Obesità. Zullo (FdI): Presentata pdl per aiutare milioni di cittadini affetti da “epidemia silenziosa”

“Oggi, in occasione della Giornata mondiale dell’obesità, sono lieto di aver presentato la proposta di legge per riconoscere l’obesità come patologia cronica e per considerare misure di prevenzione, contrasto e presa in carico. Per affrontare questioni di salute pubblica significative e complesse come l’obesità tutelando la salute di milioni di cittadini, del resto, è necessaria una buona dose di coraggio, responsabilità e visione politica a lungo termine. L’alternativa è un costo sociale, umano, sanitario ed economico insostenibile. Inizia dunque un iter legislativo importante, che potrebbe portare l’Italia a essere il primo Paese al mondo ad approvare una legge sull’obesità. Sento il dovere politico di dare una risposta concreta a milioni di cittadini giovani e adulti che rischiano la vita per questa ‘epidemia silenziosa’. Questa proposta intende colmare un vuoto normativo e dare una risposta convinta di cura al presente e di prevenzione per il futuro”.

 

Lo dichiara in una nota il senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Lavoro e Sanità.




Giornata Mondiale Obesità, Competere.Eu: Potenziare consapevolezza alimentare del consumatore

L’obesità rappresenta una sfida globale crescente, spesso descritta come un’epidemia invisibile che colpisce oltre un miliardo di persone in tutto il mondo, di cui 380 milioni sotto i 15 anni. La gravità di questa epidemia è tale che, entro il 2030, potremmo assistere a una riduzione delle aspettative di vita dovuta alle complicazioni legate all’obesità, un fenomeno senza precedenti nella storia dell’umanità. La proiezione indica che nel 2035, il numero di persone obese potrebbe raggiungere i 4 miliardi, quasi la metà della popolazione mondiale prevista». È la denuncia lanciata oggi, in occasione della Giornata mondiale sull’obesità, da Michele Carruba, Presidente onorario del Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità (CSRO) dell’Università degli Studi di Milano, e da Pietro Paganini, Presidente dell’istituto di policy e advocacy Competere – Policy for Sustainable Development.

Carruba e Paganini sono promotori dell’Alleanza internazionale contro l’obesità, che si è riunita per la prima volta lo scorso 19 gennaio, presso l’Università degli Studi di Milano, con il primo di un ciclo di incontri internazionali sulla malnutrizione da eccesso.

«Oggi l’obesità non è classificata come malattia di per sé – spiega Carruba – ma è strettamente associata a numerose patologie non trasmissibili, che a loro volta sono tra le principali cause di morte a livello globale».

Secondo gli studi effettuati dall’Alleanza, il costo economico di questa crisi è prossimo ai 2 trilioni di dollari, senza contare le perdite legate alla diminuzione della produttività e all’impatto dello stigma sociale.

«Di fronte a questo scenario – osserva a sua volta Paganini, autore di “iFood: come sottrarsi all’ideologia alimentare?” – è evidente che le politiche sanitarie pubbliche adottate finora non stiano producendo gli effetti sperati. Mi riferisco in particolare all’introduzione di etichette nutrizionali semplificate, come il Nutriscore, quanto anche politiche fiscali sui cibi ad alto contenuto di zuccheri e grassi saturi. Sono misure che finiscono per limitare la libertà di scelta e minacciare la diversità alimentare, oltre a demonizzare singoli nutrienti senza affrontare le radici complesse dell’obesità».

L’Alleanza osserva che l’obesità è un problema multifattoriale che risente di una varietà di fattori, tra cui genetica, metabolismo, stile di vita e stato psicologico. Questa complessità sottolinea che non esiste una soluzione unica per tutti, ma piuttosto la necessità di un approccio integrato che comprenda un’alimentazione equilibrata e uno stile di vita attivo, sostenuti da una solida educazione alimentare che favorisca il senso critico e la consapevolezza.

Per Paganini è urgente «promuovere una cultura della salute che valorizzi l’equilibrio, piuttosto che imporre restrizioni, può offrire una via d’uscita da questa crisi. Educare le persone sull’importanza di uno stile di vita bilanciato richiede tempo e impegno, ma è fondamentale per garantire che le future generazioni siano meglio equipaggiate per affrontare le sfide legate all’obesità. La nostra missione è sostenere politiche e iniziative che rafforzino l’educazione alimentare, promuovendo al contempo un accesso più ampio a cibi nutrienti e opzioni di vita attiva per tutti.

