Covid, Razzante: grave sottovalutazione effetti su economia. Agroalimentare e turismo tra i più colpiti

E’ gravissima la sottovalutazione degli effetti della pandemia sull’economia.

L’agroalimentare, poi, è uno dei settori più colpiti. E’ stato già detto, ma va opportunamente enfatizzato.

Rischiamo di vedere cumuli di frutta, vettovaglie, semilavorati, scatolame, carni, pesce, andare in malora a causa dell’effetto “induzione”: non tira più la domanda, se chi consuma all’ingrosso (attività turistiche e ristorative) non compra.

Bisogna avere il coraggio di essere crudi.

Le mafie, le agromafie, si stanno “sedendo a tavola” nei (sempre pochi) ristoranti e alberghi aperti, per l’assurda e inspiegabile, tuttora, regola delle chiusure a cena. Un virus “a tempo” non esiste, e nemmeno “a orario” e “a locale”. E non bisogna essere medici per saperlo.

Beninteso: circola un virus insidioso, malefico, che ha ucciso delle persone, ma che non sterminerà la terra, grazie all’eroismo e alla capacità di ricerca avanzata della medicina e della scienza. E chi dice il contrario compie un reato, il procurato allarme, punito dal nostro codice penale. Si esaltino per ciò i vaccini e i farmaci, non si profetizzino varianti del virus e sventure pur di andare in televisione.

Un po’ di ottimismo, per favore. La nostra psiche – studi scientifici internazionali da consultare – ne ha bisogno, perché i danni ad oggi fanno morti anche per questo.

Soprattutto per coloro che, all’unisono, confortati dal 90% dei commentatori, chiedono di “lavorare”. In sicurezza, ma di lavorare. Con sanzioni severe per chi non rispetta le misure precauzionali.

Molto o del pari più allarmanti sono i dati pubblicati da chi studia gli effetti disastrosi sull’economia.

Circa 2 milioni di disoccupati possibili da aprile in poi, salvo la proroga (credo difficilissima, ma auspicabile) del blocco dei licenziamenti. Misura assolutamente inutile se le imprese stanno chiuse e non lavorano, mica ci vuole uno studio accurato per affermarlo.

Secondo l’accreditato centro studi della CGIA di Mestre, circa il 73% di fatturato 2020 in meno per le agenzie viaggi; 70% per attività ricreative; alberghi – 53% (credo sia addirittura sottostimato); 35 % bar e ristoranti (anche qui, ad un’osservazione da strada, credo ci avviciniamo al 50% potenziale ad oggi).

45 miliardi di euro ha perso il commercio all’ingrosso nel 2020; 22 miliardi bar e ristoranti; 18 miliardi cinema e teatri; 18 miliardi il commercio al dettaglio.

Nel 2020 hanno chiuso – e non riapriranno – circa 500.000 imprese, oggi sono a rischio circa 300.000.

Secondo l’Istat, non secondo chi scrive, a rischio oggi altre 292.000 aziende (tessile, stampa, abbigliamento, mobili, edilizia). Micro-imprese (media di 6,5 dipendenti), il tessuto non solo produttivo, ma “connettivo” dell’economia reale, che media tra ingrosso e consumatori, che fa eccellenza, fondandosi ancora sulle relazioni personali e la taylorizzazione dell’attività.

Lavoro nero e usura stanno crescendo. Stimiamo una sommatoria esiziale di circa 100 miliardi, partita ante pandemia e consolidatasi nel tempo.

Il riciclaggio delle mafie resta a 130 milòiardi di euro annui circa, certamente in aumento, grazie alle possibilità lasciata ai colletti bianchi che, ormai, vendono anche via internet denaro e servizi alle imprese in difficoltà. E le comprano, soprattutto quelle che abbiamo citato.

L’evasione fiscale rimane a 100 miliardi circa annui, e non calerà con la lotteria degli scontrini. Che controlla semmai qualche piccolo evasore; ma quanti bar sognano oggi di fare tantissimi scontrini pur di lavorare?

