Regione Veneto crea fondo per imprese agricole assieme al fei. Pan: 93 mln di euro per permettere ad aziende di investire. VIDEOINTERVISTA

“Tutto questo è nato nel corso di alcuni incontri che personalmente ho fatto a Bruxelles con la Dg Agri della Commissione Europea. Mi sono chiesto come mai le imprese agricole non potessero accedere facilmente ai crediti bancari rispetto ad altri settori economici.

Con i responsabili del Fondo investimenti abbiamo trovato degli strumenti che potevano essere sfruttati anche per il settore Primario”. Così ad AGRICOLAE l’assessore all’Agricoltura della regione Veneto Giuseppe Pan in merito alla nascita del fondo di garanzia per favorire l’accesso al credito delle piccole e medie imprese agricole e agroalimentari, la piattaforma AGRI ITALY PLATFORM creata dall’accordo tra Regione Veneto e il Fondo Europeo per gli Investimenti.

Si tratta della prima operazione finanziaria di questo tipo in Veneto per le imprese agricole, a supporto di investimenti e riqualificazioni. Impegnerà 15 mln del Programma di sviluppo rurale (cofinanziati tra Ue, Stato e Regione) creando garanzie per finanziamenti fino a 93 milioni di euro

“Abbiamo deciso – prosegue Pan – di mettere 15 milioni di euro nel Psr per creare assieme al Fondo europeo di investimenti un fondo di 93 milioni di euro. Questo significa che se un impresa si reca in una delle banche selezionate per chiedere un prestito la regione Veneto garantisce per loro fino al 50 per cento dell’investimento. Così le imprese possono avere un accesso al credito semplificato e agevolato e che garantisce l’impresa sana e produttiva del territorio che possono avere liquidità necessaria per proseguire la loro attività”, conclude l’assessore.

Per saperne di più:

AGRICOLTURA NUOVO STRUMENTO PER GARANTIRE ACCESSO AL CREDITO ALLE PMI. ASSESSORE PAN, VENETO PRIMA REGIONE IN ITALIA A REALIZZARE PIATTAFORMA DI GARANZIA PUBBLICA

Regione Veneto e Fondo Europeo per gli Investimenti offrono al mondo delle piccole e medie imprese agricole la prima piattaforma di garanzia pubblica degli investimenti: il nome tecnico è Agri Italy Platform, il meccanismo è quello della garanzia di portafoglio.  Si tratta di una operazione di ingegneria finanziaria che coinvolge 8 regioni e ‘fa scuola in Europa’, evidenzia il direttore di FEI Marco Marrone. Il Veneto ha il primato di essere la prima regione ad averla progettata e resa operativa.

Utilizzando 15 milioni della misura 4.2 del Programma di sviluppo rurale, la Regione Veneto mobilita in affiancamento alle proprie risorse circa 32  milioni di risorse FEI , a sua volta supportato da controgaranzie di BEI e Cassa depositi e prestiti: si è creato così  un fondo pubblico di garanzia di 46,5 milioni di euro capace di garantire un portafoglio di finanziamenti di 93 milioni di euro a favore del settore primario. Lo strumento, grazie all’adesione di quattro istituti di credito (Credito Emiliano, Credito Valtellinese, Istituto centrale delle casse rurali e artigiane e Monte dei Paschi) è già operativo e consente di garantire finanziamenti prevalentemente a medio termine (ma Iccrea arriva anche a 12 anni) alle Pmi agricole e agroalimentari del Veneto, anche a quelle con maggior profilo di rischio.

“All’inizio del mio mandato mi era stato indicato come punto debole dalle associazioni di categoria il tema dell’accesso al credito – ha spiegato l’assessore all’agricoltura Giuseppe Pan, presentando il prodotto finanziario al ‘tavolo verde’ e agli operatori dell’informazione . Basti citare un dato: il credito concesso dalla Banche al sistema delle imprese venete nel 2018 è cresciuto nel complesso dello 0,2% rispetto al 2017, ma come risultato ponderato di un incremento dello 0,8% verso le grandi e le medie imprese e di un decremento del 2,1% verso le piccole e micro imprese. Negli anni scorsi abbiamo potenziato, tramite Veneto Sviluppo, le garanzie rilasciate da Confidi e un sistema di riassicurazione per finanziamenti di importo contenuto e a breve durata. Ora con questa nuova piattaforma di garanzia pubblica, che viene ad integrare la gamma di strumenti già attivi, si facilita l’accesso ai  finanziamenti bancari anche alle imprese che intendano intraprendere programmi impegnativi di trasformazione, commercializzazione e sviluppo. Lo strumento di garanzia attivato con il Fei, costruito con una leva finanziaria da 1 a 6, consentirà alle banche di dimezzare il rischio credito senza dover accantonare parte del proprio patrimonio a supporto degli impieghi creditizi e di azzerare quindi i costi del rilascio garanzie, permettendo così di ridurre i tassi di finanziamento. Si tratta di una operazione di ingegneria finanziaria che ci consente di fare di più con meno risorse, così come ci sta chiedendo l’Europa ”.

“Inoltre, questo tipo di finanziamenti – ha sottolineato Pan –  potranno essere concessi dalle banche anche ad imprese con un livello di rischiosità creditizia più elevata di quello mediamente riscontrabile nel comparto. Anche questo è un modo per allargare l’accesso al credito, in particolare alle imprese giovanili e alle imprese cooperative che per le banche rivestono maggiori profili di rischio”.

Potranno accedere al fondo multiregionale di garanzia gli imprenditori agricoli professionali, i coltivatori diretti iscritti alla gestone previdenziale agricola Inps e le piccole e medie imprese agroalimentari del Veneto, attive nella trasformazione, commercializzazione e sviluppo dei prodotti agricoli. Le imprese agricole potranno ottenere finanziamenti tra i 150 e i 180 mila euro. Più alta la soglia per le imprese agroalimentari, che potranno ottenere finanziamenti fino ad un massimo di 950 mila euro.

