Ocse, Coldiretti, prezzi alimentari mondiali al top da 10 anni

Le quotazioni delle materie prime alimentari hanno raggiunto a livello mondiale il massimo da oltre dieci anni, trainati dai forti aumenti per oli vegetali, zucchero e cereali sotto la spinta dei pesanti rincari dei costi di produzione favoriti dai prezzi dell’energia. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento ai dati sul balzo dell’inflazione nella zona Ocse ai massimi dal 1997, sulla base dell’Indice Fao a novembre 2021.

Si tratta – sottolinea la Coldiretti – del valore massimo dal giugno 2011 per effetto di un incremento del 27,3% rispetto allo stesso mese dello scorso anno con l’indice Fao che è salito al valore di 134,4 punti. A tirare la volata – precisa la Coldiretti – sono i prezzi internazionali dei cereali cresciuti del 23,2% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre i lattiero caseari salgono del 19%, lo zucchero aumenta di oltre il 40% ed i grassi vegetali sono balzati addirittura del 51,4% rispetto all’anno scorso. Con la pandemia da Covid – continua la Coldiretti – si è aperto uno scenario di, accaparramenti, speculazioni e incertezza per gli effetti dei cambiamenti climatici che spinge la corsa dei singoli Stati ai beni essenziali per garantire l’alimentazione delle popolazione.

L’emergenza Covid – rileva la Coldiretti – sta innescando un nuovo cortocircuito sul fronte delle materie prime anche nel settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria in alcuni settori ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri.

Nell’immediato – sostiene la Coldiretti – occorre però garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende e delle stalle affinché i prezzi riconosciuti ad agricoltori ed allevatori non scendano sotto i costi di produzioni in forte aumento per effetto dei rincari delle materie prime anche alla base dell’alimentazione degli animali. Il balzo dei beni energetici si trasferisce infatti a valanga sui bilanci delle imprese agricole strozzate da aumenti dei costi non compensati da prezzi di vendita adeguati. Molte imprese agricole in Italia – denuncia Coldiretti –  stanno vendendo sottocosto anche per effetto di pratiche sleali che scaricano sull’anello più debole della filiera gli oneri delle promozioni commerciali. Con l’avvio delle operazioni colturali gli agricoltori – spiega la Coldiretti – sono stati costretti ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50% per il gasolio necessario per le attività che comprendono l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione. Inoltre – continua Coldiretti – l’impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%), il fosfato biammonico Dap raddoppiato (+100%) da 350 a 700 euro a tonnellata, mentre prodotti di estrazione come il perfosfato minerale registrano +65%. Non si sottraggono ai rincari anche i fertilizzanti a base di azoto, fosforo e potassio che subiscono anch’essi una forte impennata (+60%).

L’aumento dei costi energetici riguarda anche il riscaldamento delle serre per fiori e ortaggi ma ad aumentare sono pure i costi per l’essiccazione dei foraggi, delle macchine agricole e dei pezzi di ricambio per i quali si stanno verificando addirittura preoccupanti ritardi nelle consegne. Il rincaro dell’energia – continua la Coldiretti – si abbatte poi sui costi di produzione come quello per gli imballaggi, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi. Serve – conclude la Coldiretti – responsabilità da parte dell’intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle.




Prezzi alimentari, Filiera Italia: Grave e ingannevole pubblicizzare abbassamento prezzi su pelle filiera agroalimentare Italiana

