Psr Piemonte, “Pacchetto giovani agricoltori”: Prorogata al 21 febbraio la scadenza del bando integrato

 

 

L’Assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte ha prorogato dal 31 gennaio 2022 al 21 febbraio 2022 la scadenza del bando2021 relativo alle misure del PSR, il Programma di sviluppo rurale del Piemonte per gli anni di transizione 2021-2022, a sostegno dei giovani agricoltori piemontesi.

Si tratta del cosiddetto “pacchetto giovani” che integra le operazioni 6.1.1 del Psr, insediamento dei giovani agricoltori e 4.1.2 del Psr, miglioramento delle aziende agricole (rendimento globale e sostenibilità). Il bando ha una dotazione finanziaria complessiva di 45,6 milioni di euro.

“I giovani agricoltori hanno tempo fino al mese di febbraio per presentare le domande di richiesta di contributo – sottolinea l’assessore regionale all’Agricoltura e Cibo Marco Protopapa – Andiamo così incontro alle esigenze espresse dalle organizzazioni agricole che hanno espresso la necessità di avere più tempo per reperire la documentazione per le istanze. La proroga della scadenza dei bandi conferma infattila volontà da parte della Regione di dare maggiore possibilità a coloro che intendono avviare nuove imprese agricole e l’invito è di cogliere questa opportunità”.




Lombardia, Rolfi: Regione ha già avviato bandi Psr 2021-2022 per 160 mln

L’agricoltura lombarda è leader in Italia, vuole continuare a esserlo e, dopo un anno, il 2021, di investimenti, intende creare le condizioni per rafforzarsi. Lo ha sottolineato l’assessore regionale all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi, Fabio Rolfi, durante la conferenza stampa di fine anno, all’UTR di Brescia.

 

“Regione Lombardia – ha ricordato l’assessore Rolfi – ha continuato ad anticipare, sotto forma di prestito, gli anticipi Pac interessando ben 28.000 aziende”.

 

“Non ci siamo fermati qui – ha continuato – e abbiamo già iniziato la programmazione del Psr 2021-2022 collocandoci quindi tra le sole 5 Regioni italiane che hanno virtuosamente avviato il percorso di programmazione. Ricordo che in Lombardia sono 45.000 le aziende agricole attive”.

 

GLI INVESTIMENTI NEL 2021 – “Nel corso del 2021 – ha sottolineato l’assessore Rolfi – abbiamo stanziato fondi per l’agricoltura, per i consorzi e anche, 5 milioni, per il miglioramento delle dotazioni tecnologiche degli istituti agrari statali attivi in Lombardia”.

 

“A questi fondi – ha spiegato – si aggiunge anche l’approvazione della legge regionale 21 sull’agricoltura urbana, la cosiddetta ‘vertical farm'”. “E non vanno dimenticati – ha chiosato – i 20 milioni stanziati per le foreste di pianura”.

 

SOSTEGNO AL COMPARTO CASEARIO – “All’interno della politica di sostegno alle filiere e ai comparti, anche a seguito dei disagi legati alla pandemia – ha evidenziato l’assessore Rolfi – abbiamo deliberato di recente l’avvio del bando ‘indigenti’ denominato ‘Io mangio lombardo’ che ha messo a disposizione 2,5 milioni per l’acquisto di Dop lombarde, Grana Padano, Parmigiano Reggiano e Provolone, da destinare a famiglie in difficoltà economica e così sostenendo il comparto della caseificazione”.

 

AGRICOLTURA DI MONTAGNA – Attenzione particolare, quindi, da parte di Regione Lombardia all’agricoltura di montagna, quella ‘eroica’, con l’avvio della strategia Arest (Accordo di rilancio economico sociale e territoriale). “In questo strumento di valorizzazione territoriale – ha chiarito l’assessore – abbiamo emesso una manifestazione di interesse stimolando progetti per 75 milioni totali riguardanti caseifici, agrumeti, bosco-legno e altre filiere economiche dei territori di montagna”.

 

LA FAUNA SELVATICA – “Il problema del contenimento della fauna selvatica va affrontato seriamente – ha rimarcato Rolfi – e senza preclusioni ideologiche. Come Lombardia stiamo gestendo questa partita con tutti i mezzi a disposizione e anche innovando. Registriamo infatti una crescita costante degli abbattimenti dei cinghiali superando i 10.000 capi abbattuti nella nostra regione”. “Una delle prime delibere del 2022 – ha annunciato – sarà relativa alla possibilità, per gli agricoltori danneggiati, non solo di intervenire direttamente ma anche di delegare a tal fine i cacciatori che fanno controllo”.

 

I DATI PROVINCIALI – Nel 2021, si registrano 1,780 capi abbattuti a Bergamo, 1.574 a Brescia, 2.842 a Como, 280 a Cremona, 335 a Lecco, 19 a Lodi, 101 a Milano, 1.278 a Pavia, 477 a Sondrio e 1.375 a Varese. Per un totale di 10.061 in Lombardia.

 

LA PAC 2023-2027 – “Un capitolo importante è rappresentato quindi dalla Pac 2023-2027 – ha detto l’assessore Rolfi – con bandi all’insegna della sostenibilità ambientale imposta dalla Ue”. “Regione Lombardia – ha denunciato – perderà, alla luce delle decisioni Ue, circa 150 milioni, con danni maggiori all’agricoltura intensiva”. “A questa situazione ci siamo opposti e contro questa continueremo a batterci – ha aggiunto – ottenendo già misure per il settore del riso e per la zootecnia. Ci siamo attivati per aumentare le risorse per i giovani, al fine di garantire il ricambio generazionale in agricoltura”.

 

PAC REGIONALE – “Abbiamo vinto la battaglia sul mantenimento della autorità di gestione della Pac a livello regionale – ha continuato Rolfi – per il cosiddetto secondo pilastro. È inoltre una nostra priorità concludere la trattativa per la Pac e incrementare le risorse per la Lombardia dicendo addio alla spesa storica che premiava il Centro-Sud e penalizzava la Lombardia”.

 

COSTI ENERGETICI – “Bene – ha affermato Rolfi – il tavolo di ieri a Torbole Casaglia del mondo industriale con il collega assessore Guido Guidesi. Chiediamo anche il coinvolgimento del mondo agricolo che rischia molto per l’aumento dei costi delle bollette”.

 

CONSORZI DI DIFESA – “In sede europea – ha annunciato l’assessore Rolfi – solleveremo il tema degli arretrati, anche del 2017, non corrisposti ai Consorzi di difesa, la cui tenuta è fortemente a rischio, per i mancati pagamenti da parte di Agea”.

