Lotta ai tumori, la prevenzione parte dal cibo. L’incontro con Lollobrigida e Schillaci. VIDEOINTERVISTE e INTERVENTI

Oggi il ministero della Salute ha ospitato la presentazione della Settimana nazionale della prevenzione oncologica, organizzata dalla Lilt, Lega italiana per la lotta contro i tumori, che si prefigge di diffondere la cultura della prevenzione. Quest’anno l’appuntamento è dal 16 al 24 marzo, con 106 associazioni provinciali impiegate in iniziative divulgative, in collaborazione con il ministero e con Unaprol, che contribuirà con bottiglie di olio EVO.

QUI DI SEGUITO LE VIDEOINTERVISTE E GLI INTERVENTI:

Lotta ai tumori, Lollobrigida: sensibilizzare il mondo agricolo a fornire prodotti per iniziative benefiche come questa

Nutriscore, Lollobrigida: etichetta deve spiegare il prodotto, non essere condizionante. VIDEOINTERVISTA

Lotta ai tumori, Granieri: olio evo ha capacità anticancerogena. Saremo accanto alla Lilt nel progetto 100 piazze. VIDEOINTERVISTA

Tumori, Schillaci: una corretta alimentazione influisce di 1/3 sulla prevenzione. Olio evo tra gli alimenti più salutari




Peste suina, Costa: Da domani inizio abbattimento cinghiali nel Lazio. Obiettivo 50mila unità e protrarre caccia da 3 a 5 mesi. VIDEOINTERVISTA

“Siamo di fronte a due emergenze ed una, ovviamente, è la peste suina, per la quale stiamo mettendo in atto tutto una serie di strategie per contenere la diffusione del virus, con l’obiettivo di tutelare un comparto fondamentale nel nostro paese come quello suinicolo.”

Così ad AGRICOLAE il sottosegretario al ministero della Salute Andrea Costa, in occasione dell’assemblea Unaitalia.

Contestualmente dobbiamo affrontare l’emergenza della troppa presenza dei cinghiali nel nostro territorio. Oggi non vi è più un equilibrio ambientale, il quale deve essere ricostituito. Ricordo che ogni anno il settore agricolo subisce 20 mln di euro di danni e che quasi ogni giorno nel nostro paese ci sono incidenti causati dai cinghiali che mettjj in nona rischio la pubblica incolumità.

Dobbiamo quindi agire rapidamente per ridurre la presenza di cinghiali sul nostro territorio. A questo proposito è stata convocata oggi una cabina di regia per quanto riguarda la gestione della peste suina nella regione Lazio e da domani inizieranno finalmente gli abbattimenti. L’obiettivo è di abbattere 50mila unita solamente nel Lazio.

Confido che la politica sappia trovare una sintesi sulla proposta di prolungare l’attività di caccia dagli attuali 3 mesi a 5 mesi. Queste sono i risposte concrete, non è più tempo di rimandare certe scelte, dobbiamo tutelare un comparto agricolo che garantisce anche il presidio e il mantenimento del nostro territorio.”

Peste suina, Costa (Min. Salute): Oggi cabina regia per iniziare abbattimento cinghiali nel Lazio. Ampliare periodo caccia da 3 a 5 mesi




Efsa, sicurezza alimentare e benessere animale al centro di #EUChooseSafeFood. INTERVENTI DI: Spagnolli (Efsa), Leonardi (Min. Salute) e Milana (ISS)

Si è svolto quest’oggi EUChooseSafeFood, la presentazione della nuova edizione della campagna di comunicazione promossa dall’EFSA, in collaborazione con il Ministero della Salute. Al centro dell’incontro focus sui temi del benessere animale, dei materiali a contatto con alimenti (il moca) e degli integratori.

Di seguito tutti gli interventi: 

Sicurezza alimentare, Efsa. Spagnolli (EFSA): nuova campagna in Italia incentrata su conservazione cibi, tutela benessere animale e integratori

Sicurezza alimentare, Efsa. Leonardi (Ministero Salute): Su benessere animale bene Classyfarm, per una informazione chiara e trasparente su allevamenti

Sicurezza alimentare, Efsa. Milana (ISS): massima attenzione europea ai contenitori per alimenti, ma serve sensibilizzazione dei consumatori

 

 

 




Peste suina, al via tavolo Mipaaf. Ministero Salute propone utilizzo 15 mln Dl Sostegni ter per recintare 114 comuni

Un recinto per chiudere un’area di 114 comuni. Questa – da quanto apprende AGRICOLAE – la proposta del ministero della Salute sull’utilizzo dei 15 milioni previsti dal Dl Sostegni Ter (articolo 26) da destinare al capitolo della biosicurezza e far fronte alla diffusione della peste suina.

Dei 50 milioni di euro infatti previsti nel provvedimento, 35 milioni sono da destinare all’indennizzo per le aziende colpite a livello economico dall’emergenza, e 15 milioni per la biosicurezza.

Se ne è parlato questa mattina al tavolo Mipaaf  sulla peste suina al quale erano presenti anche rappresentanti del ministero della Salute, l’assessore all’Emilia Romagna Alessio Mammi, e Marco Protopapa del Piemonte oltre al vicepresidente della regione Liguria Alessandro Piana.

Sempre da quanto si apprende sembrerebbe dunque che siano due le visioni contrastanti su come utilizzare i 15 milioni di euro: chi vorrebbe destinarli per mettere in sicurezza gli allevamenti e chi invece vorrebbe utilizzare per recintare le aree a rischio. Soluzione quest’ultima che potrebbe non essere semplice, a causa dei numerosi canali e della vastità della natura di intervento.

 




Caso Zampa, Ministero Salute: lavora solo 4 mesi, quindi 16mila euro lordi su 48 totali

Sandra Zampa prenderà 4mila euro lordi al mese per quattro mesi in quanto la fascia retributiva è di 48mila euro l’anno lordi ma la consulenza dura solo 4 mesi. Quindi, fanno sapere ad AGRICOLAE dal ministero della Salute, la Zampa prenderà in tutto 16mila euro lordi. Salvo rinnovi.