In questa prospettiva multidisciplinare è nata appunto l’Alleanza contro l’obesità, lanciata da oltre 30 scienziati di discipline differenti tra loro e appartenenti agli atenei di tutta Europa. L’obiettivo di questa nuova community scientifica è invitare le istituzioni a considerare l’obesità un problema multifattoriale. L’Alleanza vuole raccogliere il maggior numero possibile di accademici, ricercatori e pensatori di discipline molto diverse, ma tutti attivi nell’affrontare il problema della malnutrizione da eccesso.

«Essere obesi – aggiunge Carruba – non deve essere considerato un fallimento nel controllo dell’assunzione di cibo, bensì una malattia causata dal disfunzionamento del sistema omeostatico che regola il metabolismo energetico e l’assunzione di cibo. La scienza conferma che l’obesità è una condizione curabile e prevenibile. Poiché è influenzata da una complessa interazione di fattori ambientali, psicologici e genetici, richiede un approccio interdisciplinare integrato, che può includere sostegno psicologico, trattamenti farmacologici o, in situazioni estreme, l’intervento chirurgico. A oggi, tuttavia, non disponiamo di un numero sufficiente di professionisti medici in grado di affrontare efficacemente il problema dell’obesità. È pertanto necessario creare una nuova categoria medica specializzata nella gestione di questa condizione. L’obesità sta aumentando a un ritmo così rapido che, anche se iniziassimo a intervenire oggi, ci vorrebbero almeno 10 anni per avere a disposizione un numero adeguato di medici esperti. Se non interveniamo immediatamente per prevenirla, il sistema sanitario nazionale rischia di diventare economicamente insostenibile. In conclusione, è fondamentale riconoscere l’obesità come una malattia e includerla nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea)».

 




Giornata Mondiale Obesità. Vallardi (FI): Dieta mediterranea e Made in Italy essenziali per contrasto emergenza

Oggi 4 marzo si celebra il World Obesity Day, Giornata Mondiale dell’obesità, istituita per sensibilizzare le persone su questa grave patologia – commenta Vallardi, Responsabile regionale agricoltura e fonti rinnovabili per Forza Italia in Veneto.

Secondo l’Istat, in Italia la percentuale di adulti riconosciuti in stato di obesità è di circa l’11%, e il numero diventa più preoccupante se parliamo di sovrappeso dove si sfiora il 46% – chiarisce preoccupato Vallardi.

A livello globale la situazione è più allarmante perché secondo le stime, le persone obese saranno circa 1 persona su quattro nel 2035, con un allarmante aumento nei bambini.

Questi dati ci fanno capire che l’obesità deve essere considerata come una vera e propria malattia che può essere curata anche con un’alimentazione sana. Ricordo che la nostra dieta mediterranea, patrimonio immateriale dell’Unesco, è ritenuta efficace per perdere peso e per condurre una vita equilibrata grazie al suo apporto di verdure e frutta ma anche per il corretto uso di proteine – spiega Vallardi.

I disturbi alimentari, tra cui l’obesità, devono diventare una priorità nazionale perché se non invertiamo questo trend negativo, ne potrebbe risentire tutto il sistema sanitario.

Dobbiamo trasmettere ai nostri figli il valore dei nostri prodotti Made In Italy non solo per elogiarne l’eccellenza qualitativa ma anche per esaltare le caratteristiche salutari – conclude Vallardi.

 




Giornata mondiale dell’obesita, Cia Umbria e Cittadinanzattiva insieme per promuovere insieme alimentazione sana

Oggi più che mai è fondamentale informare e coinvolgere la cittadinanza riguardol’importanza di adottare stili di vita corretti comeil movimento fisico, l’alimentazione sana e ilcontrollo dei parametri fondamentali, perprevenire, individuare e curare tempestivamente eventuali fattori di rischio verso l’obesità». Lo ha dichiarato il presidente di Agricoltori italiani dell’Umbria e vicepresidente nazionale, Matteo Bartolini, in occasione della Giornata mondiale dell’obesità che cade il 4 marzo.