 

BRESCIA E BERGAMO CAPITALI DELLA CULTURA E CIBO – “Da gennaio – ha concluso l’assessore Rolfi – è mia intenzione attivare un Tavolo con le città di Bergamo e Brescia, capitali italiane della cultura 2023, affinché l’agricoltura e il cibo, con le loro innegabili dimensioni attrattive, turistiche e culturali, entrino a pieno diritto e titolo nei programmi degli appuntamenti che si svolgeranno durante tutto il 2023”.




Assemblea Cia, Caner: Regioni preoccupate, da Mipaaf poca chiarezza su Psn e Psr

“Le regioni sono preoccupati per l’assetto della governance che va delineandosi e che non sembra tener conto delle prerogative che la costituzione attribuisce alle regioni stesse. Il ministro Patuanelli ci ha però assicurato che le regioni continueranno a svolgere il ruolo di autorità di gestione per i programmi di sviluppo rurale. Però è ovvio che perderemo quella interlocuzione diretta con la Commissione europea su tutto il tema del piano strategico nazionale, infatti la singola regione potrà unicamente accompagnare il ministero per sole questioni di diretto interesse, perdendo perciò la visione generale delle questioni. Noi comunque continueremo a fare la nostra parte sul piano strategico nazionale.”

Così Federico Caner, coordinatore Commissione Politiche Agricole della Conferenza delle Regioni, nel corso dell’Assemblea nazionale Cia.

“Non è poi ancora chiaro quali saranno le misure di sviluppo rurale che saranno gestite a livello centrale e quali a livello regionale. A poco più di un mese dal termine per la presentazione del piano strategico nazionale il ministero ha sì formulato delle proposte però sulle questioni più importanti, come l’allocazione delle risorse, abbiamo necessità di maggiore chiarezza. Così come dobbiamo ancora capire meglio le prospettive di tutela dei settori che saranno più colpiti dalla convergenza interna e su quali settori punteremo nei prossimi anni. Inoltre non abbiamo ancora da parte del ministero una ipotesi di riparto tra le regioni sul tema delle risorse destinate allo sviluppo rurale. Speriamo in criteri oggettivi e non in quelli storici.”




Ok della Commissione europea al Psr della regione Campania. Caputo: ora parte una nuova stagione per l’agricoltura campana”

“Una buona notizia per l’agricoltura campana che ha ottenuto il via libera della Commissione europea al Psr per il biennio di transizione 2021-2022. L’ok porta la firma del commissario Ue all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski e corona un percorso di lavoro per costruire un Psr innovativo ed aderente alle diverse agricolture della regione. Parte una nuova stagione per l’agricoltura della Campania – Lo ha dichiarato Nicola Caputo, Assessore all’Agricoltura della Regione Campania rendendo nota la decisione della Commissione europea notificata all’Assessorato all’Agricoltura il 16 novembre 2021 che approva l’estensione del PSR Campania 2014-2020 al biennio 2021-2022, in conformità con il Regolamento (UE) di transizione n. 2020/2220 –

Con l’estensione del periodo di programmazione il Psr la Campania potrà contare su un incremento di risorse pubbliche totali legate al cofinanziamento Comunitario (QFP + NGEU) pari al 30,97%. – spiega l’Assessore regionale  Nicola Caputo – A queste va aggiunto il budget recato esclusivamente da risorse nazionali (Legge 106/21) a titolo di risorse aggiuntive per 40.165.463,29 euro. Il totale delle risorse pubbliche che si aggiungono all’attuale budget del Programma è pari a 601.559.169,68 euro.

Aiuti ai giovani, innovazione e transizione ecologica sono gli obiettivi fondamentali ai quali guarda il nuovo Psr della Campania per rilanciare la crescita di un settore che proprio durante il periodo dell’emergenza Covid ha dimostrato quanto sia fondamentale l’agroalimentare per il presente e il futuro del nostro Paese e del mondo. Tra i principali capitoli di spesa vanno segnalati i finanziamenti per l’ammodernamento delle aziende agricole e agroalimentari (+200 meuro), il sostegno alle coltivazioni bio (+65 meuro), le risorse per l’insediamento dei giovani e la strutturazione delle loro imprese (+47 Meuro) e gli aiuti agli imprenditori agricoli che operano in zone svantaggiate (+111 Meuro milioni di euro).

Poi grande attenzione alla filiera zootecnica bufalina con gli incentivi ai nuovi progetti di investimento con una particolare attenzione alla sostenibilità ambientale (+30 milioni di euro) e alle azioni di prevenzione dei danni causati dai fenomeni legati  al cambiamento climatico, (+21  milioni di euro). Sono circa 100 milioni dì Eu le risorse impiegate  per il superamento delle problematiche ambientali e per il rafforzamento delle misure dì welfare animale del settore Bufalino. Infine, un capitolo a parte meritano i 16,9 milioni di euro aggiuntivi per il finanziamento dei progetti dei Gruppi di azione locale (GAL).

Il nostro Piano di Sviluppo Rurale è il frutto di un articolato e proficuo percorso di condivisione con gli attori dello sviluppo rurale, – spiega ancora Nicola Caputo –  in particolare con le associazioni agricole, e di un serrato  e costruttivo confronto con i servizi della Commissione, che hanno dimostrato uno straordinario spirito di collaborazione in questi mesi.

Ci siamo dunque, – conclude l’assessore regionale Nicola Caputo – ora potremo avviare l’iter per i bandi per le misure individuate che, sono certo, saranno dì grande slancio per la competitività delle nostre imprese. Sburocratizzazione, semplificazione, sostenibilità ambientale, innovazione, rilancio della competitività  sono i tratti salienti che potranno ridare un nuova linfa al comparto agricolo campano”.




Sviluppo rurale, Corte Giustizia Ue: giovane agricoltore che rileva parte dell’azienda non può richiederlo separatamente. Con le conseguenze del caso

Se un giovane agricoltore subentra nell’azienda di famiglia, ne rileva un terzo e richiede, per la sua parte, di accedere al Psr, non lo può fare. Fa comunque riferimento l’azienda nel suo complesso. E se i parametri non consentono l’accesso ai fondi, amen.

Lo stabilisce la Corte di Giustizia Ue nell’esprimersi in un caso in Belgio di un giovane agricoltore che, dopo aver rilevato un terzo dell’azienda agricola di famiglia, aveva fatto richiesta del Psr.

