Pesca, interrogazione Pastorino (+Europa Camera): su limitazioni per palangaro

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-02445

presentato da

PASTORINO Luca

testo di

Martedì 5 marzo 2024, seduta n. 256

PASTORINO. — Al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

il palangaro è un attrezzo di pesca professionale e sportiva tra i più antichi e più utilizzati, soprattutto dagli operatori della piccola pesca nel Mediterraneo, le tecniche di utilizzo di questo attrezzo sono state tramandate verbalmente dai pescatori che nei secoli ne hanno fatto la loro risorsa ed il loro mestiere. Essendo un metodo di pesca fortemente selettivo, la pesca col palangaro si effettua con limitati consumi energetici ed è molto rispettosa delle risorse che si sfruttano;

fino all’emanazione, il 30 gennaio 2024, del decreto ministeriale «Misure tecniche per la pesca sportiva e ricreativa con il palangaro», il palamito utilizzabile per la pesca sportiva poteva essere dotato di un numero massimo di duecento ami. L’atto del Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, che si applica all’attività di pesca sportiva e ricreativa con il palangaro di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, riduce notevolmente il numero degli ami stabilendo che «Il numero complessivo degli ami dei palangari presenti a bordo e/o calati da ciascuna unità da diporto non deve essere superiore a 50, qualunque sia il numero delle persone presenti a bordo»;

le ragioni di questa nuova regolamentazione risiederebbero nella necessità di introdurre misure più restrittive di quelle vigenti, atte a prevenire, scoraggiare ed eliminare fenomeni di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. Tuttavia, ad avviso dell’interrogante, la diretta conseguenza del decreto sarà quella di eliminare le tradizioni della pesca amatoriale e sportiva, lasciando intatto il fenomeno dell’illegalità che andrebbe, invece, giustamente combattuto con strumenti differenti, primo fra tutti il controllo dell’attività;

con un palangaro da cinquanta ami di fatto si cancella la pesca sportiva, pur senza farlo ufficialmente, decretando la fine di una tradizione della cultura marinara propria della Liguria nonché delle coste italiane e provocando ingenti danni economici all’indotto –:

se ritenga di adottare iniziative volte a rivedere quanto stabilito nel decreto citato in premessa, eliminando la limitazione dei cinquanta ami per palangaro, predisponendo l’apertura di un tavolo congiunto con le associazioni sportive di pesca al fine di giungere a una soluzione che permetta di mantenere in vita una tradizione ormai radicata, quale quella della pesca sportiva e ricreativa con il palangaro, e al contempo individuare misure, puntuali ed efficaci, necessarie per il contrasto della pesca illegale.
(4-02445)




Acquacoltura: incontro in Confagricoltura su sostenibilità e sviluppo con i paesi Mediterranei extra Ue e del Mar Nero

Confagricoltura ospita oggi, a Palazzo della Valle a Roma, un workshop internazionale sull’acquacoltura, organizzato dalla FEAP (Federazione europea dei produttori di acquacoltura), in collaborazione con la Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (GFCM) della FAO e l’Associazione Italiana Piscicoltori (API).

L’evento coinvolge 30 paesi del Mediterraneo e del Mar Nero, tra cui Croazia, Egitto, Georgia, Grecia, Italia, Libano, Libia, Malta, Marocco, Romania, Spagna, Portogallo e Tunisia.

Si tratta di un’importante opportunità di scambio di conoscenze ed esperienze tra rappresentanti di aziende europee e associazioni del comparto acquacoltura con altre realtà extra-UE, con l’obiettivo di confrontarsi e sviluppare il settore in un’ottica di sostenibilità, in linea con la Strategia GFCM 2030 per la pesca e l’acquacoltura sostenibili nel Mediterraneo e nel Mar Nero.

Con la crescente domanda e il sovrasfruttamento degli stock ittici, l’acquacoltura non può più essere considerata una semplice alternativa alle attività di pesca, ma è una realtà produttiva a tutti gli effetti, in grado di generare benefici economici, ambientali e di rispondere al progressivo depauperamento della fauna acquatica.

Nell’incontro di oggi i produttori dei 30 Paesi partecipanti presentano alle istituzioni – per l’Italia la Direzione Generale della pesca marittima e dell’acquacoltura del Masaf, – le loro strategie per ottenere prodotti ittici sani, sostenibili e capaci di soddisfare la necessità globale di prodotto: in Italia, ad esempio, solo 2 pesci ogni 10 sono “made in Italy”.

L’Europa è il continente con il più alto consumo di prodotti ittici, con una media di 24,5 kg/pro capite all’anno, superiore alla media mondiale di 18 kg. Contribuisce al 18% della produzione totale in acquacoltura e dà lavoro a circa 85.000 persone.

L’attività produttiva del comparto è rinomata in termini di qualità, sostenibilità e tutela dei consumatori. La FEAP prevede che, nel 2030, l’acquacoltura contribuirà per 4,5 milioni di tonnellate di prodotti ittici con la creazione di ulteriori 23.000 posti di lavoro.




Pesca, Serpillo (Agripesca): Bruxelles non può limitare pesca come unico rimedio per sostenibilità, servono strumenti. VIDEOINTERVISTA

“Ci sono troppe incongruenze, sia nella legislazione, sia nelle politiche che dovrebbero supportare lo sforzo dello sviluppo sostenibile del settore pesca, compresa la Legge Salvamare. Serve una visione organica, di ampio raggio e lunga gittata perché i temi del settore abbiano una reale attuazione e gli obiettivi possano essere realizzati con successo, anche dal punto di vista delle relazioni internazionali”.

Così ad AGRICOLAE Mario Serpillo, presidente Agripesca, in occasione del convegno “Competitività delle imprese ittiche e sviluppo sostenibile, organizzato da Agripesca a Roma.

“Dobbiamo affrancarci dalle difficoltà e dai pregiudizi che stiamo vivendo. A questi ultimi rispondiamo chiedendo al Governo di avvantaggiarsi con le relazioni internazionali verso i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, perché la causa è comune e l’insuccesso sarebbe di tutti, anche dei paesi del Nord Europa.

Dobbiamo affrancare il tavolo della cooperazione internazionale, dalle contraddizioni che continuiamo a registrare a Bruxelles. L’Europa non può chiedere di limitare la pesca come unico rimedio, deve dirci e darci gli strumenti per aiutare il bene comune, per risolvere le gravi criticità che riguardano fauna e flora marina e l’equilibrio dei mari, tutto messo a dura prova dall’inquinamento delle plastiche”, conclude Serpillo




Ue, Pesca: Meno sovrasfruttamento, ma sono necessari ulteriori sforzi per proteggere le risorse marine. Lavorare a ulteriori riduzioni nel Mediterraneo

Oggi la Commissione ha pubblicato la sua comunicazione “Verso una pesca più sostenibile nell’UE: stato di avanzamento e orientamenti per il 2023”, che presenta un riesame annuale della gestione della pesca dell’UE e delinea le priorità future per il 2023. I dati, valutati da agenzie scientifiche indipendenti, mostrano che gli sforzi di conservazione stanno dando ulteriori frutti e che la politica della pesca dell’UE ha contribuito a ridurre la pesca eccessiva nelle acque europee. Allo stesso tempo, sono ancora necessari ulteriori sforzi per proteggere le risorse marine, sia mantenendo alti livelli di ambizione all’interno dell’UE, sia cercando di raggiungere lo stesso standard elevato nel lavoro con i paesi terzi, come Norvegia, Regno Unito e le zone costiere degli Stati.

