Lavoro, Rota (Fai Cisl): contrasto al caporalato nasce da condizionalità sociale, vanno premiate imprese corrette. VIDEOINTERVISTA

La cosa principale, per contrastare il caporalato, è l’applicazione della condizionalità sociale. Le imprese che applicano i contratti, le sicurezze sul lavoro, devono essere premiate e noi dobbiamo garantire ai lavoratori la giusta formazione, la giusta preparazione per essere adeguati alla meccanizzazione che trovano nell’agricoltura, saper lavorare in un ambiente dove c’è un’esposizione al rischio maggiore”.

Così ad AGRICOLAE Onofrio Rota, segretario Fai Cisl, a margine dell’incontro “Made in ImmigrItaly, promosso e organizzato dall’organizzazione sindacale a Roma.

 




Lavoro, Lollobrigida: servono lavoratori esteri, ma devono essere regolari e arrivare attraverso programmazione. VIDEOINTERVISTA

“I lavoratori sono ovviamente essenziali nel sistema produttivo, insieme agli imprenditori che investono sul lavoro che deve essere sempre più sicuro, protetto, qualificato, perché la qualità è data dal prodotto finito, ma anche dalla filiera di chi svolge le attività di produzione”.

Così ad AGRICOLAE Francesco Lollobrigida, ministro Masaf, a margine dell’incontro “Made in ImmigrItaly, promosso e organizzato da Fai Cisl a Roma,

“Abbiamo anche bisogno di lavoratori, esaurita la richiesta interna, che provengono da altre nazioni, ma devono essere lavoratori regolarmente arrivati in Italia, perché questo è il vero investimento. Programmare, come ha fatto questo Governo, anche con flussi triennali, l’arrivo e la formazione.

Dobbiamo mettere in condizione le persone che vengono qui di essere trattate con dignità, con pari reddito rispetto agli altri, avendo le stesse opportunità. Ovviamente devono rispettare le stesse regole che i nostri cittadini rispettano, la prima delle quali è arrivare in Italia regolarmente. In questi anni è stato messo in campo un programma innovativo: flussi triennali, accordi bilaterali o multilaterali con altre nazioni, per programmare la formazione linguistica, di lavoro e anche rispetto agli impegni civici che mettono in condizione la persona che arriva di poter capire dove si trova.

Quindi un grande investimento sul mondo del lavoro. La Cisl oggi è stata protagonista di una presentazione, insieme al CNEL, il luogo del confronto per definizione, che parla di cultura, culture e di terra, rapporti indissolubili con il mondo del lavoro. Noi continuiamo a pensare che il nostro cibo sia di qualità, che possa portare benessere, in termini di ricchezza, benessere e di longevità.

Questo attraverso la valorizzazione del nostro sistema produttivo che vogliamo anche donare, ove possibile, agli altri in termini di formazione, attraverso il Piano Mattei, con le nazioni in via di sviluppo a cui offrire la possibilità, certamente di venire a lavorare in Italia e quindi a compensare le nostre latenze demografiche, ma anche di poter rimanere a vivere e vicino alle loro famiglie e nel loro case non dover scappare dalla fame. Questo si fa investendo su le grandi potenzialità, per esempio dell’Africa e dandogli tecnologia e formazione”.




Mutti. Al via la ricerca di 1200 collaboratori stagionali

Mutti, azienda leader in Europa nel mercato dei derivati del pomodoro, dà il via alla ricerca di 1200 collaboratori per la campagna di trasformazione del pomodoro 2024. I collaboratori stagionali saranno impegnati da luglio a settembre in attività produttive e amministrative all’interno degli stabilimenti Mutti di Montechiarugolo (PR), Collecchio (PR) e Oliveto Citra (SA). 

La campagna di trasformazione segna il periodo dell’anno più significativo per l’azienda: è proprio nell’arco dei circa 75 giorni estivi che vanno dalla seconda metà di luglio alla fine di settembre che l’azienda lavora la totalità della materia prima conferita da più di 800 famiglie italiane di agricoltori durante il suo naturale ciclo di crescita.

Quest’anno, l’azienda cerca 450 figure da impiegare nello stabilimento di Montechiarugolo e 400 in quello di Collecchio, in provincia di Parma, oltre che 350 per quello di Oliveto Citra, Salerno. Tra queste, sono diverse le posizioni per lavoratori che ricoprano ruoli specializzati come l’analista addetto al controllo qualità e l’addetto alle campionature. Inoltre, nell’ambito del progetto Instafactory, il primo stabilimento produttivo mobile ideato e brevettato da Mutti e capace di trasformare il pomodoro direttamente sul campo di raccolta, si ricercano operatori di linea e studenti o laureandi di ingegneria meccanica o dell’industria alimentare da inserire come conduttori della nostra stazione mobile di trasformazione. Queste ultime due posizioni opereranno nella zona di Gualtieri (RE).

Il periodo della campagna del pomodoro è per l’azienda, da sempre, anche un importante osservatorio per la sperimentazione di figure professionali tecniche: la ricerca negli anni è stata aperta anche ai diplomati di istituti tecnici industriali e professionali, oltre che a giovani laureandi e neolaureati in discipline scientifiche, che trovano in Mutti un’azienda in continua evoluzione interessata a investire su giovani talenti.