“Grave e irresponsabile ergersi a paladini antinflazione dichiarando, attraverso campagne mediatiche, che si abbasseranno ulteriormente i prezzi di vendita, in un momento difficile per tutti, in cui le filiere agroalimentari italiane vanno incontro ad un aumento di tutti i principali costi di produzione” dichiara Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia riferendosi alle campagne stampa di alcune catene della GDO sull’abbassamento dei prezzi al consumo. “È facile farlo disinteressandosi completamente delle filiere agroalimentari del nostro Paese – prosegue il consigliere – in cui agricoltori e  industrie di trasformazione sono penalizzati da un aumento dei prezzi dell’energia e di altri fattori che costringono molte delle aziende alimentari e delle aziende agricole  a chiudere senza un giusto riconoscimento”. E continua Scordamaglia “Facile per quelle catene distributive che sostituiscono prodotti italiani con prodotti provenienti dall’estero a più basso prezzo”. “Auspichiamo che i consumatori non cadano in questa trappola – dicono da Filiera Italia – e capiscano che il riconoscimento di un  prezzo giusto consente di mantenere delle filiere nazionali in cui l’origine italiana è da sempre garanzia di maggiore qualità, sicurezza e sostenibilità”. E concludono “Fortunatamente  entreranno presto in vigore le nuove regole sulle pratiche commerciali sleali che prevedono sanzioni estremamente elevate da parte dell’autorità competente (ICQRF) verso chi, come queste catene, incentiva il sottocosto, approfitta della posizione dominante e penalizza con le filiere agroalimentari italiane anche il nostro consumatore.”




Prezzi alimentari, Filiera Italia: Grave e ingannevole pubblicizzare abbassamento prezzi su pelle filiera agroalimentare Italiana

“Grave e irresponsabile ergersi a paladini antinflazione dichiarando, attraverso campagne mediatiche, che si abbasseranno ulteriormente i prezzi di vendita, in un momento difficile per tutti, in cui le filiere agroalimentari italiane vanno incontro ad un aumento di tutti i principali costi di produzione” dichiara Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia riferendosi alle campagne stampa di alcune catene della GDO sull’abbassamento dei prezzi al consumo. “È facile farlo disinteressandosi completamente delle filiere agroalimentari del nostro Paese – prosegue il consigliere – in cui agricoltori e  industrie di trasformazione sono penalizzati da un aumento dei prezzi dell’energia e di altri fattori che costringono molte delle aziende alimentari e delle aziende agricole  a chiudere senza un giusto riconoscimento”. E continua Scordamaglia “Facile per quelle catene distributive che sostituiscono prodotti italiani con prodotti provenienti dall’estero a più basso prezzo”. “Auspichiamo che i consumatori non cadano in questa trappola – dicono da Filiera Italia – e capiscano che il riconoscimento di un  prezzo giusto consente di mantenere delle filiere nazionali in cui l’origine italiana è da sempre garanzia di maggiore qualità, sicurezza e sostenibilità”. E concludono “Fortunatamente  entreranno presto in vigore le nuove regole sulle pratiche commerciali sleali che prevedono sanzioni estremamente elevate da parte dell’autorità competente (ICQRF) verso chi, come queste catene, incentiva il sottocosto, approfitta della posizione dominante e penalizza con le filiere agroalimentari italiane anche il nostro consumatore.”




Inflazione Istat, a marzo +0,3%, +0,8% su anno. Azzerata crescita prezzi carrello spesa. Non accadeva da febbraio 2018

Secondo le stime preliminari, nel mese di marzo l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,3% su base mensile e dello 0,8% su base annua (da +0,6% di febbraio). Lo comunica Istat.

La lieve accelerazione dell’inflazione si deve prevalentemente all’inversione di tendenza dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (che passano da -3,6% a +1,7%) e, in misura minore, all’accelerazione di quelli dei Servizi relativi ai trasporti (da +1,0% a +2,2%).

L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, e quella al netto dei soli beni energetici si portano entrambe a +0,8%, da +0,9% di febbraio.

L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto prevalentemente alla crescita dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (+3,2%) e, in misura minore, dei Servizi relativi ai trasporti (+1,3%).

L’inflazione acquisita per il 2021 è pari a +0,9% per l’indice generale e a +0,5% per la componente di fondo. I prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona registrano una variazione tendenziale nulla (da +0,2%), mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto accelerano (da +0,1% a +0,8%).

Secondo le stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) registra un aumento su base mensile dell’1,8%, prevalentemente per effetto della fine dei saldi invernali dell’abbigliamento e calzature, di cui il NIC non tiene conto, e dello 0,6% su base annua (da +1,0% nel mese precedente).