Il diritto dell’Unione stabilisce le regole generali che disciplinano il sostegno dell’Unione a favore dello sviluppo rurale finanziato dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), e integra le disposizioni comuni relative ai Fondi strutturali e d’investimento europei. In tale contesto, gli Stati membri stabiliscono e applicano le condizioni particolari di accesso al sostegno per i giovani agricoltori nel caso in cui essi non si stabiliscano in qualità di unico capo dell’azienda.

Al fine di continuare la gestione dell’impresa agricola familiare, un giovane agricoltore, CJ, insediato in Belgio, ha rilevato un terzo dell’azienda dei genitori. La sua attività è esercitata in forma di associazione di fatto con il padre, il quale è anch’egli titolare di un terzo dell’azienda, mentre l’ultimo terzo appartiene alla madre. CJ ha quindi proposto presso la Regione Vallonia una domanda di aiuto all’insediamento, che è stata respinta in quanto l’azienda rilevata presentava una produzione lorda standard (in prosieguo: la «PLS») il cui valore superava il massimale previsto dalla normativa regionale, fissato in un milione di euro.

Il giovane agricoltore ha adito l’organismo pagatore presentando un reclamo con cui chiedeva che, per la determinazione della PLS, si tenesse conto del fatto che egli non era insediato come unico capo dell’azienda. Tale reclamo è stato respinto e l’organismo pagatore ha confermato che il valore della PLS da prendere in considerazione era quello dell’intera azienda e che, ammontando a EUR 1 976 980,45, esso superava quindi il massimale previsto dalla normativa nazionale. Per valutare la domanda e stabilire se la PLS dell’azienda agricola raggiungesse il massimale per l’accesso a tale aiuto, la Regione Vallonia ha tenuto conto dell’intera azienda e non soltanto della quota detenuta da CJ.

Investito di un ricorso, il tribunal de première instance de Namur (Tribunale di primo grado di Namur, Belgio) chiede alla Corte di giustizia se il diritto dell’Unione in materia 1 osti a che gli Stati membri tengano conto della PLS dell’intera azienda e non soltanto della quota del giovane agricoltore nella stessa per stabilire le soglie di accesso all’aiuto qualora l’azienda agricola sia organizzata in forma di associazione di fatto di cui il giovane agricoltore acquisisce una quota indivisa e diviene capo dell’azienda, senza tuttavia esserne il capo unico.

Con l’odierna sentenza, la Corte dichiara che il diritto dell’Unione in materia di sostegno allo sviluppo rurale non osta a una normativa nazionale in forza della quale il criterio di determinazione del massimale che consente a un giovane agricoltore, che si insedia in qualità di capo non unico dell’azienda, di accedere agli aiuti all’avviamento d’impresa è quello della PLS dell’intera azienda agricola, e non soltanto della quota di tale giovane agricoltore in tale azienda.

Secondo la Corte, occorre prendere in considerazione i termini delle disposizioni interpretate, all’occorrenza alla luce del contesto nel quale esse si collocano e degli obiettivi del regolamento europeo. In tal modo, la Corte rileva che le disposizioni in questione non escludono che gli Stati membri tengano conto della PLS dell’intera azienda. A suo avviso, l’impiego dei termini «potenziale produttivo dell’azienda agricola», che si riferiscono al criterio oggettivo dell’«azienda», corrobora tale interpretazione.

La Corte sottolinea, peraltro, che l’aiuto di cui trattasi è destinato ad agevolare l’avviamento di imprese da parte di giovani agricoltori e che è necessario che il sostegno alla creazione di imprese sia limitato alla fase iniziale del ciclo di vita dell’impresa e non si trasformi in un aiuto al funzionamento. Ne consegue che tale aiuto non è concesso per promuovere in maniera indiscriminata l’avviamento di qualsiasi azienda, ma solo quello delle aziende che soddisfano le condizioni relative ai capi d’azienda, alle attività o alle dimensioni di tali aziende, il che consente agli Stati membri di disciplinare la concessione dell’aiuto in funzione delle caratteristiche proprie delle aziende che i giovani agricoltori rilevano.

La Corte osserva, in proposito, che il criterio di ammissibilità previsto dalla normativa nazionale mira proprio a rispondere a tali obiettivi e a evitare che gli aiuti siano concessi ai giovani agricoltori la cui azienda genera una PLS di ampiezza tale che tali agricoltori non hanno, in realtà, bisogno di sostegno. Essa precisa, inoltre, che le condizioni particolari che gli Stati membri attuano per l’accesso al sostegno non possono rimettere in discussione la possibilità di fissare il massimale per l’accesso agli aiuti di cui trattasi non per beneficiario, bensì per azienda.

La Corte precisa, poi, che una normativa che subordina il beneficio dell’aiuto all’avviamento d’impresa per il giovane agricoltore alla PLS dell’intera azienda assoggetta il giovane agricoltore che si insedia da solo e quello che si insedia con altri agricoltori che non rientrano in tale categoria a requisiti identici.

Per quanto concerne in particolare la normativa belga, la Corte rileva che il massimale maggiorato tiene conto di una differenza oggettiva di situazione e non disattende quindi il requisito dell’equivalenza poiché due o più giovani agricoltori che si insediano insieme come capi d’azienda sono in linea di principio in grado di produrre di più di un giovane agricoltore che si insedia da solo.

La Corte accerta, infine, che il diritto dell’Unione non impone che le condizioni d’accesso all’aiuto all’insediamento dei giovani agricoltori che si trovano in due situazioni distinte siano equivalenti. A tale proposito essa precisa che è inoltre conforme all’obiettivo dell’aiuto all’insediamento di giovani agricoltori che le condizioni d’accesso a tale aiuto siano più favorevoli per i giovani agricoltori che si insediano insieme che per un giovane agricoltore che si insedia con agricoltori che non rientrano in tale categoria.




PSR 2021-2022, Confagricoltura Emilia Romagna: più risorse per il raggiungimento dei migliori standard produttivi

«Per la prima volta sono stati adottati criteri oggettivi e non solo storici nella ripartizione dei fondi FEASR assegnati al Paese. Un risultato premiante per l’Emilia-Romagna che si colloca al primo posto tra le regioni d’Italia per impatto economico delle Dop ed Igp nell’ambito dell’alimentare e rappresenta il 16% dell’intero export agro-alimentare italiano. Le aziende agricole potranno così contare, nei prossimi 18 mesi, su una maggiore dotazione di risorse grazie al lavoro svolto dal governatore Bonaccini e dall’assessore Mammi». Marcello Bonvicini, presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, esprime apprezzamento per il risultato raggiunto dalla Regione.

