La stampa straniera sulla campagna elettorale italiana: dopo i fatti di Macerata, il razzismo irrompe nelle elezioni. Ma è colpa anche dell’Europa.
La stampa straniera sulla campagna elettorale italiana: dopo i fatti di Macerata, il razzismo irrompe nelle elezioni. Ma è colpa anche dell’Europa.
Berlusconi ha la vittoria in tasca e potrebbe non volere più un’alleanza con Renzi. Il centrosinistra non cresce nei sondaggi. I Cinque Stelle crescono al Sud ma non hanno una squadra coesa e credibile
I fatti di Macerata hanno scosso il mondo intero e, nel corso della settimana, non sono rimasti confinati alla cronaca ma hanno sollecitato decine di analisi e commenti politici sulle maggiori testate internazionali, da settimanali elitari come l’Economist a tabloid come l’inglese Sun.
Battuta da tutte le agenzie di stampa straniere, la notizia della sparatoria di Luca Traini è stata immediatamente ricollegata alla “matrice razziale”, e in molti titoli è stata subito evidenziata l’appartenenza dell’uomo alla Lega, e prima ancora a Casa Pound e a Forza Nuova.
Inevitabile, dunque, il collegamento tra l’attacco ai migranti e le elezioni italiane, soprattutto dopo le dichiarazioni pubbliche di Gentiloni, Salvini, Renzi e poi di Berlusconi. Per tutta la settimana è continuato l’affondo della stampa straniera – con pochi distinguo –, che ha parlato di “campagna elettorale tossica”, di “tamburi di razzismo” e di “ascesa del neofascismo”.
Moltissime testate hanno scritto che l’assalto di Traini si è verificato in un’Italia in cui pare crescere il “sentimento anti-immigrati” e in cui “la retorica razzista è stata sdoganata per entrare nel discorso politico ufficiale”. Quasi tutte – conservatrici e progressiste, europee e non – sono state concordi nel dire, con un lessico pressoché identico, che “la destra ha sfruttato la morte di Pamela Mastropietro” e “i violenti fatti di Macerata”, per “inasprire la retorica anti-stranieri e anti-immigrati e guadagnare consensi”.
Tra gli articoli più critici verso le reazioni ai fatti di Macerata vi è quello di Le Monde (6 febbraio), che ha deciso addirittura di dedicare un editoriale a firma della testata. “Non è mai un buon segno – scrive il giornale – vedere una parte dell’opinione pubblica prendersela con le vittime. Questo è lo spettacolo desolante che ha dato l’Italia dopo la sparatoria di Luca Traini. Se fosse stato semplicemente il folle gesto di uno squilibrato, sarebbe stato condannato senza indugi”. Ma il fatto ha subito acquisito “una dimensione politica, e ‘grazie’ a Traini la fragile coalizione della destra berlusconiana con i post-fascisti e la Lega – che da mesi si sforzava di nascondere i dissensi in materia di politica economica e di Europa – si è improvvisamente rinsaldata attorno a un facile capro espiatorio”. Non è tenero nemmeno con il centrosinistra Le Monde, che trova “incomprensibili gli appelli alla ragione di Gentiloni dinanzi a questa deriva”.
Il presidente della Regione Lombardia, “non fa mistero di gradire poco gli eccessi di Matteo Salvini, ha subito definito Traini un ‘criminale fascistoide’ che non c’entra niente con la Lega”.
Tuttavia lo stesso Le Monde (due giorni prima, il 4 febbraio) scrive che “la presa di posizione più netta è venuta dalla Lega, dalla voce di Roberto Maroni”. Il presidente della Regione Lombardia, “che non fa mistero di gradire poco gli eccessi di Matteo Salvini, ha subito definito Traini un ‘criminale fascistoide’ che non c’entra niente con la Lega”. Come Le Monde anche il settimanale francese centrista Le Point mette in luce l’idiosincrasia di Maroni per la svolta impressa al partito da Salvini, e scrive: “Da autonomista, la Lega è diventata nazionale, nazionalista e populista. E le ultime settimane hanno confermato la virata xenofoba e revisionista”.
