MADE IN ITALY, CENTINAIO VOLA A MOSCA: “RECUPERARE RAPPORTI”. PIANO MARTINA CALENDA SMENTITO DAI DATI. ECCO PERCHE

Si apre dossier Russia per ricostruire i rapporti commerciali con Mosca dopo che l’embargo ha ridotto sensibilmente le esportazioni. Il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Gian Marco Centinaio parte per Mosca “obiettivo – scrive –  è tenere aperti i rapporti commerciali con la Russia”. Ma al Mipaaft si lavora anche sulle due questioni aperte: olivicoltura e latte. “Nel frattempo i miei tecnici lavorano dossier: Puglia e Sardegna”, precisa.

A causa dell’embargo russo le esportazioni dei prodotti agroalimentari europei hanno registrato nel 2018 sul 2017 un calo del 4,5% . A febbraio 2016 erano 486 milioni di euro contro i 572 milioni di euro a febbraio 2107, ovvero il 17,6 per cento in più. Posizionati al terzo posto dopo la Cina gli Stati Uniti sui quali il governo italiano veva puntato tutto con il Piano Straordinario del Made in Italy portato avanti da Carlo Calenda e Maurizio Martina. Già a rischio con la politica dei dazi di Trump. L’Italia torna a puntare sulla Russia e chiude il 2017 con un export prossimo agli 8 miliardi di euro, in aumento del 19,3% sull’anno precedente.

MIPAAFT: MINISTRO CENTINAIO IN VISITA IN RUSSIA

Posted by Redazione × Pubblicato il 12/02/2019 at 12:28

Prende oggi il via la visita di due giorni del Ministro delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, sen. Gian Marco Centinaio in Russia. Il viaggio sarà l’occasione per consolidare i rapporti istituzionali con i rappresentanti di Cremlino, incontrare imprenditori e esponenti della comunità d’affari italiana e visitare la Fiera Prodexpo, la più grande esposizione del settore del cibo, delle bevande e dei prodotti alimentari grezzi nel mercato russo.

Primo appuntamento in programma per oggi è l’incontro, nel pomeriggio, con il Vice ministro dello sviluppo economico, delegato al turismo, Sergej Sergeevich Galkin. Il vertice sarà l’occasione per consolidare gli scambi turistici con il mercato russo e individuare nuovi segmenti di mercato, a partire da quello legato al turismo enogastronomico.

In serata il Ministro incontrerà l’omologo del dicastero dell’Industria e del commercio internazionale, Denis Manturov e una rappresentanza di imprenditori italiani.

La giornata di domani sarà dedicata alla visita della Fiera Prodexpo, la più grande esposizione del settore agroalimentare in Russia e uno degli appuntamenti settoriali di maggior richiamo sia per i produttori che per i buyers del settore agroalimentare. L’Italia sarà presente con il Padigione “The Extraordinary Italian Taste”.

Nel pomeriggio di mercoledì, infine, il Ministro Gian Marco Centinaio visiterà lo Stabilimento di macellazione e di lavorazione delle carni Maar-Cremonini di Odinzovo (nella regione di Mosca), una delle realtà imprenditoriali italiane più importanti e attive nella Federazione Russa, e che ha creato un indotto per l’intera Regione, tradizionalmente una delle aree della Federazione più ricche di bestiame, ma del tutto priva di un’industria di trasformazione moderna.

Per saperne di più era stato scritto:

EXPORT AGROALIMENTARE UE: RUSSIA AL TOP CON +86MLN, POI CINA E USA (CHE SONO SOLO TERZI). DAZI E NUMERI SMENTISCONO PIANO STRAORDINARIO MARTINA-CALENDA

Nonostante l’embargo russo le esportazioni dei prodotti agroalimentari europei hanno registrato il maggior aumento proprio in Russia. A febbraio 2016 erano 486 milioni di euro contro i 572 milioni di euro a febbraio 2107, ovvero il 17,6 per cneto in più. Posizionati al terzo posto dopo la Cina gli Stati Uniti sui quali il governo italiano ha puntato tutto con il Piano Straordinario del Made in Italy portato avanti da Carlo Calenda e Maurizio Martina. Che ora rischia di essere vanificato se la politica dei dazi di Trump dovesse proseguire.

