GENNARO SICOLO: ECCO LE PRIORITA DI ITALIA OLIVICOLA. COSTRUIRE RAPPORTO CON GDO DI QUALITA

Affrontare in maniera decisa emergenze come la Xylella, “su cui la politica deve prendersi la responsabilità di intervenire in maniera decisa con un decreto serio”, e l’invasione di oli deodorati, gli attacchi ai panel test e la contraffazione. Ma anche concentrare e organizzare il prodotto olio per posizionarsi meglio sul mercato e ridare valore e redditività al comparto. Questi i primi obiettivi tracciati dal nuovo presidente di Italia Olivicola, Gennaro Sicolo, alla vigilia della presentazione, in programma il 9 ottobre prossimo, della nuova organizzazione della produzione nata dalla fusione tra il Consorzio Nazionale degli Olivicoltori (CNO) e Unasco.

“L’obiettivo  – ha detto ad AGRICOLAE Sicolo – è quello di fare sistema. L’evoluzione del settore ci porta a organizzare il prodotto, fare qualità, tracciabilità per andare sui nostri mercati (attualmente 42 Paesi) con oli veri, non i blend di alcune marche italiane, di cui italiano è solo il nome. Se continuiamo ad avere a che fare con i mediatori e con macchine che non valorizzano il lavoro e la qualità dei nostri oli saremo sempre fallimentari. L’organizzazione di Italia Olivicola va in questa direzione: andare sui mercati, portando oli veri e avere un rapporto con la GDO per valorizzare chi fa qualità. Poi ognuno ha le sue ricette, ma se noi non diamo un reddito a chi lavora nelle campagne non ci sarà mai un futuro per il settore. L’impegno che ci prendiamo nell’interprofessione è costruire insieme la catena del valore. L’anno scorso il 50% dell’olio all’ingrosso, non del Cno, è stato venduto a 3,90 euro; dobbiamo capire che non si può vendere l’olio a meno di 5 euro”.

“Occorre poi impegnare le istituzioni a fare degli interventi sul piano olivicolo – ha continuato Sicolo – perché noi abbiamo quella forza della qualità e dobbiamo fare anche quantità. E ci vogliono gli investimenti, con nuovi impianti soprattutto intensivi. Abbiamo 470 varietà, e questa è la caratteristica che ci distingue dagli altri Paesi, ma oggi un ettaro deve avere minimo 400 piante per avere una produzione all’altezza dei tempi”.

Sulla Xylella, che “ormai ha bruciato mezza regione” il presidente Sicolo ha le idee chiare: “’C’è stata una situazione di inerzia soprattutto da parte della Regione Puglia. La politica deve prendersi la responsabilità di intervenire. Ormai mezza regione è bruciata”.  “Il 9 ottobre  – ha detto ancora Sicolo ad AGRICOLAE – solleciteremo a intervenire e a non aspettare altri mesi. Vedremo quali sono gli interventi che si devono fare, chi deve fare cosa, per capire se c’è una volontà politica vera di affrontare la questione. Mi auguro che il ministro Centinaio intervenga in maniera decisa, con un decreto serio altrimenti interverremo nelle piazze e non so come andrà a finire. Perché è stato messo in discussione tutto il patrimonio olivicolo italiano. La Puglia è l’Italia: il 50% del prodotto è Puglia. Se il batterio colpisce tutta la Puglia, poi si allargherà anche alla Calabria e la Basilicata. E’ un batterio che non ha confini e non aspetta nessuno: viaggia a ritmo di 30-35 km l’anno; nel 2013 era a Gallipoli, ora è arrivato alle porte di Monopoli. Il rischio che la Xylella si allarghi alla Calabria e alla Basilicata è reale. Ormai lo Ionio è stato preso. Nelle tre province di Taranto, Lecce e Brindisi oramai non si interviene più, perché le piante sono tutte infette, ma nella zona di contenimento se una pianta è infetta si deve estirpare. Un batterio da quarantena richiede politiche adeguate. Ora occorre contenere il batterio e conviverci, fare le buone pratiche agricole e intervenire sugli impianti infetti che vanno estirpati immediatamente. Per questo faremo un calendario di interventi”.