Gli stock nelle aree dell’Atlantico nord-orientale sono, in media, entro livelli che offrono i rendimenti sostenibili più elevati in futuro (denominati “rendimento massimo sostenibile” o MSY). Per il Mediterraneo la situazione è ulteriormente migliorata ma c’è ancora molta strada da fare. Nel Mar Baltico, a causa dell’eutrofizzazione, i bassi livelli di ossigeno nell’acqua stanno ostacolando la normale crescita e riproduzione dei pesci e sono state messe in atto misure di protezione.

Il commissario per l’Ambiente, gli oceani e la pesca Virginijus Sinkevičius, ha dichiarato:“Dopo molti anni di lavoro, stiamo assistendo a tendenze positive: più pesce in mare, in crescita fino alla maturità, meno carburante utilizzato durante la cattura e tecniche utilizzate a minor impatto ambientale. I pescatori e le donne, e in particolare le giovani generazioni, sono ora più consapevoli e disposti a seguire i pareri scientifici sia sulla quantità delle catture che sulle specie sensibili che necessitano di protezione. Dobbiamo continuare i nostri sforzi in tutte le aree, ma soprattutto nel Baltico e nel Mediterraneo, e dobbiamo fare un lavoro migliore proteggendo le specie e gli habitat sensibili poiché, a lungo termine, questo porterà a tutti più pesci in tavola e a fiorenti comunità di pescatori. Conto sul sostegno dell’industria e degli Stati membri per raggiungere questo obiettivo”.

Stabilire le priorità per il 2023

Nella comunicazione odierna, la Commissione ha definito il suo programma per il prossimo anno:

• Migliore gestione della pesca nel bacino del Mediterraneo, basandosi sui risultati ottenuti nel Mediterraneo occidentale e nel Mare Adriatico;

• Corretta attuazione dell’obbligo di sbarco;

• Migliori dati dai sondaggi per migliorare la consulenza scientifica e le analisi economiche;

• Più azioni per proteggere gli ecosistemi marini.

Nel Mar Mediterraneo, dove l’intensità della pesca sta superando i livelli sostenibili di quasi il 100%, sono necessarie ulteriori riduzioni. Grandi sforzi saranno volti all’ulteriore attuazione del piano pluriennale per il Mediterraneo occidentale e delle misure adottate dalla Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo. Il miglioramento delle misure di conservazione per il Mare Adriatico, al fine di ridurre l’intensità della pesca e aumentare i rendimenti a lungo termine, avrà un ruolo di primo piano nelle possibilità di pesca del 2023.

In linea con le priorità fissate per il 2023, gli Stati membri dovranno rafforzare l’applicazione e il controllo del rispetto dell’obbligo di sbarco ed eliminare i rigetti evitando le catture indesiderate. In particolare, dovrebbero utilizzare strumenti di controllo moderni e adeguati, come i sistemi di monitoraggio elettronico a distanza, che rappresentano il mezzo più efficace ed efficiente in termini di costi per controllare l’obbligo di sbarco in mare. La Commissione continuerà a collaborare con il Parlamento europeo e il Consiglio per raggiungere un accordo sul sistema di controllo della pesca rivisto, che può facilitare l’uso di questi strumenti.

La Commissione continuerà inoltre a lavorare per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità in tutti i settori, anche in partenariato con gli Stati vicini e la cooperazione con le organizzazioni internazionali di gestione della pesca, e pubblicherà presto un piano d’azione per preservare le risorse della pesca e proteggere gli ecosistemi marini. 

Guerra in Ucraina: il costo per la flotta peschereccia dell’UE-27 potrebbe tagliare i profitti di 300 milioni di euro

Gli ultimi mesi sono stati molto impegnativi per la pesca dell’UE. I prezzi del carburante marittimo sono quasi raddoppiati in seguito all’aggressione militare russa contro l’Ucraina, e questo ha interrotto l’attività di pesca. Le attività di pesca vicino all’Ucraina hanno dovuto cessare le attività per motivi di sicurezza. Gli elevati costi operativi hanno portato alcuni operatori a rimanere in porto. I dati provvisori suggeriscono che se i prezzi dell’energia rimarranno al livello attuale, la flotta peschereccia dell’UE perderebbe complessivamente 300 milioni di euro di utile operativo nel 2022.

L’UE ha facilitato il ricorso al sostegno in caso di crisi nell’ambito del Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (EMFAF) e ha adottato un quadro di crisi temporaneo per gli aiuti di Stato a sostegno dei settori della pesca, dell’acquacoltura e della trasformazione. Un ulteriore pacchetto di sostegno è stato proposto dalla Commissione attraverso un emendamento al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), che ora è all’approvazione del Parlamento europeo e del Consiglio.

Prossimi passi

Gli Stati membri, i consigli consultivi, l’industria della pesca, le organizzazioni non governative e i cittadini interessati saranno invitati a partecipare a una consultazione pubblica tra giugno e la fine di agosto e ad esprimere le proprie opinioni sulle possibilità di pesca per il 2023.

Dopo la consultazione, la Commissione presenterà le sue proposte per i regolamenti sulle opportunità di pesca per il 2023 nell’Atlantico, nel Mar Baltico e nel Mar Baltico, nonché nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero. Le proposte tengono conto dei piani pluriennali e si basano sui pareri scientifici forniti dal Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM) e altri organismi indipendenti, nonché sull’analisi economica fornita dal Comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca (CSTEP).

Le proposte incorporeranno anche gli adeguamenti risultanti dall’attuazione dell’obbligo di sbarco. Infine, il Consiglio discuterà le proposte della Commissione e stabilirà l’assegnazione delle possibilità di pesca.

Sfondo

Ogni anno la Commissione pubblica una comunicazione che illustra i progressi sulla situazione degli stock ittici e avvia un’ampia consultazione pubblica sulla fissazione delle possibilità di pesca annuali per l’anno successivo. La presente comunicazione valuta i progressi compiuti dall’UE verso una pesca sostenibile ed esamina l’equilibrio tra capacità di pesca e possibilità di pesca, i risultati socioeconomici del settore e l’attuazione dell’obbligo di sbarco. Stabilisce inoltre la motivazione della proposta sulle possibilità di pesca per l’anno successivo.

Di seguito AGRICOLAE pubblica il Pdf della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (Verso una pesca più sostenibile nell’UE: stato di avanzamento e orientamenti per il 2023):

com-2022-253_en (1)

swd-2022-157_en

 




Risoluzione, Di Stasio M5S Camera, su delimitazione spazi marittimi nel Mar Mediterraneo

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00659

presentato da

DI STASIO Iolanda

testo di

Venerdì 14 maggio 2021, seduta n. 508

Le Commissioni III e XIII,

premesso che:

il 6 maggio 2021 la fregata Libeccio della Marina militare, impegnata nell’Operazione Mare Sicuro, è intervenuta in assistenza dei pescherecci italiani Artemide, Aliseo e Nuovo Cosimo partiti da Mazara del Vallo. I pescherecci erano in attività di pesca nelle acque della Tripolitania all’interno della zona definita, dal Comitato di coordinamento interministeriale per la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture, «ad alto rischio», precisamente a circa 35 miglia nautiche dalla costa libica;

l’intervento si è reso necessario per la presenza di una motovedetta della Guardia costiera libica in rapido avvicinamento ai motopesca italiani che ha sparato colpi da fuoco di avvertimento dalle motovedette libiche ferendo lievemente il comandante di uno dei pescherecci;

il 3 maggio 2021 la fregata Alpino della Marina militare si trovava a dirigersi verso sette pescherecci italiani: Michele Giacalone, Antonino Pellegrino, Giuseppe Schiavone, Nuovo Cosimo, Aliseo, Anna Madre Artemide che si trovavano nelle acque della Cirenaica, all’interno della zona già definita ad alto rischio, a 26 miglia nautiche da limite esterno delle acque territoriali libiche. La comunicazione giunta alla Marina militare segnalava un gommone in arrivo ad alta velocità dalla costa cirenaica. La fregata si è avvicinava per fornire eventuale assistenza e per assicurare che non si verificassero incidenti;