Secondo le ultime cifre pubblicate oggi, il valore mensile delle esportazioni agroalimentari dell’Unione europea è aumentato di + 1,2% (+ 131 milioni di euro) rispetto a quello di febbraio dello scorso anno. Le esportazioni mensili sono aumentate soprattutto per la Russia (+86 milioni), la Cina (+77 milioni), gli USA (+58 milioni) e la Corea (+55 milioni). Per il periodo dei 12 mesi tra marzo 2016 e febbraio 2017, le esportazioni agroalimentari dell’UE hanno raggiunto un valore di 132,2 miliardi di euro, corrispondenti a una crescita del 2,2% in termini di valore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Le esportazioni di carni suine hanno fatto negli ultimi 12 mesi un recupero del + 33% rispetto allo stesso periodo di un anno fa. I valori mensili delle importazioni agroalimentari dell’UE sono aumentate anche nel febbraio 2017 rispetto all’anno precedente (+ 1,5%), il che significa che il saldo commerciale rimane stabile rispetto a quello di febbraio dello scorso anno a 19 miliardi di euro. Il rapporto di questo mese si concentra sul commercio agroalimentare dell’UE con la Serbia. L’Unione europea è un importatore netto di prodotti agroalimentari da questo paese. Mentre l’UE è più orientata all’esportazione di prodotti trasformati, le importazioni provenienti dalla Serbia riguardano principalmente materie prime e altri prodotti primari.

Analizzando le esportazione dell’UE per categoria di prodotti negli ultimi dodici mesi, i valori delle esportazioni riflettono in particolare il recupero delle esportazioni di carne suina (+1,35 miliardi di euro +3,3% rispetto ai valori di esportazione nel periodo di dodici mesi di un anno fa ), carni e grassi (+ 556 milioni +2 3%), alimenti per bambini e altre preparazioni di cereali, farina, amido o latte (+461 milioni; + 7% 36 milioni di euro, + 4%) e di olio vivo (+352 milioni di euro + 15%).

La situazione dell’export italiano verso la Russia sta recuperando il valore precedente le sanzioni, crescendo nel 2017 del 19% rispetto all’anno precedente, trainato da macchinari, abbigliamento, prodotti farmaceutici e calzature, nel particolare quello agroalimentare è aumentato del 29,6%, sostenuto da quei prodotti non rientranti nell’embargo; un export che complessivamente segna un valore di circa 8 miliardi di euro. Questo, grazie all’abilità dei nostri imprenditori nel riorganizzare i canali di distribuzione e dal recupero di potere d’acquisto delle famiglie russe, ma che complessivamente nel food&beverage dalla ottava posizione di partner commerciale ci ha visto scendere nel 2017 alla tredicesima. Quindi, dopo l’iniziale crollo si sta assistendo ad un recupero, anche se il volume totale dell’import da parte della Federazione Russa rimane complessivamente inferiore.

Mentre l’embargo imposto dalla Russia ai nostri prodotti agroalimentari ‒ oltre a voler recare disagio ai paesi esportatori di questi beni ‒ puntava a sostenere una politica orientata a creare una produzione interna, import substitution, sostenuta dalle politiche di agevolazione agli investimenti diretti esteri, con l’intento di attrarre investitori al fine di diversificare maggiormente l’economia e sviluppare quei settori dove la componente importatrice era maggioritaria rispetto alla produzione locale, necessaria al soddisfacimento della domanda interna.