Un’attenzione, questa, che trova un’ulteriore conferma nel fatto che il 44% dei dipendenti Mutti, ad oggi, ha iniziato il proprio percorso professionale in azienda proprio partendo come stagionale, a riprova di come, pur essendo questo un lavoro tipicamente estivo, rappresenti un’opportunità per acquisire competenze spendibili sia dentro, sia fuori dall’azienda stessa.

“Per Mutti il periodo estivo di lavorazione del pomodoro ricopre un’importanza primaria. Sono solo settantacinque giorni, ma capaci di determinare per l’azienda il buon andamento dell’intero anno. In quest’ottica i collaboratori stagionali sono per noi una risorsa fondamentale, e sulla quale investiamo da sempre con convinzione, attraverso contratti a tutele piene” commenta Federico Luddi, HR Director di Mutti. “Il nostro è un approccio forse in controtendenza, ma di cui siamo orgogliosi e che è risultato negli anni premiante. Il fatto che quasi la metà dei nostri dipendenti attuali abbia iniziato la propria carriera in Mutti come stagionale ne è la dimostrazione.”

Ai collaboratori stagionali, infatti, l’azienda offre l’applicazione del Ccnl dell’industria alimentare e il contratto integrativo Mutti, esattamente come per gli oltre 500 dipendenti dell’azienda.

Le candidature sono già aperte, i requisiti necessari sono essere maggiorenni, disponibili dal 1° luglio al 30 settembre e a lavorare su turni, compresi festivi e notturni, oltre che essere automuniti. Mutti darà priorità a coloro che hanno già collaborato con l’azienda in occasione delle precedenti campagne.

Per candidarsi: https://mutti-parma.com/it/lavora-con-noi/lavoro-stagionale-trasformazione-del-pomodoro/




Lavoro, Mammucari (Uila): sindacato nel segno della continuità verso autonomia e indipendenza. VIDEOINTERVISTA

“Quella di oggi è una giornata sicuramente straordinaria, importantissima perché ricevo il testimone da uno dei più grandi leader del movimento sindacale del nostro Paese, Stefano Mantegazza”.

Così ad AGRICOLAE Enrica Mammucari, neo eletta alla carica di Segretaria generale della Uila Uil al posto di Stefano Mantegazza, che le passa il testimone dopo 29 anni alla guida del sindacato.

“Stefano è per me, così come tutti quanti noi, un faro che continuerà a brillare sul futuro della nostra organizzazione. Immagino un futuro assolutamente in continuità, perché l’impronta che ha caratterizzato l’iniziativa e l’azione in questi anni della Uila dovrà seguire e proseguire nelle stesse direttrici. Le direttrici sono quelle di una guida forte, autonoma, indipendente da ogni ingerenza politica e partitica, che vede nel territorio, nelle nostre leghe così come nei nostri gruppi aziendali, il centro di gravità permanente della nostra iniziativa sindacale.

Vedo un futuro in continuità anche per quello che sono le nostre battaglie di sempre, quindi quello di costruire un lavoro sempre più sicuro, tutelato e ovviamente giustamente retribuito. Abbiamo delle sfide davanti che sono le tre transizioni fondamentali, quelle energetica, ecologica e digitale. Viviamo in un contesto in cui l’ecosistema è completamente mutato. Due guerre sull’orizzonte, la deglobalizzazione che ci ha insegnato quanto siamo tutti più fragili, più vulnerabili e quindi il ruolo delle parti sociali.

Il ruolo del sindacato, insieme alle parti sociali, dovrà essere ancora più incisivo per governare i cambiamenti e non subirli. Perché crediamo che difendere il lavoro e la competitività delle imprese si possa e si debba fare se c’è quella reciproca collaborazione, quel confronto costruttivo e quel dialogo che costruisce appunto ponti e non muri, che è stata una delle cifre del DNA della Uil e che continuerà anche con la mia nuova azione iniziativa”.

Lavoro, dopo 30 anni Mantegazza si dimette. Enrica Mammucari eletta nuova segretaria generale Uila




Lavoro, Gruppo Veronesi: premio di risultato per oltre 7.200 dipendenti

Nella busta paga di competenza del mese di febbraio, arriva per le persone del Gruppo Veronesi il premio di risultato relativo all’anno 2023. Il premio, del valore medio per persona di 2.250 euro, varia da sito a sito a seconda della tipologia di contratto e si basa sul raggiungimento degli obiettivi definiti e concordati con le parti sindacali in fase di contrattazione dell’integrativo di secondo livello.

Il Gruppo, il primo in Italia con filiera completa e integrata che parte dalla produzione dei mangimi sino alla trasformazione e distribuzione delle carni e dei salumi, destina il premio alle oltre 7.200 persone che lo hanno maturato. Di queste, circa il 20% ha scelto di spendere il valore del premio in welfare tramite la piattaforma aziendale online dedicata, “Veroneasy Life”.Anziché, quindi, percepire il premio in busta paga, queste persone hanno optato per convertire il valore detassato del premio – totale o una sua parte – nell’acquisto di beni o servizi che spaziano dall’assistenza sanitaria, con la copertura di spese mediche e socio-assistenziali, all’educazione scolastica, fino ad arrivare ad attività sportive e per il tempo libero, a buoni spesa e benzina.