Caso Zampa, è ‘mistero’. MSal scarica su Antitrust, che dice: parere c’è ma non lo abbiamo. ‘Secretato’ per ‘regolamento’. Per ora. E la questione arriva in Parlamento

Sandra Zampa torna al ministero della Salute in barba alla legge 20 luglio 2004, n.215? Il ministero della Salute spiega di aver avuto il parere favorevole dall’Antitrust e dall’Antitrust spiegano che “il parere c’è ma non può essere reso pubblico. Perché la procedura non vuole”. Poi aggiungono: “In questo momento”. Alla richiesta di quale sia la citata normativa che preveda che un parere sulla tutela di una norma a tutela dei cittadini non possa essere  reso pubblico, la risposta è la seguente: “lo dice il regolamento”. E poi riagganciano il telefono.

AGRICOLAE, dopo aver dato notizia della presunta incompatibilità dell’incarico a Zampa presso lo stesso dicastero dove prima era sottosegretario, ha chiesto lumi al ministero della Salute, chiedendo nella fattispecie che genere di ingaggio sarà affidato all’ex sottosegretario e come il ministero intende superare il vincolo della normativa che “assicura – si legge nel sito dell’Antitrust – che i titolari di cariche di governo svolgano la loro attività nell’esclusivo interesse pubblico”.

Ministero Salute, ritorna Sandra Zampa in barba a Legge 20 luglio 2004, n. 215, art. 2, comma 1 su conflitto interessi

Il ministero della Salute, risponde – dopo qualche giorno – che Zampa (benché ci sia proprio una direzione generale preposta a tali funzioni, ndr) – curerà gli aspetti comunicativi relativi alle relazioni internazionali e alle attività istituzionali nazionali del Ministero dove prima era sottosegretario. Ma nessuna spiegazione rispetto al superamento della normativa vigente. “Abbiamo avuto il parere favorevole dall’Antitrust”, si limita a scrivere il ministero della Salute. Senza le spiegazioni nel merito.

 

Caso Zampa, Salute: arrivato ok da AGCM per ruolo di esperta comunicazione per relazioni internazionali e attività nazionali

AGRICOLAE ha dunque chiesto lumi all’Autorità garante per la concorrenza chiedendo – nuovamente – come l’Autorità abbia superato la normativa che prevede l’incopatibilità a ricoprire ruoli nei dicasteri a coloro che hanno ricoperto ruoli di cariche di governo, per i successivi 12 mesi dalla scadenza degli stessi.

Informazioni che dovrebbero – dato che come comunicato dal ministero della Salute il parere c’è già – essere nelle immediate disponibilità dell’Autorità garante per la concorrenza di mercato, oltre che del ministero della Salute. Ma nulla. Nessuna spiegazione. Nessun documento relativo al parere favorevole.

“Il parere non è pubblico. Il parere c’è ma al momento non può essere reso pubblico. Ci sono delle procedure di regolamento e dei tempi stabiliti”, spiegano ad AGRICOLAE dall’Antitrust. E in merito a come è stato possibile superare la normativa vigente e riportata sul sito della stessa Autorità, l’ufficio stampa Antitrust spiega di non essere in grado di fornire spiegazioni: “C’è una valutazione del collegio che si è riunito ma non può essere resa pubblica. Non posso rispondere” in merito a come è stato superato il vincolo della legge presente sul sito.

A fronte di quanto detto e ‘non detto’ dall’Antitrust e delle rassicurazioni della Salute, resta quanto riportato sulla sezione ‘Conflitti di interesse’ della stessa Autorità per la concorrenza di mercato:

Conflitto di interessi

Con la legge 20 luglio 2004, n.215 il Parlamento ha voluto assicurare che i titolari di cariche di Governo svolgano la loro attività nell’esclusivo interesse pubblico. L’obiettivo è evitare che Presidente del Consiglio, ministri e sottosegretari decidano in una situazione di conflitto di interessi perché un determinato atto di governo riguarda materie rispetto alle quali sono direttamente o indirettamente portatore di interessi privati che possono confliggere con interessi pubblici.

Per raggiungere l’obiettivo la legge stabilisce, in via preventiva, una serie di incompatibilità tra incarichi di governo e altre funzioni. Esiste comunque sempre conflitto di interessi quando chi adotta un atto di governo o omette un atto dovuto compie quella scelta perché comporta un effetto specifico e preferenziale sulla sua sfera patrimoniale o su quella di un parente, con danno per l’interesse pubblico”.

In particolare al punto 4 dell’Art. 2 relativo all’Incompatibilità [Come modificato dall’articolo3-ter del decreto legge 31 marzo 2005, n. 44, convertito con legge 31 maggio 2005, n. 88] si legge, sempre sul sito della stessa AGCM:

“L’incompatibilità prevista dalla disposizione di cui alla lettera d) del comma 1 costituisce causa di impedimento temporaneo all’esercizio della professione e come tale è soggetta alla disciplina dettata dall’ordinamento professionale di appartenenza. L’incompatibilità prevista dalle disposizioni di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1 perdura per dodici mesi dal termine della carica di governo nei confronti di enti di diritto pubblico, anche economici, nonché di società aventi fini di lucro che operino prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta”.

Come un parere dell’autorità possa ribaltare questa precisa disposizione, apparentemente poco interpretabile altrimenti, resta ad oggi un mistero.

Governo: Gasparri, in che modo Antitrust consente incarico a ex sottosegretaria Zampa? 

Caso Zampa, Gasparri: interrogazione su incarico ministero Salute e compatibilità legge 215/2004




Ministero Salute, ritorna Sandra Zampa in barba a Legge 20 luglio 2004, n. 215, art. 2, comma 1 su conflitto interessi

Sandra Zampa, ex deputato per due legislature del Partito democratico, dal 2019 al 2021 è stata sottosegretario al Ministero della Salute. Sembrava fosse anche in pole per una riconferma, ma alla fine nel Governo Draghi l’hanno spuntata Pierpaolo Sileri, riconfermato, e Andrea Costa, che, in quota Forza Italia, ha sostituito l’ex deputata dem.