EURISPES: SANZIONI? LA RUSSIA RINGRAZIA… ECCO PERCHE

L’Eurispes ha sempre manifestato perplessità nei confronti delle sanzioni contro la Russia, prevedendo che potessero essere dannose più per i paesi sanzionatori che non per il sanzionato”, dichiara il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara. “A distanza di quattro anni, questi timori si sono rivelati del tutto fondati. Per quanto riguarda il nostro paese, le sanzioni alla Russia, sono state uno stimolo alla delocalizzazione ed hanno provocato il trasferimento di know how che ha impoverito il nostro paese e arricchito la Russia stessa”, aggiunge Fara.

La riflessione curata da Paolo Greco, ricercatore Eurispes, approfondisce i diversi aspetti, per alcuni versi poco noti, delle conseguenze delle scelte con le quali si pensava di poter “punire” un grande paese, tra i primi produttori di materie prime al mondo.

Le sanzioni imposte dall’Unione europea alla Russia, come sappiamo, erano di due tipi, diplomatiche ed economiche; mentre le contro sanzioni imposte dalla Federazione erano di tipo economico, e riguardavano l’embargo di prodotti quali carni, bovina, pollame e suina, pesce, formaggi e latticini, frutta e verdura.

Ma che cosa è cambiato in questi 4 anni? E che cosa è successo? Qualcuno ha raggiunto il proprio obiettivo? E i settori sotto embargo?

L’obiettivo dell’Unione europea era la fine dell’occupazione della Crimea, da raggiungersi attraverso un riallineamento della politica estera della Federazione al rispetto del diritto internazionale in conseguenza delle sanzioni imposte. Mentre l’obiettivo della Federazione Russa era, attraverso l’embargo, scoraggiare le sanzioni e rilanciare il mercato interno.

Le sanzioni imposte alla Russia hanno portato in recessione l’economia russa, la popolazione perse potere d’acquisto, e si è vista aumentare fino al 35% i prezzi di molti beni di consumo, in particolare i beni sottoposti all’embargo con un conseguente squilibrio tra domanda e offerta. Ma il risultato auspicato, ovvero il ritiro russo dalla Crimea, non è stato raggiunto. Di contro, ben più evidente è apparso il crollo delle importazioni da parte della Federazione in tutti i settori e non solamente in quelli direttamente sanzionati, proprio a causa della perdita di potere d’acquisto della popolazione. Nel 2013 l’export italiano in Russia valeva 10.8 miliardi di Euro; a distanza di tre anni nel 2016 all’Italia mancavano 4 miliardi di esportazioni e 80mila posti di lavoro, per chiusure o riassetti organizzativi delle imprese che contavano sul mercato russo.

Fonte: Elaborazione Eurispes su dati OEC.

Ad oggi, la situazione dell’export italiano verso la Russia sta recuperando quel valore precedente le sanzioni, crescendo nel 2017 del 19% rispetto all’anno precedente, trainato da macchinari, abbigliamento, prodotti farmaceutici e calzature, nel particolare quello agroalimentare è aumentato del 29,6%, sostenuto da quei prodotti non rientranti nell’embargo; un export che complessivamente segna un valore di circa 8 miliardi di euro. Questo, grazie all’abilità dei nostri imprenditori nel riorganizzare i canali di distribuzione e dal recupero di potere d’acquisto delle famiglie russe, ma che complessivamente nel food&beverage dalla ottava posizione di partner commerciale ci ha visto scendere nel 2017 alla tredicesima. Quindi, dopo l’iniziale crollo si sta assistendo ad un recupero, anche se il volume totale dell’import da parte della Federazione Russa rimane complessivamente inferiore.

Mentre l’embargo imposto dalla Russia ai nostri prodotti agroalimentari ‒ oltre a voler recare disagio ai paesi esportatori di questi beni ‒ puntava a sostenere una politica orientata a creare una produzione interna, import substitution, sostenuta dalle politiche di agevolazione agli investimenti diretti esteri, con l’intento di attrarre investitori al fine di diversificare maggiormente l’economia e sviluppare quei settori dove la componente importatrice era maggioritaria rispetto alla produzione locale, necessaria al soddisfacimento della domanda interna.