Inoltre, l’azienda riconoscerà a coloro che convertiranno una quota pari o superiore al 50% del premio maturato, un valore aggiuntivo netto pari al 10% dell’importo convertito spendibile esclusivamente in welfare.

Guardando allo scorso anno, la possibilità di usufruire dell’innalzamento della soglia di deducibilità dei fringe benefit ha permesso alle persone del Gruppo di spendere quasi un milione di euro tra voucher e rimborso utenze domestiche; gli altri servizi più utilizzati sono stati il rimborso delle spese scolastiche per i figli e la previdenza integrativa.

Siamo convinti che investire in soluzioni che facilitano il welfare – ha dichiarato Diego PiccoloDirettore Risorse Umane del Gruppo Veronesi – rappresenti uno strumento importante per poter offrire valore ai nostri colleghi. Non si tratta solo di un supporto reddituale, ma anche di servizi e soluzioni che siano in grado di fornire loro un sostegno concreto nella gestione della sfera familiare e privata, ad esempio rispondendo alle necessità dei genitori o caregiver. Allo stesso tempo siamo consapevoli di quanto temi come benessere, conciliazione ed equilibrio tra lavoro e vita privata rappresentino oggi elementi sempre più imprescindibili per poter attrarre e trattenere talenti. Il premio di risultato, che per il Gruppo raggiunge un valore complessivo di oltre 13 milioni di euro, e la sua conversione in welfare si muovono proprio in questa direzione”.

La piattaforma “Veroneasy life” fa parte di un ecosistema di iniziative volte a promuovere il corretto bilanciamento tra vita privata e lavorativa. Tra i progetti attivi nel Gruppo in questo ambito, c’è lo smart working che, su adesione volontaria, prevede la possibilità di lavorare fino a due giorni a settimana da remoto, e l’attivazione di formule di flessibilità dell’orario di lavoro. Inoltre, per supportare la valorizzazione di tutte le persone che operano in azienda e per garantire opportunità di sviluppo delle competenze, sono previsti percorsi di formazione continua, sia in presenza che online o in modalità ibrida, che includono corsi specifici per il settore, di tipo quindi tecnico-operativo, nonché quelli di respiro più ampio, finalizzati, ad esempio, all’apprendimento di tecniche di comunicazione efficaci e alla crescita interpersonale.




Ue, Consiglio e Parlamento raggiungono un accordo per vietare i prodotti realizzati con il lavoro forzato

Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sul regolamento che vieta sul mercato comunitario i prodotti realizzati mediante lavoro forzato. L’accordo provvisorio raggiunto oggi tra i due colegislatori sostiene l’obiettivo principale della proposta di vietare l’immissione e la messa a disposizione sul mercato dell’UE, o l’esportazione dal mercato dell’UE, di qualsiasi prodotto realizzato utilizzando il lavoro forzato. L’accordo introduce modifiche significative alla proposta originaria, chiarendo le responsabilità della Commissione e delle autorità nazionali competenti nel processo investigativo e decisionale.

“È spaventoso che nel 21° secolo esistano ancora nel mondo la schiavitù e il lavoro forzato. Questo crimine odioso deve essere sradicato e il primo passo per riuscirci consiste nel rompere il modello di business delle aziende che sfruttano i lavoratori. Con questo regolamento vogliamo assicurarci che non ci sia posto per i loro prodotti nel nostro mercato unico, siano essi fabbricati in Europa o all’estero”. Così  Pierre-Yves Dermagne, vice primo ministro belga e ministro dell’Economia e dell’Occupazione

La banca dati delle aree e dei prodotti a rischio di lavoro forzato

I colegislatori hanno concordato che, per facilitare l’attuazione di questo regolamento, la Commissione istituirà una banca dati contenente informazioni verificabili e regolarmente aggiornate sui rischi del lavoro forzato, comprese le relazioni delle organizzazioni internazionali (come l’Organizzazione internazionale del lavoro). La banca dati dovrebbe supportare il lavoro della Commissione e delle autorità nazionali competenti nel valutare possibili violazioni di questo regolamento.

Approccio basato sul rischio

L’accordo provvisorio stabilisce criteri chiari che la Commissione e le autorità nazionali competenti dovranno applicare nel valutare la probabilità di violazioni del presente regolamento. Questi criteri sono:

  • la portata e la gravità del presunto lavoro forzato, compreso se il lavoro forzato imposto dallo Stato possa costituire motivo di preoccupazione
  • la quantità o il volume dei prodotti immessi o resi disponibili sul mercato dell’Unione
  • la quota delle parti del prodotto che potrebbero essere realizzate con il lavoro forzato nel prodotto finale
  • la vicinanza degli operatori economici ai sospetti rischi del lavoro forzato nella loro catena di approvvigionamento e la loro influenza per affrontarli

La Commissione pubblicherà linee guida per gli operatori economici e le autorità competenti per aiutarli a conformarsi ai requisiti del presente regolamento, comprese le migliori pratiche per porre fine e porre rimedio a diversi tipi di lavoro forzato. Queste linee guida includeranno anche misure di accompagnamento per le micro, piccole e medie imprese, che potranno essere disponibili attraverso il Portale Unico del Lavoro Forzato.