Le operazioni finanziabili, sia per i singoli imprenditori sia per le aziende agroalimentari, vanno dall’acquisto di macchinari e attrezzature, alla ristrutturazione e miglioramento dei fabbricati, dal miglioramento fondiario all’acquisto di programmi e tecnologie informatiche.

“La Regione Veneto – ha concluso Pan –  ha creduto per prima in questa importante operazione e, sin dal 2016, si è proposta come partner del FEI per costruirla. Lo schema è piaciuto, tanto che la Direzione Generale per l’Agricoltura della Commissione Europea ha chiesto di poterlo estendere anche ad altre regioni italiane; proposta che abbiamo accettato, sia pure un po’ a malincuore, perché in tal modo abbiamo dovuto ritardarne l’avvio operativo. Comunque, ne siamo anche orgogliosi, visto che Agri Italy Platform a livello comunitario viene considerata una vera e propria ‘best practice’ nel campo degli strumenti finanziari”.




FAUNA SELVATICA, E’ EMERGENZA. BELLANOVA: STIAMO LAVORANDO. GALLINELLA: MINISTRI CI DIANO UNA MANO. PIEMONTE: PIANO TAVOLO NAZIONALE. LOMBARDIA: GOVERNO RICONOSCA SELECONTROLLORI. VENETO CHEDE DA TEMPO INTERVENTI. I NUMERI DELLA CIA

Ancora una volta si parla dell’emergenza cinghiali. Una questione che è all’ordine del giorno – per chi lavora la terra – ormai da anni. In occasione della mobilitazione organizzata dalla Coldiretti a piazza Montecitorio a Roma, il ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova ha spiegato che i coltivatori saranno risarciti, ma non ci fermiamo qui. “Ho scritto al ministro dell’Ambiente Sergio Costa due giorni fa e mi ha già risposto, si continua a lavorare per passare per la modifica della legge 157/92”, spiega il ministro dal palco definendo la questione “un tema fondamentale sul quale noi dobbiamo lavorare”. “Abbiamo sbloccato il 24 ottobre il decreto per il riconoscimento dei benefici per i danni subiti, e lo abbiamo fatto acquisendo finalmente tutti i pareri, compreso quello della Conferenza Stato-Regioni”. spiega ancora. “Adesso dobbiamo continuare a lavorare per cercare di dare una soluzione piu strutturale a questo problema”. “Dobbiamo farci fino in fondo carico di quello che sta ricadendo sul settore agricolo”, conclude auspicando di lavorare in spirito unitario con Regioni e agricoltura per dare passo passo soluzione a tante criticità che ci sono”.

Secondo la Coldiretti oltre otto italiani su 10 (81%) pensano che l’emergenza cinghiali vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurne il numero. E’ quanto emerge dal primo Dossier Coldiretti/Ixe’ sull’emergenza animali selvatici in Italia, presentato in occasione del blitz in Piazza Montecitorio migliaia di agricoltori, allevatori, pastori insieme al presidente della Coldiretti Ettore Prandini oltre a cittadini e rappresentanti delle istituzioni e dell’ambientalismo. Un allarme condiviso dall’Autorità per la sicurezza alimentare Europea (Efsa) che ha appena lanciato un appello urgente agli Stati dell’Unione Europea chiedendo misure straordinarie per evitare l’accesso dei cinghiali al cibo e realizzare una riduzione del numero di capi per limitare il rischio di diffusione di malattie come la peste suina africana. Un allarme reale anche in Italia dove i cinghiali sempre più spesso razzolano tra i rifiuti delle città.La fauna selvatica rappresenta in generale – spiega l’indagine Coldiretti-Ixé – un problema per la stragrande maggioranza dei cittadini (90%). Nel mirino finisce soprattutto la presenza eccessiva di cinghiali, che il 69% degli italiani ritiene che siano troppo numerosi mentre c’è addirittura un 58% che li considera una vera e propria minaccia per la popolazione, oltre che un serio problema per le coltivazioni e per l’equilibrio ambientale come pensa il 75% degli intervistati che si sono formati un’opinione.

FAUNA SELVATICA, GALLINELLA (M5S): TEMA NOTO DA ANNI MA SOLUZIONE ANCORA NON C’È: I MINISTRI CI DIANO UNA MANO

È già dalla scorsa legislatura che si parla di questo tema. Da Presidente di Commissione sono stato il primo a portare nel dibattito pubblico tale questione, ma l’unico risultato – oltre a quello di mandare in stallo l’esame di un provvedimento che inserisce una piccola modifica alla 157/92 – sono stati attacchi alla mia persona sia da destra che da sinistra, e non mi riferisco certo ai partiti.

Mi appello quindi, in primo luogo, ai ministri Costa e Bellanova, su cui ricadono le competenze politiche della materia, ma allo stesso tempo mi appello alle #Regioni, in capo alle quali si trova la gestione e il controllo della fauna selvatica, affinché non si nascondano ma mettano sul piatto le loro risorse, economiche e non. Il problema esiste e va risolto, per il bene dell’agricoltura. Dal nostro canto, come Parlamento, rimetteremo all’ordine del giorno la discussione sul tema attraverso l’esame in Commissione di atti di indirizzo che ci permettano di approfondire la questione e trovare, ove possibile, soluzioni alternative o ancora meglio preventive dei danni da fauna selvatica sull’agricoltura. Certo è che se la “fauna è patrimonio dello Stato” deve essere lo Stato a gestire e risolvere la questione”. Lo scrive su Facebook il portavoce del MoVimento 5 Stelle alla Camera Filippo Gallinella, presidente della commissione Agricoltura.