I settori sottoposti ad embargo non possono esportare nel paese sanzionatore, di conseguenza un modo per aggirare il problema è stato quello di spostare la produzione nel paese che impone la sanzione. Ed in questa particolare situazione, questa forma di aggiramento delle sanzioni stesse è stata agevolata dalle politiche volte a richiamare i capitali e facilitare gli investimenti diretti esteri. Di ciò si sono avvalse, fra l’altro, molte imprese non direttamente colpite dalle sanzioni, ma facenti sempre parte della filiera dell’agroalimentare. A titolo di esempio, si è registrato un aumento delle internazionalizzazioni localizzate di aziende metalmeccaniche e zootecniche, pronte ad accompagnare la crescita di una produzione in loco dei beni sanzionati.

Nel settore agroalimentare sotto embargo, i produttori di frutta e verdure, specialmente quelli più piccoli, hanno potuto fare ben poco per arginare tali sanzioni dal momento che spostare una produzione di arance, kiwi e altri prodotti simili in Russia, risulta complicato ed oneroso.

In questo settore, tra le produzioni che andavano piuttosto bene, ma che si son viste chiudere completamente il mercato, si contano mele e pere, uva, altri frutti e frutta snocciolata, che nella loro totalità pesavano per il 58% delle esportazioni del settore nel 2012. Rispetto al totale dell’export italiano verso la Federazione russa, questi prodotti rappresentavano l’1,80% per un valore di 177 milioni di euro su un totale di 10 miliardi. In seguito all’embargo sull’agroalimentare, tali percentuali si sono drasticamente ridotte al 33% del settore nel 2014 per azzerarsi del tutto dal 2015.

L’altro settore colpito è quello legato ai prodotti lattiero-caseari. La Russia, grande consumatrice di formaggi, con una bassa produzione interna non sufficiente a rispondere alla domanda, ne importava notevoli quantità, di cui l’Italia anno dopo anno andava ad allargare la sua quota. Le importazioni del settore caseario in Russia erano in una fase espansiva, che le sanzioni hanno bruscamente bloccato passando dai 1,47 miliardi di euro nel 2010 a 1.80 miliardi nel 2013 per poi crollare a 708 milioni di euro nel 2016.

L’effetto finale non è stato solamente un riallocamento delle quote di import perse a favore dei paesi esclusi dall’embargo, ma soprattutto un aumento della produzione interna, centrando appieno l’obiettivo a cui il governo puntava. Difatti, si è registrato dal 2014 al 2016 un aumento della produzione interna di prodotti caseari intorno al 60%, raggiungendo le 424mila tonnellate nel 2017, aumentata sia a causa dell’incremento della produzione da parte delle aziende già esistenti in Russia prima dell’embargo, sia per la nascita di nuove imprese di agenti locali, ed infine stimolata da alcune nostre produzioni o l’emigrazione di singoli casari, che si sono spinti fino in Russia a produrre formaggio “italiano”, mossi dalla grande occasione di vuoto di offerta lasciato dal blocco delle importazioni europee. Un vuoto che si registra dal 2013 al 2016 con un calo del 42,5% dell’offerta da importazioni; un’ottima occasione di crescita per chi già operava e di opportunità di ingresso per chi fosse stato interessato, agevolato da un mercato chiuso e un improvviso squilibrio tra domanda e offerta.

Questo settore, che ancora oggi è sotto embargo, una volta che questo sarà terminato, dovrà cercare di recuperare le quote di mercato perdute a cominciare dalla fiducia del consumatore, che nel frattempo si sarà visto riempire gli scaffali di prodotti made with Italy e made as in Italy, senza contare i prodotti che sfruttano l’italian sounding, prodotti con un nome riconducibile all’Italia che spesso può generare una, peraltro ricercata, confusione per il consumatore ‒ fenomeno che dal 2014 ha richiesto più di 1.500 interventi  per un controvalore superiore ai 13 miliardi di euro. Per quanto possano essere buoni i prodotti realizzati anche dai nostri connazionali all’estero, si spera di riuscire a mantenere la consapevolezza che certamente non siano un made in Italy, un appellativo sinonimo di qualità, che trasmette fiducia al consumatore, motivo per molti produttori a non delocalizzare per non perdere quel vantaggio competitivo che quelle tre parole riescono a trasmettere.