“In quelle zone c’è stato l’abbandono e gli agricoltori si sono cullati nella Pac – ha continuato Sicolo, riferendosi anche alla recente proposta di tagliare i fondi della Pac agli agricoltori che abbandonano i campi -. E’arrivato il tempo di fare chiarezza. Arriveranno sempre meno soldi dalla Comunità europea. Occorre darli a chi effettivamente fa impresa, occupazione e produzione”.

Sulle varietà resistenti il presidente di Italia Olivicola è prudente: “Su questa peste non esiste una soluzione definitiva. La sperimentazione è molto lunga, non possiamo dire che il Leccino o l’Fs17 siano la soluzione. Per momento sono le due varietà che hanno dato risposte, ma se ne stanno sperimentando anche altre. I risultati però non sono immediati su queste cose: ci vorranno decenni. Per il momento ognuno deve fare la propria parte: noi agricoltori dobbiamo buone pratiche agricole per contenere il batterio; la ricerca deve lavorare, senza fretta. Perché con la fretta i risultati non si ottengono. La questione è molto molto delicata”.

Come delicata è la questione delle fake news sul batterio: “Ci siamo rivolti alla magistratura – ha continuato Sicolo -. E faremo una verifica con i nostri legali per capire a che punto sono le indagini. I procuratori si devono impegnare nei propri territori per la distruzione creata da notizie false che hanno incantato l’opinione pubblica. E visto che la situazione non migliorerà a breve io sono del parere che bisogna anche chiamare a responsabilità le persone che dovevano fare e non hanno fatto, di denunciarli per disastro ambientale. Occorre spiegare perché chi aveva la responsabilità di intervenire non l’ha fatto. Qui qualcuno deve anche pagare perché si tratta di milioni e milioni di piante bruciate che erano lì da secoli e generazioni”.

Tra gli appuntamenti in calendario, c’è anche il 9 ottobre una riunione a Bruxelles sui panel test e il 15 e 16 ottobre la riunione al Coi. “Come produttori italiani abbiamo detto che non si tocca panel test, mi auguro che anche gli industriali ci seguano. Ogni tanto ritornano alla carica alcuni industriali e commercianti che vogliono far passare tutti questi oli miscelati. Vigileremo affinché il panel test non venga manomesso: nei consessi internazionali dove siamo presenti ho già iniziato a fare questa  battaglia e continuerò a farla”. Il problema reale secondo Sicolo è la Spagna, da dove diverse ditte si approvvigionano. “Sono oli deodorati – ha detto – che passano dalle raffinerie, poi miscelati con oli italiani. Quando si vede al supermercato una bottiglia di olio a 2,50 o 3 euro, quanto due caffè, non è un olio extravergine. Ciò che dobbiamo far emergere è che l’olio extravergine è un olio che non deve essere manomesso. Occorre vigilare sui mercati e fare un accordo di protocollo con le forze dell’ordine e Italia Olivicola. Bisogna bonificare gli scaffali. Questo è un altro impegno che ci prendiamo. E’ giusto che il consumatore sappia cosa mangia e non è possibile confondere il consumatore dicendo che è tutto olio extravergine”.

Infine la tracciabilità: “Ci stiamo lavorando molto – ha detto Sicolo -. A livello europeo deve esserci un unico regolamento che deve avallare tutta la produzione, i controlli e la tracciabilità.  In Spagna, in Portogallo o in Grecia o in Francia il registro telematico non esiste. Quando si acquista l’olio dalla Spagna oggi non si è certi che venga dalla Spagna, potrebbe arrivare dal Marocco, o da chissà dove, perché non c’è un sistema di tracciabilità di questi oli. Occorre dare la certezza al consumatore che l’olio spagnolo sia effettivamente spagnolo. Ci deve essere una chiarezza sul mercato. Non è possibile  – ha concluso il presidente di Italia Olivicola – che si acquisti un olio la cui ditta è italiana ma non si sa il prodotto da che parte arrivi, anche per una questione di sicurezza alimentare e di controlli sanitari”.

Alessandro Di Bona