Sandra Zampa, che è stata anche portavoce di Romano Prodi, tanto ha detto, tanto ha fatto, che alla fine è riuscita a tornare comunque nel ministero di Roberto Speranza, annunciando che “continuerà suo impegno al Ministero delle Salute per occuparsi di aspetti comunicativi relativi alle relazioni internazionali ed alle attività istituzionali nazionali”.

Il Ministero della Salute non ha ancora reso noti i termini di questo ingaggio, quel che si sa è che l’ex sottosegretario ha dovuto tuttavia abbandonare gli ampi spazi del quarto piano per scendere al secondo, rinunciando anche alla segreteria di pertinenza.

La sorpresa maggiore al Ministero della Salute, vedendo ricomparire la Zampa, sembrerebbe essere stata tuttavia la mancata osservanza delle norme che regolano i conflitti di interesse degli (anche ex) titolari di cariche di governo. Secondo la Legge 20 luglio 2004, n. 215, art. 2, comma 1, infatti l’incompatibilità a ricoprire cariche, o uffici, o svolgere altre funzioni nei dicasteri, perdura anche per dodici mesi dal termine della carica di governo.




Nutriscore, Ricciardi: “preferisco non commentare”. Ma per ora non torna indietro

AGRICOLAE ha provato a chiamare Walter Ricciardi per chiedere le ragioni per cui abbia firmato l’appello a sostegno del Nutriscore e contro l’operato del governo italiano e se avesse intenzione di tornare sui suoi passi. “Non commento grazie”, ha risposto il consigliere di Roberto Speranza e il rappresentante italiano Oms.

“Preferisco non commentare” ha ribadito. Ma non ha comunicato alcun passo indietro.

 




Tabacco, Bertolini, Bat: asimmetria fiscale pesa su erario complessivo del Paese e sostenibilità settore. E ricade su cittadini. Discrasia tra Ministero Salute ed Economia

Il mercato del tabacco sta cambiando. Quello riscaldato sta sostituendo, anno dopo anno, quello tradizionale prendendo nuove quote di mercato. Mentre nel 2019 il primo ha registrato un incremento del 118%, il secondo ha subito un calo di oltre il 4 per cento. Ma l’apporto del settore del tabacco all’erario diminuisce in maniera proporzionale creando un buco fiscale sempre più ampio che il governo deve recuperare tramite la pressione fiscale su altri segmenti produttivi. A danno – alla fine – dei consumatori finali che vanno a fare la spesa.

Infatti l’accisa sul tabacco riscaldato, partita nel 2015 con una scontistica fiscale rispetto a quella delle sigarette tradizionali del 50 per cento, in Finanziaria per l’anno 2019 è passata a una scontistica del 75 per cento. Accisa che in una prima stesura della nuova legge di Bilancio era stata incrementata e poi – inaspettatamente – è sparita dal testo.

“Il tabacco riscaldato ha determinato un cambio strutturale nel mercato del tabacco. Un dato che dal punto di vista tecnico rappresenta un’evoluzione epocale”, spiega ad AGRICOLAE Alessandro Bertolini, vicepresidente della Bat.

“La crescita del tabacco riscaldato ha accelerato, negli ultimi 5 anni, la contrazione dei volumi delle sigarette tradizionali”, prosegue. “Se il tasso di contrazione medio negli ultimi dieci anni è stato del 3 per cento su base annua, nel 2019 la contrazione dei volumi delle sigarette tradizionali è stata del 4,2% e nell’anno in corso del 6% tendenziale”. Diversa la situazione per quello riscaldato “cresciuto del 118% nel solo anno 2019 e con un tasso di crescita quest’anno stimabile al 61 per cento”.

Una modifica strutturale del mercato che, spiega Bertolini, “si ripercuote sul gettito erariale. Riportando la fiscalità a una scontistica del 50 per cento, come previsto dalla norma previgente rimasta in vigore per 4 anni, si genererebbe un maggior gettito erariale pari a circa 300 milioni di euro su base annua”.

Il tabacco riscaldato è stato introdotto in Italia nel 2014. La prima a lanciare è stata Philip Morris, la Bat si è affacciata sul mercato da due anni, a fine 2018.

“La fiscalità del tabacco è un tema complesso”, prosegue ancora il vicepresidente Bat. “Il legislatore, lo scorso primo gennaio 2015, aveva ritenuto di tassare il tabacco riscaldato il 50 per cento in meno rispetto alle tradizionali sigarette. Un tipo di approccio mai contestato da noi. Irragionevole riteniamo invece il maggiore sconto concesso con la Finanziaria per il 2019 che ha portato a un differenziale rispetto alla fiscalità sulle tradizionali sigarette del 75 per cento”.

Una “molto marcata asimmetria fiscale” ritenuta a maggior ragione irragionevole da Bat in seguito alle valutazioni del ministero della Salute.

Le accise nascono infatti come una tassazione compensativa degli effetti negativi sulla salute provocati dal prodotto stesso. “Ma nel momento in cui, nonostante i corposi dossier scientifici presentati volontariamente da entrambi i produttori oggi operanti sul mercato, il ministero della Salute ritiene di non poter riconoscere né la minor tossicità del tabacco riscaldato né il minor danno per la salute umana a parità di condizioni di utilizzo rispetto alle tradizionali sigarette, a che titolo il Mef mantiene lo sconto attuale?”. “Non comprendo – prosegue ancora Bertolini – come mai lo sconto non venga riportato a quello originario del 2015 durato fino al 2019, dato che la Salute, proprio nel 2019, ha ritenuto di non riconoscere né la minor tossicità né il minor danno per la salute rispetto alle tradizionali sigarette.

Mentre il Ministero della Salute di Roberto Speranza mette il bollino rosso quello dell’Economia di Roberto Gualtieri mette il bollino verde. Ma nel frattempo si genera un buco fiscale che, a parere di Bat, potrebbe far implodere tutto il sistema danneggiando il comparto e chi ci lavora”.

L’Italia è al quarto posto nel mondo per i volumi di mercato del tabacco riscaldato. Al primo posto figura il Giappone, con una scontistica rispetto al tabacco riscaldato del 10 per cento. Al secondo posto la Corea, con una scontistica fiscale del 5 per cento. Al terzo posto la Russia, la cui scontistica apportata è fissata al 25 per cento. Al quarto posto l’Italia, con uno sconto del 75 per cento.