L’allineamento di Salvini alle posizioni del Front National di Marine Le Pen, oltre che da Le Point, viene sottolineato dal quotidiano Süddeutsche Zeitung (5 febbraio), che consiglia a Berlusconi di prendere le distanze dal “costruttore di paure”. Tuttavia, chiosa, “è improbabile che ciò accada”.
New York Times scrive che “nel clima ancora instabile dell’Europa, Salvini costituisce una nuova minaccia per l’establishment politico. Ma per Abc in Italia “la ‘caccia al nero’ è una novità assoluta”. “Campagna elettorale tossica”,“tamburi di razzismo” e “ascesa del neofascismo”
Il “nuovo marchio” della Lega non sfugge nemmeno al New York Times, il quale scrive che “nel clima ancora instabile dell’Europa, Salvini costituisce una nuova minaccia per l’establishment politico”; minaccia che potrebbe trasformarsi in un “vero e proprio incubo” per Bruxelles se decidesse di allearsi con il Movimento Cinque Stelle. Il NYT scrive che Salvini, pur attestandosi oggi la Lega al 12%, “è diventato un concorrente di Berlusconi e un partner ribelle nell’alleanza di centrodestra”.
Per questo molti analisti, nei giorni successivi ai fatti di Macerata, hanno letto le dichiarazioni di Salvini e di Berlusconi come un terreno di gioco per “conquistare la leadership del centrodestra” (Richard Heuzé su Le Figaro, 5 febbraio), gettando benzina sul fuoco dell’“odio razziale”.
La “bomba sociale” di Berlusconi e la sua promessa di espellere 600.000 immigrati irregolari (promessa che, secondo molti giornali, non potrà essere mantenuta per ragioni politiche e diplomatiche) ritornano nei titoli di diverse testate, che vedono in quelle affermazioni la ferma intenzione del leader di Forza Italia di scavalcare a destra Salvini per avere l’ultima parola sulla formazione del governo e sulla designazione del premier in caso di vittoria. Significativo a tal proposito il titolo dell’Economist: “Silvio Berlusconi si gioca la carta della razza. La campagna elettorale italiana prende una brutta piega”.
Con l’inasprirsi delle sue posizioni in materia di immigrazione, peraltro, è tornato in auge il paragone tra Berlusconi e Trump, che l’ex cavaliere starebbe deliberatamente emulando sia nella retorica sia nell’immagine per guadagnare consenso. Del resto lo stesso Bill Emmott, ex direttore dell’Economist che poche settimane fa aveva ammorbidito il suo giudizio sul leader di Forza Italia, scrive sul Financial Times (8 febbraio): “È un indizio del talento trumpiano di Berlusconi l’aver fatto in modo che tutti parlino di lui durante la campagna elettorale, nonostante il suo partito sia solo terzo, e a distanza considerevole, nei sondaggi”.
Per Le Monde e Bloomberg, il dato forse più interessante è l’aver puntato il dito anche contro l’Europa, la quale “non potrà evitare di fare un esame di coscienza per la sua incapacità di aiutare l’Italia, che da diversi anni è lasciata sola ad affrontare la crisi migratoria, e per aver così contribuito ad alimentare la rabbia”
Tornando all’editoriale di Le Monde, il dato forse più interessante è l’aver puntato il dito anche contro l’Europa, la quale “non potrà evitare di fare un esame di coscienza per la sua incapacità di aiutare l’Italia, che da diversi anni è lasciata sola ad affrontare la crisi migratoria, e per aver così contribuito ad alimentare la rabbia”.