«Il Programma di sviluppo rurale 2021-2022 dispone del 35% di risorse in più rispetto al precedente Psr. L’accordo è frutto del bilanciamento tra criteri oggettivi e storici, per soddisfare, in parte, un fabbisogno espresso dagli agricoltori e garantire crescita, competitività e sostenibilità delle imprese, dando soprattutto un impulso agli investimenti strutturali che sono funzionali – prosegue il presidente regionale dell’organizzazione agricola – al raggiungimento dei migliori standard produttivi tramite anche l’adozione delle moderne tecniche di agricoltura di precisione».

L’auspicio di Confagricoltura Emilia Romagna è che si possa procedere con l’apertura dei bandi già dopo l’estate, come anche avviare in tempi rapidi la discussione in merito alla programmazione del PSR 2023-27.




Psr, Mammi incontra organizzazioni agricole e agroalimentari: pronta bozza per biennio 2020-2021 per circa 400 mln

Più risorse ai giovanisviluppo del biologico, competitività delle imprese e sostenibilità dell’agricoltura. Sono le priorità per il rilancio del settore agroalimentare delineate nella proposta di Piano regionale di sviluppo rurale per il biennio di transizione 2020-2021 ormai in dirittura d’arrivo, che metterà a disposizione del comparto circa 400 milioni di euro per il rafforzamento della competitività delle imprese, facendo leva soprattutto su qualità delle produzioni e innovazione.

 

Temi affrontati dall’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi, nell’incontro che si è tenuto oggi a Rimini con i vertici delle associazioni agricole e agroalimentari del territorio per fare il punto della situazione, illustrare le strategie della Regione e raccogliere proposte e suggerimenti per la messa a fuoco delle linee di lavoro per il prossimo biennio.

Presente alla riunione anche il direttore generale dell’assessorato regionale all’Agricoltura, Valtiero Mazzotti.

 

“Anche il settore agricolo- ha ricordato Mammi– è stato colpito dalla pandemia, ma dopo questo anno e mezzo tragico e  complesso si stanno creando tutte le condizioni per un’importante ripresa. Nel nuovo scenario che si sta aprendo bisogna rimettere al centro il valore dell’agricoltura come fornitrice di prodotti genuini e di qualità. Stiamo costruendo il Psr di transizione con il coinvolgimento diretto delle associazioni agricole e questo ci permette di raccogliere i bisogni delle imprese sul territorio”.

 

“Siamo a buon punto- ha anticipato l’assessore- con la bozza del Piano, che può contare su una dotazione finanziaria di circa 400 milioni di euro. Metà delle risorse riguarderanno le misure per incentivare una maggiore sostenibilità delle produzioni agricole. Un’importante quota di finanziamenti sarà inoltre destinata al rafforzamento della competitività delle imprese e alla difesa delle produzioni dagli effetti negativi del cambiamento climatico che sono sotto gli occhi di tutti, come le fitopatie, le ondate di calore estivo e le gelate fuori stagione, che anche quest’anno hanno causato gravissimi danni alle produzioni frutticole”.

 

A questo proposito Mammi ha ribadito che nei prossimi mesi sarà varato il nuovo bando per finanziare l’installazione di sistemi antibrina nelle aziende frutticole. Sarà inoltre presentato  un nuovo bando anche per incentivare la conversione delle imprese agricole al biologico, che proprio nel riminese è particolarmente diffuso e ha un potenziale di sviluppo importante. Per i giovani, l’impegno è di aumentare l’importo del premio di primo insediamento, e sostenere con risorse importanti le imprese guidate da giovani che puntano sull’innovazione.

 

“Nei prossimi giorni- ha aggiunto Mammi- dovrebbe chiudersi l’accordo sulla riforma della Politica agricola comunitaria, sfumato per un soffio alla fine dello scorso mese di maggio.  Dopo la pandemia, l’Europa ha deciso di investire importanti risorse sull’agricoltura e, soprattutto, è stata accolta la richiesta tesa a ribadire la centralità del ruolo delle Regioni nella programmazione e gestione degli interventi”.

 

“Grandi opportunità- ha concluso- si aprono poi con il Recovery Fund, che metterà sul piatto quasi 5 miliardi di euro a favore del comparto agricolo, con una forte attenzione su filiere, risorse idriche, logistica e sviluppo dell’economia circolare. L’Emilia-Romagna può avere le carte in regola per intercettare una quota significativa di queste risorse, se saremo in grado di presentare progetti innovativi e di ampio respiro strategico”.

 

I fondi del Psr 2014-2020 per l’agricoltura riminese

 

Ammontano complessivamente a 36,8 milioni di euro i finanziamenti regionali indirizzati al settore agroalimentare della Provincia di Rimini attraverso il Programma di sviluppo rurale 2014-2020, per un totale di oltre 46 milioni di euro di investimenti effettuati.

 

Le imprese che hanno beneficiato dei contributi regionali sono state in totale 1.280 (oltre 6.360 le domande ammesse), di cui 1.027 ditte individuali, con una percentuale significativa di imprenditoria femminile (27%) e giovani (9%).

 

La quota più significativa di risorse, pari a circa 16,7 milioni di euro, è andata a favore dei progetti legati alla sostenibilità e alla tutela dell’ambiente (migliore gestione e uso efficiente delle risorse idriche, energie rinnovabili, prevenzione dell’erosione dei suoli, riduzione emissioni gas serra, ecc.), di cui la gran parte, oltre 16 milioni di euro, sono stati concessi per promuovere l’agricoltura biologica e integrata e per la salvaguardia della biodiversità. Le domande finanziate sono state 5.823.

 

Quasi 11,7 milioni di euro sono stati investiti dalla Regione per lo sviluppo del territorio, in particolare per rafforzare e qualificare la dotazione dei servizi alla popolazione e la diffusione della banda larga nelle aree svantaggiate di montagna, con 111 domande accolte.

 

Infine, circa 8,4 milioni di euro di contributi sono stati erogati a sostegno dei progetti di sviluppo della competitività, per un volume complessivo di investimenti da parte delle imprese di circa 15,8 milioni di euro e 428 domande finanziate.

 

In questo ambito, in particolare, le risorse regionali sono state utilizzate per incentivare la ristrutturazione e l’ammodernamento delle imprese agricole, rafforzare le filiere agroalimentari e favorire il ricambio generazionale, con la nascita di 46 nuove aziende agricole guidate da giovani.