“Mantenere questa marginalità fiscale in un segmento che presenta un tasso esponenziale di crescita come quella del tabacco riscaldato pregiudica la sostenibilità dell’intero settore e, con esso, del gettito erariale”, insiste il vicepresidente Bat.

“La nostra posizione non è di equiparare la tassazione del tabacco riscaldato a quella delle sigarette, occorre tuttavia riportare il livello di incidenza fiscale al 50 per cento, come da norma previgente”.

Il prezzo medio di un pacchetto di sigarette tradizionali è di cinque euro. “Di questi, spiega ancora Bertolini, 4 euro vanno all’erario tra Iva e Accisa, 50 centesimi, che è l’aggio, vanno al tabaccaio e 50 centesimi è il margine del produttore. Un pacchetto di tabacco riscaldato ha oggi un prezzo di vendita di 4,50 euro ed il margine del produttore è di 2,50 euro”.

La filiera del tabacco è complessa e include i produttori, i distributori, i tabaccai, le aziende tabacchicole, i trasformatori. “Si parla di un gettito erariale, tra accisa e Iva, di 14 miliardi all’anno. Nel momento in cui la crescita del riscaldato come prodotto alternativo alle tradizionali sigarette, provoca l’accellerazione della contrazione dei volumi di quello tradizionale, viene a mancare gettito erariale, creando un buco a danno del paese pregiudicando al tempo stesso la sostenibilità dell’intero settore”, spiega ancora Bertolini. “E noi come azienda riteniamo che la sostenibilità complessiva del settore sia fondamentale per mandare avanti il comparto tutto, al di là dei tornaconti particolari. Ciò a vantaggio dell’erario e dell’intera filiera”.

Un esempio? La passata Finanziaria, quando il governo ha dovuto reperire maggiori risorse, fra l’altro, per sterilizzare gli aumenti IVA. “La Finanziaria ha incrementato la fiscalita di tutte le categorie dei prodotti del tabacco con l’eccezione del tabacco riscaldato per il quale è stato mantenuto lo sconto del 75% rispetto alle tradizionali sigarette da combustione.  Non a caso, il complessivo gettito dai prodotti del tabacco diminuirà, nell’anno in corso, di circa 100 milioni di euro”.

“BAT ha una storia ultra decennale di acquisto di tabacco italiano, in particolare quello del Veneto e della Campania, attraverso un rapporto storico e consolidato nel tempo con Italtab. Dal 2010 a tutt’oggi BAT ha acquistato oltre 200 milioni di euro di tabacco italiano.  Il mantenimento di questo livello di investimento sul territorio richiede una politica fiscale equilibrata che garantisca la sostenibilità del settore superando l’attuale asimmetria fiscale e riportando l’incidenza fiscale del tabacco riscaldato al 50 per cento rispetto a quello tradizionale, come previsto dalla norma previgente. In mancanza, verrebbero meno i presupposti atti a giustificare questi investimenti nel territorio”.

Alla domanda sulle motivazioni per cui l’accisa sul tabacco riscaldato, all’articolo 37, è sparita dalla prima stesura della legge di Bilancio, Bertolini risponde: “La domanda va posta ai vertici della politica ed alle istituzioni tecniche, in primis al Mef ed al Ministero della Salute. La politica e gli organi tecnici dovrebbero adottare soluzioni di buonsenso. La mia azienda non è interessata a battaglie di principio o a tutelare posizioni di privilegio, bensì a soluzioni di equità cha assicurino al sostenibilità dell’intero settore”. Lei ha mai incontrato Gualtieri? “Mai incontrato”.




Tabacco, guerra tra il tradizionale e il riscaldato, il primo ha un margine di guadagno dell’11-13%, il secondo del 55-60%. Accisa sparita dopo incontro con Gualtieri

E’ guerra del tabacco in legge di Bilancio. Da una parte il colosso del tabacco Philip Morris che detiene il 50 per cento del mercato delle sigarette tradizionali ed è leader assoluto nel tabacco riscaldato, su cui da diverso tempo sta concentrando la sua strategia internazionale, riassunta dallo slogan “delivering a smoke-free future” ovvero “offrendo un futuro senza fumo”; dall’altro la Bat che detiene circa il 20 per cento del mercato italiano delle sigarette tradizionali, che è entrata più recentemente nel mercato del tabacco riscaldato, dove si colloca al secondo posto seppure a grande distanza da Philip Morris ed è presente anche nelle sigarette elettroniche a liquido lanciate in Italia sin dal 2013; anche lei sta guardando a nuovi orizzonti futuri.

Oggetto della contesa sono ancora una volta le accise sul tabacco riscaldato, oggi tassato con una percentuale scontata del 75% rispetto a quello tradizionale. Tanto che tra la prima e la seconda stesura della legge di Bilancio – da quanto apprende AGRICOLAE sia da fonti relative al mondo del tabacco che alle regioni – ci sarebbe stato un incontro direttamente con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. E l’aumento dell’accisa sul tabacco riscaldato è sparito.

Il margine industriale, definito nelle tabelle pubblicate dall’Agenzia dei Monopoli e delle Dogane “quota al fornitore”, tra un pacchetto di sigarette a tabacco riscaldato e uno di sigarette tradizionali è molto diverso.

Il margine di un pacchetto di sigarette di alta qualità (5,90 euro) – tolta l’iva, le accise e l’aggio del tabaccaio – è di circa 79 centesimi. Le imposte infatti pesano per circa il 77 per cento sul prezzo finale.

Per un pacchetto di sigarette di livello medio-basso, dal costo di 4,80 euro a pacchetto, il margine è di circa 55 centesimi. Per le sigarette in assoluto meno costose ma anche le meno vendute, a 4,30 euro a pacchetto, il margine scende a 10 centesimi, il che vuol dire che guadagna più il tabaccaio che le vende del produttore che le produce e la quota per l’Erario sale all’88%.

