ma perché allora dovrebbero andare bene a chi viene da fuori? Importiamo schiavi? No, non credo. Sono persone che devono essere pagate e avere gli stessi diritti di tutti gli altri lavoratori.”

Cibo sintetico, Lollobrigida: battaglia di civiltà, difendiamo sistema produttivo e salute dei cittadini

Siccità, Lollobrigida: problema che persiste da vent’anni, è mancata strategia. Ora lavoriamo a risposte concrete




Vinitaly, Lollobrigida: Promuovere nel mondo la nostra qualità. Orgoglioso di aver coinvolto studenti degli istituti agrari. Occorre immigrazione legale, organizzare seriamente i flussi

“Il vino è per l’anima ciò che l’acqua è per il corpo, scriveva Mario Soldati. Noi difendiamo cultura, benessere e qualità. Dobbiamo unire il Sistema Italia, perché non c’è nulla di più forte di quello che possiamo offrire. Dobbiamo capire solo come promuovere ancora di più nel mondo la nostra qualità. Il Governo sarà presente per raccontare come presentare all’estero la nostra realtà magari utilizzando gli italiani presenti all’estero. In questo Vinitaly spiegheremo perché il vino è benessere, il Ministro Santanché perché l’enogastronomia è un biglietto da visita importante. il Ministro Urso per raccontare le nostre imprese. Il governo fa sistema, come ha detto il collega Sangiuliano, grazie all’ancoraggio saldo con la storia. Dobbiamo investire sui giovani: mi inorgoglisce aver coinvolto gli istituti agrari, per rappresentare nel mondo del lavoro la qualità italiana”.

Così Francesco Lollobrigida, ministro Masaf, in occasione dell’inaugurazione di Vinitaly 2023.

“Per dare supporto a certi settori serve l’immigrazione legale, ma per farla sviluppare va contrastata quella illegale. Sui flussi c’è volontà di organizzarli seriamente, rapportandoci con le nazioni di provenienza per fare formazione, anche civica. I nostro produttori necessitano forza lavoro esterna, quando manca quella esterna, ma ricordo che il lavoro nei campi non è svilente, lo ricordo a chi aspetta il reddito di cittadinanza. Vinitaly può rappresentare una eccellenza di tutto il sistema Italia, le attività vanno coordinate anche rispetto alle altre fiere: qui verranno capi di Governo per capire come si fa promozione. Apriremo la strade per i Balcani, per creare valore aggiunto per i nostri imprenditori”.




Sistema Italia, Lollobrigida: balneari, difendere offerta di qualità delle nostre imprese. Immigrazione, Italia ha accolto più di tutti. VIDEO

“I prodotti italiani devono essere difesi riuscendo a garantirne la produzione di qualità e i controlli. Ho trovato grande sintonia e questo è un bell’esempio di lavoro tra i parlamentari Ue in questo settore. Su alcuni argomenti che ci dividono in Italia, qui in Europa invece si trova il modo di ragionare. La nostra è una grande nazione, capace di produrre qualità e cultura, anche all’interno di un consesso europeo che va rafforzato in una epoca in cui le certezze sembrano tramontate  e diventate più forti le debolezze, che pensavamo di risolvere allungando le catene di approvvigionamento. Oggi invece dobbiamo ripensare un modello in grado di difenderci da eventi contingenti come l’aggressione russa in Ucraina o la pandemia.”


Così il ministro Masaf Francesco Lollobrigida a margine dell’incontro con gli eurodeputati italiani al Parlamento europeo di Bruxelles.

“Sulla vicenda balneari abbiamo il dovere di difendere il nostro modello produttivo e l’offerta di qualità delle nostre imprese. L’Europa deve tener conto delle peculiarità di ogni singola nazione e farlo con tutti gli sforzi possibili, evidentemente non abbiamo alcuna postura arrogante come governo ma vogliamo capire come raggiungere questo obiettivo. Restare dunque in un quadro europeo in cui si omogenizzano le norme ma riuscire a difendere anche l’offerta qualitativa che le imprese balneari hanno saputo offrire, distinguendosi anche da altre nazioni.

Sull’immigrazione denunciamo da tanti anni l’azione criminale degli sfruttatori di essere umani, che organizzano un vero e proprio modello di trasporto di persone illudendole di poter trovare lavoro. Bisogna tenere conto della gravità delle tragedie che derivano da questo processo e agire in sede europea per evitarlo, con una corresponsabilizzazione di tutte le nazioni su questo tema. L’Italia ha fatto tutto quello che poteva fare in questi anni, e lo dicono i numeri. Abbiamo accolto e aiutato più  di ogni altro paese, continueremo a farlo ma ci poniamo il problema di come riuscire a risolvere questo tema. Non è immaginabile che una sola nazione si faccia carico di questo insieme di problematiche. Dobbiamo dare ai cittadini di tutto il mondo il diritto a non partire, evitando che le persone siano costrette a lasciare la loro famiglia e la propria terra. Poi c’è il diritto ad emigrare che è una scelta libera da garantire a chi vuole farlo.”