Agriturismo tolto a Mipaaf, Cenni, Pd: errore clamoroso e incomprensibile. Legato a Psr e Pac. Pd assolutamente contrario

“Leggo da agenzie del tentativo di portare la competenza in materia di agriturismo presso il Ministero del Turismo. Sarebbe un errore clamoroso ed incomprensibile. L’attività agrituristica normata da chiare leggi nazionale e regionali, è attività integrativa e propria dell’impresa agricola, simbolo della multifunzionalità. E’ soggetta per questo a limiti e canali di finanziamento attraverso Pac e Sviluppo Rurale. Non se ne comprenderebbe il senso e si rischierebbe di generare solo problemi al settore”.

Così Susanna Cenni, vicepresidente della Commissione Agricoltura della Camera in quota Pd in merito al tentativo di traslare il segmento agrituristico dal Mipaaf al ministero del turismo di Massimo Garavaglia.

“L’attività agrituristica e stata in periodi e territori complessi, elemento di garanzia fondamentale per il conseguimento di un reddito agricolo sostenibile e per coprire difficoltà vissute in annate agrarie colpite da calamità e crisi di mercato”, prosegue. E conclude: “E’ chiaro che il Partito Democratico sarebbe assolutamente contrario ad una ipotesi di scippo della competenza al Mipaaf”.




Fondi Feasr, Abate (Misto): Presentata interrogazione a Patuanelli. Penalizzate sei regioni Centro-Sud

“Ho presentato una interrogazione al Ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, in riferimento al fatto che il suo dicastero ha intenzione di rivedere il piano per l’assegnazione dei fondi europei del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) di sicuro per il periodo transitorio (2021 e 2022) verso la nuova Pac”. Lo sottolinea la senatrice  Rosa Silvana Abate,  capogruppo del Gruppo Misto Commissione Agricoltura di Palazzo Madama. “Il Ministro avrebbe redatto una ipotesi di ripartizione che prevedrebbe l’introduzione nel 2021 di un 30% di questi nuovi criteri, definiti oggettivi e che comprendono ad esempio la produzione lorda vendibile, la superficie agricola utile, il numero di imprese, e il mantenimento del 70% dei parametri storici, e il ribaltamento delle percentuali nel 2022, con i criteri oggettivi a incidere per il 70% e i parametri storici per il restante 30%. Una soluzione che andrebbe a danneggiare Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Umbria, le sei regioni che storicamente ricevevano più fondi dalla PAC per colmare il proprio gap con le altre regioni più ricche.

Il regolamento UE 2020/2220 – ricorda Abate – ha prorogato per il 2021 e 20211 non solo i programmi di sviluppo rurale ma anche l’attuale regime dei pagamenti del primo pilastro della PAC (pagamenti diretti, convergenza interna, convergenza interna, riserva nazionale, pagamenti accoppiati, etc.). L’Italia entro il 19 febbraio 2021 doveva comunicare l’intenzione di proseguire la convergenza interna dei titoli PAC verso un valore medio nazionale, questo non è stato fatto e scegliere oggi di ripartire le risorse dello sviluppo rurale in base a un nuovo criterio senza che vi sia stato un confronto sulle scelte da prendere sul primo pilastro della PAC rischia di creare disparità tra le regioni falsando gli accordi presi fino ad oggi sulla politica agricola nelle diverse regioni.

Ho presentato una interrogazione in Senato per chiedergli cosa intenda fare visto che, con l’attuale ripartizione della PAC, i soldi sono già troppo pochi e stravolgere i parametri attualmente in vigore e ritoccare la ripartizione dei fondi Feasr del Psr spostandoli dal Sud al Nord andrebbe a incidere profondamente sul prodotto interno lordi di regioni quali la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Puglia, la Sicilia e l’Umbria, che da sole rappresentano il 60% delle aree italiane interessate dal Psr.

Gli ho chiesto, soprattutto, di verificare la correttezza di tutte le procedure seguite prima di intraprendere una strada che, come ha già dichiarato il Commissario europeo all’Agricoltura Janusz Wojciechowski, sembra impraticabile visto che le somme del Feasr sono destinate a colmare il divario tra le aree più ricche ed evolute e quelle più povere e marginali, cioè tra le sei regioni più povere che si oppongono alla nuova ripartizione e le altre quindici e che potrebbe, quindi, portare all’apertura una procedura d’infrazione per il mancato recepimento e rispetto di una direttiva europea e, quindi, anche al blocco dei fondi. Anche perché all’orizzonte ci sarebbe un altro problema: se Patuanelli decidesse di forzare l’applicazione della sua proposta di ripartizione del FEASR, dovrebbe chiarire come andrebbe a cofinanziare, in accordo con il MEF, i fondi europei per compensare lo spostamento di risorse dalle Regioni meno sviluppate alle altre. Modificare gli attuali criteri di riparto, infatti, – conclude la  senatrice del gruppo Misto – non è una semplice operazione matematica. Bisogna pensare agli effetti che essa produrrebbe soprattutto in relazione agli equilibri di equità raggiunti nel tempo”.




Interrogazione, De Bonis Misto Senato, su criteri di ripartizione dei fondi europei

Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-02449

presentata da

SAVERIO DE BONIS

mercoledì 21 aprile 2021, seduta n.318

DE BONIS – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Premesso che:

il nuovo programma “Politica agricola comune” 2014-2020 è progettato per offrire una struttura moderna al settore agricolo in Europa. L’obiettivo della PAC è quello di creare un settore agricolo europeo sostenibile ed efficiente: da un lato promuovendo la competitività del settore agricolo e i redditi agricoli adeguati, dall’altro preservando l’ambiente ed il paesaggio ed assicurando la sicurezza dei prodotti alimentari. La nuova PAC intende rispondere alle sfide attuali: cambiamenti climatici, degrado ambientale, equilibrio territoriale, sicurezza alimentare, crescita sostenibile, aumenti dei prezzi, eccetera, e punta a contribuire agli obiettivi della strategia Europa 2020;

la struttura della PAC attuale è articolata su due pilastri: il primo è quello che fornisce aiuti diretti agli agricoltori e sostiene le misure di mercato, finanziato direttamente dal bilancio UE; il secondo pilastro della PAC è rappresentato sia dal FEASR (fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) che finanzia i programmi di sviluppo rurale (PSR regionali e nazionali) sia da questi programmi stessi;

la nuova PAC mantiene i due pilastri, ma aumenta i legami tra di loro, offrendo così un approccio più unitario e integrato a sostegno della politica. In particolare, introduce una nuova architettura dei pagamenti diretti, più mirati, più equi e più ecologici, una rete di sicurezza avanzata e di sviluppo rurale più efficiente ed efficace. Il programma ha una disponibilità finanziaria totale di 362,787 miliardi di euro, così ripartiti: primo pilastro, cui vengono destinati 277,851 miliardi di euro; secondo pilastro, cui vengono destinati 84,936 miliardi di euro;