 

«Nei giovani, ma anche nelle loro famiglie,serve far scattare un cambiamento culturaleprofondo e l’adozione di comportamentialimentari sani e sostenibili. Bisogna informare epromuovere una corretta educazione alimentare e corretti stili di vita già in ambito scolastico, ma anche investire maggiori risorse per le mensescolastiche. La priorità deve essere la maggiorqualità del cibo offerto al bambino, non il minor prezzo, sempre più spesso alla base dei bandi per la gestione delle mense pubbliche. Unarivoluzione culturale che da una parte promuoval’educazione alimentare nelle scuole e che abbiail duplice scopo di formare il bambino ereindirizzare le famiglie verso scelte d’acquistotanto sul prezzo che sulla qualità e salubrità deiprodotti agricoli e agroalimentari».

 

Secondo la ricerca di Cittadinanzattiva aps, infatti, il numero di persone in sovrappeso e affette da obesità è in costante crescita in tutto il mondo. In Italia si stima che le persone in sovrappeso siano il 46,3% della popolazione, mentre le persone obese rappresentano l’11,4% (2022, dati Istat) per un costo sociale attuale di circa 28 miliardi di euro. Inoltre il 27,2% dei bambini e ragazzi tra i 3 e 17 anni risulta essere in sovrappeso o addirittura obeso. Non si tratta solo di inestetismo: il sovrappeso incontrollato può portare all’obesità, una patologia che può comportare lo sviluppo di gravi complicanze (si stima sia responsabile di circa l’80% dei casi di diabete, del 55% dei casi di ipertensione, del 35% di casi di cardiopatia ischemica e del 35% dei Tumori).

 

Secondo Paola Giulivi, segretaria regionale di Cittadinanzattiva Umbria «La sfida della prevenzione ha bisogno del coinvolgimento attivo dei cittadini, del loro ruolo da protagonisti per promuovere scelte di vita sana, ma anche per incrementare una cultura del rispetto e dell’accettazione di tutti i corpi. Dobbiamo smettere di giudicare le persone in base all’aspetto fisico. Promuovere la dieta mediterranea inoltre significa contrastare il cibo spazzatura e lo stile di vita obesogeno».

«È con questo obiettivo – conclude Bartolini – cheCia Umbria ha deciso di impegnarsi al fianco diCittadinanzattiva per contribuire ad abbattere lo stigma e i pregiudizi legati all’obesità, che spesso rischiano di frenare la presa di coscienza di chi ne soffre e ostacolare il percorso di cura, appurato che l’insorgere di sovrappesopatologico frequentemente dipende da una carente educazione rispetto alla corretta alimentazione».




Lollobrigida: mettere al centro dieta mediterranea per contrastare obesità

“La dieta mediterranea, consolidata nel tempo e che vanta l’iscrizione nella Lista Patrimonio Immateriale Unesco, si erge come un modello di alimentazione salutare e sostenibile. Riflettiamo sull’importanza cruciale che deve rivestire, perché promuovere attivamente questo modello nutrizionale significa incoraggiare scelte alimentari e uno stile di vita sano che contribuiscono alla prevenzione dell’obesità. I suoi principi, incentrati su frutta, verdura, cereali, non solo favoriscono la salute, ma rappresentano anche un patrimonio culturale da preservare, ricco di contaminazioni gastronomiche. L’Italia è la seconda Nazione tra le più longeve al mondo, grazie anche a questo modello nutrizionale che ci contraddistingue da sempre e ci rende unici. La scelta del Governo Meloni di candidare la Cucina Italiana a patrimonio Unesco, inoltre, rappresenta un’opportunità per raccontare chi siamo e sottolineare quanto il cibo sia non solo nutrimento, ma veicolo di valori, cultura e socialità”. Così il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, in occasione della Giornata Mondiale dell’Obesità, fissata per domani.