2018-2019, Serpillo: agroalimentare in grado di ridurre tensioni mediterraneo e immigrazione

“Il 2018 è stato un anno fortissimo. abbiamo rilanciato la nostra organizzazione per l’ambiente e il turismo e abbiamo per questo apprezzato l’iniziativa di accorpare il settore del turismo al Mipaaf. Abbiamo presentato la candidatura dall’Unesco della transumanza e stiamo lavorando intensamente su questo versante dato che il turismo si traduce in uno strumento essenziale per promuovere e far conoscere i nostri territori”. Così ad AGRICOLAE il presidente dell’Unione nazionale dei coltivatori italiani, Uci, Mario Serpillo nel commentare l’anno che si sta per chiudere.

“Abbiamo anche avviato concretamente la costruzione della Confederazione del Mediterraneo”, prosegue. “Uno degli obiettivi è la valorizzaione delle nostre filiere a livello nazionale. Crediamo che, a fronte della violenza della globalizzazione, occorre fare quadrato sulle colture dalle grandi tradizioni che possono trovare nella dimensione euromediterranea un ancoraggio forte e una tutela condivisa. L’obiettivo è inoltre quello – prosegue ancora Serpillo – di dare ai paesi del Nord Africa e del Magrheb il know how che il nostro paese è in grado di fornire per lo sviluppo della loro economia. La Confederazione si pone come piattaforma per avviare processi di cooperazione economica e sociale in quell’area”.

L’idea dell’Uci, spiega ancora Serpillo, “è in realtà quella di ridurre le tensioni soprattutto nel settore dell’immigraizone e può determinare processi di sviluppo se avviato intelligentemente in quelle aree creando condizioni di vita di benessere per i popoli che si affacciano sul mediterraneo. Questo – conclude – è l’obiettivo più alto che noi affidiamo alla Confederazione”.

 

Gerardo Spera




ELEZIONI, PER STAMPA ESTERA AVRANNO CONSEGUENZE STORICHE SU UNIONE EUROPEA

A due settimane dal voto del 4 marzo, la stampa estera segue sempre più da vicino la campagna elettorale italiana. Probabilmente perché la percezione diffusa è che “le elezioni italiane avranno conseguenze storiche per l’Unione europea” (Huffington Post Deutschland, 13 febbraio).
L’imprevedibilità della tornata elettorale, tra l’ipotesi di un Parlamento in stallo e gli eventuali accordi post-voto, l’alto tasso di astensionismo e lo spettro, per Bruxelles, di un patto Lega-Cinque Stelle; la marcia antifascista del 10 febbraio a Macerata, l’ascesa dei neofascismi e lo sdoganamento della retorica anti-immigrati; lo scandalo Rimborsopoli che ha investito il partito di Di Maio; il ruolo di Berlusconi e le difficoltà di Renzi: sono questi i temi principali che hanno occupato nei giorni scorsi le pagine dei giornali internazionali.

Un dato comune a molte testate è la fatica di decifrare le evoluzioni del dopo voto alla luce di una legge elettorale le cui “farraginosità e compromessi – scrive il New York Review of Books (14 febbraio) – sarebbero a stento credibili se gli italiani non fossero abituati a questo genere di cose”. A causa della nuova legge, “introdotta in parte per ridurre le chance dei Cinque Stelle di ottenere una maggioranza netta incoraggiando le coalizioni pre-voto” (Reuters, 16 febbraio), tutta la politica italiana si trova in seria difficoltà e l’unico esito certo, secondo la stampa estera, sembra essere l’ingovernabilità. Anche se, in base ai sondaggi, la coalizione di Berlusconi pare essere quella più vicina alla vittoria, si tratta di una lettura “semplicistica”, scrive l’Independent (9 febbraio), perché le sue chance di ottenere una maggioranza netta dipendono “non soltanto dai voti complessivi ma anche dai risultati in decine di collegi uninominali marginali, soprattutto al Sud”. A pesare su questa incertezza sono, in particolare, l’elevata percentuale di indecisi e l’astensionismo, che gli analisti stranieri prevedono molto alto, soprattutto tra i giovani e nel Mezzogiorno.

Tra le testate che considerano probabile una situazione di stallo all’indomani delle elezioni è il Wall Street Journal (16 febbraio), secondo cui sono molte le chance di un ritorno alle urne entro sei mesi.

Di diverso avviso la Reuters, che titola: “L’Italia verso un accordo post-voto. Ma non ditelo agli elettori”. Secondo l’agenzia tutti i leader di partito, nessuno escluso, “metteranno da parte i lunghi coltelli e cominceranno a dialogare”, se non altro perché gli italiani “hanno sempre evitato di tornare alle urne, e perché il presidente Mattarella pare sia contrario a nuove elezioni”. A tal proposito la Reuters riporta le dichiarazioni rilasciate alla testata da Rosario Crocetta, secondo cui “Renzi spera di stringere un accordo con Berlusconi dopo il voto”.