Un pacchetto di sigarette a tabacco riscaldato top di gamma – nei quali c’è circa un terzo del quantitativo di tabacco presente nelle sigarette tradizionali – costa 4,50 euro per venti pezzi con un margine di guadagno di quasi 2,50 euro. Per quelle di fascia bassa, con un costo di 3,50 euro il margine è di poco inferiore a 2,10 euro a pacchetto.

È vero che il costo del tabacco rappresenta nella fase produttiva una componente di peso molto ridotto: un chilo di tabacco agricolo costa infatti circa 3 euro e in una sigaretta tradizionale ce ne sono soltanto 70 milligrammi.

Da considerare però il rientro degli investimenti, non di poco conto, finora sostenuti e il fatto che la FDA americana la scorsa estate ha riconosciuto il prodotto a tabacco riscaldato di Philip Morris come prodotto del tabacco a rischio modificato, perché emetterebbe meno sostanze tossiche rispetto alle sigarette tradizionali, ma senza riconoscerne il minor rischio o il minor danno per la salute. Il ministero della Salute italiano, ad oggi, dopo aver esaminato i dossiers scientifici predisposti dagli stessi produttori, ha negato il riconoscimento sia della minor tossicità sia del rischio o danno ridotto per la salute umana.

Probabilmente, anche se i toni sembrano essersi abbassati, e la prima battaglia è stata vinta dai principali detentori del tabacco riscaldato, la guerra è solo iniziata.

Era stato scritto:

Tabacco riscaldato mantiene fiscalita superagevolata, il Veneto di Zaia scrive a Bellanova e Gualtieri: in L.Bilancio ripensateci, con extragettito finanziate filiera agricola. Ma spunta consulenza…La lettera




Covid, ecco l’ordinanza del ministero della Salute su misure delle zone rosse e arancioni: Lombardia, Piemonte, Calabria, Vda e Puglia e Sicilia

Pronta l’ordinanza del ministero della Salute per quanto riguarda le misure deputate a contrastare la diffusione del Covid 19 nelle zone rosse e arancioni. Così come previsto dal Dpcm che entra in vigore da domani.

Qui di seguito AGRICOLAE pubblica l’ordinanza di Roberto Speranza:

20-11-05 ORDINANZA MINISTERO SALUTE




CORONAVIRUS, NESSUN DPCM MA ORDINANZA MINISTERO SALUTE. ECCOLA. PER ORA NULLA PER FLOROVIVAISMO. PRIMA L’EMERGENZA

Nessun Dpcm. Anzi, da quanto apprende AGRICOLAE quello che è attualmente in vigore scadrà naturalmente per lasciare il posto a un’ordinanza del ministero della Salute che durerà dal 21 al 25 marzo. Obiettivo: restringere gli spostamenti, vietare le attività all’aperto ludiche e sportive e cercare di tamponare quanto più possibile l’avanzare del Coronavirus il cui picco presumibilmente avverrà fra un paio di settimane.

Tre le altre misure figura il divieto di spostamenti nel fine settimana, chiusi i punti vendita alimentari nelle stazioni ferroviarie e

Niente misure per il Florovivaismo, per il quale il ministro delle Politiche agricole si era battuta per chiedere misure straordinarie in quanto prodotto deperibile.

Da quanto apprende AGRICOLAE seguirà poi un secondo DPCM.

Qui sotto AGRICOLAE pubblica la lettera del ministro Mipaaf Teresa Bellanova:

LETTERA MINISTRA BELLANOVA

Il settore del florovivaismo sta passando un momento difficile che rischia di mettere in ginocchio il settore ma l’agroalimentare in genere sta registrando picchi di consumi interni.

Qui di seguito AGRICOLAE pubblica l’ordinanza del ministero della Salute in PDF:

ORDINANZA MINISTERO SALUTE

Per saperne di più:

CORONAVIRUS, ECCO ORDINANZA MINISTERO SALUTE

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AGRICOLAE pubblica qui di seguito il testo dell’ordinanza del ministero della Salute deputata a contrastare il Cornavirus e a pie di pagina il documento in PDF:

Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sono adottàte, sull’intero territorio nazionale, le ulteriori seguenti misure:

a) è vietato l’accesso del pubblico ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici;

b) non è consentito svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto; resta consentito svolgere individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione, purché comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona;

c) sono chiusi gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, posti all’interno delle stazioni ferroviarie e lacustri, nonché nelle aree di servizio e rifornimento carburante, con esclusione di quelli situati lungo le autostrade, che possono vendere solo prodotti da asporto da consiunarsi al di fuori dei locali; restano aperti quelli siti negli ospedali e negli aeroporti, con obbligo di assicurare in ogni caso il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro;

d) nei giorni festivi e prefestivi, nonché in quegli altri che immediatamente precedono o seguono tali giorni, è vietato ogni spostamento verso abitazioni diverse da quella principale, comprese le seconde case utilizzate per vacanza.

Art. 2 (Disposizioni finali)

1. Le disposizioni della presente ordinanza producono effetto dalla data del 21 marzo 2020 e sono efficaci fino al 25 marzo 2020.

2. Le disposizioni della presente ordinanza si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

Qui di seguito il documento:

ORDINANZA MINISTERO SALUTE

 




DPCM, BELLANOVA SI BATTE PER SALVARE FLOROVIVAISMO. OGGI IL PRECEDENTE DEL MINISTERO SALUTE. ECCOLO

Palazzo Chigi al lavoro per la messa a punto del nuovo Dpcm che sarà approvato dal Cdm nel fine settimana che prevede ulteriori restrizioni con l’obiettivo di far fronte all’emergenza crescente del Coronavirus.

Tra le misure sembrerebbero ci sia – oltre all’estensione del periodo di sospensione delle scuole, che da quanto aveva appreso AGRICOLAE già nei giorni scorsi saranno riaperte direttamente a settembre – anche ulteriori limizioni agli spostamenti e agli orari di apertura dei negozi.

Sempre da quanto apprende AGRICOLAE da fonti interne il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova si starebbe battendo con forza in queste ore per escludere i prodotti deperibili da quelli nella lista la cui vendita è sospesa.