Obesity day: Coldiretti, 1 italiano su 2 in sovrappeso

Quasi un italiano maggiorenne su due (46%), per un totale di circa 23 milioni di persone, è in sovrappeso o obeso, un fattore di rischio che favorisce molte malattie come problemi cardiocircolatori, diabete, ipertensione, infarto e certi tipi di cancro. E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti sulla base degli ultimi dati Istat, diffusa in occasione della Giornata mondiale dell’obesità che si celebra il 4 marzo.
L’eccesso di peso interessa il 35% della popolazione italiana adulta, con l’11% è addirittura obeso, rileva Coldiretti.
Più obesi tra gli uomini, in aumento i giovani. Una situazione più grave per gli uomini, dove le percentuali salgono rispettivamente al 43% e al 12%. Meglio le donne, dove i problemi di eccesso ponderale riguardano il 28% della popolazione, mentre è uguale la quota di quelle obese.
Ma il fenomeno, purtroppo, non risparmia neppure le giovani generazioni, soprattutto a causa della tendenza ad alimentarsi con cibi ricchi di grassi, sale, zuccheri abbinati spesso a bevande gassate a scapito di alimenti sani come la frutta e la verdura. In Italia consuma verdura tutti i giorni solo un bambino su tre (31,3%) mentre ben il 7,8% dichiara di portarla a tavola meno di una volta alla settimana e il 6% di non mangiarla mai, secondo l’analisi della Coldiretti sull’ultimo rapporto dedicato all’obesità infantile dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. A preoccupare – sottolinea la Coldiretti – è anche il fatto che meno della metà dei bambini italiani (45,2%) consuma frutta tutti i giorni mentre ben il 4,6% dichiara di portarla a tavola meno di una volta alla settimana e il 3,6% di non mangiarla mai.
Dieta Mediterranea toccasana per la salute. Una situazione preoccupante per un Paese come l’Italia che è leader mondiale nella qualità dell’alimentazione con i prodotti base della dieta mediterranea che sono diventati un modello di consumo in tutto il mondo. Non a caso la dieta mediterranea si è classificata come migliore dieta al mondo del 2024 davanti alla dash e alla mind, sulla base del best diets ranking elaborato dal media statunitense U.S. News & World’s Report’s, noto a livello globale per la redazione di classifiche e consigli per i consumatori. Una vittoria ottenuta – rileva la Coldiretti – grazie agli effetti positivi sulla longevità e ai benefici per la salute, tra cui proprio la perdita e il controllo del peso, oltre a salute del cuore e del sistema nervoso, prevenzione del cancro e delle malattie croniche, prevenzione e controllo del diabete.
L’educazione alimentare nelle scuole. Le Donne Coldiretti sono per questo impegnate nel progetto “Educazione alla Campagna Amica” che coinvolge alunni delle scuole elementari e medie in tutta Italia che partecipano a lezioni in programma nelle fattorie didattiche e nei laboratori del gusto organizzati nelle aziende agricole e in classe. Così come Fondazione Campagna Amica che, oltre alla presenza nelle scuole, ha promosso negli anni un progetto in collaborazione con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, finalizzato all’educazione alimentare dei più piccoli grazie al coinvolgimento dei pediatri che, insieme ai produttori agricoli, spiegano ai bambini l’importanza di una merenda e un’alimentazione sana con un’attenzione ad alcuni temi importanti fin dalla crescita come la stagionalità dei prodotti, il Km0 e i corretti stili di vita.
L’obiettivo – conclude la Coldiretti – è quello di formare dei consumatori consapevoli per valorizzare i fondamenti della dieta mediterranea e ricostruire il legame che unisce i prodotti dell’agricoltura con i cibi consumati ogni giorno e fermare così il consumo del cibo spazzatura.



Stili di vita, Istat: in Italia aumenta l’obesità (+1,1%) e cala consumo di frutta e verdura (-3,5%). Problemi di peso per 27,2% minori

Rispetto a 10 anni fa in Italia ci sono più obesi e si consuma meno frutta e verdura. A confermarlo è l’indagine Istat “Aspetti della vita quotidiana” che ha analizzato i dati del 2022, confrontandoli con quelli degli anni precedenti.

Analizzando i dati emerge che nel 2022, ultimo anni di riferimento, il numero di obesi ha raggiunto l’11,4% della popolazione, l’1,1% in più rispetto al 2010 (10,3%). Dopo un progressivo calo fino al 2015 (9,8%), i dati si sono impennati proprio in corrispondenza della pandemia e dei lock down (2020 11,5% e 2021 12%). Nel 2022 i gravi problemi di peso. colpiscono più gli uomini (12,2%) che le donne (10,6%).

Emerge anche una sostanziale differenza geografica: mentre nel nord la percentuale di obesi sfiora il 10%, nel sud supera il 12%. Sono molto interessanti anche i dati sulla popolazione più giovane, quella compresa tra i 3 e i 17 anni. In questo caso è stato registrato un leggero calo, dal 28,5% al 27,2%, ma oltre un quinto dei minori ha gravi problemi di peso, percentuale che sale addirittura al 33,9% per la fascia 3-10 anni.