Chi guiderà le indagini?

L’accordo raggiunto dai due colegislatori stabilisce i criteri per determinare quale autorità dovrà condurre le indagini. La Commissione condurrà le indagini al di fuori del territorio dell’UE. Se i rischi si trovano nel territorio di uno Stato membro, l’autorità competente di quello Stato membro condurrà le indagini. Se le autorità competenti, nel valutare la probabilità di violazioni di questo regolamento, trovano nuove informazioni sul sospetto lavoro forzato, devono informare l’autorità competente degli altri Stati membri, a condizione che il sospetto lavoro forzato abbia luogo nel territorio di quello Stato membro. . Allo stesso modo, devono informare la Commissione se il sospetto lavoro forzato avviene al di fuori dell’UE.

L’accordo raggiunto oggi garantisce che gli operatori economici possano essere ascoltati in tutte le fasi dell’indagine, a seconda dei casi. Garantisce inoltre che vengano prese in considerazione anche altre informazioni pertinenti.

Decisioni finali

La decisione finale (cioè vietare, ritirare e smaltire un prodotto realizzato con lavoro forzato) sarà presa dall’autorità che ha condotto l’indagine. La decisione presa da un’autorità nazionale si applicherà in tutti gli altri Stati membri sulla base del principio del reciproco riconoscimento.

Nei casi di rischi di fornitura di prodotti critici realizzati con lavoro forzato, l’autorità competente può decidere di non imporne lo smaltimento e ordinare invece all’operatore economico di trattenere il prodotto finché non possa dimostrare che non vi è più lavoro forzato nelle sue operazioni o nei rispettivi catene di approvvigionamento.

L’accordo provvisorio chiarisce che, se una parte del prodotto risultata in violazione di tale norma è sostituibile, l’ordine di smaltimento si applica solo alla parte interessata. Ad esempio, se una parte di un’auto è prodotta con lavoro forzato, dovrà essere smaltita quella parte, ma non l’intera vettura. La casa automobilistica dovrà trovare un nuovo fornitore per quella parte o assicurarsi che non sia realizzata con lavoro forzato. Tuttavia, se i pomodori utilizzati per fare una salsa vengono prodotti utilizzando il lavoro forzato, tutta la salsa dovrà essere smaltita.

Prossimi passi

L’accordo provvisorio raggiunto con il Parlamento europeo deve ora essere approvato e adottato formalmente da entrambe le istituzioni.

Sfondo

Circa 27,6 milioni di persone sono costrette al lavoro forzato in tutto il mondo, in molti settori e in ogni continente. La maggior parte del lavoro forzato avviene nel settore privato, mentre una parte è imposta dalle autorità pubbliche.

Il 14 settembre 2022 la Commissione ha proposto il regolamento per vietare i prodotti realizzati mediante lavoro forzato nell’UE. Il Consiglio ha adottato la sua posizione negoziale il 26 gennaio 2024.




Lavoro, Rota (Fai-Cisl): “Da Bruxelles non accetteremo il rinvio della condizionalità sociale della PAC”

“Dopo le proteste degli agricoltori, giunte anche a Parigi al Salone dell’Agricoltura, pare che alcuni Paesi siano intenzionati a rivedere diverse norme legate alla PAC. In particolare, una nota della Presidenza belga per il Consiglio Agricoltura e Pesca di domani e martedì chiede il rinvio dell’attuazione della condizionalità sociale, ma per noi questo punto è inaccettabile e rappresenta una grave strumentalizzazione delle proteste in corso, perché non è quel che chiedono gli agricoltori: il loro problema non può essere certo quello di dimostrare che i fondi pubblici incassati dall’Europa siano usati per produrre con lavoro dignitoso e contrattualizzato anziché sfruttamento e lavoro nero”.

Lo scrive sulla pagina Facebook della Fai-Cisl il Segretario Generale Onofrio Rota in vista del Consiglio Agrifish che si riunirà il 26 e 27 febbraio a Bruxelles.

“Sarebbe paradossale – spiega il sindacalista – un’agricoltura europea che vincola i soldi della PAC, cioè dei cittadini, al rispetto dell’ambiente e del benessere animale ma non a quello degli operai agricoli, un paradosso che abbiamo avuto per troppo tempo, con effetti negativi visibili a tutti, e che la nuova PAC va finalmente a sanare. Tra l’altro l’Italia e altri Paesi hanno cominciato a regolamentare questo aspetto dal 2023, lo stesso Ministro Lollobrigida ha dato conferma di voler proseguire con il lavoro avviato, poi entro quest’anno sarà applicato in altri Paesi e dal 2025 dovranno farlo tutti gli Stati membri: agire con la politica dei rinvii non solo non risolverà nulla, ma andrà a creare un dumping sociale tra gli stessi Paesi dell’Ue, con una concorrenza sleale inconcepibile”.