il 1° settembre 2020 il peschereccio Anna Madre, era già scampato a un tentativo di sequestro da parte delle autorità libiche quando le forze del generale Khalifa Haftar avevano sequestrato i pescherecci Antartide e Medinea e i rispettivi equipaggi nelle acque antistanti alla Cirenaica per ben 108 giorni;

già il 6 ottobre 2018, a circa 29 miglia dalla costa libica di Derna, si verificò un episodio di sequestro di pescherecci della marineria di Mazara del Vallo (Afrodite Pesca e Matteo Mazarino) da parte di motovedette libiche che avrebbero cominciato a sparare senza preavviso provocando danni alla cabina e alle attrezzature della motopesca Afrodite. Gli stessi vennero rilasciati il 12 ottobre grazie a un’intensa attività diplomatica promossa dalla Farnesina;

la presenza dei pescherecci italiani appartenenti alla marineria di Mazara del Vallo nelle acque antistanti la costa libica (principalmente prospiciente le città di Bengasi e Misurata) è dovuta alla circostanza secondo cui si trovino a svolgere l’attività di pesca del gambero rosso in acque rivendicate unilateralmente dalla Libia come zona di protezione della pesca. Quella della sussistenza dell’Alto Mare nella zona si tratterebbe di una tesi superata che non terrebbe in conto della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 che ha consolidato la facoltà degli Stati costieri di proclamare zone economiche esclusive e da cui il concetto di acque internazionali nel Mediterraneo risulterebbe ormai definitivamente eroso;

la Marina militare svolge operazioni militari nel Canale di Sicilia a tutela e salvaguardia in mare degli interessi nazionali tra cui la Mare Sicuro, la Costant Vìgilance e la Vigilanza Pesca (Vi.Pe);

è stata autorizzata dal Parlamento per il periodo 1° gennaio 2020-31 gennaio 2021 la partecipazione dell’Italia alle seguenti missioni e operazioni internazionali: United Nations Support Mission in Libya – UNSMIL, Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia, missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera libica, European Union Border Assistance Mission in Libya – EUBAM Libya, «mare Sicuro»: dispositivo aeronavale nazionale nel Mediterraneo, nel cui ambito è inserita la missione bilaterale in supporto alla Guardia costiera libica;

l’Italia partecipa altresì e ha il comando della Missione europea Eunavformed Irini che, nel marzo 2021 il Consiglio ha prorogato fino al 31 marzo 2023. Eunavformed Irini è stata lanciata il 31 marzo 2020, poco dopo la conferenza di Berlino sulla Libia del gennaio 2020, come contributo concreto dell’Unione europea al processo avviato dalla comunità internazionale per sostenere il ritorno alla pace e alla stabilità in Libia ed ha tra i suoi compiti secondari quello di contribuire allo sviluppo delle capacità e alla formazione della guardia costiera e della marina libiche;

nel documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo, riferito agli anni 2019-2021 tra le aree prioritarie della cooperazione italiana vi è la Libia con iniziative di emergenza volte a dare assistenza umanitaria e protezione alle fasce più vulnerabili della popolazione, programmi di sviluppo volti a favorire il processo di stabilizzazione;

nel 2017 l’Italia ha riaperto la sua sede diplomatica a Tripoli e per il 2021 il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha annunciato la riattivazione del consolato generale a Bengasi; la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos) del 1982 fornisce una definizione delle zone economiche esclusive (Zee), regolandone l’attuazione e il rispetto delle norme correlate;

pertanto, una Zee è «un’area esterna ed adiacente alle acque territoriali in cui lo Stato costiero ha la titolarità di: diritti sovrani (Unclos 56, 1, a) sulla massa d’acqua sovrastante il fondo marino ai fini dell’esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse naturali, viventi o non viventi, compresa la produzione di energia dalle acque, dalle correnti o dai venti; giurisdizione (Unclos 56, 1, b) in materia di installazione ed uso di isole artificiali o strutture fisse, ricerca scientifica in mare e di protezione e conservazione dell’ambiente marino»;

secondo il diritto internazionale consuetudinario, ogni Stato ha diritto a dichiarare unilateralmente una zona economica esclusiva che si estende fino a 200 miglia marine dalla linea di base del mare territoriale e per il quale non rileva né la mancata ratifica della Convenzione Unclos, né il mancato deposito della notifica di istituzione della Zee presso il segretariato generale della Nazioni Unite;

nel 2005 la Libia ha trasmesso al segretario generale delle Nazioni Unite la decisione del Comitato popolare generale n. 104 per misurare l’ampiezza del mare territoriale e delle sue zone marittime (Bollettino di diritto del mare n. 5915) e ha stabilito una zona di protezione della pesca (Zpp), i cui limiti si estendono fino a 62 miglia nautiche dal limite esterno del mare territoriale (decisione del Comitato Generale Popolare n. 37 del 24 febbraio 2005), secondo le coordinate geografiche precisate nella decisione n. 105 del 21 giugno 2005 e misurata a partire dalla linea di base retta che chiude il golfo della Sirte, proibendo attività di pesca a chiunque sia sprovvisto di autorizzazione;

relativamente alla decisione, non è stato formalizzato alcun accordo di delimitazione; con la dichiarazione del 27 maggio 2009 e la decisione 31 maggio 2009 n. 260, la Libia ha proclamato una zona economica esclusiva (Zee), inclusiva della precedente Zpp, «sino ai limiti permessi dal diritto internazionale». Il limite esterno della zona verrebbe così a determinarsi in base ad accordi con gli Stati vicini interessati;

l’assenza di una delimitazione precisa dei confini della Zee libica e il fatto che la Libia abbia firmato ma mai ratificato la Convenzione Unclos, fa sì che si debba far capo al diritto internazionale consuetudinario o, in alternativa, ad accordi bilaterali con gli Stati adiacenti e frontisti;

conseguentemente, l’attività di pesca all’interno delle acque sottoposte alla sovranità libica tramite l’istituzione della Zee appare illegittima in assenza del consenso dello Stato costiero e pertanto sembra rilevarsi essere acque sottoposte alla sovranità libica e interdette alla pesca senza preventiva autorizzazione delle autorità governative;

un ruolo particolare per la pesca nel Mar Mediterraneo è svolto dall’Unione europea che esercita, tra l’altro, una competenza esclusiva per la gestione e la conservazione della pesca nelle acque che rientrano nella giurisdizione dei suoi Stati membri e, al di là di tali acque, per quanto riguarda le navi e i cittadini degli Stati membri. I trattati relativi alla pesca che si applicano agli Stati membri sono negoziati e conclusi dall’Unione europea (l’ambito della sua competenza esterna è stato definito dall’Unione europea in una dichiarazione resa il 1° aprile 1998 al momento del deposito del suo strumento di conferma formale dell’Unclos);

già nel 2008 nella risposta all’interrogazione parlamentare n. P-1618/08, la Commissione europea sembra riconoscere la Zee e la conseguente Zpp libica dichiarando: «questioni attinenti alla determinazione dell’ampiezza delle acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione dello Stato costiero rientrano nelle competenze degli Stati membri poiché riguardano l’amministrazione del territorio nazionale. Quando si presentano questioni simili in un contesto internazionale, è competenza degli Stati membri avviare negoziati internazionali o iniziative diplomatiche, come nel caso delle linee di base della Libia. Per questo motivo, le diverse iniziative diplomatiche nei confronti della Libia rappresentavano progetti comuni dell’UE oppure iniziative individuali intraprese degli Stati membri, al cui sviluppo e attuazione è stata associata la Commissione. La Commissione sta inoltre sviluppando attivamente, attraverso un accordo quadro, una base comune per un dialogo strutturato con la Libia su questioni di reciproco interesse Libia-UE»,