Nel sud i dati sono ancora più allarmanti per la fascia 3-17 anni: Campagnia (37,3%), Basilicata (37,1), Calabria (36,9), Sicilia (33,6) e Puglia (32,5) sono le regioni con maggiori problemi, mentre al Nord svettano al contrario Trentino Alto-Adige (15,7), Valle D’Aosta (16,5), Friuli Venezia-Giulia (19,3) e Piemonte (21,2).

Ma quale correlazione esiste rispetto agli stili di vita? Nel 2010 il 21,7% della popolazione adulta consumava almeno 4 porzioni tra frutta e verdura, un dato che nel 2022 è scesa al 18,2% (-3,5%). Nello specifico esiste una forte differenza tra uomini (15,5%) e donne (20,8%) ed a livello territoriale: nel Centro il consumo si assesta al 22,5%, contro il 20% del Nord e il 13% del Mezzogiorno.

Ma come mangiano i più giovani?

Nella fascia 3-17 il 14% consuma snack salati, come patatine e pop corn, il 26,2% merendine e gelati e il 21,1% bibite gassate. Fortunatamente sono tutti dati in calo rispetto al 2010 (15,1%, 29,7% e 31%). Il 68,9% dei minori consuma frutta e verdura, ma solo l’11,7% raggiunge le quattro porzioni quotidiane raccomandate.

LEGGI QUI TUTTO LO STUDIO ISTAT SUGLI STILI DI VITA




Obesità e tumori, il doppio fardello dei paesi in via di sviluppo. Come la globalizzazione ha colpito dall’Africa all’Asia e il ruolo dell’agricoltura

Obesità e aumento dei casi di tumore. Sono questi i due elementi che negli ultimi anni caratterizzano i paesi in via di sviluppo, con tassi di crescita superiori al 30% rispetto alle nazioni occidentali. Si tratta di uno degli effetti più immediati della globalizzazione che ha investito il continente africano e molta parte dell’Asia, portando a stili di vita poco salutari e al consumo di cibo dalle carenti qualità nutritive -spesso junk food dall’alto tasso di sale o bevande ricche di zucchero- trovandosi quindi a dover fronteggiare il doppio fardello della malnutrizione e dell’obesità al contempo.

Centrale diventa allora il ruolo dell’agricoltura in grado di assicurare lo sviluppo economico dei paesi più poveri, garantendo nel contempo una coscienza imprenditoriale che significa anche consapevolezza culturale e alimentare. Sullo sfondo il pericolo del cibo sintetico che potrebbe assoggettare ulteriormente i paesi in via di sviluppo alle dinamiche occidentali, precludendogli fattori di crescita.

Obesità e globalizzazione 

“Una volta considerato un problema solo nei paesi ad alto reddito, il sovrappeso e l’obesità sono ora drammaticamente in aumento nei paesi a basso e medio reddito, in particolare negli ambienti urbani. La stragrande maggioranza dei bambini in sovrappeso o obesi vive nei paesi in via di sviluppo, dove il tasso di aumento è stato superiore di oltre il 30% rispetto a quello dei paesi sviluppati” sottolinea l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

“Nel 2019, si stima che 38,2 milioni di bambini sotto i 5 anni fossero in sovrappeso o obesi” prosegue la Who (World Health Organization) in un suo report. “In Africa, il numero di bambini in sovrappeso sotto i 5 anni è aumentato di quasi il 24% dal 2000. Quasi la metà dei bambini sotto i 5 anni che erano in sovrappeso o obesi nel 2019 viveva in Asia”. 

Tumori e globalizzazione

Fortemente correlato al tema alimentare e globalizzazione è quello che riguarda l’aumento dei casi di tumore nei paesi a medio e basso reddito. L’abuso di alcolici e di carne rossa o lavorata (assai differente da un utilizzo moderato all’interno di una dieta sana ed equilibrata), l’utilizzo di prodotti dall’alto contenuto di sodio e basse proprietà nutritive ed ancora l’uso di bevande zuccherate sono tutti fattori partecipanti dell’incremento dei tumori nei paesi in via di sviluppo.

Paolo Vineis (Ordinario di Epidemiologia Ambientale all’Imperial College di Londra) trova nella globalizzazione parte del problema, responsabile di impatti ambientali nocivi sul territorio e di consumi alimentari non corretti. “I tumori complessivamente stanno aumentando soprattutto nei paesi in via di sviluppo, in particolare in Africa stiamo assistendo ad un preoccupante aumento di casi di cancro» dichiara Vineis. E tra gli effetti scatenanti per alcuni tipi di tumori vi è “l’alimentazione, in particolare la carne lavorata aumenta il rischio di tumore al colon retto”.