L’“imprevedibilità” e i timori di instabilità che serpeggiano nel resto d’Europa hanno spinto diversi giornali a dedicare ampie analisi alla situazione italiana. Talvolta consegnando un quadro poco lusinghiero del presente e del prossimo futuro.
Tra questi sicuramente il già citato New York Review of Books, che in un articolo dal titolo eloquente (“Chiunque vinca non governerà”) vede in un “sistema politico disfunzionale e bloccato” la radice di tanti problemi dell’Italia. La tendenza tutta italiana “ad avviare un processo di cambiamento per poi tirarsi indietro” sarebbe testimoniata dall’aver sabotato il tentativo di Renzi di realizzare “la più radicale riforma costituzionale dal dopoguerra”. Per questo dopo le dimissioni del “dinamico e determinato” ex premier, il “paese è stato nuovamente consegnato a una figura grigia e accomodante come Paolo Gentiloni”. Ciò che più sconcerta è “l’assoluta mancanza, in questa campagna elettorale, di visione e di dinamismo”. Ma il New York Review of Books, come diverse altre testate, punta il dito anche contro l’Unione europea, che non “ha fatto granché per aiutare l’Italia a gestire il flusso di migranti provenienti dalla Libia”. L’Ue sembra confermare la percezione degli italiani, secondo cui “è vano per il loro paese provare a essere protagonista in un mondo globalizzato”. In questa situazione Berlusconi, “paradossalmente, visti i suoi risultati da premier e la sua ineleggibilità, si ricicla come una figura affidabile”. Ancor più sorprendente, per il New York Review of Books, è che Jean-Claude Juncker abbia accettato di discutere con lui “dei mali dell’Italia e delle relazioni con l’Europa”. Forse, dopo la Brexit, agli altri paesi europei “sta bene un’Italia che si barcamena senza agitare troppo le acque”.

BERLUSCONILa stessa “sorpresa” la esprime Politico in un profilo (13 febbraio) di Berlusconi: “I partner europei e gli osservatori internazionali sembrano aver sviluppato una nuova simpatia per l’ex premier”, perché (soprattutto per gli investitori, che detengono il 40% del debito italiano) “lui è l’unico candidato a incarnare le calme, dolci acque dello status quo”.
Anche la Süddeutsche Zeitung (15 febbraio) ipotizza che, con un elettorato insoddisfatto dalla “terza via intrapresa dai socialdemocratici italiani”, Berlusconi possa realizzare “il suo vecchio sogno di una grande coalizione di tutte le forze moderate europeiste, di destra e di sinistra”. Del resto le “larghe intese” (in italiano nel testo) piacciono a Bruxelles, a Berlino e ai mercati finanziari. “Altamente tossica”, secondo il quotidiano tedesco, sarebbe invece una alleanza tra Lega e Cinque Stelle, che avrebbe i numeri per ottenere la maggioranza assoluta. “Per fortuna – prevede la testata – è molto improbabile”.
La rilevanza storica di queste elezioni è messa in luce anche da Le Monde, secondo il quale il 4 marzo “sarà un giorno fatidico per l’Europa” (14 febbraio). Come scrive l’editorialista Sylvie Kauffmann – la quale, per inciso, vede in Emma Bonino l’incarnazione dei più alti ideali europei di libertà, democrazia e giustizia –, nessun paese Ue sembra oggi immune “dall’implosione dei sistemi politici tradizionali”: le votazioni italiane sono solo le ultime in ordine di tempo “al botteghino dei film dell’orrore proiettati finora, dopo la Brexit e le elezioni in Francia, in Austria, in Germania e in Catalogna”. Lo scenario italiano è simile agli altri: “sfiducia dell’elettorato verso istituzioni e partiti tradizionali; crisi migratoria; ascesa dell’estrema destra e dei Cinque Stelle; rifiuto di quell’Europa di cui pure l’Italia è stata uno dei più strenui sostenitori”.