impegnano il Governo:

a porre in essere ogni iniziativa utile a favorire l’apertura di un dialogo diplomatico su scala internazionale e regionale e nelle diverse organizzazioni di cui l’Italia è parte al fine di giungere ad una formale determinazione relativa alla delimitazione degli spazi marittimi nel Mar Mediterraneo centrale e alla risoluzione dei contrasti di tipo diplomatico e commerciale enunciati in premessa;

a definire una posizione sull’attività dei pescherecci nazionali nella dichiarata Zpp libica anche attraverso accordi e negoziati conclusi nel rispetto delle prerogative dell’Unione europea, a favore di collaborazioni italo-libiche per il settore specifico della pesca e che contemplino anche la possibilità di gettare le basi per una collaborazione privatistica;

a favorire la creazione di un tavolo tecnico interministeriale tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministero della difesa, Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per la promozione della collaborazione bilaterale nel settore della pesca tra l’Italia e la Libia, e per la definizione di modalità per la gestione sostenibile delle risorse biologiche nelle succitate acque, anche favorendo lo sviluppo di capacità e la nascita di cooperative miste italo-libiche eventualmente finalizzate, una volta raggiunte le necessarie abilitazioni e certificazioni europee, all’esportazione diretta nei Paesi dell’Unione europea;

a estendere l’attività di presenza e sorveglianza della Marina militare, conformemente alle operazioni in atto in ottica di sorveglianza preventiva, nel rispetto degli accordi di cui agli impegni precedenti, oltre che in relazione alle azioni di controllo da parte delle forze libiche.

(7-00659) «Di Stasio, Pignatone, Rizzo».




Ue: Cia, bene Piano d’azione contro il cancro. Valorizzi Dieta Mediterranea

E’ positivo il Piano d’azione contro il cancro presentato dalla Commissione Ue, occorre però valorizzare meglio la Dieta Mediterranea, non classificando i cibi in ‘buoni’ o ‘cattivi’, ma ragionando in termini di regimi alimentari corretti o meno, come universalmente riconosciuto dal mondo scientifico. Così Cia-Agricoltori Italiani ribadendo, anche in occasione dell’odierna Giornata mondiale contro il cancro, la necessità di una comunicazione più efficace che avvicini il mondo agricolo ai cittadini e sostenga, come l’organizzazione sta già facendo con il progetto “Il Paese che Vogliamo”, l’operato delle campagne per la prevenzione.

Per Cia, infatti, occorre un intervento più incisivo in termini di informazione e comunicazione, facendo per esempio chiara distinzione tra fumo e consumo di carne o alcolici, come il vino. Non possono in alcuno modo essere equiparati, trattandosi nel secondo caso, a differenza del primo, di alimenti di cui si possono discutere le quantità, ma non le qualità che ne fanno eccellenze del Made in Italy e della catena alimentare mediterranea. Inoltre, sempre per quanto riguarda la carne rossa e il vino, eliminarne la promozione, come pare voglia fare la Commissione Ue, potrebbe più che eliminare la scelta, accentuare un’errata consapevolezza del giusto apporto nutrizionale.

Dopo un anno d’emergenza sanitaria è dunque importante, secondo Cia, tornare a mettere a fuoco la salute delle persone che passa per lo screening delle malattie, ma anche per la promozione di corretti stili di vita e di un’alimentazione sana e diversificata. Il Piano d’azione Ue, in questo senso, può essere la giusta occasione.

In conclusione, precisa Cia, da una parte, va preservata la Dieta patrimonio Unesco da più di dieci anni, schema alimentare basato su varietà e biodiversità degli alimenti e stagionalità dei prodotti, nonché su un legame unico con il territorio e la sua cultura. Dall’altra, va capitalizzato il ruolo che sono tornate a svolgere, sull’equilibrio psicofisico delle persone, le aree rurali d’Europa. Durante lockdown e restrizioni vincono, infatti, per condizioni ambientali migliori, sebbene con ancora troppe difficoltà nell’ambito dei servizi, soprattutto sanitari. E’ tempo, infine, di supportare questo processo con più formazione ed educazione alimentare, innovando nella promozione e sviluppando sistemi alimentari più resilienti al cambiamento.




Pesca nel mediterraneo, Agrifish. Bellanova: Accordo che tutela le risorse ittiche e garantisce la redditività delle imprese

Il Consiglio dell’Unione europea, nel corso della nottata appena trascorsa, ha finalmente concluso un compromesso per la pesca nel Mediterraneo occidentale che, tutelando le risorse ittiche, riesce anche a garantire la redditività delle imprese.

Il risultato è stato raggiunto a seguito di un lungo negoziato con la Commissione UE, che ha visto l’Italia al fianco di Francia e Spagna.

“Il negoziato è stato molto complesso – dichiara la Ministra Teresa Bellanova – ma siamo molto soddisfatti del risultato.”

La proposta iniziale della Commissione europea prevedeva infatti una riduzione dello sforzo di pesca del 15% in termini di giornate. “I nostri piani nazionali già prevedevano un 15% in meno –precisa la Ministra – ma l’emergenza Covid ha duramente colpito la pesca, fortemente legata al settore horeca, e la scelta sarebbe stata inaccettabile”.

L’accordo raggiunto prevede invece una riduzione dello sforzo di pesca comune ai tre Stati membri del 7,5%, più alcune misure aggiuntive per ciascun Paese.

“Francia e Spagna hanno optato per ulteriori aree da chiudere alla pesca entro l’estate –spiega Bellanova – ma questa opzione sarebbe stata impraticabile per noi”.

L’Italia ha quindi sottoscritto un impegno per un’ulteriore riduzione dello sforzo di pesca del 2,5% arrivando così a un 10% di riduzione totale, senza ulteriori obblighi. “Di fatto la riduzione sarà inferiore – ha proseguito la Ministra – poiché un’ulteriore riduzione del 7% era già stata raggiunta dalla nostra flotta con gli scorsi piani di gestione. La riduzione sarà quindi di meno del 3% in termini reali”

“E’ positivo che per il comparto italiano non saranno previste ulteriori misure di gestione – conclude la Ministra Bellanova – come la riduzione delle aree di pesca o misure restrittive sugli attrezzi, che avrebbero gravato i nostri pescatori di nuove spese per la sostituzione delle reti”.

Il risultato raggiunto rappresenta il primo passo verso una gestione più attenta della risorsa, che tenga conto delle esigenze di una pesca multi-specifica mediante l’introduzione di nuove metodologie di gestione, che potranno consentire di regolare non soltanto il prelievo, ma anche l’offerta e il prezzo sul mercato, a beneficio delle imprese.




Pesca: appello dei pescatori di Italia, Francia, Spagna per dire no a nuove limitazioni nel Mediterraneo

I pescatori di Italia, Francia e Spagna chiedono ai rispettivi Stati di non appoggiare la proposta della Commissione europea che mira ad introdurre nel 2021 un ulteriore riduzione del 15% dello sforzo di pesca per il Mediterraneo occidentale. Lo rende noto l’Alleanza delle Cooperative Pesca che ha sottoscritto insieme ai rappresentanti di settore francesi e spagnoli un appello rivolto alle istituzioni nazionali per dire no a nuovi e pesanti vincoli per l’attività lavorativa. “Nessuna accelerazione su nuovi interventi, ma proseguire con le misure in essere che prevedono, per il 2020, già un taglio delle giornate di pesca e il rispetto di chiusure spazio- temporali per tutelare le risorse ittiche”, sottolinea l’Alleanza. “Non è pensabile intervenire con nuove restrizioni quando ancora non si ha avuto modo di valutare gli effetti degli interventi in essere. Questa nuova proposta rischia di produrre effetti peggiori e più a lungo termine del lockdown imposto dalla pandemia. Così si vanificano gli interventi di sostegno economico messi in campo per contrastare le ricadute economiche del Covid”, conclude l’Alleanza.