“Ritenere la condizionalità sociale un peso, anziché un valore aggiunto per le imprese europee – conclude il leader della Fai-Cisl – vuol dire giocare al ribasso anziché valorizzare il lavoro di qualità da cui dipende l’affidabilità stessa delle filiere. Di sicuro domani e dopodomani, al Consiglio Agrifish, ribadiremo da parte nostra la disponibilità al confronto su qualsiasi aspetto ma per migliorare la PAC, non peggiorarla. Assieme alla Federazione dei sindacati agroalimentari europei, l’Effat, porteremo la voce unitaria dei sindacati anche alla Commissione e alla Presidente Ursula von der Leyen, nella consapevolezza che sulla condizionalità sociale non si può tornare indietro. A meno che non si vogliano incendiare gli animi anche tra i lavoratori e le lavoratrici di tutto il comparto agroalimentare, con un conflitto che invece vorremmo scongiurare con tutti i mezzi del dialogo e dell’ascolto”.




Lavoro, Lollobrigida: lavorare a immigrazione legale con accordi bilaterali o multi laterali che prevedano formazione. Occorre pianificazione

“L’immigrazione legale è quella che dobbiamo avere perché serve a mandare avanti le imprese, ma occorre verificare se ci sia la condizione per dare lavoro in questo mondo a chi percepisce il reddito di cittadinanza. Non dobbiamo svilire il ruolo degli agricoltori, combattiamo invece il caporalato e lo sfruttamento. La stragrande maggioranza degli agricoltori lavorano onestamente e garantiscono una altissima qualità al nostro sistema e un valore aggiunto dato dalla qualità. Vogliamo contrastare l’immigrazione illegale perché è il primo nemico dell’immigrazione legale. Attraverso il decreto flussi e una pianificazione corretta possiamo dare risposte alle esigenze del nostro sistema produttivo.”

Così il ministro Masaf Francesco Lollobrigida a margine dell’incontro con Coldiretti a Bologna.

“Bisogna attuare un modello di pianificazione che ci permetta di attivare anche accordi bilaterali o multilaterali che prevedano una formazione nei luoghi di provenienza per i lavori che poi andranno a svolgere. Attualmente il carico di formazione è compito dei nostri imprenditori, invece questo può risolversi con accordi con altre nazioni e dare inoltra anche una formazione civica a queste persone che giungono nel nostro paese, così da conoscere i nostri modi di vivere e abitudini.

È una questione di civiltà organizzare bene l’immigrazione e garantire l’integrazione.

Ci sono lavori che chi percepisce il RdC non vuole fare ma perché allora dovrebbero andare bene a chi viene da fuori? Importiamo schiavi? No, non credo. Sono persone che devono essere pagate e avere gli stessi diritti di tutti gli altri lavoratori.”

Cibo sintetico, Lollobrigida: battaglia di civiltà, difendiamo sistema produttivo e salute dei cittadini

Siccità, Lollobrigida: problema che persiste da vent’anni, è mancata strategia. Ora lavoriamo a risposte concrete




Manodopera, Lollobrigida: lavoro in agricoltura non è svilente ma grande opportunità di crescita, anche economica. Lavoriamo per attrarre giovani

-Sulle iniziative volte a colmare il divario tra offerta e domanda di lavoro nel settore agricolo, con particolare riferimento all’impiego dei giovani.

“L’occupazione in agricoltura conta 1,2 milioni di lavoratori, il 90% rapporti a tempo determinato per un totale di 121 milioni giornate lavoro.

Durante il click day sono pervenute 120mila domande prevalentemente provenienti dal settore agricolo ma solo 44mila sono state soddisfatte. Per il 2023 la richiesta di manodopera del mondo agricolo è di circa 100mila lavoratori. Indispensabili per dare continuità alla produzione agricola.”

Così il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida nel corso del question time alla Camera.

“Esiste dunque una richiesta di manodopera che resta insoddisfatta. Credo allora che oggi chi non è occupato e manca di formazione scolastica adeguata possa guardare con interesse al lavoro agricolo. Ritengo anzi che sia il modo per rientrare nel mondo del lavoro dalla porta principale.

Non possiamo infatti avere una visione retrograda e vergognosa del lavoro nel mondo agricolo, considerato umiliante e poco retribuito. Non è così, è invece una grande opportunità.

È necessario che i giovani e non solo siano adeguatamente formati per affrontare questa sfida e ringrazio gli istituti agrari più di ogni altro per questo. La proposta che il presidente Meloni ha rilanciato a Vinitaly per il liceo del Made in Italy sul quale investiremo con sempre maggiore attenzione.

Ci sono più altre misure per i giovani come Generazione Terra di Ismea. È stato previsto poi il contratto di lavoro occasionale subordinato nel settore agricolo. Lavorare in agricoltura può essere ora e ancora di più in futuro una occasione di crescita, compreso sul lato economico.”