Oltre alle congetture sul futuro dopo il voto, secondo cui le due ipotesi Gentiloni bis o larghe intese sembrano quelle più gradite a Bruxelles e Berlino, la stampa estera continua a mettere in evidenza la tracimazione della retorica xenofoba e anti-immigrati nel dibattito politico ufficiale, partendo questa volta dalla cronaca delle proteste di Macerata del 10 febbraio e delle dichiarazioni di Giorgia Meloni sugli sconti agli arabi voluti dal Museo egizio di Torino. “Il populismo xenofobo raggiunge anche i musei italiani”, titola senza mezzi termini El País, tra gli altri. Due giorni prima il maggiore quotidiano spagnolo scriveva: “Matteo Salvini ci è riuscito”. Nonostante il calo degli sbarchi, e grazie alla sparatoria di Macerata, il leader della Lega “è riuscito a scatenare una campagna xenofoba pienamente calcolata dal centrodestra”. Non risparmia critiche la testata spagnola nemmeno all’iniziale timidezza di Renzi nelle dichiarazioni pubbliche sull’accaduto, dovuta al fatto che “è accerchiato dall’ondata populista”. Né, rileva El País, nessun partito ha mostrato interesse verso gli stranieri feriti. In realtà, come fa notare sia Roberto Saviano, in un duro commento sul Guardian (“Il fascismo è tornato. E sta paralizzando l’Italia”), sia la rivista della sinistra radicale americana Jacobin, ad andare a trovare le vittime di Traini in ospedale sono stati alcuni esponenti del “piccolo partito di sinistra Potere al popolo”.
Quanto alla marcia di Macerata, la Reuters rileva che, quale “indizio del sentimento anti-immigrazione che va diffondendosi in Italia, nessun leader dei grossi partiti ha partecipato”.
Nel clima di tensione che continua a respirarsi nel paese, non sono poche le testate che pongono l’accento sul ritorno di tendenze neofasciste in Italia.
Peraltro, oltre al già citato Guardian, il Christian Science Monitor (9 febbraio) scrive che “negli ultimi anni in Italia sono cresciuti il razzismo e l’antisemitismo” e che “i reati motivati dall’odio razziale o religioso sono più che decuplicati, dai 71 del 2012 agli 803 del 2016, stando ai dati delle forze dell’ordine”. Secondo la testata statunitense, “ in tema di immigrazione l’Italia è il paese meno informato al mondo, e la popolazione è convinta che il numero di immigrati presenti nel paese sia tre volte superiore rispetto al dato reale”. Paradossale sembra a tanta parte della stampa estera questa percezione, anche alla luce del fatto che “stando a Frontex, la rotta del Mediterraneo ha visto un calo degli arrivi pari a un terzo” (Al Jazeera tra gli altri).
La crescita di formazioni come Casa Pound e Forza Nuova va di pari passo con la campagna elettorale di Fratelli d’Italia e della sua leader Giorgia Meloni, cui la scorsa settimana hanno dedicato attenzione, tra gli altri, sia il Financial Times sia il Guardian. Il Ft titola: “La Meloni riporta l’estrema destra alle sue origini degli anni Trenta”, rispetto alla svolta impressa da Gianfranco Fini. La novità di oggi, scrive il quotidiano londinese, “è la diffusa disaffezione verso i partiti e le istituzioni tradizionali, che in passato hanno funzionato da argine contro gli estremismi”. Non troppo diverso nei toni il titolo del Guardian: “Giorgia Meloni, l’estrema destra dal volto amico”. Per quanto “il suo linguaggio non sia così esplicito come quello di Salvini”, entrambi condividono la stessa posizione sugli stranieri; ma la leader di Fratelli d’Italia sta allargando la base del suo partito, anche perché “riesce ad attrarre consenso al Centro e al Sud, dove Salvini fa fatica a imporsi”. Per questo il giornale britannico considera l’ipotesi di un premierato Meloni, per quanto remota, “non così assurda come si potrebbe pensare”, in un contesto imprevedibile come questo. Anche Bloomberg mette in evidenza la buona performance di Giorgia Meloni, grazie soprattutto all’uso sapiente di Facebook e del ruolo di mediatrice tra i due leader maschi (Salvini e Berlusconi).

DI MAIO M5S

Quanto al Movimento Cinque Stelle, tutti riconoscono che, pur essendo il primo partito in Italia, l’attuale sistema elettorale lo penalizza

Non poteva passare inosservata, sulla stampa estera, la Rimborsopoli che ha coinvolto il Movimento Cinque Stelle. Molte testate, tuttavia, sembrano dare rilievo soprattutto a due elementi: al fatto che, nonostante lo scandalo, il partito di Di Maio rimanga stabile al primo posto e al fatto che Renzi e Berlusconi “ne abbiano subito approfittato” (Telegraph e altri, 13 febbraio). Secondo diversi analisti l’unica vera insidia da cui devono guardarsi i pentastellati è l’astensionismo, che potrebbe penalizzarli molto. A proposito di Rimborsopoli, Le Monde (15 febbraio) scrive: “In sé, l’affare non ha nulla di così riprovevole. A livello legale, niente obbliga i deputati e i senatori del movimento a privarsi di una parte dello stipendio. Ciò detto, questi comportamenti intaccano quell’eccezionalità che il partito ha sempre rivendicato per sé, e potrebbero essere nocivi presso un elettorato molto affezionato all’idea di ridurre i ‘costi della politica’”.
Il Financial Times dedica poi un articolo alla proposta dell’economista dei Cinque Stelle Lorenzo Fioramonti (seguito con un certo interesse dalla testata inglese) di ristrutturare il debito italiano, e di altri paesi, “coinvolgendo la Banca centrale europea, la quale dovrebbe acquistare titoli dello Stato e poi, di fatto, cancellare il debito”. È probabile, tuttavia, “che questo genere di proposte infastidisca la Germania, i cui politici hanno spesso inveito contro l’ipotesi di salvataggio degli Stati spendaccioni dell’Europa meridionale”. Stando a Bloomberg, invece, dopo l’ascesa del suo partito grazie al consenso conquistato nel Meridione, Di Maio deve ora allargare la sua portata e convincere “il ricco Nord industriale e gli investitori stranieri che non butterà alle ortiche l’economia”. Il punto è che, in questo, il leader pentastellato non sembra essere appoggiato troppo dal resto del partito, secondo Bloomerg.