non va trascurato, infine, sottolineare che la principale funzione della PAC è quella di assicurare i redditi agricoli combattendo le eccedenze. A giudizio dell’interrogante negli ultimi 20 anni questo principio è stato tradito destinando i fondi della PAC ad obiettivi del tutto contrastanti rispetto ai legittimi destinatari: i produttori agricoli;

considerato che:

il 23 marzo 2021, nell’ambito della riforma della PAC, rinviata al 2023 a causa dell’emergenza epidemiologica, il Ministro in indirizzo ha avanzato una nuova proposta (prot. n. 0137532) riguardante la ripartizione dei fondi europei assegnati all’Italia nel settore dello sviluppo rurale (FEASR) per gli anni 2021-2022, trasmessa, poi, alla segreteria della Conferenza Stato-Regioni, al fine di acquisire l’intesa, ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

nel corso della seduta della commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, tenutasi il 30 marzo, la Regione Sicilia e le altre Regioni del Sud, quali la Calabria, la Puglia, la Basilicata, l’Umbria e la Campania, hanno espresso forte dissenso sulla proposta ministeriale di riparto per il biennio di transizione 2021-2022, in quanto toglierebbe la disponibilità delle risorse alle regioni più svantaggiate per distribuirle ai territori più sviluppati, aumentando così ulteriormente il divario tra i territori agricoli e rurali e, al contempo, producendo un effetto penalizzante nei confronti del comparto agricolo delle regioni del Sud, con impatti preoccupanti sulla tenuta economico-sociale dei territori rurali;

tale effetto che inasprisce il divario tra il Nord ed il Meridione era emerso sin dalla trattazione delle disposizioni transitorie di cui al regolamento (UE) 2020/2220 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 dicembre 2020;

occorre, a tal proposito, ricordare la ferma posizione del commissario europeo all’agricoltura Janusz Wojciechowski, che sulla questione generale dei fondi destinati allo sviluppo rurale ha affermato che le somme del FEASR del secondo pilastro sono esclusivamente destinate a colmare il divario tra le aree più evolute e le aree più povere e marginali; un’indicazione che, peraltro, dovrebbe valere sia per il biennio di transizione che per la nuova programmazione;

tenuto conto che:

i criteri per la ripartizione dei fondi FEASR individuati dal Ministro vengono definiti “oggettivi”, in grado di allocare le risorse in maniera equa fra tutte le regioni; tale principio (già utilizzato per l’applicazione delle risorse assegnate per il de minimis) è destinato a soddisfare esigenze emergenziali volte al risarcimento di un danno. Le risorse del FEASR, invece, sono esclusivamente destinate a ridurre il divario tra le aree più ricche e quelle più povere. Pertanto, è del tutto evidente come la logica del de minimis non possa essere quella che accompagna la distribuzione del FEASR tra le diverse aree del nostro Paese;

dalla proposta sembrerebbe non emergere alcun elemento di analisi globale della totalità dei fondi PAC (primo e secondo pilastro); manca una valutazione tecnica e politica dell’impatto economico-sociale sui territori agricoli e rurali del Paese e sui redditi delle aziende agricole;

sarebbe opportuno, invece, ricercare e studiare nuovi criteri di riparto, che rispondano ad obiettivi generali di sviluppo rurale e non in grado di privilegiare soltanto quelle regioni che possono contare su risorse proprie oppure dove si concentrano le principali produzioni agricole nazionali. Dal punto di vista economico, la proposta determinerebbe un impatto preoccupante sul piano finanziario dei programmi di sviluppo rurale delle regioni del Sud, mettendo a rischio le politiche di investimenti e di tutela dell’ambiente e dei territori rurali coinvolti. La prima proposta di mediazione del Ministro, purtroppo, penalizza tutte le regioni del Sud in maniera assurda, la sola Basilicata perderebbe oltre 25 milioni di euro;

al di là degli auspicabili intenti di riequilibrio tra le aree del Paese, negli ultimi anni la tendenza è stata quella di non ripartire la spesa pubblica nazionale per il settore agricolo in maniera equa; le risorse nazionali per l’agricoltura oggi si concentrano maggiormente nelle aree forti del Paese,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo intenda fornire chiarimenti su quanto esposto;

se non ritenga che la proposta ministeriale, che prevede i criteri di ripartizione dei fondi europei assegnati all’Italia nell’ambito dello sviluppo rurale per il biennio di transizione 2021-2022, non sia altamente penalizzante per le regioni del Sud e, conseguentemente, debba essere immediatamente modificata;

se non ritenga che vada trovata una soluzione rispettosa dei criteri storici per definire il riparto dei fondi FEASR per la proroga biennale del PSR. Occorre evitare assolutamente il taglio di tali fondi all’agricoltura del Mezzogiorno o, quantomeno, ridurlo drasticamente rispetto a quanto si sta ipotizzando; mentre l’Europa si preoccupa perché maggiori risorse vengano assegnate al Sud del nostro Paese per consentire la ripartenza e ridurre il forte divario esistente rispetto al Nord, acuito maggiormente dalla pandemia, pare che il Governo, nel settore agricolo, tenda a muoversi in direzione opposta.

(3-02449)




Copagri Puglia: Psr, bene approccio Pentassuglia su transizione 2021-22

al termine di un incontro sulle nuove assegnazioni 2021-2022 per il PSR previste dal regolamento di transizione.

“La velocità e la semplicità delle erogazioni dovrà contrassegnare tutte le nuove dotazioni, poiché oggi per le imprese è più importante il tempo di erogazione che il loro ammontare”, spiega Battista, informando che durante il confronto sono state proposte misure in favore della zootecnia, più volte richieste dalla Copagri, ed è stato reso noto che le risorse disponibili, sommate alla quota NG, ammontano a oltre 508 milioni.

“Riteniamo strategico che la nuova dotazione guardi al futuro e alle sfide ambientali che il cambiamento climatico ci sta imponendo, puntando su scelte chiare e definite prima, senza affidare il futuro delle imprese a un algoritmo che attribuisce punteggi. La sfida è troppo importante per ripetere gli errori del passato e confidiamo pertanto che la sensibilità mostrata dall’assessore trovi riscontro in una scelta condivisa”, conclude Battista.




Riparto fondi Psr 2021-2022, Caner: Il Veneto condivide e sostiene la proposta del ministro Patuanelli

“La Regione del Veneto condivide pienamente l’impostazione data dal Ministro Patuanelli al riparto delle risorse del Programma di sviluppo rurale per il biennio di transizione 2021-2022”.