Il fatto che l’Italia, da alcuni anni, si ritrovi sola a dover gestire i flussi migratori è messo in rilievo anche da altre testate, come Bloomberg, che in un editoriale dell’8 febbraio scrive: “Il centrodestra sta agendo irresponsabilmente, ma è anche colpa dell’Unione europea”. “Il risentimento degli italiani”, si legge, “è comprensibile. Il governo italiano si è speso moltissimo per soccorrere i migranti e gestire le domande di asilo”, ma l’Ue “non ha ideato un sistema per ricollocare i profughi e alleggerire così il peso che ricade sull’Italia”. “La ricompensa dell’Europa per la sua negligenza potrebbe essere un governo poco disposto a collaborare, e non solo sull’immigrazione”. Anche Politico dedica un’analisi (6 febbraio) fortemente critica verso l’Europa, colpevole di non tenere nella giusta considerazione la “terza economia della regione nonché uno dei membri fondatori dell’Ue” e di vederla più “come un problema che come un’opportunità”. La responsabilità principale ricade, secondo la testata, su Berlino e, oggi, anche sulla Francia di Macron. “Forse agli italiani si può perdonare se hanno la percezione che le maggiori potenze europee diano il loro paese per scontato. Sentono di essere stati lasciati soli a gestire il flusso di migranti nel Mediterraneo, dopo essere stati costretti a misure di austerità durante la crisi che hanno prolungato la loro stagnazione economica”.
Traspare poi, da parte di non pochi giornalisti stranieri, lo stupore per il fatto che un’aggressione “in puro stile americano” si sia verificata in Italia, dove “questi episodi sono rarissimi” (New York Times, 3 febbraio) e dove “la ‘caccia al nero’ è una novità assoluta” (Abc, 6 febbraio).
Una lettura meno morbida la dà il progressista Guardian, che in questi giorni non ha risparmiato dure critiche. Il 6 febbraio il quotidiano inglese dedica un’analisi all’ascesa dei “gruppi fascisti in Italia”, in atto prima ancora di Macerata. Citando formazioni antifasciste italiane, tra cui l’Anpi, il quotidiano inglese attribuisce il successo di movimenti come Forza Nuova e Casa Pound alla “riluttanza delle istituzioni a prendere provvedimenti più severi contro l’apologia di fascismo”.
E il centrosinistra? Mentre una delle più popolari testate online del mondo, The Daily Beast, scrive (5 febbraio) che “persino i partiti orientati a sinistra si sono adeguati alla retorica anti-immigrazione”, il quotidiano inglese di area moderata-conservatrice Times (e come lui molti altri) rileva il paradosso per cui “malgrado una riduzione del 34% dei flussi migratori dalla Libia”, il Pd “cala nei sondaggi”. La gestione del fenomeno migratorio da parte dell’attuale governo viene giudicata positivamente da diverse testate, che però rilevano una discrepanza tra la percezione degli italiani, secondo cui vi è una “invasione di immigrati” e l’effettiva presenza di stranieri, che costituiscono “una minima percentuale della popolazione” (Al Arabiya, Times e diversi altri).
Tra le cause dell’affanno del centrosinistra la stampa straniera individua, anche questa settimana, la sua atavica “atomizzazione” che, secondo El País (7 febbraio), “lo condannerà alla disfatta”. Le cause di questo declino sarebbero soprattutto due per L’Economist: “la percezione popolare che il partito non abbia sotto controllo l’immigrazione e le spaccature interne dovute per buona parte allo stile autocratico di Renzi”
Tra le cause dell’affanno del centrosinistra la stampa straniera individua, anche questa settimana, la sua atavica “atomizzazione” che, secondo El País (7 febbraio), “lo condannerà alla disfatta”. Nonostate i tentativi di Fassino, “era prevedibile che non ci sarebbe stato nessun accordo tra Bersani, D’Alema e Renzi. Per il politico toscano la leadership era un tema non negoziabile, mentre per loro altrettanto non negoziabile era la sua rinuncia”. Quanto a possibili accordi con il Movimento Cinque Stelle, il quotidiano spagnolo ritiene improbabile che “il partito anticasta, ancora guidato di fatto da Grillo, sia disposto a stringere alleanze” con Leu e con lo stesso Pd.