Stagionali, grido dall’allarme per la mancanza di forza lavoro in Italia. I commenti di Giansanti, Prandini, Fini, Battista, Messina (Assoturismo), Iucci (Anie), Serpillo (Uci), Ance, Santoianni (Aic)

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Masaf, Lollobrigida: Italia protagonista in Ue, abbiamo evitato discriminazione per carne e vino ed ottenuto aperture su modifica Pnrr. Ora investire su lavoro e difesa prodotti per creare ricchezza

Dalle pagine de Il Messaggero esprime soddisfazione il ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida, dopo la decisione della Commissione Ue di cancellare i passaggi discriminatori nei confronti di vino e carne nel rivedere il Regolamento 1144/2014 deputato alla Promozione dei prodotti agroalimentari per quanto riguarda l’annualità 2023.

“Al livello europeo, sono contento che il nostro governo sia stato protagonista nel convincere la Ue a eliminare carne e vino dagli elementi dannosi per la salute” rivendica il ministro. Ed un’altra vittoria è rappresentata dall’apertura mostrata dal presidente della Commissione Ue Von Der Leyen sul Pnrr, che rappresenta “una sconfitta per chi sosteneva l’intangibilità di un Piano difficile da realizzare e che, in quel caso sì, avrebbe portato alla perdita di alcuni fondi non utilizzati” a partire dalle infrastrutture fino a quelli sui trattori elettrici, che però non si trovano sul mercato.

Soddisfazione anche per la manovra, varata in soli trenta giorni dall’insediamento del governo, che non ha fatto salire lo Spread e che punta su alcuni aspetti fondamentali, quali “evitare la desertificazione del settore industriale, sostegni sul caro energia, un modello di welfare mirato sui più deboli, l’impegno per creare nuova occupazione”. E quello del lavoro è un tema caro al ministro, “per ridistribuire la ricchezza, prima va creata” chiosa Lollobrigida, allora occorre investire “su chi crea lavoro, difendendo i nostri prodotti, combattendo per la legalità che consenta a chi vuole investire di poterlo farle, salvaguardando le nostre imprese.”

E sempre sul tema lavoro non può mancare una battuta sulla questione immigrati, perchè se è vero che una immigrazione legale e ordinata occorre, è altrettanto vero che è ad inizio anno che si deve realizzare il piano flussi e non alla fine, commenta il ministro. “Bisogna stabilire prima quali sono i bisogni reali una volta esaurita la domanda interna di lavoro e allora capire quanti immigrati possiamo accogliere. Naturalmente cosa diversa sono i rifugiati, che vanno sempre e comunque accolti”. 

L’obiettivo del governo Meloni è di lungo corso, sarà un governo che avrà durata quinquennale con una chiara visione e prospettiva, conclude Lollobrigida, “non vogliamo fare come altre forze politiche che hanno cercato facili consensi sul breve periodo con interventi spot” come il reddito di cittadinanza e i bonus a pioggia e che, negli ultimi trent’anni, hanno frenato la crescita dell’Italia.




Lavoro, Coldiretti, stop mascherine taglia costi per 10 mln

Non solo aria di libertà per tutti ma anche taglio dei costi per le imprese con la fine dell’obbligo delle mascherine che fa risparmiare almeno 10 milioni di euro al mese nelle campagne. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sugli effetti del superamento dell’obbligo di indossare la mascherina all’aria aperta annunciato dall’ 11 febbraio. Una scadenza importante – sottolinea la Coldiretti – per circa un milione di lavoratori nelle campagne dove gran parte delle attività si svolge all’aria aperta con la possibilità di rispettare le distanze. Sui costi per la prevenzione pesa invece l’obbligo del tampone per i lavoratori extracomunitari vaccinati con Sputnik o altri vaccini non riconosciuti dall’Italia che sono stati recentemente autorizzati a venire in Italia con l’obbligo però del test. Si tratta di un impegno rilevante in una situazione in cui – secondo la Coldiretti – quasi un lavoratore agricolo straniero su due proviene da paesi in cui è utilizzato il vaccino russo mentre in molti arrivano da Paesi in cui è diffuso quello cinese Sinovac. In Italia un prodotto agricolo su quattro viene raccolto in Italia da mani straniere con 358mila lavoratori provenienti da ben 164 Paesi diversi che hanno trovato regolarmente occupazione in agricoltura, fornendo più del 29% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, secondo il Dossier di Idos al quale ha collaborato la Coldiretti. Poiché sono spesso situate in aree isolate e con ampi spazi all’aperto e la maggioranza dei lavori possono essere eseguiti rispettando il distanziamento – continua la Coldiretti – le fattorie italiane sono forse i luoghi più sicuri per difendersi dal contagio. Non è un caso che – conclude la Coldiretti – riguardano l’agricoltura appena lo 0,3% delle 191046 denunce di infortunio da Covid-19 al lavoro registrate dall’Inail in Italia al 31 dicembre 2021, dall’inizio della pandemia.