FAUNA SELVATICA: LA REGIONE PIEMONTE PROPONE UN TAVOLO NAZIONALE

“La Regione Piemonte è a fianco degli agricoltori, allevatori e pastori piemontesi che sono oggi in piazza Montecitorio a Roma, su iniziativa della Coldiretti, per denunciare il problema dell’invasione dei cinghiali e della fauna selvatica, causa di distruzione dei raccolti agricoli, attacco agli animali al pascolo e incidenti stradali in campagna e nei centri abitati. Un’emergenza nella nostra regione e a livello nazionale”.

Lo dichiarano il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, insieme al vicepresidente e assessore alle Foreste, Fabio Carosso e all’assessore all’Agricoltura, Marco Protopapa.

“Dopo l’insediamento della nostra Giunta – spiegano – abbiamo da subito affrontato seriamente il problema del contenimento degli ungulati, con una delibera che prevede, per situazioni straordinarie, lo snellimento delle procedure riguardanti le tecniche e i mezzi per il controllo dei cinghiali, con l’ausilio dei cani limieri.

Abbiamo poi promosso degli  incontri con i Prefetti delle province piemontesi, che sono le massime autorità in materia di sicurezza e ordine pubblico, per valutare l’entità del fenomeno ungulati ed allo stesso tempo individuare procedure operative in stato di emergenza”.

A seguito delle riunioni con i rappresentati delle amministrazioni provinciali, sono state proposte una serie di interventi per rendere più efficace la caccia di selezione, mentre si sta anche concretizzando un tavolo di lavoro tecnico composto dalle Province e dai tecnici degli Ambiti territoriali di caccia e Comprensori alpini. Sul fronte invece della cosiddetta caccia programmata, si sta valutando l’adozione di specifici protocolli di attivazione in aree critiche.
Con le Prefetture e le Province, si è inoltre deciso di procedere ad un monitoraggio per l’esatta localizzazione dei sinistri stradali da fauna selvatica, che prevede anche il coinvolgimento delle forze dell’ordine, per verificare il numero di incidenti con relativa mappatura.
A breve verrà convocato anche un incontro da parte del prefetto di Torino con l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per armonizzare le procedure autorizzative in questa specifica situazione d’emergenza.

Infine è in corso di presentazione alla Commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, la proposta di modifica dell’articolo 19 della Legge 157/92 per consentire l’ampliamento dei soggetti autorizzati alle azioni di controllo, che andrebbero così a supportare il personale faunistico venatorio già attivo sul territorio.

“Insomma – concludono il presidente Cirio e gli assessori Carosso e Protopapa – il problema è molto sentito in Piemonte, dove abbiamo intrapreso tutto quanto consentito dalle leggi nazionali. La realtà è che servono dei cambiamenti di normativa a livello centrale. In questo senso, come Regione, siamo disponibili a farci promotori di un tavolo nazionale da convocare urgentemente, dove, nel rispetto di tutti, si trovino le soluzioni più efficaci per il contenimento della fauna selvatica”.

FAUNA SELVATICA, ROLFI: GRAZIE A REGIONE 4.252 ABBATTIMENTI DI CINGHIALE. GOVERNO RICONOSCA SELECONTROLLORI

Nel 2019 in Lombardia sono stati abbattuti 4.252 cinghiali grazie alle azioni programmate dalla Regione: 952 tramite i piani di controllo, 2.380 tramite la caccia di selezione e 920 attraverso la caccia collettiva. Nel 2018 gli abbattimenti totali nella nostra regione erano stati circa 2.000.
Sono i numeri resi noti dall’assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi della Regione Lombardia Fabio
Rolfi, intervenuto questa mattina, a Roma, durante la manifestazione organizzata da Coldiretti in piazza Montecitorio, sul tema della fauna selvatica.

PROLIFERAZIONE INCONTROLLATA UNA SCIAGURA – “Il proliferare incontrollato di cinghiali, caprioli, cervi, nutrie, lepri, daini e di tutta la fauna selvatica – ha sottolineato l’assessore lombardo – e’ una sciagura per l’agricoltura lombarda e per la sicurezza delle persone”.

I NUMERI DEL 2018 – “Nel 2018 – ha ricordato Rolfi – sono stati 803 gli incidenti stradali causati da questi animali nella nostra regione. Abbiamo dovuto rimborsare gli agricoltori per 1,2 milioni di euro a causa dei danni da fauna selvatica”. “La Regione – ha aggiunto – e’ intervenuta in maniera massiccia con piani di controllo provinciale e con la caccia di selezione.
Abbiamo raddoppiato gli abbattimenti rispetto al 2018”.

GOVERNO AGISCA IN MODO CHIARO – “Il Governo ora deve agire in modo concreto, non ideologico” ha dichiarato Fabio Rolfi, che si e’ detto contrario all’istituzione della figura degli ausiliari per il controllo faunistico.

RISULTATI POSSIBILI GRAZIE AI CACCIATORI – “Questi risultati sono stati ottenuti grazie ai cacciatori – ha rimarcato l’assessore Rolfi -, sfruttando ogni possibilita’ che legge consente e usufruendo dell’impegno volontario di chi esercita l’attivita’ venatoria”. “Ora e’ tempo – ha auspicato – che il Governo semplifichi le procedure e riconosca la figura dei selecontrollori, ossia dei cacciatori gia’ formati che possono attuare i piani di controllo in maniera volontaria”.
“La politica – ha concluso l’assessore Rolfi – deve abbandonare ogni ideologia sull’utilizzo della caccia che e’ una attivita’ di presidio dell’ambiente, per mantenere l’equilibrio dell’ecosistema”.

DATI ABBATTIMENTI CINGHIALI NEL 2019

Dati suddivisi per provincia con numeri di capi abbattuti con piani di controllo, caccia di selezione e caccia collettiva e totale per ogni territorio provinciale.

