“Senza voler incolpare il governo italiano, purtroppo, le misure adottate non sono state sufficienti e sono arrivate troppo tardi. Venendo da fuori non voglio giudicare altri paesi ma in Corea, Giappone e Cina, i governi hanno reagito molto rapidamente. Forse la Cina avrebbe dovuto reagire più velocemente ma possiamo dire che tutte e tre le nazioni hanno stabilito regole severe per la popolazione per impedire la diffusione del Covid-19”.
Queste le parole ad AGRICOLAE di Marc Windisch, direttore del laboratorio di Virologia e Biologia all’Istituto Pasteur in Corea, che non risparmia critiche alle modalità con cui il nostro paese ha affrontato l’emergenza Covid-19, sottolineando i ritardi e le mancanze nel sistema sanitario italiano.
“Ciò che è difficile da capire per gli europei è che indossare una maschera per il viso riduce la probabilità di essere infetti e/o diffondere la malattia.
In Corea, Giappone e Cina, oltre il 95% della popolazione indossa maschere. È importante notare che le maschere N95 non sono necessarie per la popolazione generale; infatti una maschera di base è sufficiente per ridurre il rischio di infezione in più modi: 1. Diminuisce le possibilità di contrarre il virus, 2. Riduce, in chi è infetto, di spargere il virus, 3. Impedisce di entrare a contatto col virus toccando la bocca, il naso, ecc” spiega il virologo.
“Inoltre, la diagnosi di COVID-19 e il successivo isolamento è fondamentale, senza dimenticare l’importanza di educare la popolazione su cosa fare e cosa non fare. Quello che vedo qui in Corea è che il governo ha fatto davvero un buon lavoro su questi punti: A) Test, B) isolamento, C) dispositivi di protezione individuale e D) istruzione. Tutti elementi che riducono la diffusione del virus”.
È invece difficile predire quando terminerà l’emergenza sanitaria dichiara Windisch: “Questa è una domanda molto difficile. A seconda del continente e del paese, la fase di emergenza potrebbe concludersi alla fine del 2020. Pertanto, è impossibile stabilire oggi una data in cui poter dire che il virus è stato “sconfitto”. Tuttavia, quando disporremo di terapie o vaccini adeguati potremo dire che la battaglia contro il Covid-19 sarà vicina ad esser vinta”.
Nessuna paura per i rischi di una diffusione del virus attraverso il cibo, ma fare attenzione alle buone pratiche igieniche avverte dalla Corea il virologo.
“Non sono a conoscenza di alcun caso di trasmissione SARS-CoV-2 attraverso alimenti contaminati e al momento non ci sono prove scientifiche. Tuttavia, dovrebbe esserci il buon senso di attuare pratiche igieniche efficaci per la produzione di alimenti (i dipendenti che producono o manipolano gli alimenti devono indossare maschere per il viso) e i consumatori (lavare frutta e verdura, cucinare accuratamente gli alimenti, ecc.)”.
“Non ci sono al momento informazioni utili sul Lisozima e altri antivirali” dichiara Windisch. “C’è una vecchia pubblicazione su Nature (1959 Feb 21;183(4660):548. “Antiviral activity of lysozyme” by FERRARI R, et al.) o una più recente (https://bmcvetres.biomedcentral.com/track/pdf/10.1186/s12917-019-2067-6); tuttavia, i dati in vitro non sono convincenti” avverte. Suggerisco di seguire le raccomandazioni degli Stati Uniti ma non quelle sull’utilizzo della clorochina (https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/hcp/therapeutic-options.html); tuttavia, anche gli altri farmaci devono essere testati in studi clinici randomizzati. Attualmente, Corea e Giappone stanno valutando la ciclesonide e altri farmaci”.
In merito al grande numero di deceduti fatto registrare dal nostro paese, specialmente nell’area lombarda, il virologo nota che “è improbabile che la causa dell’alto tasso di mortalità in Italia sia dovuto ad una mutazione del virus. Gli studi ci dicono che i virus RNA hanno un tasso di mutazione più elevato dei virus DNA; tuttavia, è stato dimostrato per SARS-CoV-2, che il tasso di mutazione è basso rispetto ad altri virus RNA (ad es. influenza, HCV, ecc.)”, prosegue.
“Il motivo dell’alto tasso di mortalità in Italia è probabilmente dovuto alla maggiore età media della popolazione e alle carenze del sistema sanitario, come appunto la mancanza di diagnosi effettuate, di formazione o l’assenza di dispositivi di protezione individuale”, conclude.
Alessandro Di Bona