Il protrarsi, in alcuni casi, dei saldi stagionali (ascrivibile anche a loro avvio temporalmente diversificato tra le regioni) fa sì che l’aumento, rispetto a febbraio, dei prezzi di Abbigliamento e calzature, sia pari a +23,0%, molto meno ampio, quindi, di quello di marzo 2020, quando fu pari a +31,1%. La differenza tra le due variazioni si riflette sulla dinamica su base annua sia dei prezzi di Abbigliamento e calzature, che invertono la tendenza da +5,8% a -0,7%, sia dell’indice generale, che registra così per l’IPCA una crescita più contenuta del NIC.

Per la prima volta da febbraio 2020, i prezzi dei Beni energetici non regolamentati tornano a crescere su base annua. L’inflazione accelera così per il terzo mese consecutivo e, pur rimanendo al di sotto di un punto percentuale, torna ai livelli di maggio 2019. Nello stesso tempo, i prezzi del cosiddetto carrello della spesa vedono azzerata la loro crescita (non accadeva da febbraio 2018 quando registrarono un calo dello 0,6%).




ISTAT, INFLAZIONE FRENA. PREZZI ALIMENTARI RALLENTANO

Dopo quattro mesi di accelerazione, a settembre l’inflazione rallenta. A decelerare di alcuni decimi di punto è anche l’inflazione che pesa sulle spese quotidiane (Beni alimentari, per la cura della casa e della persona e prodotti ad alta frequenza d’acquisto) a causa del rallentamento sia delle componenti più volatili del paniere, come frutta, vegetali freschi e carburanti, sia dei prodotti alimentari lavorati. Per i prodotti di largo consumo, così come per gli Energetici regolamentati (gas ed elettricità) la crescita dei prezzi rimane comunque più alta di quella che si registra per il paniere nel suo complesso.

  • Nel mese di settembre 2018, si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, diminuisca dello 0,5% rispetto al mese precedente e aumenti dell’1,4% su base annua (era +1,6% ad agosto). La stima preliminare era +1,5%.
  • Il rallentamento dell’inflazione si deve principalmente alla dinamica dei prezzi dei Beni alimentari sia lavorati (la cui crescita in termini tendenziali passa da +1,9% a +1,2%) sia non lavorati (da +3,1% a +2,4%) alla quale si aggiunge quella dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +2,8% di agosto a +2,5%) e dei Beni energetici non regolamentati (da +9,5% del mese precedente a +9,3%), che tuttavia continuano ad aumentare a ritmi sostenuti.
  • L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, e quella al netto dei soli beni energetici registrano una decelerazione rispettivamente da +0,8% a +0,7% e da +1,1% a +0,9%.
  • La diminuzione congiunturale dell’indice generale dei prezzi al consumo si deve prevalentemente al calo dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (-4,9%) e, in misura più contenuta, dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (-0,8%), a causa, prevalentemente, di fattori di natura stagionale; a contribuire alla flessione sono anche i Beni alimentari lavorati che si riducono dello 0,6% su base mensile.
  • L’inflazione decelera per i beni (da +2,0% registrato nel mese precedente a +1,7%) e per i servizi (da +1,1% a +1,0%); il differenziale inflazionistico tra servizi e beni rimane negativo, ma di ampiezza meno marcata rispetto ad agosto (da -0,9 punti percentuali a -0,7).
  • L’inflazione acquisita per il 2018 è +1,2% per l’indice generale e +0,8% per la componente di fondo.
  • Si attenuano le tensioni sui prezzi dei prodotti di largo consumo: i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona registrano un rallentamento marcato da +2,1% a +1,5%, mentre quelli ad alta frequenza d’acquisto passano da +2,7% a +2,3% rimanendo con un’inflazione ad un livello più alto rispetto all’indice generale.
  • L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dell’1,7% su base mensile, a causa della fine dei saldi estivi di cui il NIC non tiene conto, e dell’1,5% su base annua (da +1,6% rispetto ad agosto). La stima preliminare era +1,6%.
  • L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, diminuisce dello 0,5% su base mensile e cresce dell’1,3% rispetto a settembre 2017.