A Bergamo       240 capi abbattuti con piani di controllo, 21 con la caccia di selezione e 221 con quella collettiva per un totale di 482.

Brescia ha registrato 160 abbattimenti con la caccia di selezione e 233 con quella collettiva, per un totale di 393.
A Como 140 sono stati i capi abbattuti con i piani di controllo, 1.355 con la caccia di selezione e 8 con quella collettiva per un totale di 1503.

Varese ha segnato 24 abbattimenti con i piani di controllo, 362 con la caccia di selezione e 55 con quella di controllo con una riduzione della popolazione dei cinghiali di 441 unita’.

A Cremona       sono stati 75 gli abbattimenti con piani di controllo mentre la caccia di selezione e di controllo non sono consentite. Gli abbattimenti totali sono quindi 75.

Lecco ha segnato 10 abbattimenti coi piani di controllo, 207 con la caccia collettiva mentre quella collettiva sara’ attuabile dal 15 dicembre. Il totale degli abbattimenti e’, quindi, di 217.

A Milano 10 sono stati gli abbattimenti nel Comune di San Colombano al Lambro, la caccia di selezione e’ in fase di avvio e non esiste quella collettiva. Abbattuti, quindi, 10 capi.

Lodi ha registrato 3 abbattimenti coi piani di controllo, la caccia di selezione e’ in fase di avvio mentre quella collettiva non e’ consentita. Sono 3, quindi, i cinghiali abbattuti.

A Pavia i piani di controllo hanno portato all’abbattimento di 121 capi, la caccia collettiva di altri 275 e la caccia
collettiva di ulteriori 403 per un totale di 799.

Sondrio ha abbattuto 329 capi con i piani di controllo. Numero che equivale al totale non essendo consentite ne’ la caccia di selezione ne’ quella collettiva.
Il totale della Lombardia e’, quindi, di 952 capi abbattuti coi piani di controllo, 2.380 con la caccia di selezione e 920 con quella collettiva. Per un totale generale di 4.252 abbattimenti.

DATI SINISTRI STRADALI CAUSATI DA FAUNA NEL 2018

Bergamo 68
Brescia 54
Como 67
Cremona 35
Lecco 13
Lodi 6
Milano 16
Mantova 46
Pavia 160
Sondrio 131
Varese 206

Totale Lombardia 803

INDENNIZZI CONCESSI DA REGIONE PER DANNI DA FAUNA NEL 2018

Bergamo 142.625,51 euro
Brescia 85.731,42 euro
Como 73.687,33 euro
Cremona 220.444,61 euro
Lecco 75.814,55 euro
Lodi 2.941,00 euro
Mantova 267.709,51 euro
Milano 82.882,00 euro
Monza Brianza 19.669,16 euro
Pavia 132.915,00 euro
Varese 83.648,54 euro

Totale Lombardia 1.188.000 euro.

Era già stato scritto:

FAUNA SELVATICA, ASSESSORE AGRICOLTURA LOMBARDIA SCRIVE AI PARLAMENTARI LOMBARDI: URGENTE CAMBIARE SUBITO NORME NAZIONALI

Sull’argomento aveva più volte sollecitato interventi l’assessore all’Agricoltura della regione Veneto:

FAUNA SELVATICA PAN IN COMMISSIONE POLITICHE AGRICOLE SOLLECITA RIFORMA LEGGE NAZIONALE

L’assessore regionale all’Agricoltura Giuseppe Pan, a nome della Regione Veneto,  ha presentato alla Commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni la richiesta di modificare la legge nazionale 157 che dal 1992 regola la fauna selvatica. “I danni causati alle attività agricole, ma anche alla pubblica incolumità, da specie nocive come cinghiali, ungulati, cormorani sono purtroppo esperienza ormai comune, non solo in Veneto ma  anche in molte altre regioni –ha premesso Pan –   Appare pertanto sempre più urgente modificare la legge nazionale che regola la fauna selvatica e passare dal concetto di protezione assoluta ad un approccio dinamico di gestione controllata. Non si tratta di dare il via libera alla caccia tout- court, ma di dare il via, con l’ausilio dell’Ispra e del ministero, a piani di gestione controllata delle specie più nocive, lupi compresi”.

Sullo sfondo – nella richiesta della Regione Veneto di modificare la legge 157 varata 27 ani fa – ci sono le difficoltà del processo di regionalizzazione del personale provinciale dedicato alle attività di controllo e vigilanza in materia di caccia e pesca eil progressivo depotenziamento, innescato dalla riforma del Rio, dell’attività gestionale svolta dai corpi di polizia provinciale. Situazione che sta causando anche conflitti di attribuzione di competenze davanti alla Corte Costituzionale con ricadute negative sulla capacità di controllo della fauna selvatica, in particolare cinghiali, ma anche nutrie, volpi e corvidi.

“Da parte dei colleghi delle altre Regioni – aggiunge Pan – ho trovato attenzione e disponibilità. Come promesso alle nostre categorie economiche, ho voluto coinvolgere le altre Regioni al massimo livello, per far sentire la nostra voce il più possibile in maniera unitaria e porre al governo di fronte alla necessità di affrontare il problema delle proliferazioni fuori controllo di animali nocivi per l’ambiente e le attività dell’uomo”.

La proposta di modifica legislativa della legge 157/1992,  elaborata dalla Regione Veneto in sintonia con le associazioni di categoria del mondo agricolo, ultima in ordine di tempo la Cia,  punta a  sostituire il concetto di “protezione” con quello di gestione, a superare la frammentazione tra diversi ministeri in materia faunistico-venatoria e a distinguere le attività di gestione della fauna selvatica da quelle dell’attività venatoria. La proposta punta inoltre al risarcimento integrale dei danni diretti e indiretti causati da grandi predatori, ungulati e rapaci e l’istituzione di una filiera delle attività di controllo della selvaggina, dai centri di raccolta dei capi uccisi a quelli di lavorazione delle carni e possibile commercializzazione.