Lavoro, Coldiretti: in g.U. Via libera a stranieri con Sputnik salva raccolti

Con quasi un lavoratore agricolo straniero su due che proviene da paesi in cui è utilizzato il vaccino sputnik è una svolta importante la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge che consente l’arrivo in Italia degli stranieri con certificati di guarigione o vaccinali da più di sei mesi compresi quelli ottenuti con sputnik o con altri vaccini non autorizzati dall’Italia con l’esito negativo di un tampone effettuato 48 ore prima se antigenico o 72 se molecolare. E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che è importante anche la circolare che abbrevia la quarantena in una situazione in cui quasi i due terzi delle imprese che hanno assunto personale segnalano difficoltà a reperire le competenze necessarie secondo l’ultima indagine Istat sulla situazione e prospettive delle imprese dopo l’emergenza sanitaria covid-19

 

L’arrivo dei lavoratori stranieri nelle campagne italiane è dunque importante – sottolinea la Coldiretti – per salvare i raccolti e garantire l’approvvigionamento alimentare in un settore che non puo’ fermare la produzione che dipende dai cicli stagionali della natura e che resta ancora fortemente dipendente dal contributo dei lavoratori stranieri nonostante la crescita di interesse tra gli italiani.

 

L’agricoltura – sottolinea la Coldiretti –  ha bisogno di lavoratori preparati che possano svolgere il ruolo di potatori, trattoristi, mungitori o capaci di gestire una centralina per l`irrigazione o un piano di concimazione in un momento in cui molti lavoratori italiani e stranieri sono stati fermati dai contagi, dalla quarantena o vincoli burocratici.

 

In questo contesto con la pandemia– precisa la Coldiretti – molti braccianti provenienti da Paesi extracomunitari non potevano attraversare le frontiere per lavorare in Italia in quanto vaccinati con il siero russo Sputnik o con quello cinese Sinovac, che non sono riconosciuti in Italia ed in Europa. Si tratta soprattutto – sottolinea la Coldiretti – di lavoratori dipendenti a tempo determinato che arrivano dall’estero e che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese, spesso stabilendo delle durature relazioni professionali oltre che di amicizia con gli imprenditori agricoli.

 

Dopo il via libera del decreto flussi all’ingresso di lavoratori extracomunitari il provvedimento varato dal Governo, su Sputnik e altri vaccini non autorizzati dall’Italia, è dunque importante per garantire la regolarità dell’attività nelle campagne anche se a preoccupare sul piano economico ed organizzativo resta l’obbligo del tampone. In Italia un prodotto agricolo su quattro viene raccolto in Italia da mani straniere con 358mila lavoratori provenienti da ben 164 Paesi diversi che hanno trovato regolarmente occupazione in agricoltura, fornendo più del 29% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, secondo il Dossier di Idos al quale ha collaborato la Coldiretti.

 

Ma per salvare le produzioni Made in Italy occorre anche – conclude la Coldiretti – dare la possibilità a percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani di poter essere impiegati nei campi attraverso una radicale semplificazione del lavoro agricolo. Un provvedimento che interesserebbe almeno 25mila italiani in un momento in cui tanti lavoratori sono in cassa integrazione e le fasce più deboli della popolazione sono in difficoltà.

 




Confeuro: Agricoltura, ancora troppe morti sul lavoro. Con la transizione verde garantire più sicurezza

Come altri settori, anche l’agricoltura continua a contare troppi morti sul lavoro – dichiara Andrea Michele Tiso, presidente nazionale Confeuro. Secondo i dati forniti dall’Inail, nel 2021 le denunce di decessi nel settore primario sono state 128, con una crescita del 13,3% rispetto all’anno precedente (113 morti). In totale, lo scorso anno le denunce di morti sul lavoro in Italia sono state 1.221 e gli infortuni 555.236. A determinare i decessi nel primo settore sono soprattutto gli incidenti alla guida dei mezzi agricoli.

Tra i pericoli che devono affrontare i coltivatori ci sono anche gli effetti dei pesticidi sulla salute nel medio e lungo termine. Perseguire la sostenibilità, nel suo senso più ampio, non significa solo adottare pratiche rispettose dell’ambiente, ma anche assicurare agli agricoltori formazione e tutele per poter svolgere il proprio lavoro in sicurezza – continua Tiso.

Molte sono le misure che è possibile adottare per tutelare i coltivatori. Oltre all’adeguata manutenzione dei mezzi e alla lotta contro le prestazioni in nero, bisogna considerare la giornata lavorativa, che se supera un determinato monte ore mette gli operatori più a rischio, e il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione personale. Anche le nuove applicazioni digitali possono dare un contributo decisivo per diminuire i pericoli. Se si intende davvero realizzare un’agricoltura sostenibile e a misura d’uomo, la transizione verde deve includere modalità di lavoro più sicure per gli agricoltori.




Lavoro: Uecoop, 1 su 4 in smart working, bene accordo

Smart working per quasi 1 lavoratore su 4 (24%) nel 2021 con oltre 5 milioni collegati all’ufficio dalla cucina, dal salotto, dallo studio o dalla camera da letto di casa, con computer, webcamera e linea Internet più o meno potente. E’ quanto emerge dall’elaborazione dell’Unione europea delle cooperative (Uecoop) su dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano nel commentare positivamente la firma al Ministero del Lavoro del Protocollo Nazionale con le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva sul lavoro agile nel settore privato proposto dal ministro Andrea Orlando.