“L’Italia torna a puntare sulla Russia e chiude il 2017 con un export prossimo agli 8 miliardi di euro, in aumento del 19,3% sull’anno precedente. Dopo il biennio nero 2015-2016 il valore delle esportazioni raggiunge il segno positivo e cresce grazie, soprattutto, alla reazione della diplomazia del business italiano che ha ripreso la rotta verso Mosca nonostante il continuo inasprimento dei toni e della tensione geopolitica”. Così Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e dell’Associazione Conoscere Eurasia, ha aperto oggi i lavori del VI seminario italo russo a Milano, organizzato dal Consolato Generale della Federazione Russa, Conoscere Eurasia, Roscongress, Forum economico internazionale di San Pietroburgo in collaborazione con Intesa Sanpaolo, Banca Intesa Russia e Pavia e Ansaldo Studio Legale.

“Siamo ancora lontani – ha proseguito Fallico – dal recuperare le perdite accumulate in questi ultimi anni di grave recessione delle relazioni economiche tra i due Paesi. Oggi, infatti al nostro export mancano circa 2,7 miliardi di euro per riallinearsi al valore massimo pre-sanzioni raggiunto nel 2013, quando le vendite made in Italy in Russia raggiunsero i 10,7 miliardi di euro. Oggi constatiamo un’inversione di tendenza – ha concluso il presidente di Banca Intesa Russia e di Conoscere Eurasia – le opportunità di business tra i due Paesi si sono intensificate e le imprese italiane stanno lavorando per riconquistare quote di mercato in questo Paese strategico”.

Secondo i dati Istat elaborati da Conoscere Eurasia in occasione del VI seminario italo russo di Milano, la Lombardia guida l’export italiano verso la Russia confermandosi, così, prima regione italiana per valore. Nei primi 3 trimestri del 2017, infatti, le vendite hanno superato 1,7 miliardi di euro (+30,4%), con un saldo commerciale positivo di quasi 626 milioni di euro.

A trainare la performance lombarda è il settore manifatturiero che complessivamente segna un +30%. Tra i vari comparti in ripresa spiccano quello della farmaceutica (+34%), dei macchinari (+46%) e del tessile (+16%).

All’incontro partecipano, tra gli altri: Tatiana Valovaya, ministro dell’integrazione e della macro economia della Commissione economica eurasiatica; Alexander Nurizade, Console generale della Federazione Russa a Milano; Mauro Micillo, Responsabile Divisione Corporate e Investment Banking di Intesa Sanpaolo e Amministratore Delegato di Banca IMI; Giancarlo Giorgetti, deputato; Antonio Fallico, presidente Banca Intesa Russia e presidente Associazione Conoscere Eurasia; Igor Karavaev, presidente Rappresentanza commerciale della Federazione Russa in Italia; Daniela Mainini, consigliere regionale Lombardia; Marinella Loddo, direttore ICE -Milano; Sergei Komlev, capo Direzione per la strutturazione dei contratti e della formazione dei prezzi, Gazprom Export; Alberto Ribolla, vicepresidente Siirtec Nigi S.p.A.; Konstantin Simonov, general director National Energy Security Fund; Andrea Clavarino, chairman & ceo Coeclerici Logistics S.p.A.; Stefania Radoccia, Ernst&Young; Aimone Di Savoia Aosta, responsabile Pirelli Tyre Russia; Valeriy Vaisberg, responsabile Ricerche GK Region (Analisi del mercato russo in campo farmaceutico e delle apparecchiature medicinali); Sergio Forelli, partner Studio Legale Pavia e Ansaldo Mosca.