Ormai anche i dati numerici mostrano l’evidenza e la gravità del problema dell’aumento incontrollato di fauna selvatica nel nostro Paese: per fare un esempio, sono più che raddoppiati negli ultimi anni, salendo a ben due milioni di esemplari, i cinghiali in Italia. La stima è stata evidenziata da Coldiretti, che nella mattinata di oggi, giovedì 7 novembre 2019, ha radunato in piazza a Roma, davanti a Montecitorio, numerosi agricoltori e allevatori, oltre a più di 400 Sindaci in rappresentanza dei Comuni italiani nei quali l’emergenza cinghiali e invadenza di animali selvatici è divenuta un vero e proprio problema sociale, che interessa tutti i cittadini, non solo chi lavora nei campi.

Alla manifestazione ha aderito anche A.I.A. ed il Sistema allevatoriale, con una delegazione guidata dal presidente dell’Associazione Italiana Allevatori, Roberto Nocentini, dal direttore generale Roberto Maddé e da numerosi Presidenti e dirigenti delle associate territoriali e di razza.

Sul palco del “sit in “ pacifico, con il presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini, il segretario generale Vincenzo Gesmundo ed i membri di Giunta, si sono alternati numerosi esponenti politici e di Governo, oltre ad Amministratori locali e rappresentanti delle associazioni di cittadini e consumatori che hanno aderito all’iniziativa.

“I problemi causati dal proliferare incontrollato di cinghiali ed altri animali selvatici – afferma il presidente A.I.A. Roberto Nocentini – che stiamo denunciando da molto tempo, sono ormai troppo evidenti e oltre che noi allevatori coinvolgono la cittadinanza, visti anche gli incidenti con feriti e vittime umane, tredici solo quest’anno, tra gli automobilisti non solo delle strade rurali. Siamo qui per testimoniare assieme a Coldiretti che è ora di avere risposte chiare e definitive da parte della politica e delle Amministrazioni coinvolte”.

“La questione cinghiali e danni da parte di diverse specie di fauna selvatica – aggiunge il direttore generale A.I.A. Roberto Maddé – è complessa ed articolata. Ci sono aspetti legati a modifiche o corretta applicazione di normative ormai datate e forse non più adeguate alla reale situazione attuale nel nostro Paese; mi riferisco alla legge 157 del 1992, che regola la gestione della fauna selvatica, ma la materia ormai non può esser lasciata ad una programmazione improvvisata o solo al buon senso. Gli allevatori concordano sul fatto che la situazione non sia più sostenibile e non è un problema esclusivamente di risarcimenti di danni: per continuare a far impresa zootecnica c’è bisogno di lavorare con serenità e in maniera il più possibile omogenea su tutto il territorio nazionale, non possono esserci aree da considerare marginali o penalizzate”.

CINGHIALI, CONFAGRICOLTURA: FRONTEGGIARE L’EMERGENZA, ASSICURARE SALUTE, SICUREZZA E BIODIVERSITA’

Una crescita fuori controllo dei cinghiali per oltre il 400% in trent’anni: è questo il risultato della non gestione delle popolazioni faunistiche. La sovrappopolazione degli ungulati continua ad essere un problema enorme per gli agricoltori, per la fauna minore, per il territorio, per l’ambiente, per la sicurezza anche dei cittadini. Lo sottolinea Confagricoltura che sollecita interventi risolutivi.

Tanti i titoli di giornali quando ci sono gli incidenti mortali, quando gli agricoltori protestano per i danni subiti, quando la biodiversità, la salute, la sicurezza sono in pericolo – osserva Confagricoltura – poi, nessuna azione concreta. “Una cosa è certa: il problema esiste e va affrontato e risolto. Chi dovrebbe agire, oltre ad essere inerte, si nasconde colpevolmente”.

Abbiamo una normativa superata – evidenzia Confagricoltura – che affida la gestione della selvaggina al mondo venatorio, che ha ormai messo in evidenza tutti i suoi limiti. Estraniare gli agricoltori, che ospitano la selvaggina sui loro territori, dalla sua gestione, si è rivelato un errore grandissimo.

Le tante inerzie derivanti da una legislazione che demanda alle Regioni, spesso inattive, il compito di governare la materia e di intervenire e correggere le storture, hanno prodotto una situazione inaccettabile, denunciata anche dal Tribunale di Palermo che – a seguito di aggressioni di cinghiali a cittadini – ha sottolineato la responsabilità delle amministrazioni pubbliche nel caso non siano stati adottati piani mirati di contenimento.

Confagricoltura esorta ad uscire dalla sterile fase della contrapposizione tra mondo venatorio e mondo ambientalista, acquisendo tutti la consapevolezza che il problema della gestione della fauna va affrontato anche con misure che prevedano il riequilibrio delle presenze faunistiche sul territorio.

L’Organizzazione degli agricoltori chiede il monitoraggio obbligatorio su scala regionale e nazionale delle popolazioni di ungulati e l’avvio di azioni straordinarie di prelievo, superando tutte quelle previsioni normative che limitano gli interventi. Siamo di fronte a una vera e propria emergenza che richiede la collaborazione di tutti gli attori, agricoltori, cacciatori, selettori, e se serve anche delle forze dell’ordine e dell’esercito per dare una risposta immediata.

Occorre infine prevedere – conclude Confagricoltura – adeguati indennizzi per i danni diretti e indiretti che subiscono le aziende agricole e snellire le procedure per valutazione dei danni e del conseguente tempestivo ristoro.