Dello stesso avviso Nicoletta Dentico, (Responsabile del programma Salute Globale Society for International Devolpment, SID) che sposta l’attenzione su come l’abuso di alcolici tra i più giovani abbia avuto effetti esasperanti. «Il 4,1% di tutti i casi di tumore sono attribuibili all’alcol” sottolinea. Un incremento che si è registrato soprattutto nell’est europeo, nei paesi asiatici, Cina, Vietnam, India e Africa sub sahariana dove accanto al fumo di sigaretta, l’alcol è il fattore scatenante per molti tumori».

Secondo recenti dati l’occidentalizzazione dei consumi e degli usi nel continente africano ha causato negli ultimi tre decenni, in Paesi quali il Burkina Faso, il Ghana, il Togo e il Benin ad una esplosione dei tassi di obesità: cresciuti anche del 1400 per cento, con l’ulteriore e concreto rischio di contrarre diversi tumori.

Inoltre sebbene il cancro resti una malattia più diffusa nei Paesi “ricchi” rispetto a quelli “poveri” o “in via di sviluppo” ciò che preoccupa è come in quest’ultimi i tumori siano sempre più frequenti e aumentino a ritmi molto più rapidi che in Europa, come emerge nel rapporto dal titolo “Global Cancer Statistics 2020”, prodotto in collaborazione dall’American Cancer Society (ACS) e dall’International Agency for Research on Cancer (IARC), in cui sono analizzati i dati relativi a 36 tumori in 185 diversi Paesi del mondo. 

Il ruolo dell’agricoltura e il pericolo cibo sintetico

Su questo sfondo -appare adesso chiaro- gioca un ruolo centrale il tema alimentare e di conseguenza agricolo. Non solo servirà garantire un approvvigionamento alimentare in grado di sfamare una popolazione mondiale in crescente crescita (che ha il suo epicentro nei paesi in via di sviluppo), ma occorrerà garantire sempre più del cibo di qualità in grado di fornire i nutrienti necessari ed evitare l’insorgenza di malattie.

Se da una parte le multinazionali del Food e dell’High Tech stanno puntando con decisione sul cibo sintetico capace di garantire “cibo” in produzioni industriali (così da scalare il prezzo nella Gdo) ma di cui non si conoscono ad oggi gli effetti sulla salute, ciò precluderebbe l’ulteriore sviluppo dell’Africa e dei paesi “poveri” dell’Asia e dell’America. In tal modo li si renderebbe ancora vassalli e assoggettati alle dinamiche occidentali, o detto ancor meglio si andrebbero a finanziare ed arricchire quelle multinazionali che proprio ai danni dei paesi in via di sviluppo e delle Pmi di tutto il mondo fanno affari. Non sfuggirà che l’ulteriore conseguenza derivante dall’utilizzo del cibo sintetico o di laboratorio sarà quello di precludere lo sviluppo agricolo,  e dunque economico, di quei paesi che proprio nell’agroalimentare possono vedere una delle modalità più efficaci per affrancarsi dalla povertà e sviluppare una propria coscienza imprenditoriale, e che significa anche coscienza culturale della propria storia e tradizioni.

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Dieta, aumentano negli Usa i farmaci vs obesità che colpisce 41% cittadini: 13mila dollari a testa. Ma è guerra su chi deve pagare mercato da mld dollari

Obesità? Dieta salutare? Benessere alimentare? etichette e semafori? in gioco ci sono miliardi di euro l’anno.

Per far fronte infatti all’aumento dell’obesità che – secondo gli studi Usa – colpisce oltre il 41% degli adulti, sono stati messi a punto alcuni farmaci innovativi per la perdita di peso. Alcuni sono già approvati dalla Food and Drug Administration e vendita è in costante aumento.

Ma c’è un problema: il costo. si tratta di circa 1500-3000 euro all’anno per persona per circa il 41 per cento della popolazione americana. Nella migliore delle ipotesi, nelle persone giovani, si tratta di 13mila euro l’anno. A fronte di una spesa complessiva legata ai problemi di salute derivanti dall’obesità pari a 174 miliardi di dollari dovute a spese sanitarie annuali in eccesso.