Obiettivo è ‘salvare’ il settore florovivaistico italiano, che ha subito finora danni per circa un miliardo di euro.

Anche perché il precedente formale c’è, è del ministero della Salute. Una circolare con la quale si escludono alcuni prodotti del settore ‘garden’ dai prodotti la cui vendita è sospesa. Sebbene ci una differenza tra i prodotti agricoli legati al ciclo produttivo necessario per l’approvigionamento dei beni di prima necessità e quelli genericamente deperibili, la circolare del ministero di Speranza apre tuttavia la strada a ‘correzioni in corsa’.

Per saperne di più:

CORONAVIRUS, MINISTERO SALUTE PRENDE INIZIATIVA ED ESCLUDE SEMENTI DAI PRODOTTI LA CUI VENDITA E’ SOSPESA. ECCO LA CIRCOLARE

La circolare del ministero della Salute:

CIRCOLARE DGSAN SU SEMENTI

Era già stato scritto:

AGRINSIEME: FLOROVIVAISMO, MERCATO FERMO A CAUSA DEL CORONAVIRUS; IN GIOCO C’E’ LA TENUTA DI UN INTERO COMPARTO

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“Il protrarsi dell’attuale situazione emergenziale legata alla pandemia del COVID-19, o Coronavirus, sta mettendo a serio rischio la tenuta del florovivaismo italiano, a causa del mercato fermo, del completo azzeramento degli eventi, della chiusura dei mercati ambulanti rionali, ma anche e soprattutto per le numerose disdette provenienti dal mercato estero, legate alla disinformazione e a fenomeni di opportunismo e concorrenza sleale”. Lo sottolinea il coordinamento di Agrinsieme, che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, che ha scritto una lettera alla Ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova, chiedendo interventi immediati.

“Perdere la stagione primaverile, infatti, significherebbe dire addio al 60% circa dei ricavi annuali dell’intero sistema florovivaistico, con perdite che potrebbero arrivare addirittura al 100% per i produttori che si dedicano a produzioni esclusivamente primaverili”, sottolinea il Coordinamento, ricordando che “il florovivaismo italiano, con una superficie coltivata di 29mila ettari, 27mila aziende produttrici e 100mila persone impiegate, produce un giro d’affari di circa 2,5 miliardi di euro l’anno, per un valore che rappresenta oltre il 5% della produzione agricola totale”.

“Siamo consapevoli del fatto che i fiori e le piante in questo momento non sono beni di prima necessità, ma lo sono per i produttori, che hanno già investito per produrre e mettere a disposizione del mercato un prodotto di prima qualità”, continua Agrinsieme.

“In ragione di ciò, è fondamentale lavorare per consentire che il comparto possa beneficiare di moratorie su mutui, finanziamenti e pagamenti per le aziende, cassa integrazione per i lavoratori in deroga alle attuali regole, rinvio del pagamento dei contributi previdenziali e delle imposte, sostegno al reddito per i soci produttori delle cooperative; è inoltre fondamentale garantire lo sblocco dei pagamenti dei contributi per le aziende in graduatoria di PIF e PSR che hanno già sostenuto gli investimenti e, al termine del periodo di emergenza, portare avanti un’ampia campagna di sensibilizzazione della popolazione”, conclude il Coordinamento di Agrinsieme.

CORONAVIRUS: COLDIRETTI, APPASSITI UN MILIARDO DI FIORI E PIANTE

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L’emergenza Coronavirus sta mettendo in ginocchio uno dei settori più belli e amati del made in Italy, quello del florovivaismo con un miliardo di fiori e piante che nell’ultimo mese sono appassiti e andati distrutti con il divieto di cerimonie come battesimi, matrimoni, , lauree e funerali ma anche per il blocco della mobilità. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sugli effetti economici delle misure di prevenzione adottate.

Niente fiori per gli innamorati, per la mamma, per i propri cari nei cimiteri che in molti casi restano chiusi come – sottolinea la Coldiretti – i mercati settimanali, i fioristi e i centri giardinaggio. E in difficoltà – precisa la Coldiretti – sono anche per le esportazioni con i blocchi al confine ed in dogana di tanti paesi, UE ed extra-UE, i ritardi e le difficoltà del trasporto su gomma.

In Italia  – riferisce la Coldiretti – sono crollati gli acquisti di fiori recisi, di fronde e fiori in vaso, le produzioni tipiche della primavera e si sono fermate anche le vendite e l’export di alberature e cespugli, in un periodo in cui per molte aziende si realizza oltre il 75% del fatturato annuale, grazie ai tanti appassionati dal pollice verde che con l’aprirsi della stagione riempiono di piante e fiori case, balconi e giardini.

All’estero molti Paesi, come Croazia, Albania, Grecia e Romania, ma anche Spagna e Francia, dove sono dirette le piante da esterni Made in Italy, da giorni stanno facendo blocchi o richiedono quarantena agli autisti anche se loro concittadini mentre in Austria i controlli causano decine di km di code alla frontiera.

Una vero disastro per un settore dove sono impegnate 27.000 imprese una filiera che occupa oltre 200.000 persone, che ora si trovano in gravissime difficoltà afferma la Coldiretti che invita a mettere fiori e piante nei propri giardini, orti e balconi come segno benaugurante con l’arrivo della primavera che segna il momento del risveglio #balconifioriti. Il giardinaggio, l’orticoltura e la cura di piante e fiori su balconi e terrazze, sono uno dei più potenti anti-stress conosciuti, tanto che esistono attività riabilitative che si basano proprio sugli effetti del verde nel dare maggiore serenità alle persone. E non poter vivere il verde nel momento in cui si apre la stagione ed esplode la natura – precisa la Coldiretti – è una sofferenza per tanti

Il settore ha bisogno di misure urgenti per dare liquidità alle aziende, con finanziamenti a tasso zero ed una sospensione delle scadenze dei mutui, delle bollette, interventi straordinari come la cassa integrazione per i dipendenti ed interventi – conclude  la Coldiretti – per sostenere le imprese che hanno perso la produzione per l’impossibilità di commercializzarla in conseguenza delle limitazioni nel commercio interno ed estero.