LA RUSSIA PUNTA SUL GRANO: PRONTA VARIETA’ IN GRADO DI RESISTERE A MALATTIE E CON PIU’ PROTEINECOSTI RIDOTTI ED ELEVATA QUALITA’, COSI SI SCOMMETTE SULL’EXPORT

GRANO RUSSIA

La Russia scommette sul grano, che potrebbe diventare nuovo traino dell’export. Dopo “l’oro nero”, il petrolio, si punta sull'”oro giallo”. Si sta infatti mettendo a punto una varietà in grado di resistere a malattie e condizioni ambientali difficili, che non solo non avrà bisogno di antiparassitari, ma avrà un contenuto proteico superiore a quello dei grani prodotti in altri paesi e per di più sarà economico. Caratteristiche che sulla carta candidano il grano russo a diventare il prodotto più esportato del paese.

L’accademico russo Bagrat Sandukhadze ha spiegato a Sputnik che mentre molti paesi del mondo affrontano difficoltà legate alla qualità del grano e alla sua capacità di adattarsi a condizioni ambientali difficili, un nuovo tipo di frumento russo non necessita di antiparassitari, e non è affetto da alcuna malattia. Uno specialista del settore – Bagrat Sandukhadze – ha rilevato che questo tipo di frumento si può già trovare nella Russia centrale, nella regione di Primorye.

“Siamo vicini alla creazione di un grano ideale che non ha bisogno di pesticidi ed erbicidi”, ha detto. Secondo lo scienziato, il nuovo tipo di grano russo sviluppato da selezionatori di sementi presso l’Istituto di Ricerca scientifica di Mosca “Nemchinovka” ha caratteristiche uniche. Sopporta perfettamente il freddo, contiene molte più proteine ​​rispetto ad altre varietà in tutto il mondo e probabilmente sostituirà il petrolio come principale prodotto di esportazione in pochi decenni.

L’accademico ricorda come la qualità del grano diminuisce in tutto il mondo, mentre aumenta la produzione. Il grano prodotto in Francia, in Inghilterra e in Germania contiene l’8-9 per cento di proteine, mentre lo standard è al 14 per cento “, ha aggiunto. Il grano russo arriverebbe invece a contenere il 18 per cento di proteine. “Abbiamo grandi prospettive – ha concluso Sandukhadze -. In 20-30 anni il mondo intero vorrà comprare grano russo, il petrolio e il gas saranno il passato, in Russia verrà coltivato grano economico e di alta qualità. L’uso di pesticidi sarà ridotto quasi allo zero. Il nostro prezzo sarà di due volte inferiore a quello di altri paesi del mondo e la qualità migliore”.

Secondo l’ultima relazione mensile sul commercio pubblicata oggi dalla Commissione Europea, ad agosto 2017 le esportazioni agroalimentari europee sono rimaste forti, con un aumento della bilancia commerciale di 2,4 miliardi di euro.

Sono aumentate di 11,5 miliardi di euro (+8% rispetto a luglio 2017). Gli incrementi mensili maggiori delle esportazioni hanno riguardato ancora una volta la Russia e gli Stati Uniti, rispettivamente +153 milioni e +108 milioni di euro rispetto al 2016.

Riguardo ai settori, le esportazioni di vino e vermut e di latte in polvere hanno registrato l’aumento maggiore, rispettivamente 130 milioni e 123 milioni di euro rispetto all’anno precedente. Anche le importazioni agroalimentari dell’UE sono aumentate, precisamente del 4% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, registrando un’eccedenza di 2,4 miliardi di euro nella bilancia commerciale.

La relazione di questo mese si concentra sul commercio agroalimentare con la Russia. Dopo un calo iniziale, sia dei prodotti vietati che di quelli non vietati, le esportazioni UE di prodotti non vietati verso la Russia hanno ripreso a crescere fino a raggiungere 6 299 milioni di euro nel periodo settembre 2016-agosto 2017, con un aumento di valore del 14% rispetto al periodo precedente.