Eima International, Agia Cia: Agricoltura 4.0 e Mediterraneo, crescita tecnologica è la chiave

Agia, l’Associazione Giovani Imprenditori Agricoli ha voluto organizzare insieme a FederUnacoma una serie di webinar che anticipa la 44ma edizione di Eima International, spostata a causa della pandemia a febbraio 2021. L’Eima Digital Preview vuole essere un ponte verso la manifestazione attraverso una seri di Webinar. Il focus di oggi si è incentrato sull’agricoltura 4-0 e Mediterraneo: strategie per la sostenibilità ambientale, economica e sociale. Gli interventi hanno visto la partecipazione di iscritti all’Agia. Sul tema delle ripercussioni delle tecnologie e della strategia sull’agricoltura è intervenuto Massimo Iannetta, responsabile Enea per le biotecnologie. Il professore ha sottolineato le prossime sfide globali e soprattutto europee: “Dovremo produrre di più con maggiore efficienza, ma sarà necessario valutare gli aspetti del cambiamento climatico, della sicurezza alimentare, della produzione etica, ma soprattutto del reddito degli agricoltori”.

Iannetta ribadisce la linea comune tracciata dall’UE: “La Commissione Europea, ha lanciato il programma New Green Deal e soprattutto il progetto Farm to fork, che prevede come obiettivi la riduzione dei pesticidi, dei fertilizzanti e degli antibiotici, diminuendo anche la perdita dei nutrienti del 50%. Il programma di ricerca e sviluppo Horizon Europe dedica una parte proprio al cibo, agricoltura e ambiente. Questo programma quadro vale 85 miliardi di euro.

La sfida per l’Europa riguarda la costruzione di un sistema agroalimentare robusto, che possa lavorare per consumatori e produttori. Ma come si raggiunge questo obiettivo? Innestando il sistema produttivo con i concetti di economia circolare. Questo è possibile sfruttando progetti innovativi per la crescita delle biomasse, utilizzando ad esempio nuovi materiali e farmaceutica avanzata: sostenibilità per la competitività”.

L’intervento di Rudy Marranchelli, vice presidente di Agia, ha centrato la questione innovazione: “Affrontiamo il tema dell’agricoltura 4.0. La nuova strategia europea è orientata alla sostenibilità e i giovani imprenditori agricoli sono chiamati alla sfida dell’utilizzo di meno risorse e del miglioramento dell’efficienza delle nostre aziende agricole. Abbiamo bisogno di ricerca e divulgazione. Quando parliamo di evoluzione tecnologica dobbiamo concentrarci sull’agricoltura di precisione. Penso ai big data che permettono di prevenire alcune patologie o di stabilire il perfetto fabbisogno delle piante. Solo così possiamo vincere la doppia sfida, produrre di più con meno risorse e ottenendo maggiore qualità e su queste sfide ci sentiamo pronti”.

Per Carmelo Allegra, presidente Agia della Sicilia, il processo di crescita tecnologica è la chiave: “Come cereagricoltore la meccanizzazione è stata sempre fondamentale, ma oggi grazie ai big data stiamo facendo grossi passi in avanti. La Tecnologia 4.0 ha difficoltà a diffondersi in certi luoghi. Per rafforzarla servono facilitatori, come studenti competenti e formati che si muovono sul territorio oppure come gli aiuti di stato e europei, che ci permetterebbero di crescere nel campo dell’agricoltura di precisione. Questa innovazione non può bastare, ma Crea può fare la sua parte”.

Enrico Calentini Agia Abruzzo ha concentrato il suo intervento sulle energie rinnovabili per le aree interne. “Con il fotovoltaico abbiamo un forte impatto sul territorio e questo tipo di strutture va superato. Per questo stiamo valutando impianti sospesi di tipo agri-fotovoltaico, che consentono di mantenere la produzione sotto i pannelli. La ricerca sottolinea addirittura un aumento della resa agricola. Il fotovoltaico tradizionale può essere utilizzato sulle strutture rurali, sfruttando anche le nuove batterie di accumulo e con le nuove colonnine di ricarica per i veicoli elettrici aziendali”.

Alessandro Malavolti Presidente FederUnacoma ha raccomandato la salvaguardia della diversità dei prodotti italiani: “Dobbiamo ragionare sulla biodiversità, che va protetta rispetto alla standardizzazione. Per questo dobbiamo, nel Mediterraneo, sfruttare la tracciabilità, anche tramite sensori. Dal punto di vista industriale stiamo puntando alla robotizzazione, allargando il raggio anche nelle zone più impervie”.




2018-2019, Serpillo: agroalimentare in grado di ridurre tensioni mediterraneo e immigrazione

“Il 2018 è stato un anno fortissimo. abbiamo rilanciato la nostra organizzazione per l’ambiente e il turismo e abbiamo per questo apprezzato l’iniziativa di accorpare il settore del turismo al Mipaaf. Abbiamo presentato la candidatura dall’Unesco della transumanza e stiamo lavorando intensamente su questo versante dato che il turismo si traduce in uno strumento essenziale per promuovere e far conoscere i nostri territori”. Così ad AGRICOLAE il presidente dell’Unione nazionale dei coltivatori italiani, Uci, Mario Serpillo nel commentare l’anno che si sta per chiudere.

“Abbiamo anche avviato concretamente la costruzione della Confederazione del Mediterraneo”, prosegue. “Uno degli obiettivi è la valorizzaione delle nostre filiere a livello nazionale. Crediamo che, a fronte della violenza della globalizzazione, occorre fare quadrato sulle colture dalle grandi tradizioni che possono trovare nella dimensione euromediterranea un ancoraggio forte e una tutela condivisa. L’obiettivo è inoltre quello – prosegue ancora Serpillo – di dare ai paesi del Nord Africa e del Magrheb il know how che il nostro paese è in grado di fornire per lo sviluppo della loro economia. La Confederazione si pone come piattaforma per avviare processi di cooperazione economica e sociale in quell’area”.

L’idea dell’Uci, spiega ancora Serpillo, “è in realtà quella di ridurre le tensioni soprattutto nel settore dell’immigraizone e può determinare processi di sviluppo se avviato intelligentemente in quelle aree creando condizioni di vita di benessere per i popoli che si affacciano sul mediterraneo. Questo – conclude – è l’obiettivo più alto che noi affidiamo alla Confederazione”.

 

Gerardo Spera




BILANCIO 2017, Serpillo: Italia promuova se stessa, puntando al mediterraneo

Un anno duro che ha mostrato dei segni importanti che vanno colti con un maggiore ottimismo. Questo il commento del presidente Uci Mario Serpillo ad AGRICOLAE nel tirare le somme dell’anno che si sta per chiudere. “Abbiamo bisogno di sentirci nuovamente una grande comunità rispetto al contesto internazionale e al Mediterraneo”, prosegue. “L’italia deve essere in grado di promuovere se stessa la pari di alcuni paesi competitor come la Francia”, insiste Serpillo strizzando l’occhio al Mediterraneo. “C’è tanto spazio di protagonismo per il nostro paese nel Mediterraneo. Un continente che attende solo segnali per cercare di trovare la via dello sviluppo sostenibile grazie a un partner leader come l’Italia. Quello del Mediterraneo è infatti l’ultimo scacchiere rimasto dove si giocano i grandi temi del momento legati al bisogno primario: terra, acqua e cibo”, conclude.