Ma chi paga? E’ guerra in corso negli Usa per stabilire se questi farmaci possono essere riconosciuti dal MediCare, il sistema assicurativo sanitario federale, amministrato dal governo degli Stati Uniti e istituito nel 1965, oppure no.

In una pubblicazione scientifica dell’11 marzo sul The New England Journal of Medicine a firma dal titolo “Medicare Part D Coverage of Antiobesity Medications — Challenges and Uncertainty Ahead” a firma di Khrysta Baig, M.S.P.H., Stacie B. Dusetzina, Ph.D., David D. Kim, Ph.D., and Ashley A. Leech, Ph, vengono stabiliti i pro e i contro.

L’obesità è molto diffusa negli Stati Uniti – colpisce più del 41% degli adulti, compresa una percentuale simile di anziani – ed è legata a una miriade di problemi di salute, come il diabete di tipo 2, le malattie cardiovascolari, le condizioni artritiche e alcuni tipi di cancro. L’obesità è associata ad almeno 174 miliardi di dollari di spese sanitarie annuali in eccesso, con le spese più elevate che si verificano una volta raggiunti i 60 anni (circa 1.500-3.000 dollari a persona all’anno).

Di recente, è cresciuto l’interesse del pubblico per i farmaci “innovativi” per la perdita di peso, tra cui diversi nuovi farmaci che sono stati approvati dalla Food and Drug Administration, come la semaglutide (Wegovy), o sono in fase di sviluppo, come la tirzepa- tide e la semaglutide-cagrilintide.

Questi farmaci antiobesità di nuova generazione hanno prodotto una perdita di peso dal 15% a oltre il 20% negli studi clinici, rappresentando un chiaro progresso rispetto ai farmaci di prima generazione (ad esempio, fentermina-topiramato, bupro- pione-naltrexone e liraglutide).

Ma i prezzi netti dei nuovi farmaci antiobesità possono essere più di 20 volte superiori a quelli dei farmaci più vecchi, e potrebbe essere necessario l’utilizzo per tutta la vita per prevenire il recupero del peso. Tra questi nuovi farmaci, l’attenzione è attualmente concentrata su un’iniezione di semaglutide una volta alla settimana.

Il prezzo stimato negli Stati Uniti per la semaglutide, al netto di sconti e riduzioni (il “prezzo netto”), è pari a 13.618 dollari all’anno e ha suscitato la preoccupazione che gli enti pagatori non coprano i nuovi prodotti contro l’obesità e che i pazienti non siano in grado di permetterseli senza copertura. Ciononostante, la domanda di farmaci efficaci contro l’obesità rimane elevata e si prevede un aumento.

Sebbene alcuni programmi Medicaid statali e pagatori privati coprano i farmaci contro l’obesità, il programma Medi- care – uno dei più grandi pagatori degli Stati Uniti, che fornisce la copertura dei farmaci da prescrizione a più di 47 milioni di beneficiari – è proibito per legge dal coprire le prescrizioni per la perdita di peso (sebbene lo stesso farmaco possa essere coperto per altre indicazioni, come il diabete). Le preoccupazioni relative all’uso dei farmaci per scopi cosmetici, lo stigma nei confronti delle persone con un corpo più pesante e una lunga storia di ritiri post-matrimoniali di farmaci per la perdita di peso a causa di gravi effetti collaterali possono aver contribuito a questo divieto.

Il Treat and Reduce Obesity Act, sostenuto dai produttori di farmaci anti-obesità e da diverse associazioni sanitarie, ha acquisito importanza negli ultimi anni. Essa cerca di estendere la copertura della Parte D per includere i farmaci per il trattamento dell’obesità e la gestione del peso per le persone in sovrappeso.

MediCare potrebbe quindi essere presto obbligato a coprire i farmaci contro l’obesità, il che intensifica la necessità di affrontare le questioni di efficacia e di costo tra i suoi beneficiari.

Gli effetti sul bilancio della copertura dei farmaci contro l’obesità nell’ambito di MediCare (Part D) sono probabilmente notevoli. Utilizzando la prevalenza dell’obesità stimata dai Centers for Disease Control and Prevention per gli adulti di 60 anni o più (41,5%) e un intervallo di assunzione dei farmaci compreso tra l’1% e il 100%, è stata calcolata una spesa annuale potenziale del Part D per questi farmaci che arriva fino a 270 milioni di dollari l’anno solo per gli over 60.