La Russia torna cosi’ al quarto posto tra le principali destinazioni dell’esportazione di prodotti agroalimentari dell’UE, davanti al Giappone.

RUSSIA ED EMIRATI ARABI LAVORANO SU SEMPLIFICAZIONE E CONDIZIONI EXPORT PRODOTTI AGRICOLI RUSSI

La Russia e gli Emirati Arabi Uniti stanno lavorando in sinergia sulla semplificazione del regime e delle condizioni relative alle esportazioni agricole della Russia verso i paesi Emirati Arabi Uniti. Ad annunciarlo è stato il vice ministro Sergei Levin.

“I negoziati con i colleghi dei ministeri degli Emirati si sono concentrati sulle condizioni di accesso delle nostre merci, sia ai mercati UAE, che ai mercati del Medio Oriente e del Golfo Persico attraverso gli Emirati Arabi Uniti. Abbiamo convenuto con i colleghi degli Emirati che occorre lavorare insieme sulla semplificazione del regime e sulle condizioni di esportazione”, ha detto Levin a margine della fiera Gulfood.

Ha poi aggiunto che, dato che il rublo si è rafforzato, le merci russe sono sempre meno competitive ed è diventato difficile competere con paesi come il Brasile, che ha notevolmente svalutato la propria valuta nazionale.

RUSSIA, MEDVEVEV: SIAMO TORNATI LEADER MONDIALI NEL MERCATO ALIMENTARE GLOBALE. IL PREMIER HA PARLATO AL FORUM MONDIALE DEL GRANO 2016 DI SOCHI. NEGLI ULTIMI 10 ANNI L’ESPORTAZIONE DEL GRANO RUSSO E’ TRIPLICATA. SUPERANDO 34 MILIONI DI TONNELLATE. MINISTERO PREVEDE RACCOLTO PER 117 MLN T. ED EXPORT DI 35/40 MLN T.

dmitri-medvedevLa Russia è tornata ad essere uno dei leader mondiali sul mercato alimentare globale. Lo ha detto il primo ministro russo Dmitry Medvedev parlando alla sessione plenaria del Forum mondiale del grano 2016 dedicato allo sviluppo della cooperazione internazionale nel mercato del grano che ha preso il via nella città russa di Sochi. “Oggi, siamo in grado di guardare al futuro con più fiducia. La Russia in questi anni è tornata ad avere il suo status di principale attore sul mercato alimentare globale”, ha detto Medvedev. Lo scorso 8 novembre il ministro dell’Agricoltura Alexander Tkachev aveva detto che i ricchi raccolti di grano degli ultimi tre anni avrebbero permesso alla Russia di diventare il più grande esportatore di grano sul mercato globale. Negli ultimi dieci anni, l’esportazione del grano russo è triplicato, superando le 34 milioni di tonnellate. Il ministero dell’Agricoltura si aspetta che il raccolto di grano sarà pari a 117 milioni di tonnellate e che l’esportazione di grano nel 2016-2017 raggiungerà le 35-40 milioni di tonnellate.

IL PIANO STRAORDINARIO CHE PUNTAVA SU STATI UNITI E LASCIAVA INDIETRO LA RUSSIA

ECCO IL PIANO STRAORDINARIO SUL MADE IN ITALY: “BUY ITALIAN GET MORE”. CARTELLONI SULL’ITALIAN TASTE A TIMES SQUARE. “FARA COLPO” SU UN MILIARDO DI PERSONESI PARTE DA NEW YORK, ILLINOIS, TEXAS E CALIFORNIA. STOP ITALIAN SOUNDING, MA “SENZA OFFENDERLO”. TUTTE LE INIZIATIVE E TUTTE LE FIERE E GDO USA SCELTE. E I SOLDI COME VENGONO USATI? MIPAAF: LO DECIDE L’ICE