 




PRESENTAZIONE VII RAPPORTO DI SM SU RELAZIONI ITALIA E MEDITERRANEO

Nei paesi della sponda Sud del Mediterraneo e del Golfo (Area MENA) il PIL è cresciuto nell’ultimo ventennio del 4,4% annuo e la popolazione di quasi il 50%. Nei prossimi cinque anni si stima una crescita media del 3%;
• Nel Mediterraneo passa il 20% del traffico marittimo mondiale, il 25% dei servizi di linea container e il 30% del traffico petrolifero. Una crescente centralità del Mare Nostrum rafforzata dal raddoppio del Canale di Suez;
• Suez da 5 mesi registra tassi di crescita a doppia cifra. Nei primi 9 mesi del 2017, sono transitate 668 milioni di tonnellate di merci (+9,8%) e quasi 13mila navi;
• Si affacciano sul Mediterraneo nuovi attori: l’interscambio cinese è cresciuto dal 2001 ad oggi dell’841% mentre quello tedesco del 126%. La Germania ha lanciato il suo Piano Marshall per l’Africa;
• SRM ha stimato che, all’interno dell’iniziativa cinese della Via della Seta (OBOR), Pechino ha avviato progetti portuali e aeroportuali nei paesi del Sud Mediterraneo e del Golfo (MENA) per circa 27 miliardi di dollari;
• L’Italia conserva una posizione rilevante nelle relazioni commerciali con i Paesi MENA: 70 miliardi di import-export stimati in crescita ad 80 miliardi nel 2018. Rispetto al 2001 gli scambi sono cresciuti del 54,8%;
• I Paesi MENA sono importanti mercati di sbocco per le imprese italiane con un valore di oltre 41,4 miliardi di esportazioni pari al 10% dell’export complessivo del nostro Paese (più di quanto l’Italia esporti negli Stati Uniti);
• Lo stock degli IDE (Investimenti Diretti Esteri) Italiani verso l’Area MENA ha superato i 46 mld di dollari; di rilievo gli investimenti italiani negli Emirati Arabi Uniti (9 mld.) ed in Egitto (8 mld.);
• Il Mezzogiorno ha un interscambio con i Paesi MENA di quasi 14 miliardi di euro e rappresenta il 20% circa del totale Italia verso quest’area.

#####

La quota di export del Mezzogiorno verso l’area MENA è più elevata della media italiana e pari al 15% (Italia 10%) confermando così la vocazione geografica di un Sud Italia nel cuore del Mediterraneo.
Napoli, 20 ottobre 2017 – È stato presentato oggi, presso la sede del Banco di Napoli, il 7° Rapporto Annuale di SRM su “Le Relazioni Economiche tra l’Italia e il Mediterraneo”. Il convegno è stato aperto dal presidente del Banco di Napoli, Maurizio Barracco, dal
presidente di SRM, Paolo Scudieri e dal presidente della Fondazione Mezzogiorno Europa, Umberto Ranieri.
A seguire si è tenuto l’intervento del direttore generale del Banco di Napoli, Francesco Guido che ha introdotto i lavori con la relazione intitolata “Il ruolo della Banca nell’Area”.
Successivamente Massimo Deandreis, direttore generale di SRM e Alessandro Panaro, responsabile dell’Area di ricerca “Maritime & Med Economy” di SRM hanno presentato i risultati del Rapporto.
Dopo la presentazione della ricerca si è svolta la sessione “La nuova centralità del Mediterraneo, occasione per rilanciare una politica di stabilità e sviluppo in cui Italia e Mezzogiorno siano protagonisti” in cui sono intervenuti il Ministro per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti e il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan.

#####
Il rapporto di quest’anno, oltre che alle relazioni commerciali ed alla presenza delle imprese italiane in questi mercati, punta ad analizzare anche le dinamiche dei traffici marittimi e degli investimenti in portualità e logistica sono in corso di realizzazione nel Mediterraneo, in particolare da parte della Cina, con l’obiettivo di incrementare e facilitare i rapporti commerciali con i Paesi del Bacino.
Uno spazio della ricerca è stato dedicato alle ZES-Zone Economiche Speciali con analisi di casi studio di eccellenza con particolare riferimento al Marocco (Tanger Med) ed all’Egitto (Suez); tale strumento è stato introdotto recentemente dal Governo con l’obiettivo di favorire l’attrazione di investimenti di imprese, nazionali ed internazionali, nel Mezzogiorno ed aumentare il flusso di traffici mercantili negli scali del Sud.
Maurizio Barracco, presidente del Banco di Napoli: “La nuova centralità del Mediterraneo rappresenta oggi una concreta opportunità di sviluppo e stabilizzazione dell’area. L’Italia deve recuperare il suo ruolo strategico e geo-economico sia sotto il profilo infrastrutturale (portualità, energia) sia sotto il profilo economico-finanziario. Generare occasioni di business e assicurare copertura bancaria ai nostri investimenti in questi Paesi è il miglior modo di contribuire in modo serio a reciproche prospettive di stabilità e sviluppo”.

#####
Francesco Guido, direttore generale del Banco di Napoli: “Il Rapporto approfondisce un tema di forte attualità come le ZES. Il Banco di Napoli, che è da sempre al fianco delle imprese che intendono crescere, investire ed aumentare sempre più la proiezione internazionale verso i mercati del Mediterraneo e del Golfo, ha definito degli accordi con l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale – Porti di Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia e con l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio – Porto di Taranto, per garantire alle costituende ZES tutto il supporto finanziario di cui hanno bisogno le imprese per realizzare i loro investimenti, siano essi infrastrutturali che imprenditoriali”.
Paolo Scudieri, presidente di SRM: “Il nostro progetto di ricerca intende dare un contributo alla comprensione della dimensione geo-economica del Mediterraneo. Il volume che presentiamo oggi, ricco di cifre e dati, analizza in profondità questi fenomeni; per SRM il Mediterraneo risulta un luogo molto più centrale e strategico di quanto non fosse 15 o 20 anni fa. L’Italia, con un Mezzogiorno protagonista, ha di nuovo la possibilità, così come nei secoli passati più volte è stato, di svolgere un ruolo di “ponte” con l’Europa. Un’opportunità concreta che tocca a noi saper cogliere”.

Massimo Deandreis, direttore generale SRM: “Tutti i principali indicatori lo segnalano: cresce il Pil di questi Paesi; aumenta il loro reddito pro-capite; è cresciuto in modo esponenziale l’interscambio commerciale. Aumentano gli investimenti, soprattutto nel settore infrastrutturale. E poi ci sono gli indici riferiti a portualità e logistica che sono spinti dagli effetti del nuovo Canale di Suez. Tutto ci indica che vicino l’Italia e in particolare al Mezzogiorno, passano flussi economici e finanziari importanti. Comprendere queste dinamiche è il primo passo per agganciarle e recuperare un ruolo centrale per il nostro Paese”.