mACRON

L’ultimo incontro a Parigi, il 26 gennaio, tra Emmanuel Macron e il presidente argentino Mauricio Macri non ha avuto l’esito sperato

Quanto a Matteo Renzi e al centrosinistra, le valutazioni sono quelle di sempre, confermate da sondaggi che non registrano nessuna variazione di rilievo; così come non muta lo stupore della stampa estera per l’affanno in cui si ritrova il Pd nonostante le riforme, la ripresa economica e la gestione, giudicata positiva, dei flussi migratori. Per questo la Süddeutsche Zeitung (15 febbraio) scrive: “Sembrerà paradossale, ma i socialdemocratici rischiano di andare incontro a una sconfitta schiacciante, forse di proporzioni storiche”. Una sconfitta su cui peserà certamente anche la perdita “dell’ala sinistra”, ma che è da addebitarsi in ultima analisi alla stessa sindrome che ha colpito la sinistra in Germania e in Francia: “Per molti elettori la terza via appare una cattiva strada, perché troppo vicina al liberismo, alle grandi aziende e alle banche. Troppo realismo”.
“Renzi lotta per evitare una seconda debacle”, titola invece il Financial Times (16 febbraio). Come riporta il quotidiano, “Renzi e i suoi alleati sono convinti che non tutto sia perduto”: grazie a un’elevata percentuale di indecisi, “costoro ripongono le loro speranze in uno spostamento dell’ultimo minuto verso il Pd degli elettori moderati e del ceto medio, che sceglierebbero la stabilità e la competenza rispetto alle incertezze del centrodestra e dei Cinque Stelle”. Tuttavia, secondo il Ft, “Renzi potrebbe essere ormai troppo compromesso per una rimonta significativa”. Il meglio in cui possa sperare, si legge, è un altro leader – forse Gentiloni o Minniti – che guidi un’alleanza con Berlusconi dopo un voto non decisivo. In ogni caso “a Roma circolano diverse ipotesi sul destino di Renzi in caso di sconfitta”. Una di queste, riportata dal Financial Times, è che “formi un nuovo partito allineato a Macron”. A darlo quasi per certo è il Daily Express (13 febbraio), secondo cui, stando a fonti ben informate, “Renzi potrebbe sfilarsi da un’eventuale coalizione e optare per una partnership centrista con En Marche di Macron e i Ciudadanos spagnoli in vista delle elezioni per il Parlamento europeo del 2019”.




ELEZIONI, DICONO ALL’ESTERO: AL CAV NON SERVE PIU ALLEANZA CON PD CHE CALA (TIMES) E SI ATOMIZZA (EL PAIS). CAMPAGNA ELETTORALE “TOSSICA” PER VIA DEL “SENTIMENT RAZZISTA”,”MA LA COLPA E’ DELL’EUROPA”

ELEZIONI

La stampa straniera sulla campagna elettorale italiana: dopo i fatti di Macerata, il razzismo irrompe nelle elezioni. Ma è colpa anche dell’Europa.

La stampa straniera sulla campagna elettorale italiana: dopo i fatti di Macerata, il razzismo irrompe nelle elezioni. Ma è colpa anche dell’Europa.

Berlusconi ha la vittoria in tasca e potrebbe non volere più un’alleanza con Renzi. Il centrosinistra non cresce nei sondaggi. I Cinque Stelle crescono al Sud ma non hanno una squadra coesa e credibile

 

I fatti di Macerata hanno scosso il mondo intero e, nel corso della settimana, non sono rimasti confinati alla cronaca ma hanno sollecitato decine di analisi e commenti politici sulle maggiori testate internazionali, da settimanali elitari come l’Economist a tabloid come l’inglese Sun.

Battuta da tutte le agenzie di stampa straniere, la notizia della sparatoria di Luca Traini è stata immediatamente ricollegata alla “matrice razziale”, e in molti titoli è stata subito evidenziata l’appartenenza dell’uomo alla Lega, e prima ancora a Casa Pound e a Forza Nuova.