CORONAVIRUS, MINISTERO SALUTE PRENDE INIZIATIVA ED ESCLUDE SEMENTI DAI PRODOTTI LA CUI VENDITA E’ SOSPESA. ECCO LA CIRCOLARE

Tutto risolto per gli agricoltori e produttori agricoli, anche quelli piccoli non definiti ‘professionali’: possono acquistare i prodotti specialistici (sementi, fertilizzanti e fitosanitari) per proseguire la propria attività produttiva e garantire l’approvigionamento dei beni alimentari di prima necessità.

Una circolare del ministero della Salute infatti – di cui AGRICOLAE è venuta in possesso e che pubblica di seguito – precisa che i cittadini non possono rinunciare all’attività di rivendita delle sementi. Che era stata erroneamente inclusa tra nelle attività da sospendere di cui all’art 2 del DPCM 8/3/20. “Questo – si legge – è uno degli elementi di cui i cittadini non possono essere privati. Attività che va attentamente valutata, considerando le difficoltà di transito, e quindi di approvvigionamento, dall’estero e ciò per le note prese di posizione di alcuni Paesi”.

La logica del DPCM, prosegue ancora il ministero di Roberto Speranza, “è quella di regolamentare le attività distinguendole tra quelle necessarie, anche se regolamentate, e quelle differibili. La vendita degli alimenti è indifferibile la capacità di produrli è strategica e allo stesso modo indifferibile.

Pertanto la vendita di sementi a livello agricolo, a parere dello scrivente, deve ritenersi attività, si regolamentata, ma permessa”.

Si consideri che la situazione in Cina è sotto controllo dopo tre mesi, – insiste ancora la Salute – noi siamo solo al 12° giorno. Se le attività di semina fossero bloccate per mesi il danno per la filiera alimentare, ed è questo ciò che interessa a questa Direzione, sarebbe drammatico con imprevedibili ripercussioni per il Paese.

Questa Direzione ha stabilito di prendere immediatamente l’iniziativa, pur consapevole del rischio di trattare episodi marginali, ma la preoccupazione che questo asset strategico per il Paese possa essere compromesso merita la decisione d’intervenire immediatamente”.

Qui di seguito AGRICOLAE pubblica la circolare:

CIRCOLARE DGSAN SU SEMENTI




REPORT PUBBLICA LISTA SEGRETA MINISTERO SALUTE SU AZIENDE CHE USANO LATTE STRANIERO. LA STESSA PER CUI AGCM BOCCIO’ RICHIESTA COLDIRETTI. E SU QUOTE LATTE COME LA MAGISTRATURA INCHIODA LA POLITICA MA LA MUSICA NON CAMBIA

Coldiretti chiede al ministero della Salute i nomi delle aziende che importano latte dall’estero. Il Garante ‘boccia’ la richiesta e replica che questa non è possibile perché “strutture territoriali di Coldiretti sono titolari di partecipazioni in importanti imprese nazionali attivi produttivamente sia in Italia che all’estero” e perché “negli organi direttivi della Coldiretti siedono persone che hanno interessi diretti in imprese del settore lattiero caseario”. Era giugno. E ora a pubblicare la lista – che le imprese mandano alle ASL e le ASL mandano al ministero della Salute, è Report.

“Chi e perché ha messo un segreto sulle aziende italiane produttrici di formaggio che utilizzano latte straniero? Report entra in possesso in esclusiva della lista secretata per anni dal ministero della Salute. Dalle mozzarelle, alle dop, ai formaggi “similari”: vecchie e nuove incognite affliggono allevatori e produttori. L’etichetta indica sempre l’origine del latte, ma quanti formaggi proposti sul mercato come italiani, sono realmente prodotti con materia prima del nostro paese?”.

E’ quanto affronta Report nella puntata in onda lunedì 25 novembre dalle ore 22 in poi.

Poi il punto sulle quote latte. Report spiega come “dopo oltre trent’anni la magistratura inchioda la politica alle proprie responsabilità sulle quote latte. Ma la musica, in uno dei settori chiave dell’economia del nostro paese, non è cambiata.

Era stato scritto:

AGCM ‘BOCCIA’ LA COLDIRETTI: “NON PUBBLICA I BILANCI E I SUOI DIRIGENTI HANNO INTERESSI DIRETTI IN IMPRESE PRIVATE”. IL DOCUMENTO

IL MINISTERO DELLA SALUTE SCRIVE AL GARANTE: NON E’ SOLO UN SINDACATO AGRICOLO MA ANCHE AZIONISTA DI NUMEROSE AZIENDE PRIVATE E COOPERATIVE. QUINDI AGISCE DA CONCORRENTE

L’Antitrust ‘boccia’ la Coldiretti. E dice: “dato che l‘organizzazione non fornisce i propri bilanci contabili non è possibile avere un quadro informativo sulle sue partecipazioni societarie”. Poi affonda: “strutture territoriali di Coldiretti sono titolari di partecipazioni in importanti imprese nazionali attivi produttivamente sia in Italia che all’estero“. E infine: “negli organi direttivi della Coldiretti siedono persone che hanno interessi diretti in imprese del settore lattiero caseario”.

E’ quanto si legge nel bollettino dell’Autorità per la concorrenza del 24 giugno che alleghiamo in formato PDF qui di seguito e a pié di pagina: BOLLETTINO AGCM 25-19. Tutto è nato da una richiesta della stessa Coldiretti che è tornata indietro come un boomerang diventando un vero e proprio autogol per l’organizzazione guidata da Prandini e Gesmundo.

Nel 2017 infatti l’organizzazione che aveva già dato vita alla ‘febbre gialla’, manifesto con il quale voleva diventare l’unica organizzazione agricola nazionale, aveva chiesto al ministero della Salute – tra l’aprile e l’ottobre 2017, tramite un’istanza di accesso civico ai sensi dell’art. 5 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 – la comunicazione dei dati sul latte e sui prodotti lattiero caseari per sapere le entrate, le uscite e i depositi delle aziende italiane del settore.

Al ‘niet’ del ministero allora guidato da Beatrice Lorenzin segue l’istanza da parte della Coldiretti al Tar prima (che rigetta con sentenza 2994 del 16 marzo 2018) e ricorso al Consiglio di Stato poi.