Rallentano i prezzi dei Beni alimentari sia lavorati sia non lavorati. I primi decelerano da +1,9% di agosto a +1,2% con il rallentamento dei prezzi della Pasta secca, pasta fresca e preparati di pasta da +6,0% a +3,7% (-1,6% rispetto al mese precedente) e dei Vini da Uve da +6,9% a +6,3% (-0,4% su base mensile). I Beni alimentari non lavorati passano da +3,1% del mese precedente a +2,4% (+0,4% in termini congiunturali) a causa della dinamica dei prezzi della Frutta fresca e refrigerata (da +8,0% di agosto a +4,6%, -3,3% rispetto al mese precedente) mentre i Vegetali freschi o refrigerati diversi dalle patate crescono del 6,2% in termini congiunturali, stabilizzando la crescita su base annua (da +2,9% a +3,0%).

Tra i servizi, i prezzi dei Servizi relativi ai trasporti calano del 4,9% rispetto al mese precedente per lo più per fattori stagionali, in particolare per effetto dei prezzi del Trasporto marittimo (-35,4%) e di quelli del Trasporto aereo passeggeri (-26,2%). Su base tendenziale i prezzi dei Servizi relativi ai trasporti rallentano (da +2,8% a +2,5%) a causa esclusivamente della dinamica dei prezzi del Trasporto marittimo (da +2,8% di agosto a -3,3%), mentre i prezzi del Trasporto aereo passeggeri accelerano da +9,4% a +11,0% a causa dei Voli aerei internazionali (i cui prezzi diminuiscono del 28,2% rispetto ad agosto e passano da +6,3% osservato nel mese precedente a +9,7% in termini tendenziali), mentre i prezzi dei Voli aerei nazionali calano del 20,0% in termini congiunturali ma rallentano su base annua (da +20,1% registrato nel mese precedente a +15,6%).

I DATI DEL TERRITORIO

A settembre 2018, nelle diverse ripartizioni geografiche la crescita dei prezzi o registra una decelerazione o è stabile rispetto al mese precedente: il Nord-Est (stabile a +1,7%) e il Nord-Ovest (da +1,8% a +1,5%) mostrano un’inflazione superiore alla media nazionale, mentre il Centro (da +1,5% a +1,3%), il Sud e le Isole (entrambi stabili a +1,3%) al di sotto.

Nei capoluoghi delle regioni e delle province autonome e nei comuni non capoluoghi di regione con più di 150 mila abitanti si rilevano aumenti su base annua ovunque (Figura 6). Reggio Emilia (+2,2%), Bologna e Ravenna (+2,1% per entrambe) sono i capoluoghi in cui i prezzi presentano gli incrementi più elevati, Perugia (+0,5%), Potenza (+0,6%) e Ancona (+0,8%) quelli con gli aumenti i più contenuti.

LE DIVISIONI DI SPESA

A settembre, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo aumenta dell’1,7% su base mensile, per effetto della fine dei saldi stagionali di Abbigliamento e calzature, che registrano una crescita di +33,1% in termini congiunturali (-0,6% il tendenziale). Su base annua l’IPCA subisce un lieve rallentamento da +1,6% registrato nel mese precedente a +1,5%, imputabile per lo più ai prezzi dei Prodotti alimentari e bevande analcoliche (che passano da +2,1% del mese precedente a +1,6%).

GLI AGGREGATI SPECIALI

Il rallentamento dell’indice generale osservato a settembre è dovuto ai prezzi degli Alimentari lavorati (incluse bevande alcoliche) e tabacchi (in decelerazione da +2,0% di agosto a +1,5% in termini tendenziali, -0,6% in termini congiunturali) e a quelli dei Servizi relativi ai trasporti (da +2,9% a +2,5%, -5,0% su base mensile).

La componente di fondo, calcolata al netto di energia e alimentari freschi, risulta in decelerazione da +0,8% a +0,7%; rallenta anche l’inflazione al netto di energia, alimentari (incluse bevande alcoliche) e tabacchi (da +0,6% a +0,5%) e quella al netto dei soli beni energetici (da +1,0% a +0,9%).