Inevitabile, dunque, il collegamento tra l’attacco ai migranti e le elezioni italiane, soprattutto dopo le dichiarazioni pubbliche di Gentiloni, Salvini, Renzi e poi di Berlusconi. Per tutta la settimana è continuato l’affondo della stampa straniera – con pochi distinguo –, che ha parlato di “campagna elettorale tossica”, di “tamburi di razzismo” e di “ascesa del neofascismo”.

Moltissime testate hanno scritto che l’assalto di Traini si è verificato in un’Italia in cui pare crescere il “sentimento anti-immigrati” e in cui “la retorica razzista è stata sdoganata per entrare nel discorso politico ufficiale”. Quasi tutte – conservatrici e progressiste, europee e non – sono state concordi nel dire, con un lessico pressoché identico, che “la destra ha sfruttato la morte di Pamela Mastropietro” e “i violenti fatti di Macerata”, per “inasprire la retorica anti-stranieri e anti-immigrati e guadagnare consensi”.

Tra gli articoli più critici verso le reazioni ai fatti di Macerata vi è quello di Le Monde (6 febbraio), che ha deciso addirittura di dedicare un editoriale a firma della testata. “Non è mai un buon segno – scrive il giornale – vedere una parte dell’opinione pubblica prendersela con le vittime. Questo è lo spettacolo desolante che ha dato l’Italia dopo la sparatoria di Luca Traini. Se fosse stato semplicemente il folle gesto di uno squilibrato, sarebbe stato condannato senza indugi”. Ma il fatto ha subito acquisito “una dimensione politica, e ‘grazie’ a Traini la fragile coalizione della destra berlusconiana con i post-fascisti e la Lega – che da mesi si sforzava di nascondere i dissensi in materia di politica economica e di Europa – si è improvvisamente rinsaldata attorno a un facile capro espiatorio”. Non è tenero nemmeno con il centrosinistra Le Monde, che trova “incomprensibili gli appelli alla ragione di Gentiloni dinanzi a questa deriva”.

maroni

Il presidente della Regione Lombardia, “non fa mistero di gradire poco gli eccessi di Matteo Salvini, ha subito definito Traini un ‘criminale fascistoide’ che non c’entra niente con la Lega”.

Tuttavia lo stesso Le Monde (due giorni prima, il 4 febbraio) scrive che “la presa di posizione più netta è venuta dalla Lega, dalla voce di Roberto Maroni”. Il presidente della Regione Lombardia, “che non fa mistero di gradire poco gli eccessi di Matteo Salvini, ha subito definito Traini un ‘criminale fascistoide’ che non c’entra niente con la Lega”. Come Le Monde anche il settimanale francese centrista Le Point mette in luce l’idiosincrasia di Maroni per la svolta impressa al partito da Salvini, e scrive: “Da autonomista, la Lega è diventata nazionale, nazionalista e populista. E le ultime settimane hanno confermato la virata xenofoba e revisionista”.

L’allineamento di Salvini alle posizioni del Front National di Marine Le Pen, oltre che da Le Point, viene sottolineato dal quotidiano Süddeutsche Zeitung (5 febbraio), che consiglia a Berlusconi di prendere le distanze dal “costruttore di paure”. Tuttavia, chiosa, “è improbabile che ciò accada”.

caccia al nero

New York Times scrive che “nel clima ancora instabile dell’Europa, Salvini costituisce una nuova minaccia per l’establishment politico. Ma per Abc in Italia “la ‘caccia al nero’ è una novità assoluta”. “Campagna elettorale tossica”,“tamburi di razzismo” e “ascesa del neofascismo”

Il “nuovo marchio” della Lega non sfugge nemmeno al New York Times, il quale scrive che “nel clima ancora instabile dell’Europa, Salvini costituisce una nuova minaccia per l’establishment politico”; minaccia che potrebbe trasformarsi in un “vero e proprio incubo” per Bruxelles se decidesse di allearsi con il Movimento Cinque Stelle. Il NYT scrive che Salvini, pur attestandosi oggi la Lega al 12%, “è diventato un concorrente di Berlusconi e un partner ribelle nell’alleanza di centrodestra”.

Per questo molti analisti, nei giorni successivi ai fatti di Macerata, hanno letto le dichiarazioni di Salvini e di Berlusconi come un terreno di gioco per “conquistare la leadership del centrodestra” (Richard Heuzé su Le Figaro, 5 febbraio), gettando benzina sul fuoco dell’“odio razziale”.

La “bomba sociale” di Berlusconi e la sua promessa di espellere 600.000 immigrati irregolari (promessa che, secondo molti giornali, non potrà essere mantenuta per ragioni politiche e diplomatiche) ritornano nei titoli di diverse testate, che vedono in quelle affermazioni la ferma intenzione del leader di Forza Italia di scavalcare a destra Salvini per avere l’ultima parola sulla formazione del governo e sulla designazione del premier in caso di vittoria. Significativo a tal proposito il titolo dell’Economist: “Silvio Berlusconi si gioca la carta della razza. La campagna elettorale italiana prende una brutta piega”.