Sulle difficoltà della sinistra si sofferma anche l’Economist, che in un’analisi dal titolo significativo, “La rottamazione del rottamatore”, scrive: “Con l’approssimarsi delle elezioni, Matteo Renzi fa fatica a tenere il potere”. Il settimanale britannico cita alcune fonti di spicco dello stesso partito, le quali “avrebbero confermato in privato che il vero obiettivo di Renzi dopo il voto è un’alleanza con Forza Italia, se non dovesse emergere una maggioranza netta”. Tuttavia, le chance che Renzi possa essere un “kingmaker” nei negoziati per il governo sembrano molto ridotte. “Il declino del Pd”, commenta l’Economist, sembra “una strana ricompensa per un governo che ha agevolato una (relativa) ripresa economica dopo anni di crisi”. Le cause di questo declino sarebbero soprattutto due: “la percezione popolare che il partito non abbia sotto controllo l’immigrazione e le spaccature interne dovute per buona parte allo stile autocratico di Renzi”.
Berlusconi ha la vittoria in tasca e potrebbe non volere più un’alleanza con Renzi. Il centrosinistra non cresce nei sondaggi. I Cinque Stelle crescono al Sud ma non hanno una squadra coesa e credibile, Ma il quotidiano Süddeutsche Zeitung (5 febbraio), che consiglia a Berlusconi di prendere le distanze dal “costruttore di paure”
Se per l’autorevole settimanale britannico quella dell’alleanza tra il segretario del Pd e Berlusconi è ancora un’opzione molto probabile, sembrano rivedere in parte le loro convinzioni altre testate che la scorsa settimana lo davano quasi per scontato. Le dichiarazioni sia di Renzi sia del leader di Forza Italia, che hanno entrambi escluso qualsiasi forma di accordo, non sono passate inosservate sulla stampa estera. Tuttavia, a instillare il dubbio è stato soprattutto l’aumento di consensi per Berlusconi, legato in parte a quella retorica in stile trumpiano di cui si è detto. E, secondo quanto scrive Bloomberg, il centrodestra “potrebbe essere più vicino alla maggioranza di quanto non dicano i sondaggi”, per via di quel “fattore timidezza” che caratterizza non di rado l’elettorato di destra. Alla luce di ciò, a Berlusconi non converrebbe più ricercare alleanze con il Pd. Secondo il tedesco Die Zeit (6 febbraio), “Berlusconi può già esultare”.
Va modificandosi intanto la percezione dei Cinque Stelle sulla stampa straniera, che pur non apprezzando la scarsa fermezza con cui il movimento si è espresso sui fatti di Macerata, e pur considerandolo ancora antisistema ed euroscettico, ne riconosce il crescente peso politico. Il Financial Times, in particolare, sembra seguire con un certo interesse la sua evoluzione e, sebbene ribadisca le paure in ambito europeo, soprattutto se si concretizzasse un’alleanza con la Lega, rileva la forte crescita di consensi che i Cinque Stelle stanno registrando nelle regioni meridionali, le più “imprevedibili” dal punto di vista elettorale e dove “ancora non si sono avvertiti i benefici della ripresa dell’eurozona”. Sempre il Ft ospita un commento di Bill Emmott (8 febbraio), che settimane fa non aveva fatto mistero di preferire Di Maio a Berlusconi. Secondo Emmott – che vede alcune somiglianze tra i Cinque Stelle e il movimento En Marche del presidente francese Macron –, il partito di Di Maio “è quello che dovrebbe offrire un futuro nuovo al paese anche alla luce del suo 30%” (che tuttavia non basta con questa legge elettorale, rileva), ma fa fatica a essere “un agente del cambiamento” perché non ha “una squadra coesa che dia la percezione di un governo credibile pronto a entrare in azione”. Questo, scrive Emmott, “è colpa di Grillo e del suo ostinarsi a gestire il partito mediante una finta democrazia online”. Se l’unico governo possibile dopo il 4 marzo sarà una grossa coalizione in cui è Berlusconi a dettare l’agenda, “i Cinque Stelle dovranno prendersela solo con se stessi”.
Di Valentina Nicolì
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Redazione × Pubblicato il 04/02/2018 at 15:00