Con un’assunzione del 10%, la spesa totale potrebbe essere di 1,32 miliardi di dollari per le versioni generiche di fenter- mine e topiramato (che hanno un prezzo netto annuo combinato di 670 dollari e sono stati associati a una riduzione del peso di 9,1 punti percentuali in un anno rispetto al placebo2) o di 26,80 miliardi di dollari per il semaglutide di marca.

Questi importi rappresentano dallo 0,91 al 18,48% dei 145 miliardi di dollari di spesa totale netta per il 2019 della Parte D da parte dei beneficiari e del programma MediCare. Anche se le proiezioni sono limitate alle persone con diagnosi di obesità identificabili nelle richieste di assistenza medica (21% dei beneficiari), che indicano i casi in cui un medico potrebbe essere più propenso a ricorrere a trattamenti per l’obesità, un’adozione simile potrebbe portare a costi annuali di 667 milioni di dollari per il fen- termine generico e il topiramato o di 13,56 miliardi di dollari per il semaglutide di marca (dallo 0,46 al 9,35% della spesa della Parte D del 2019).

In uno scenario ipotetico in cui tutti i beneficiari affetti da obesità utilizzano il semaglutide per la perdita di peso (ignorando altre indicazioni per il suo utilizzo), il costo supererebbe l’intero budget della Parte D e sarebbe superiore all’eccesso di spesa sanitaria totale legato all’obesità per le persone di tutte le età. Queste stime escludono i costi associati al potenziale uso di farmaci anti-obesità da parte di persone in sovrappeso.

Le agenzie internazionali di valutazione della tecnologia sanitaria hanno formulato diverse raccomandazioni in merito al rimborso dei farmaci antiobesità in base al loro rapporto costo-efficacia a lungo termine.
Per esempio, il National Institute for Health and Care Excellence del Regno Unito ha raccomandato il rimborso di liraglutide per la gestione del peso, una decisione limitata in generale alle persone con un indice di massa corporea (IMC; il peso in chilogrammi diviso per il quadrato dell’altezza in metri) di almeno 35 e un altro fattore di rischio cardiometabolico; ha anche raccomandato il rimborso di semaglutide, ma ha ulteriormente limitato il rimborso a un massimo di 2 anni di utilizzo.

Al contrario, l’Agenzia per i farmaci e le tecnologie sanitarie della Canana ha raccomandato il non rimborso pubblico di liraglutide e semaglutide per la gestione del peso. In entrambi i Paesi, i prezzi di questi farmaci sono circa un terzo di quelli degli Stati Uniti.

L’Institute for Clinical and Economic Review (ICER), un’organizzazione non profit di valutazione delle tecnologie sanitarie con sede negli Stati Uniti, ha recentemente valutato il rapporto costo-efficacia dell’uso per tutta la vita di semaglutide e di altri tre regimi farmacologici contro l’obesità (liraglutide, fentermina-topir-amato e bupropione-naltrexone; incluse le versioni generiche di fentermina e topiramato e bupropione e naltrexone) per un paziente di 45 anni rispetto alla modifica dello stile di vita.

La valutazione dell’ICER ha concluso che il semaglutide non era economicamente vantaggioso, con un costo stimato di 237.000 dollari per anno di vita guadagnato in termini di qualità acquisita. Questa stima riflette sia i cambiamenti nell’aspettativa di vita che la qualità della vita associata al miglioramento delle funzioni quotidiane e alla riduzione del rischio di diabete e di esiti cardiovascolari; tuttavia, è ben al di sopra dell’intervallo di 100.000-150.000 dollari considerato il limite superiore per l’economicità negli Stati Uniti.

In base alle attuali soglie statunitensi, il prezzo annuale di 13.618 dollari del semaglutide dovrebbe scendere a 7.500-9.700 dollari perché il farmaco sia efficace dal punto di vista dei costi rispetto alla sola modifica dello stile di vita.2 In questa fascia di prezzo, tuttavia, non sarebbe ancora efficace dal punto di vista dei costi rispetto a fentermina e topira- mate generici.2 Anche con prezzi così scontati, gli effetti sul bilancio di Medicare potrebbero essere sostanziali.

 




GUERRA A NEW YORK AI SOFT DRINKS

Il sindaco di New York Bloomberg fa passare un provvedimento contro i bicchieri di soft drinks superiori al mezzo litro. È guerra a New York al supersize, una delle cause dell’obesità, soprattutto nei giovani.
red/gan