La Cia aveva affrontato da tempo il problema:

FAUNA SELVATICA, ECCO LE PROPOSTE DI RIFORMA DELLA CIA E I NUMERI DEL PROBLEMA

Una riforma radicale della legge sulla fauna selvatica per affrontare concretamente un problema ormai fuori controllo, tra danni milionari ad agricoltura e ambiente, rischio malattie, incidenti stradali sempre più frequenti e minacce alla sicurezza dei cittadini anche nelle aree urbane. L’ha chiesta oggi Cia-Agricoltori Italiani, presentando a Camera e Senato una proposta di modifica della legge 157/92 che regola la materia.

Sette punti chiave per invertire la rotta sulla questione degli animali selvatici (ungulati, storni, nutrie), diventata insostenibile in tutto il territorio nazionale, aggiornando una legislazione obsoleta e totalmente carente sia sul piano economico che su quello ambientale.

1. Sostituire il concetto di “protezione” con quello di “gestione” – Secondo Cia, la finalità di fondo, indicata già nel titolo della legge, deve essere modificata passando dal principio di protezione a quello di gestione della fauna selvatica. Se la legge del 1992 si focalizzava sulla conservazione della fauna, in quegli anni a rischio di estinzione per molte specie caratteristiche dei nostri territori, oggi la situazione si è ribaltata, con alcune specie in sovrannumero o addirittura infestanti. L’esempio più lampante riguarda i cinghiali, responsabili dell’80% dei danni all’agricoltura: si è passati da una popolazione di 50 mila capi in Italia nel 1980, ai 900 mila nel 2010 fino ad arrivare a quasi 2 milioni nel 2019. E’ del tutto evidente, quindi, che bisogna tornare a carichi sostenibili delle specie animali, in equilibrio tra loro e compatibili con le caratteristiche ambientali, ma anche produttive e turistiche, dei diversi territori.

2. Ricostituire il Comitato tecnico faunistico venatorio, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – L’attuale legge divide le competenze in diversi ministeri; occorre riportare alcune competenze di fondo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e, di fatto, ricostituire il Comitato tecnico faunistico e venatorio, partecipato dal Mipaaft e dal Ministero dell’Ambiente, dalle Regioni, dalle organizzazioni interessate e da istituzioni scientifiche come l’Ispra.

3. Distinguere le attività di gestione della fauna selvatica da quelle dell’attività venatoria – E’ necessario intervenire radicalmente nella governance dei territori, garantendo l’effettiva partecipazione del mondo agricolo a tutela delle proprie attività. Le procedure di programmazione faunistica e delle attività venatorie devono essere semplificate e armonizzate con le Direttive europee e, allo stesso tempo, vanno ridisegnati e ridefiniti i compiti degli Ambiti territoriali di gestione faunistica e venatoria (al posto degli Ambiti territoriali di caccia).

4. Le attività di controllo della fauna selvatica non possono essere delegate all’attività venatoria – Per Cia, piuttosto, deve essere prevista o rafforzata la possibilità di istituire personale ausiliario, adeguatamente preparato e munito di licenza di caccia, per essere impiegato dalle autorità competenti in convenzione, mettendo in campo anche strumenti di emergenza e di pronto intervento.

5. Deve essere rafforzata l’autotutela degli agricoltori – Sui propri terreni, i produttori devono poter essere autorizzati ad agire in autotutela, con metodi ecologici, interventi preventivi o anche mediante abbattimento.

6. Risarcimento totale del danno – La crescita dell’incidenza dei danni da fauna selvatica è esponenziale. Ad oggi, i danni diretti al settore agricolo accertati dalle Regioni corrispondono a 50-60 milioni di euro l’anno. Secondo Cia, gli agricoltori hanno diritto al risarcimento integrale della perdita subita a causa di animali di proprietà dello Stato, comprensivo dei danni diretti e indiretti alle attività imprenditoriali. Bisogna superare la logica del “de minimis”; mentre criteri, procedure e tempi devono essere omogeni sul territorio, con la gestione affidata alle Regioni.

7. Tracciabilità della filiera venatoria – Ai fini della sicurezza e della salute pubblica, occorre assicurare un efficace controllo e un’adeguata tracciabilità della filiera venatoria, partendo dalla presenza di centri di raccolta, sosta e lavorazione della selvaggina, idonei e autorizzati, in tutte gli areali di caccia.

Cia-Agricoltori Italiani lancia la sua proposta di riforma della legge 157/92 e si rende protagonista, negli stessi giorni, di una mobilitazione generale in tutte le regioni sul tema della fauna selvatica -spiega il presidente nazionale Dino Scanavino-. La presenza eccessiva, soprattutto di ungulati, sta rendendo impossibile in molte aree l’attività agricola con crescenti fenomeni di abbandono ed effetti negativi sulla tenuta idrogeologica dei territori. Per questo sollecitiamo le istituzioni ad agire tempestivamente, utilizzando il nostro progetto di riforma come base di discussione, per arrivare a una nuova normativa sul tema più moderna ed efficace”.




BELLANOVA INCONTRA LE REGIONI: BASTA EMERGENZE, ORA PIANI STRUTTURALI. VIDEO

“Dobbiamo cogliere le istanze di ogni regione a prescindere dal colore politico di ciascuna amministrazione”. Così il ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova al tavolo con le regioni al Mipaaft su Pac, quadro finanziario e cimice asiatica. “Ho partecipato al consiglio dei ministri europei informale e credo che la partita più importante sia quella di ottenere maggiori tutele in Europa”, spiega. “La pac post 2020 deve saper riconoscere le differenze della varie agricolture perché sappiamo bene che l’agricoltura lombarda non ha le stesse esigenze dell’agricoltura siciliana”.