Quest’ultimo stabilisce, con sentenza n. 1546 del 6 marzo 2019, “l’obbligo dell’Amministrazione intimata di dare corso, senza alcun indugio, alla seconda domanda di accesso civico dell’Associazione appellante, previa attivazione e conclusione, nei termini di legge, della procedura di confronto con i potenziali controinteressati, i quali, in relazione alla specificità del caso, potranno essere interpellati preliminarmente in via generale secondo modalità telematiche”. ‘L’Amministrazione potrà, se del caso, – si legge ancora nel bollettino Agcm – tenere conto (mediante il parziale oscuramento dei dati) solo di eventuali specifiche ragioni di riservatezza dei controinteressati’ (para. 21)”.

Ed ecco l’autogol: al fine di dare seguito alla pronuncia citata, in parallelo allo svolgimento della procedura di confronto con i soggetti controinteressati, il Ministero ha chiesto all’Autorità “se la diffusione dei dati richiesti dalla Coldiretti possa compromettere la concorrenza sul mercato oltreché la credibilità e la produttività delle aziende, tenuto conto che tali dati hanno un ruolo fondamentale nella strategia aziendale e che la loro diffusione ad aziende concorrenti potrebbe essere gravemente lesiva degli interessi economici e commerciali, considerato pure che la Coldiretti non è solo un sindacato agricolo, rappresentante di coltivatori diretti, imprese e società agricole, cooperative di trasformazione e consorzi di imprese, ma è anche azionista, con propri rappresentanti nei consigli di amministrazione, di numerose aziende di trasformazione private e cooperative ed agisce quindi anche da concorrente delle aziende delle quali chiede dati e informazioni riservate e che, pertanto, esiste il concreto rischio che le informazioni diffuse [dal Ministero] vengano utilizzate in modo strumentale, distorto o parziale da parte di uno o più concorrenti”.

L’Autorità, nella sua adunanza del 5 giugno 2019, rende il seguente parere:

“Con riferimento alla possibilità di effetti anticoncorrenziali derivanti dalla comunicazione dei Dati a Coldiretti, occorre considerare, in primo luogo, come quelle richieste siano informazioni commerciali sensibili, non aggregate e pertanto tali da consentire a chi ne entri in possesso di veder ridotte in maniera significativa le naturali incertezze inerenti il confronto competitivo tra imprese; ciò in quanto il loro contenuto attiene, tra l’altro, a fonti di approvvigionamento e relative dipendenze operative, attività produttive e loro programmazione, con la possibilità di desumerne anche le stesse capacità installate di un determinato operatore. Tenuto conto delle caratteristiche del settore economico di riferimento e della predetta natura dei Dati, in linea con una consolidata giurisprudenza di riferimento (cfr., ex multis, Corte di Giustizia UE, C-8/08, sent. 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands), appare dunque certa una rilevanza degli stessi in una prospettiva antitrust nel caso in cui questi fossero scambiati tra operatori concorrenti. In ragione della natura e conseguente rilevanza concorrenziale dei Dati, va in secondo luogo considerato se un pregiudizio per la concorrenza possa discendere dalla loro disponibilità da parte di Coldiretti, in ragione delle caratteristiche soggettive e operative di tale organizzazione.

A tale proposito, l’Autorità rileva in via preliminare come, a causa dell’indisponibilità di bilanci contabili pubblici relativi a Coldiretti (intesa quale sistema di cui fanno parte sia la confederazione nazionale che le varie diramazioni locali), non sia possibile avere un quadro informativo sulle sue partecipazioni societarie, e più in generale le sue attività economiche rilevanti.

Nondimeno, risulta da fonti aperte come quantomeno strutture territoriali di Coldiretti – in specie, una federazione provinciale – siano attualmente titolari di partecipazioni in importanti imprese nazionali operanti nel settore lattiero-caseario, e ciò per di più in partnership con primari operatori del medesimo settore che sono attivi produttivamente sia in Italia che all’estero.

Risulta altresì che negli organi direttivi e rappresentativi di Coldiretti, sia a livello di confederazione nazionale che di singole federazioni locali, siedano persone fisiche detentrici di interessi diretti in imprese del settore lattiero-caseario.

Infine, è notorio come alla Coldiretti siano associate un numero elevato di imprese attive nel settore lattiero-caseario, rispetto alle quali l’organizzazione, oltre a svolgere attività di rappresentanza e difesa degli interessi comuni, fornisce servizi di varia natura, comprese consulenze aziendali, per i quali la disponibilità dei Dati potrebbe costituire sia una primaria risorsa operativa che un elemento di differenziazione rispetto ai servizi eventualmente resi da imprese concorrenti. In assenza di specifiche, rigorose, predeterminate e trasparenti misure volte a circoscrivere e tracciare l’impiego da parte di Coldiretti dei Dati al fine di garantire che questi non siano impiegati da essa in quanto impresa ovvero interlocutrice e/o facilitatrice di contatti tra imprese terze (siano o meno queste sue associate), non si può pertanto escludere che dalla trasmissione a tale organizzazione dei Dati possano derivare pregiudizi alle corrette dinamiche di mercato. A fronte degli elementi qui sopra rilevati, con riferimento alla richiesta di parere formulata dal Ministero, l’Autorità sottolinea che il Consiglio di Stato, nella citata sentenza n. 1546/2019, ha chiaramente richiamato l’obbligo per l’Amministrazione di avviare, al ricevimento della domanda,il procedimento in contraddittorio con gli eventuali controinteressati al fine di tutelare i loro diritti. Qualora, nel contesto di tale procedura d’interpello, i controinteressati sollevassero la potenziale rilevanza sotto il profilo concorrenziale, nei termini sopra indicati, della comunicazione dei Dati a Coldiretti, siffatta obiezione dovrebbe essere tenuta in considerazione quale specifica ragione di riservatezza, al fine di evitare ogni pregiudizio alle condizioni concorrenziali del settore di riferimento.

Qui di seguito AGRICOLAE pubblica il bollettino AGCM

BOLLETTINO AGCM 25-19