SINTESI DEL RAPPORTO

1. I PAESI DELL’AREA MENA CRESCONO E CONTINUANO AD OFFRIRE GRANDI OPPORTUNITA PER LE IMPRESE ITALIANE

• La crescita delle loro economie nel corso degli ultimi 20 anni è stata importante.
• In prospettiva, l’incremento previsto della popolazione garantirà buone opportunità di affari, pur in uno scenario di crescita economica meno intensa.
• Cresce la dimensione economica dell’area MENA (Middle East North Africa). Nel periodo 1995-2016 il Pil della regione è cresciuto del 4,4% in media ogni anno, un ritmo nettamente superiore a quello dei paesi europei (Pil Italia +0,6% mediamente nel periodo considerato); tra i paesi più dinamici troviamo il Qatar (oltre il 10% la crescita media annua), seguito da Turchia (+4,9%), Emirati Arabi Uniti ed Egitto (+4,7% per entrambi).
• Per quanto riguarda le dimensioni assolute delle rispettive economie, la Turchia guida la graduatoria con un Pil superiore ai 700 miliardi di dollari, seguita da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
• Parallelamente alla crescita del Pil (più che raddoppiato nel periodo 1995-2016: 123,6%), è cresciuta anche la popolazione dell’area MENA, ma con un ritmo meno intenso (48,6%). Questa è la ragione per la quale si sono riscontrati tassi positivi nella crescita del reddito pro-capite di questi paesi.
• Le previsioni circa la crescita del Pil dell’Area per il prossimo biennio indicano per il 2017 un rallentamento del ritmo di crescita al 2,8% medio che dovrebbe portarsi al 3,3% nel 2018.
2. UN MERCATO SEMPRE PIU INTERESSANTE. IL REDDITO PRO-CAPITE E’ IN AUMENTO NEI PAESI DELL’AREA MENA
• Nel lungo periodo, le proiezioni di crescita della popolazione dell’area indicano che questa supererà i 730 milioni di abitanti nel 2050 (dai circa 500 milioni di abitanti registrati nel 2016). In tutti i paesi MENA la popolazione al 2050 risulterà in crescita rispetto ai livelli attuali, con l’Egitto che supererà i 150 milioni di abitanti ed Iraq e Turchia che si avvicineranno alla soglia dei 100 milioni di abitanti; fa eccezione il Libano, in cui è prevista una contrazione.
• Queste tendenze, insieme con le previsioni di aumento del Pil relative al prossimo quinquennio in cui la crescita media della regione MENA – seppur inferiore a quella registrata in passato – si manterrà comunque sul 3% medio annuo di qui al 2022, indicano che l’area sarà ricca di opportunità per le imprese italiane anche in futuro.
3. CRESCE INTERSCAMBIO COMMERCIALE CON AREA MENA. LA CINA GRANDE PROTAGONISTA E ITALIA RESTA TRA I PRINCIPALI PARTNER DELL’AREA
• Il commercio estero dell’area MENA risulta pari a circa 2.300 miliardi di euro, il 6,4% del commercio estero globale, ed è cresciuto ad un ritmo doppio rispetto al commercio mondiale negli ultimi 15 anni (353% vs 189%).
• Tra i principali partner dell’area MENA, la Cina ha ormai acquisito un ruolo di primaria importanza, con 215 miliardi di interscambio (quasi il 10% del totale dell’area), valore cresciuto di 9 volte rispetto ai 23 miliardi del 2001.
• Tra i Paesi europei, l’Italia, pur seconda alla Germania, riesce a conservare una posizione rilevante nelle relazioni commerciali con i Paesi MENA: 70 miliardi il valore dell’import-export. Rispetto al 2001 gli scambi sono cresciuti del 54,8%, performance migliore rispetto alla Francia (+45,4%) ma peggiore rispetto alla Germania (valore più che raddoppiato).
• Secondo le stime, la Cina sfiorerà i 230 miliardi di interscambio nel 2018, gli Stati Uniti oltrepasseranno i 150 miliardi, la Germania raggiungerà quasi quota 100 miliardi e l’Italia vedrà il proprio interscambio commerciale con l’area MENA aumentare di ulteriori 10 miliardi, portandosi a circa 80 miliardi di euro.
4. PORTUALITA E TRASPORTI MARITTIMI RENDONO CENTRALE E STRATEGICO IL MEDITERRANEO NELLE ROTTE GLOBALI, ITALIA POSSIBILE PROTAGONISTA GRAZIE AL NUOVO CANALE DI SUEZ
• Il trasporto marittimo continua a viaggiare con trend significativi attraverso Suez, che segna numero a doppia cifra di incremento dei traffici. Suez inizia ad entrare a regime dopo una fase di stabilità di traffico e quindi l’espansione del Canale, avvenuta ad agosto 2015, comincia a produrre i suoi effetti.
• Suez inizia a registrare crescite elevate. Nei primi 9 mesi del 2017, sono transitate attraverso il canale 668 milioni di tonnellate di merci (+9,8%). In particolare aumenta il traffico nella direzione Nord-Sud (18,9%) mentre è stabile quello nella direzione opposta (1,4%).
• Nei primi 9 mesi del 2017 sono transitate nel canale di Suez quasi 13mila navi di queste circa 1/3 sono navi-container.
• Suez superiore a Panama per livelli di traffico, stazza di navi e viabilità. Panama, grazie al nuovo canale inaugurato a giugno 2016, registra il record di oltre 1.800 megaship transitate tra ottobre 2016 e settembre 2017 e recupera in parte il traffico perso a favore di Suez sulla rotta Asia-Costa Est del Nord America. Questo ha scatenato una competizione sulle tariffe relativamente ai transiti Asia-Costa Est del Nord America che continua ancora oggi.
• Suez registra un volume di traffico complessivo che è quasi il quadruplo di Panama. Inoltre, non presenta limiti di transito per le grandi navi mentre attraverso Panama viaggiano navi portacontainer fino a 13.000 TEU. Suez si afferma come grande canale mondiale da e verso il Mediterraneo, Panama si afferma come grande canale Panamericano.
5. LA BELT & ROAD INITIATIVE (BRI) COME NUOVA INIZIATIVA DELLA CINA PER PARTENARIATI E SVILUPPO DI REALZIONI COMMERCIALI