Con l’inasprirsi delle sue posizioni in materia di immigrazione, peraltro, è tornato in auge il paragone tra Berlusconi e Trump, che l’ex cavaliere starebbe deliberatamente emulando sia nella retorica sia nell’immagine per guadagnare consenso. Del resto lo stesso Bill Emmott, ex direttore dell’Economist che poche settimane fa aveva ammorbidito il suo giudizio sul leader di Forza Italia, scrive sul Financial Times (8 febbraio): “È un indizio del talento trumpiano di Berlusconi l’aver fatto in modo che tutti parlino di lui durante la campagna elettorale, nonostante il suo partito sia solo terzo, e a distanza considerevole, nei sondaggi”.

immigrazione

Per Le Monde e Bloomberg, il dato forse più interessante è l’aver puntato il dito anche contro l’Europa, la quale “non potrà evitare di fare un esame di coscienza per la sua incapacità di aiutare l’Italia, che da diversi anni è lasciata sola ad affrontare la crisi migratoria, e per aver così contribuito ad alimentare la rabbia”

Tornando all’editoriale di Le Monde, il dato forse più interessante è l’aver puntato il dito anche contro l’Europa, la quale “non potrà evitare di fare un esame di coscienza per la sua incapacità di aiutare l’Italia, che da diversi anni è lasciata sola ad affrontare la crisi migratoria, e per aver così contribuito ad alimentare la rabbia”.

Il fatto che l’Italia, da alcuni anni, si ritrovi sola a dover gestire i flussi migratori è messo in rilievo anche da altre testate, come Bloomberg, che in un editoriale dell’8 febbraio scrive: “Il centrodestra sta agendo irresponsabilmente, ma è anche colpa dell’Unione europea”. “Il risentimento degli italiani”, si legge, “è comprensibile. Il governo italiano si è speso moltissimo per soccorrere i migranti e gestire le domande di asilo”, ma l’Ue “non ha ideato un sistema per ricollocare i profughi e alleggerire così il peso che ricade sull’Italia”. “La ricompensa dell’Europa per la sua negligenza potrebbe essere un governo poco disposto a collaborare, e non solo sull’immigrazione”. Anche Politico dedica un’analisi (6 febbraio) fortemente critica verso l’Europa, colpevole di non tenere nella giusta considerazione la “terza economia della regione nonché uno dei membri fondatori dell’Ue” e di vederla più “come un problema che come un’opportunità”. La responsabilità principale ricade, secondo la testata, su Berlino e, oggi, anche sulla Francia di Macron. “Forse agli italiani si può perdonare se hanno la percezione che le maggiori potenze europee diano il loro paese per scontato. Sentono di essere stati lasciati soli a gestire il flusso di migranti nel Mediterraneo, dopo essere stati costretti a misure di austerità durante la crisi che hanno prolungato la loro stagnazione economica”.

Traspare poi, da parte di non pochi giornalisti stranieri, lo stupore per il fatto che un’aggressione “in puro stile americano” si sia verificata in Italia, dove “questi episodi sono rarissimi” (New York Times, 3 febbraio) e dove “la ‘caccia al nero’ è una novità assoluta” (Abc, 6 febbraio).

Una lettura meno morbida la dà il progressista Guardian, che in questi giorni non ha risparmiato dure critiche. Il 6 febbraio il quotidiano inglese dedica un’analisi all’ascesa dei “gruppi fascisti in Italia”, in atto prima ancora di Macerata. Citando formazioni antifasciste italiane, tra cui l’Anpi, il quotidiano inglese attribuisce il successo di movimenti come Forza Nuova e Casa Pound alla “riluttanza delle istituzioni a prendere provvedimenti più severi contro l’apologia di fascismo”.

E il centrosinistra? Mentre una delle più popolari testate online del mondo, The Daily Beast, scrive (5 febbraio) che “persino i partiti orientati a sinistra si sono adeguati alla retorica anti-immigrazione”, il quotidiano inglese di area moderata-conservatrice Times (e come lui molti altri) rileva il paradosso per cui “malgrado una riduzione del 34% dei flussi migratori dalla Libia”, il Pd “cala nei sondaggi”. La gestione del fenomeno migratorio da parte dell’attuale governo viene giudicata positivamente da diverse testate, che però rilevano una discrepanza tra la percezione degli italiani, secondo cui vi è una “invasione di immigrati” e l’effettiva presenza di stranieri, che costituiscono “una minima percentuale della popolazione” (Al Arabiya, Times e diversi altri).