“Voglio attivarmi a Bruxelles perché l’agricoltura mediterranea sia non solo rispettata ma anche valorizzata così come merita. Il piano strategico nazionale previsto dalla bozza di riforma dovrà essere una occasione da costruire insieme e su cui lavorare”, prosegue ancora Bellanova.

“Siamo qui per fare delle politiche e non delle polemiche, e lo dico per prima a me stessa. Vogliamo affrontare le emergenze come la xylella e la cimice asiatica, ma uscendo da un’ottica emergenziale e strutturando piani di interventi seri, dando ai cittadini la trasparenza che meritano”.

MIPAAF: MINISTRA BELLANOVA INCONTRA REGIONI. “LAVORIAMO INSIEME PER RISPOSTE CONCRETE AGLI AGRICOLTORI”

Assoluta disponibilità a un lavoro condiviso nel pieno rispetto della reciproca autonomia; incontri mensili per ottimizzare il confronto sui temi; bando alla logica emergenziale a vantaggio della definizione di piani di interventi concreti e rigorosi.
Si è aperto con un richiamo al metodo di lavoro l’incontro di stamane al Mipaaf della Ministra Bellanova con gli Assessori regionali all’Agricoltura con all’ordine del giorno: Politica Agricola Comune, revisione del Quadro finanziario poliennale per il periodo post 2020, emergenza cimice asiatica.
“Dalla qualità delle scelte che saremo capaci di assumere”, ha proseguito la Ministra Bellanova prima di entrare nel vivo del confronto, “dipende non la nostra fortuna personale ma la qualità della vita di aziende, lavoratori, cittadini. Per questo chiedo a tutti noi di lasciare perdere le polemiche per concentrarci sul lavoro da fare.
E’ tanto, ed esige soluzioni. E ovviamente non partiamo da zero”.
Sul tema Bilancio post 2020, Bellanova ha dunque affermato: “le nostre priorità sono due: recuperare i tagli ipotizzati in particolare sullo sviluppo rurale; disinnescare la “mina” convergenza esterna, che comporterebbe ulteriori tagli ai pagamenti diretti. Abbiamo già colto segnali positivi anche nell’informale di Helsinki, la conferma dovremmo averla nelle prossime settimane in vista del Vertice di metà ottobre. La Pac post 2020 deve saper riconoscere le differenze delle agricolture europee, territorio per territorio. Per questo voglio attivarmi a Bruxelles perché l’agricoltura mediterranea sia non solo rispettata ma valorizzata. Sono convinta che sostenibilità ambientale ed economica devono andare di pari passo, a maggior ragione considerato il ruolo dell’agricoltura nel contrasto all’emergenza climatica. Il mio pensiero è noto, non possiamo pensare di penalizzare l’agricoltura e gli agricoltori se vogliamo farne un settore realmente attrattivo e portatore di futuro. Tema cui si collega l’etichettatura: insistere per valorizzare sempre più e meglio a livello commerciale i prodotti agricoli ottenuti con regole produttive più rigorose. Il Piano strategico nazionale previsto dalla bozza di riforma, infine, dovrà essere un’occasione da costruire insieme”. Su questo la Ministra ha sollecitato una proposta unitaria: “se è chiaro a tutti che indietro non si torna, è necessario definire il punto di equilibrio; non possiamo continuare a dire no senza una contro proposta, né rischiare un negoziato dove non siano chiare la nostra posizione e le soluzioni che avanziamo”.
Dal punto di vista tecnico sul negoziato sono stati evidenziati i progressi importanti su questioni strategiche: agricoltore attivo, semplificazione, sostegno redistributivo, capping, piccoli agricoltori, disciplina finanziaria e interventi settoriali, in particolare sull’olio di oliva. Rimangono ancora da affrontare problemi-chiave come la nuova architettura verde, su cui l’attenzione politica sta crescendo continuamente.
Quindi, emergenza cimice asiatica: “Abbiamo ben chiaro”, ha concluso la Ministra Bellanova, “la gravità del problema e il danno che significa. Le nostre strutture sono a disposizione per costruire le azioni comuni necessarie. Questa non è una emergenza regionale ma nazionale ed europea, e per questo intendo discuterne anche a Bruxelles. Garantisco fin d’ora grande attenzione e massimo impegno”.

CIMICE ASIATICA: ASSESSORE PAN A MINISTRO BELLANOVA, “È XYLELLA DEL NORD, ISTITUIRE FONDO STRAORDINARIO”

“La cimice asiatica sta provocando disastri alle coltivazioni di tutto il Nord. Solo in Veneto i danni quantificati dalla filiera ortofrutticola assommano a 100 milioni di euro. Insieme ai colleghi della Lombardia, Fabio Rolfi, e della provincia autonoma di Trento, Giulia Zanotelli, ho chiesto al ministro l’istituzione di un fondo nazionale straordinario, come fece il governo precedente per la Xylella in Puglia”.  E’ quanto dichiara l’assessore all’agricoltura della Regione Veneto, Giuseppe Pan, al termine dell’incontro degli assessori all’agricoltura delle Regioni italiane con il ministro Teresa Bellanova, a Roma, nella sede del Mipaaf.

“Oltre alle misure legate all’introduzione di antagonisti naturali, la cui efficacia sarà misurata nel medio lungo periodo – ha ricordato Pan –  servono infatti risposte a stretto giro per sostenere le filiere colpite, l’ortofrutta in particolare, per indennizzare gli agricoltori, per potenziare la comunicazione istituzionale e per finanziare l’acquisto di difese meccaniche e la ricerca in tale ambito. La cimice asiatica sarà la Xylella del Nord se il problema non sarà affrontato per tempo. Chiediamo dunque al governo la stessa attenzione e il medesimo impegno, per evitare il tracollo dell’intero comparto ortofrutticolo delle  regioni del Nord”.