• La Via della Seta potrà essere il nuovo canale per la crescita delle infrastrutture e del sistema produttivo globale.
• Il programma di investimenti interesserà tutto il Mediterraneo con ingenti investimenti nei porti, in particolare in terminal e infrastrutture intermodali. Grecia, Spagna, Olanda, Israele, Turchia ed Italia tra i Paesi interessati.
• La BRI attiverà, secondo le stime, dai 1.000 ai 1.400 miliardi di dollari di investimenti infrastrutturali per realizzare e rafforzare opere marittime, stradali, aeroportuali e ferroviarie. SRM ha stimato progetti portuali e aeroportuali in corso nell’Area MENA pari a 27 mld di dollari.
• Vi saranno nuovi investimenti lungo la via della Seta. Secondo le previsioni gli investimenti consentiranno alla Cina di realizzare, al 2020, un export nei paesi interessati di circa 780 miliardi di dollari ed un import di 570.
• Importante il ruolo delle banche multilaterali di sviluppo. Lo sviluppo delle infrastrutture logistiche è accompagnato altresì dai finanziamenti della Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), essa ha tra i membri fondatori anche l’Italia con una quota capitale del 2,8% (come Germania, Francia e Regno Unito). L’AIIB ha già previsto 1,7 miliardi di dollari per 9 prestiti nell’ambito della BRI.
• La Cina investe in Europa e nell’area MENA. Solo a titolo di esempio, la Cina ha investito sinora in 9 porti del Mediterraneo, del Nord Europa e degli Emirati circa 4 miliardi di euro. Si tratta in particolare di Haifa, Ashdod, Ambarli, Pireo, Rotterdam, Vado Ligure, Bilbao, Valencia e Abu Dhabi.
6. DIETRO IL MEDITERRANEO L’AFRICA. LA CINA INVESTE
• L’Africa è considerata dalla Cina un continente ricco di opportunità. Sebbene non manchino i rischi, la Cina sta aumentando rapidamente la sua influenza in Africa ed anche sul mare per le ingenti risorse di cui il continente gode.
• Tra il 2005 ed il 2017 la Cina ha investito e sottoscritto contratti in 46 dei 54 paesi africani per un valore pari a circa 326 miliardi di dollari (pari al 20% di quanto investito a livello mondiale).
• I paesi su cui si sono maggiormente concentrati gli investimenti nei passati 17 anni sono stati: Nigeria (43,7 miliardi di dollari), Etiopia (22,9), Algeria (22,9) ed Egitto (18,9). I settori interessati sono trasporti, energia e settore immobiliare.
• La Cina, sin dal 2015, ha in corso con l’Africa la strategia della “real win-win cooperation”. Questa strategia mira a creare una prosperità reciproca. La Cina ha impegnato risorse per 60 miliardi di dollari di nuovi investimenti in grandi progetti di capitali legati allo sviluppo della capacità economica locale.
7. IL PIANO DELLA GERMANIA PER L’AFRICA
• La Germania ha presentato un nuovo Piano di investimenti che intende pianificare per il continente africano conosciuto anche come “Piano Marshall per l’Africa”.
I tre pilastri dalla crescita che il Piano individua sono rappresentati da:
˗ Economia, commercio e occupazione.
˗ Pace e Sicurezza.
˗ Democrazia e rispetto delle leggi.
L’operazione, la cui entità complessiva non è ancora nota, parte quest’anno con uno stanziamento aggiuntivo di 300 milioni di euro di aiuti pubblici allo sviluppo per stimolare l’occupazione (soprattutto giovanile) in particolare in Tunisia, Costa d’Avorio e Ghana.
Presupposto alla base del piano è la stima del raddoppio della popolazione del continente che al 2050 dovrebbe raggiungere circa 2,5 miliardi di persone, rappresentando un’opportunità di sviluppo economico per le imprese ed i Paesi europei che investiranno in quei territori.
Sono previste due linee strategiche di azione:
˗ la prima prevede, in particolare, di agire prioritariamente nei 7 Paesi aderenti all’accordo denominato “Compact with Africa” (Tunisia, Ghana, Costa d’Avorio, Marocco, Ruanda, Senegal ed Etiopia) e erogare finanziamenti con risorse del
Governo e con il supporto delle banche di sviluppo (es. World Bank, BEI… ). Essa concerne la strutturazione e il finanziamento di programmi di formazione professionale e occupazione locale. Coinvolgerà in una prima fase Tunisia, Ghana, Costa d’Avorio. A cui seguiranno, in una seconda fase, Marocco, Ruanda, Senegal ed Etiopia;
˗ la seconda linea parte dall’assoluta necessità (il Piano la definisce: precondizione essenziale per una crescita forte e sostenibile) di stimolare le riforme legislative sul territorio africano, tali da permettere l’attrazione di un numero maggiore di investimenti privati imprenditoriali.
8. L’ITALIA UN PAESE MULTICULTURALE IN UN EUROPA MULTIETNICA
• Al 2017 il 14% dei residenti stranieri in Italia proviene da paesi dell’area MENA.
• A gennaio 2017, in Italia sono presenti residenti provenienti da 196 nazioni straniere, di cui il 20,7% africani (oltre 1 milione di persone).
• Per quanto riguarda specificatamente i residenti stranieri provenienti dall’area MENA attualmente presenti in Italia si tratta di circa 700.000 persone pari al 14% del totale dei residenti stranieri.
• In Europa i migranti-residenti provengono principalmente dalla Turchia (oltre 1,63 milioni di persone) e dal Marocco (1,37 milioni). I residenti stranieri provenienti dall’area MENA attualmente presenti in Europa sono oltre 4,5 milioni.
9. L’ITALIA STA INVESTENDO NELL’AREA MENA E PUO RILANCIARE IL SUO RUOLO DI PONTE TRA EUROPA E MEDITERRANEO
• Il 59% dell’interscambio commerciale dell’Italia con l’area MENA è costituito da esportazioni (oltre 41 miliardi sui 70 miliardi di euro complessivi), valore raddoppiato rispetto al 2001.
• La Turchia è il principale partner commerciale dell’Italia, con 17,1 miliardi di interscambio (valore più che raddoppiato negli ultimi 15 anni). Segue l’Algeria (8 miliardi; +25% sul 2001), l’Arabia Saudita (6,8 miliardi; +72,3%), gli Emirati Arabi Uniti (6,4 miliardi; valore triplicato rispetto al 2001) e la Tunisia (5,2 miliardi; +36,4% sul 2001).
• Le relazioni economiche dell’Italia con questi Paesi non si limitano agli scambi commerciali. Essi rappresentano una delle destinazioni preferite dei nostri Investimenti Diretti Esteri (IDE). Questi i risultati di alcuni studi portati avanti da SRM:
˗ Negli Emirati Arabi Uniti (EAU), Paese protagonista dell’area MENA, ed in forte sviluppo e con in essere strategie di diversificazione produttiva, gli IDE superano i 120 miliardi di dollari e quelli italiani nel Paese raggiungono quasi i 9 miliardi di dollari, in questo caso oltrepassando anche il valore degli IDE della Germania (circa 2,5 miliardi di dollari).
˗ In Egitto, uno dei Paesi a maggiore crescita nel Sud del Mediterraneo, gli IDE superano i 100 miliardi di dollari (triplicati rispetto al 2005), con l’Italia che gioca un ruolo di importante, con circa 8 miliardi di dollari di investimenti.
˗ In Israele (uno dei Paesi tecnologicamente più all’avanguardia dell’area), gli IDE hanno ormai superato i 100 miliardi di dollari (il 36% del Pil del Paese, con valore triplicato rispetto a dieci anni fa); l’Italia conferma la sua crescente presenza in Israele, con IDE che non superavano i 100 milioni nel 2005 ed oggi superano i 600 milioni.
˗ L’Area MENA registra uno stock di IDE complessivo di 1.000 miliardi, con prospettive di crescita significative e con potenzialità di investimento molto interessanti per le imprese italiane in quest’area.
• La presenza di Zone Economiche Speciali rappresenta un fattore di forte di attrazione per chi realizza investimenti produttivi nei paesi MENA; investitori da tutto il mondo sono attratti dai forti benefici fiscali e dalle procedure semplificate di cui possono godere gli investimenti realizzati all’interno delle ZES. Il fenomeno è in crescita esponenziale, tanto che attualmente si contano oltre 4.000 Zone Economiche Speciali in 135 paesi del Mondo.
• Gli investimenti diretti si traducono in una presenza business italiana rilevante nei Paesi MENA. SRM ha stimato la presenza di 1.360 imprese in Turchia, 957 in Egitto, 647 in Tunisia, 330 nelle sole Free Zone degli EAU e 150 in Marocco. In totale, le imprese italiane che operano stabilmente o che hanno comunque una partecipazione rilevante nelle imprese locali, sono all’incirca 3.500 unità.
• La forte integrazione economica dell’Italia con questi Paesi è altresì osservabile dal valore importante delle rimesse da parte degli immigrati in Italia nei loro rispettivi Paesi di origine. In totale le rimesse dall’Italia verso i Paesi MENA ammontano a 380 milioni di euro, in crescita del 12,6% rispetto al 2012 (in controtendenza rispetto al dato delle rimesse totali dall’Italia ridottosi del 25,8%). Ne consegue che l’incidenza delle rimesse verso i Paesi MENA sul totale dall’Italia è aumentata nel corso degli ultimi 5 anni, passando da 4,9% nel 2012 all’attuale 7,5%. Con 250 milioni di euro, il Marocco è il principale Paese (nell’area MENA) di destinazione delle rimesse dall’Italia.