RENZI

Tra le cause dell’affanno del centrosinistra la stampa straniera individua, anche questa settimana, la sua atavica “atomizzazione” che, secondo El País (7 febbraio), “lo condannerà alla disfatta”. Le cause di questo declino sarebbero soprattutto due per L’Economist: “la percezione popolare che il partito non abbia sotto controllo l’immigrazione e le spaccature interne dovute per buona parte allo stile autocratico di Renzi”

Tra le cause dell’affanno del centrosinistra la stampa straniera individua, anche questa settimana, la sua atavica “atomizzazione” che, secondo El País (7 febbraio), “lo condannerà alla disfatta”. Nonostate i tentativi di Fassino, “era prevedibile che non ci sarebbe stato nessun accordo tra Bersani, D’Alema e Renzi. Per il politico toscano la leadership era un tema non negoziabile, mentre per loro altrettanto non negoziabile era la sua rinuncia”. Quanto a possibili accordi con il Movimento Cinque Stelle, il quotidiano spagnolo ritiene improbabile che “il partito anticasta, ancora guidato di fatto da Grillo, sia disposto a stringere alleanze” con Leu e con lo stesso Pd.

Sulle difficoltà della sinistra si sofferma anche l’Economist, che in un’analisi dal titolo significativo, “La rottamazione del rottamatore”, scrive: “Con l’approssimarsi delle elezioni, Matteo Renzi fa fatica a tenere il potere”. Il settimanale britannico cita alcune fonti di spicco dello stesso partito, le quali “avrebbero confermato in privato che il vero obiettivo di Renzi dopo il voto è un’alleanza con Forza Italia, se non dovesse emergere una maggioranza netta”. Tuttavia, le chance che Renzi possa essere un “kingmaker” nei negoziati per il governo sembrano molto ridotte. “Il declino del Pd”, commenta l’Economist, sembra “una strana ricompensa per un governo che ha agevolato una (relativa) ripresa economica dopo anni di crisi”. Le cause di questo declino sarebbero soprattutto due: “la percezione popolare che il partito non abbia sotto controllo l’immigrazione e le spaccature interne dovute per buona parte allo stile autocratico di Renzi”.

BERLUSCONI

Berlusconi ha la vittoria in tasca e potrebbe non volere più un’alleanza con Renzi. Il centrosinistra non cresce nei sondaggi. I Cinque Stelle crescono al Sud ma non hanno una squadra coesa e credibile, Ma il quotidiano Süddeutsche Zeitung (5 febbraio), che consiglia a Berlusconi di prendere le distanze dal “costruttore di paure”

Se per l’autorevole settimanale britannico quella dell’alleanza tra il segretario del Pd e Berlusconi è ancora un’opzione molto probabile, sembrano rivedere in parte le loro convinzioni altre testate che la scorsa settimana lo davano quasi per scontato. Le dichiarazioni sia di Renzi sia del leader di Forza Italia, che hanno entrambi escluso qualsiasi forma di accordo, non sono passate inosservate sulla stampa estera. Tuttavia, a instillare il dubbio è stato soprattutto l’aumento di consensi per Berlusconi, legato in parte a quella retorica in stile trumpiano di cui si è detto. E, secondo quanto scrive Bloomberg, il centrodestra “potrebbe essere più vicino alla maggioranza di quanto non dicano i sondaggi”, per via di quel “fattore timidezza” che caratterizza non di rado l’elettorato di destra. Alla luce di ciò, a Berlusconi non converrebbe più ricercare alleanze con il Pd. Secondo il tedesco Die Zeit (6 febbraio), “Berlusconi può già esultare”.

 

Va modificandosi intanto la percezione dei Cinque Stelle sulla stampa straniera, che pur non apprezzando la scarsa fermezza con cui il movimento si è espresso sui fatti di Macerata, e pur considerandolo ancora antisistema ed euroscettico, ne riconosce il crescente peso politico. Il Financial Times, in particolare, sembra seguire con un certo interesse la sua evoluzione e, sebbene ribadisca le paure in ambito europeo, soprattutto se si concretizzasse un’alleanza con la Lega, rileva la forte crescita di consensi che i Cinque Stelle stanno registrando nelle regioni meridionali, le più “imprevedibili” dal punto di vista elettorale e dove “ancora non si sono avvertiti i benefici della ripresa dell’eurozona”. Sempre il Ft ospita un commento di Bill Emmott (8 febbraio), che settimane fa non aveva fatto mistero di preferire Di Maio a Berlusconi. Secondo Emmott – che vede alcune somiglianze tra i Cinque Stelle e il movimento En Marche del presidente francese Macron –, il partito di Di Maio “è quello che dovrebbe offrire un futuro nuovo al paese anche alla luce del suo 30%” (che tuttavia non basta con questa legge elettorale, rileva), ma fa fatica a essere “un agente del cambiamento” perché non ha “una squadra coesa che dia la percezione di un governo credibile pronto a entrare in azione”. Questo, scrive Emmott, “è colpa di Grillo e del suo ostinarsi a gestire il partito mediante una finta democrazia online”. Se l’unico governo possibile dopo il 4 marzo sarà una grossa coalizione in cui è Berlusconi a dettare l’agenda, “i Cinque Stelle dovranno prendersela solo con se stessi”.

Di Valentina Nicolì

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