 

Lo afferma l’assessore all’agricoltura della Regione del Veneto, Federico Caner, ribadendo il giudizio favorevole già espresso ieri in sede di Commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni, insieme ad altri 14 colleghi, alla proposta di mediazione del Ministero sul riparto dei fondi per i PSR.

 

“Il documento ministeriale – spiega Caner –, infatti, individua le esigenze di finanziamento del PSR Nazionale e propone per il riparto dei fondi FEASR tra i PSR regionali una mediazione di assoluto buon senso tra le due posizioni emerse in seno alla Conferenza delle Regioni. Va infatti ricordato che la questione ha occupato i lavori della Commissione politiche agricole per più di cinque mesi, nel corso dei quali quindici tra Regioni e Province Autonome, nel tentativo di trovare un accordo complessivo, hanno formulato più ipotesi di rivisitazione dei criteri di riparto dei fondi per gli anni 2021 e 2022; fondi che ammontano a 3.910 milioni di euro e che sviluppano, con il cofinanziamento dello Stato e delle Regioni, a oltre 6.900 milioni di spesa pubblica. Le sei Regioni contrarie, invece, sulla base di una ardita interpretazione lessicale del termine “transizione”, pretenderebbero di continuare ad applicare l’accordo per il riparto tra Regioni delle risorse per lo Sviluppo rurale 2014-2020 approvato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il 16 gennaio 2014”.

 

La proposta di Patuanelli prevede l’introduzione nel 2021 di un 30% di criteri oggettivi e il mantenimento del 70% dei parametri storici, per poi ribaltare le stesse percentuali nel 2022, ovvero un 70% di criteri oggettivi e un 30% di parametri storici.

 

“Questa modalità – prosegue Caner –  premia ancora le sei Regioni “contestatrici”, in quanto il 2021 è quello che prevede una spesa pubblica complessivamente più elevata. Se si può capire che tali Regioni, molto avvantaggiate dal criterio ‘storico’ fondato su un regolamento comunitario già abrogato da oltre un decennio, tentino di accaparrarsi la maggior parte di risorse in gioco (oltre il 60%) essendo anche molto favorite dalla percentuale di cofinanziamento comunitaria più elevata, molto meno comprensibile è che per farlo attacchino il Ministero, peraltro dopo averlo a più riprese invocato come giudice super partes, che ha formulato una proposta di riparto sensata, pienamente in linea col dettato normativo, con i precedenti Accordi in seno alla Conferenza Stato Regioni e rispondente a tutte le esigenze in campo”.

 

“Il Ministero, infatti, ha ben compreso, come hanno anche rappresentato a più riprese le 15 Regioni – conclude Caner –, che il settore agricolo è quello più debole economicamente, rispetto agli altri settori, in tutto il Paese e che, proprio per questo motivo, non può essere la PAC, di cui lo sviluppo rurale è uno dei pilastri, lo strumento per il riequilibrio tra i diversi territori”.

 




Anpa Calabria, aspetti fiscali ed agevolazioni al centro del sesto incontro del progetto di “Agricoltura è”

La fiscalità del settore agricolo e delle attività multifunzionali al centro del sesto appuntamento del progetto “Agricoltura: Laboratorio di Arte, Cultura, Ambiente e Benessere” promosso da “Agricoltura è”, associazione dell’ANPA – LiberiAgricoltori Calabria e cofinanziato dal FEARS – PSR Calabria 2014/2020 nella misura di sostegno per progetti dimostrativi e azioni di informazione. Sviluppatosi sull’apposta piattaforma digitale, l’iniziativa continua ad includere sempre più imprenditori del settore agricolo, animati dalla volontà di approfondire ogni aspetto della multifunzionalità delle proprie aziende.

Ospite di quest’ultimo incontro il Dottore Commercialista Gennaro Davola, esperto nel campo della fiscalità nell’agricoltura che, nelle quattro ore pomeridiane, ha fornito ai convenuti ogni delucidazione tecnica per un’ottimale gestione delle aziende agricole, conparticolare riferimento alle attività multifunzionali che in esse si sviluppano.

Saluto ai presenti e rewind dei primi cinque appuntamenti nell’intervento di apertura di Rosa Critelli, Presidente di “Agricoltura è” Calabria, che ha quindi introdotto l’intervento di Davola con una ricognizione della normativa in materia che avrebbe quindi riguardato la tematica di fondo dell’appuntamento.

Il commercialista, prima di entrare nel dettaglio, ha dunque citato alcune definizioni prettamente giuridiche per ricostruire e delineare al meglio il settore agricolo, l’agriturismo e gli operatori che in esso svolgono attività tipiche. Da qui la divergenza notevole tra la definizione fiscale di imprenditore agricolo rispetto a quella civilistica, «in quanto – ha spiegato Davola – dal punto di vista fiscale non sempre le agevolazioni sono perfettamente legate alla definizione del codice». Il settore agricolo, difatti, si caratterizza per una serie di regimi forfettari e dall’applicazione di aliquote ridotte rispetto alle aziende di altro settore, ha spiegato il relatore, soffermandosi particolarmente sul sistema a base catastale, applicabile in modo naturale per le imprese individuali e le società agricole, mentre per opzione, con la nuova normativa del 2007, nelle cooperative ed S.r.l.

«Non basta costituire un’attività agricola per apportare la tassazione catastale – ha evidenziato il commercialista – ma è necessario che, nella denominazione sociale, sia esplicitamente indicata la definizione “società agricola” e nell’oggetto l’azienda abbia solo ed esclusivamente lo scopo di attività prettamente agricola, escludendo ogni partecipazione primaria con altre società o lo svolgimento di mansioni che si discostano da quelle anzidette».  

Nel dettaglio viene quindi definito il sistema della’aliquota compensativa, i cui presupposti essenziali, per l’applicazione nel settore agricolo, si sostanziano nel soggetto interessato, quale produttore agricolo, nonché nei prodotti che dovranno specificatamente essere compresi nell’apposto elenco contenuto nella “tabella A” della normativa di riferimento.

«Come possiamo notare – ha dunque rimarcato Davola – in questo settore, il vantaggio fiscale è elevatissimo, ma bisogna rispettare un principio fondamentale relativamente alla tassazione catastale, dove la stessa trova applicazione fino al limite massimo del terreno dell’azienda agricola».

Agevolazioni e superbonus sono stati quindi spiegati in modo esaustivo, definendo interventi di carattere energetico e sismico sulle strutture, la possibilità di compensazione del credito e le relative differenze percentuali tra vecchie e nuove normative.