Pan ha posto l’accento sulla necessità di interventi tempestivi e ad ampio raggio per quella che si profila come una calamità di valenza nazionale: “Gli studi non bastano, servono risposte immediate e veloci con finanziamenti adeguati per le imprese coinvolte al fine di evitare il rischio espianti. Da parte nostra – ha anticipato – siamo disponibili a studiare con le organizzazioni di settore l’istituzione di fondi mutualistici. Ma serve un intervento diretto del ministero per le Politiche agricole, d’intesa con il dicastero delle Finanze, per predisporre un piano straordinario che preveda aiuti economici ai produttori, sconti fiscali e sostegni agli investimenti”.

CIMICE ASIATICA, VERNOCCHI (ALLEANZA COOPERATIVE): 350 MILIONI DI EURO DI DANNI SOLO PER PERE, PESCHE E NETTARINE

“Valutiamo positivamente la riunione di oggi sull’emergenza cimice asiatica, perché finalmente è emersa in tutta la sua gravità la dimensione del fenomeno e ci si è potuti rendere conto, dati alla mano, degli enormi danni creati alle colture, che ammontano, secondo le stime elaborate dal CSO – Centro Servizi Ortofrutticoli, a oltre 350 milioni di euro solo per pere, pesche e nettarine e a 486.000 giornate di lavoro andate in fumo, compreso anche l’indotto”.

Così Davide Vernocchi, Coordinatore Settore Ortofrutticolo dell’Alleanza Cooperative Agroalimentari, commenta gli esiti dell’incontro svoltosi oggi al Ministero delle politiche agricole con le regioni per affrontare l’emergenza causata dai danni della cimice asiatica e delle patologie connesse ai cambiamenti climatici.

“Speriamo adesso che si apra uno spiraglio – prosegue Vernocchi – , perché molte aziende ortofrutticole sono a rischio chiusura e probabilmente non riusciranno a continuare la loro attività. A nostro avviso, è opportuno operare su tre fronti: individuare misure di sostegno immediato alle aziende con piani straordinari; far sì che le aziende dispongano di strumenti efficaci per la difesa già a partire dalla prossima campagna; avviare collaborazioni con la ricerca per individuare percorsi sostenibili nel rispetto dell’ambiente”.

CIMICE ASIATICA, CONFAGRICOLTURA: FARE SQUADRA CONTRO IL FLAGELLO CHE MINACCIA LE CAMPAGNE. APREZZAMENTO PER L’INTERVENTO DEL MINISTRO BELLANOVA AL TAVOLO CON LE REGIONI

Confagricoltura esprime apprezzamento per l’intervento del ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova al tavolo con le Regioni, che ha sottolineato la gravità del problema della cimice asiatica, manifestando la volontà di costruire le azioni comuni necessarie per affrontarlo.

 

La questione della cimice asiatica, all’ordine del giorno anche del comitato direttivo di Confagricoltura che si è tenuto martedì scorso, preoccupa molto gli imprenditori agricoli delle regioni del Nord d’Italia. Un vero e proprio flagello che rischia di affossare il settore ortofrutticolo. Sono molte le aziende che minacciano di estirpare i frutteti, dove le perdite vanno dal 40 al 100 per cento della produzione, se non si troveranno soluzioni veloci ed efficaci.

 

“Per questo – sostiene il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti – è necessario lavorare in squadra con le Istituzioni nazionali e regionali, per affrontare questa emergenza che, come ha sottolineato il ministro, ormai non è più regionale, bensì nazionale ed europea”.




CAPORALATO, VENETO APRIPISTA CON INTESA ISTITUZIONI E SIGLE, PRIME “SENTINELLE” SUL TERRITORIO. PAN: MEGLIO PREVENIRE CHE CURARE

“Abbiamo 65 mila imprese agricole attive che generano sei miliardi di lordo vendibile con un indotto che, dalla chimica ai contoterzisti, rappresenta quasi un terzo della nostra economia. Ma con casi ancora sporadici di caporalato. Ma prevenire è meglio che curare. Per questo abbiamo alzato subito la guardia dopo alcuni casi scoperti in Veneto”. Così ad AGRICOLAE Giuseppe Pan, assessore all’Agricoltura della regione Veneto, in merito all’intesa proposta dalla regione a tutto il mondo aderente al sistema Primario il cui obiettivo è contrastare il fenomeno del caporalato in agricoltura. “Siamo contro la schiavitu e reputiamo di primaria importanza il diritto al lavoro e la dignita dei lavoratori”, prosegue. “E’ giusto che chi lavora in campagna abbia un contratto dignitoso. Motivo per cui abbiamo messo a punto un protocollo di intesa con le istituzioni, Inail, Inps e le sigle sindacali: creare subito una barriera e allontanare chi non rispetta le regole”.

Secondo l’assessore Pan, al di la delle leggi messe a punto in passato, “è più efficace un’iniziativa operativa che coinvolge direttamente i soci di tutte le sigle del mondo agricolo. Dato che le prime sentinelle sul territorio sono proprio loro”.

E’ chiaro poi, precisa, che i contratti stagionali o il numero dei lavoratori stagionali devono essere facilitati attraverso una minore burocrazia “al fine di innescare un percorso virtuoso che permetta anche ai datori di lavoro di assumere con maggiore facilità”. “Stiamo lavorando per dare inoltre – aggiunge – attraverso leggi regionali, gli alloggi per chi lavora nei campi. Sappiamo che abbiamo bisogno di manodopera e che questa può venire anche da altre parti del mondo ma sempre nel rispetto delle regole. Per non ripetere quanto sta già accadendo in altre regioni”.

Ancora una volta il Veneto fa da apripista: “Su questo tema il nostro presidente Zaia ha tracciato una ben chiara direttiva. Noi come assessori facciamo il nostro lavoro con la speranza di attivare un meccanismo che possa essere replicato in tutta Italia”, conclude.