 

Secondo l’indagine di Uecoop su “Covid, il lavoro 4.0 in Italia” nel corso dell’ultimo anno lo smart working ha riguardato 4 imprese su 10 (41%) con un incidenza molto variabile a seconda del settore considerato, dell’impego di personale esterno con funzioni manuali e della possibilità di delocalizzare fra le mura domestiche dei dipendenti una parte dell’attività

 

Il lavoro agile ha molte sfumature – evidenzia Uecoop – che vanno dall’orario alle difficoltà di connessione, dalla produttività fino alla possibilità di concentrarsi in un ambiente domestico dove magari ci sono altri familiari o bambini, tutte variabili che influiscono sulla produttività del lavoro. Per questo – continua Uecoop – sono apprezzabili nell’accordo siglato al Ministero i principi che regolano la volontarietà e dell’alternanza tra attività in presenza e da remoto, sull’accesso al lavoro agile, sul trattamento economico, sulla parità di genere, sulla formazione e sulle dotazioni tecnologiche.

 

Anche se il principale dei problemi nell’uso delle tecnologie informatiche viene individuato – evidenzia l’indagine Uecoop – nell’aggiornamento e nella capacità del personale (33%) dal costo di attrezzature e programmi (29%), dalla mancanza di una rete a banda larga per il passaggio dei dati (22%) fino al rischio di perdita di dati e di informazione di archivio (16%). Tra i freni all’uso della tecnologia c’è anche la formazione dei dipendenti visto che nel 47% delle imprese – sottolinea Uecoop – meno della metà dei dipendenti e in alcuni casi nessuno ha adeguate conoscenze informatiche, a fronte di un lavoro digitale che riguarda da 4 a 8 ore della giornata in oltre la metà (54%) delle aziende.

 

Inoltre non sempre – continua Uecoop – la dotazione tecnologica dei dipendenti è adeguata allo nuovo smart working con 7 imprese su 10 (69%) che nel 2021 hanno dovuto integrare la strumentazione e i sistemi di collegamento da remoto, anche se – evidenzia Uecoop – la grande maggioranza degli smart workers (75%) utilizza prevalentemente il proprio pc, secondo l’Osservatorio Nomisma-Crif “The World after lockdown”. Per il 17% dei lavoratori il risparmio economico e di tempo generato dal mancato spostamento rappresentano i principali vantaggi dello smart working, per un altro 13% i lati positivi risiedono semplicemente nell’avere più tempo libero a disposizione per i propri hobby o per la famiglia. Altri elementi particolarmente apprezzati ricadono nella sfera dell’organizzazione del lavoro: maggiore autonomia (14%) e flessibilità (12%) nella gestione dei carichi di lavoro.

 

Oltre a registrare un miglioramento dei risultati professionali secondo 3 addetti su 4 (76%), lo smart working – evidenzia Uecoop – ha permesso di recuperare il tempo perso negli spostamenti fra casa e lavoro, facendo risparmiare risorse alle famiglie anche sulla spesa per la pausa pranzo e per l’abbigliamento. Esistono però anche gli scontenti – conclude Uecoop – con il 29% dei lavoratori che ha denunciato difficoltà a separare il tempo dedicato all’attività professionale da quello invece da riversare alla famiglia e alla propria persona con un precario equilibrio fra le due sfere di vita secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano.

 

 




Lavoro, Coldiretti: Con Smart working torna vita nei borghi

 

Con lo smart working ritorna la vita nei piccoli borghi con più di un italiano su due (54%) che vorrebbe lasciare la città per andare a vivere in campagna, spinto dalla ricerca di una migliore qualità della vita ma anche dalla paura della pandemia e dalla voglia di riscoprire il senso di comunità allentato dall’emergenza sanitaria. E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Notosondaggi in riferimento all’accordo con le parti sociali sul Protocollo nazionale con le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva sul lavoro agile nel settore privato, proposto dal ministro del Lavoro Andrea Orlando. La transizione verso lo smart working non riguarda solo la produttività e i rapporti di lavoro, ma coinvolge la distribuzione demografica della popolazione e le scelte di vita personali. Con il telelavoro si svuotano i grandi quartieri impiegatizi e si ripopolano le periferie. Un cambiamento che contribuisce a far guardare le campagne non solo come meta per gite fuori porta, tanto che il mercato immobiliare delle case in zone rurali o in piccoli borghi – evidenzia Coldiretti – registra aumenti sui siti specializzati. La vita in campagna risulta essere più sicura perché garantisce il rispetto delle distanze che nelle aree rurali – sottolinea la Coldiretti – si misurano in ettari e non in metri rispetto alle metropoli segnate da una forte densità di popolazione. Nei 5500 piccoli comuni italiani con meno di 5mila abitanti il distanziamento è infatti garantito – conclude la Coldiretti – per i 10 milioni di abitanti che dispongono di oltre il 54% del territorio nazionale mentre i restanti 50 milioni devono dividersi il resto dello spazio.