Importante novità nell’ambito della vendita diretta è stata altresì annunciata da Davola, relativamente alla possibilità di vendere beni appartenenti a terzi, a patto che gli stessi non siano preponderanti.

Un aspetto fortemente complesso del mondo agricolo è dunque emerso dalla lunga relazione del commercialista, la cui stesura ha trovato innumerevoli interruzioni dovute a domande e richieste di chiarimenti nel dettaglio da parte dei titolari delle molteplici aziende coinvolte nel progetto, interessate e partecipi nel trovare risposte chiare e precise sul tema.

«Dall’incontro odierno ne usciamo tutti più arricchiti in termini di informazione» ha affermato in chiusura il presidente dell’ANPA – LiberiAgricoltori Calabria, Giuseppe Mangone, evidenziando come, l’intento dell’associazione, sia sempre animato dalla volontà di offrire un contributo ed un sostegno concreto alle aziende del territorio. Il grazie di Mangone, infine, all’ente Regione per la fattiva collaborazione, con lo sprone ad andare avanti fiduciosi per le prossime iniziative.




Psr Sardegna, Murgia: nessun ritardo in erogazione aiuti aziende 

“Non ci sono in questo momento ritardi nell’erogazione degli aiuti per le misure a superficie e ad animale del Programma di sviluppo rurale della Sardegna. In generale, la spesa del Psr registra una buona performance, dal momento che con una spesa certificata ed erogata pari a circa 839 milioni di euro, cioè al 65% delle risorse da spendere entro la data del 31 dicembre del 2023, la Sardegna si pone tra le prime sei regioni d’Italia in termini di spesa effettuata sullo sviluppo rurale e ha già raggiunto gli obiettivi di spesa programmati per la scadenza del 31 dicembre 2021. Ciò significa che anche per quest’anno è stato scongiurato con largo anticipo il rischio di disimpegno di fondi europei per il settore agricolo”. Lo precisa l’assessore regionale sardo dell’Agricoltura, Gabriella Murgia, che fa il punto sull’erogazione degli aiuti del Psr.

“L’attività dell’organismo pagatore regionale Argea – aggiunge l’esponente della Giunta Solinas – ha peraltro consentito di erogare nei primi quattro mesi di attività oltre 64 milioni di euro che rappresentano un buon indicatore per misurare l’efficienza operativa del nuovo organismo che sicuramente, gradualmente, potrà migliorare le proprie performance di spesa”.

Per quanto riguarda gli aiuti per il benessere animale, misura 14 del Psr della Sardegna, prosegue l’assessore Murgia, “ricordo che lo scorso novembre sono state erogate le anticipazioni, nella misura dell’85% dell’intero contributo, alle aziende beneficiarie che hanno presentato domanda nel mese di maggio del 2020. Il saldo potrà essere pagato solo tra maggio e giugno di quest’anno a seguito della verifica del rispetto degli impegni assunti dalle aziende che verrà svolto dall’organismo pagatore Argea. Il periodo d’impegno scade il 14 maggio di quest’anno”.

Per quanto riguarda le cosiddette indennità compensative, Misura 13 del Psr, “le domande per il 2020 – sottolinea Gabriella Murgia – sono state presentate sub condizione, come previsto dal bando, in quanto la dotazione finanziaria della misura è assolutamente insufficiente al pagamento di tutte le richieste pervenute. Il bando è stato aperto per evitare che per l’anno 2020, stante l’insufficienza delle risorse, non venisse corrisposta l’indennità agli agricoltori”.

La Sardegna, come tutte le altre regioni d’Italia, sta aspettando l’assegnazione delle nuove risorse comunitarie previste dal Regolamento di transizione dell’Unione europea che prevede nuovi stanziamenti finanziari per il biennio 2021-2022. L’erogazione degli aiuti potrà avvenire solo dopo l’assegnazione delle risorse.

“Le interlocuzioni in corso con il Ministero delle Politiche agricole e con la Commissione europea – prosegue l’assessore dell’Agricoltura – ci portano a ritenere che Argea disporrà delle risorse finanziarie necessarie entro il prossimo maggio. Non si tratta, quindi, di ritardi dell’apparato amministrativo regionale e dell’organismo pagatore Argea ma di tempi necessari per l’assegnazione e il trasferimento dei nuovi fondi europei non dipendenti dall’attività della Regione e del suo organismo pagatore”.

Per quanto riguarda l’Uma, cioè lo sconto sulle accise per i carburanti agricoli, conclude Gabriella Murgia, “l’adozione di una nuova procedura totalmente digitalizzata sta consentendo di migliorare notevolmente l’efficienza del sistema di concessione agli agricoltori. In linea generale, rispetto ad alcuni anni fa non vengono segnalati particolari disservizi se non, a livello locale, qualche ritardo che si sta provvedendo a recuperare con la necessaria tempestività. Su questo aspetto si sta lavorando per consentire, a partire dal prossimo anno, una ripresa nell’attivazione dei libretti Uma già da gennaio”.




Psr Piemonte: bando da 2 mln per lo sviluppo di progetti pilota nelle filiere agricole

Con una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro l’Assessorato all’Agricoltura della Regione
Piemonte ha pubblicato il bando della misura 16.2.1 del Programma di sviluppo rurale 2014-2020
per la realizzazione di progetti pilota sulle tematiche della bioeconomia nelle filiere agricole:
dall’utilizzo di sottoprodotti delle colture agricole per la produzione di energia, allo sviluppo di
nuove tecniche di coltura a basso impiego di concimi e antiparassitari per la salvaguardia
ambientale; all’utilizzo di ogni altro strumento o tecnologia innovativa a servizio del comparto
agroalimentare.
Può partecipare al bando un gruppo di cooperazione con un soggetto capofila, costituito da
operatori del comparto agroalimentare (rientrano le aziende agricole), proprietari di terreni agricoli,
enti locali, organismi di ricerca, poli e reti di imprese. Il progetto pilota potrà avere una spesa
massima ammissibile di 200mila euro e dovrà terminare entro il 31/3/2023.

“L’Assessorato all’Agricoltura – ha commentato l’assessore regionale all’Agricoltura e Cibo, Marco Protopapa – ha predisposto una dotazione finanziaria significativa per l’apertura di questo bando del Psr con l’obiettivo di sostenere forme di cooperazione tra più soggetti che operano nelle filiere agroalimentari e no food, e che realizzano progetti di ricerca e di sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie a favore di un’agricoltura del Piemonte sostenibile. E’ giusto segnalare che queste attività oggi offrono un aiuto alle nostre aziende per le produzioni a basso impatto ambientale e a tutela del nostro territorio”.