Come si fa a credere che il fatturato e le risorse della ripresa arrivino da chi spende nei negozi con le carte di credito, se i redditi sono mal distribuiti (vedasi redditi di cittadinanza e bonus vari), quando ci sono? In quanti possono permettersi una carta di credito? I commercianti e professionisti pagano mediamente da 1 a 3 euro a transazione. Il contante non costa. Gli onesti continuano a fatturare. All’estero, dall’Italia, vanno 23 miliardi medi annui, credo anche di più (la stima è del quotidiano Le Monde). In Europa, nel 2020, si sono persi circa 185 milioni di dollari di imposte. Con quale vaccino recuperiamo tutto ciò?

Ed aspettiamo i vari recovery, o come vengono denominati, che si innesteranno su un debito pubblico che non ricordiamo nemmeno più per quanto è grande.

Ma almeno la spesa deve orientarsi bene. Immediati devono essere, senza se e senza ma, gli interventi non di ristoro, ma di detassazione (ovviamente dopo aver riaperto, con precauzioni, tutto ciò che è possibile ragionevolmente aprire!), di sanatorie fiscali, di pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione. A seguire, senza soluzione di continuità, partenza e ripartenza di cantieri, opere pubbliche e private, senza temere di essere tacciati di “keynesianesimo spinto”.

Il Professor Draghi, per fortuna, queste cose le sa. Le insegnerà al paese, ci auguriamo, e a coloro che saranno finalmente meritevoli di governarlo.

 

Ranieri Razzante

Direttore crstitaly.org




Razzante: Imprese a rischio fallimento. Ristorazione e turismo in default. No a buocrazia e sprechi di denaro

Crisi politica, crisi economica, crisi sanitaria. Una combinazione pericolosa per qualsiasi Stato e ordinamento democratico, soprattutto perché a funzionare bene rischiano di essere sempre di più le organizzazioni mafiose. Nei momenti di crisi, in generale, le forze antagoniste di quelle democratiche approfittano maggiormente del caos e delle fragilità del mercato legale.

Abbiamo chiesto a uno dei massimi esperti del settore, il Prof. Ranieri Razzante, docente di Legislazione antiriciclaggio nell’Università di Bologna, quali sono le reali minacce che l’Italia deve affrontare in questo delicato periodo.

Professor Razzante, qual è la sua valutazione generale dell’emergenza in Italia in questo momento storico?

“Il mix letale delle tre crisi che stiamo vivendo non solo non va sottovalutato, ma bisogna urgentemente intervenire per riempire i buchi creatisi nell’ordinamento costituzionale e nell’economia del Paese, altrimenti dobbiamo seriamente temere per l’ordine pubblico e per la nostra convivenza civile. Troppe persone ancora sono in stato di totale abbandono dal punto di vista reddituale, mentre la politica dà un pessimo esempio”.

Quali sono a suo avviso i settori maggiormente a rischio? Qualche giorno fa il Cerved ha pubblicato dati allarmanti su comparto turistico: cosa ne pensa?

“L’analisi del Cerved, unita a quella del Centro studi della Confcommercio, dovrebbe far rabbrividire chiunque, poiché si parla di un settore devastato e sull’orlo del collasso. Voglio ricordare che solo riferendoci a società di capitali (quindi non considerando i pubblici esercizi a dimensione familiare), circa 15.000 ristoranti su 33.000 sono a rischio di fallimento, laddove i ricavi del comparto sono calati del 56% nel 2020. Circa 3.000 su 8.000 hotel sono in chiusura, mentre oltre 2.000 su 4.300 agenzie di viaggi, sempre secondo il Cerved, sono a rischio di default. In ogni caso, secondo Confcommercio, oltre 300.000 imprese hanno chiuso e molte altre chiuderanno. Dove si pensa di collocare tutta la manodopera persa? Non certo in cassa integrazione o distribuendo redditi di sostegno”.

A quali altre imprese potrebbero nuocere le conseguenze delle chiusure da lockdown?

“Fermo restando che il Covid è pericoloso e va combattuto, le chiusure a scacchiera e spesso immotivate stanno producendo crisi a catena sull’indotto legato al turismo, tra cui spicca l’agro-alimentare, nonché sul made in Italy in generale”.

Quali sono i rimedi secondo lei più immediati ed efficaci?

“Proprio oggi è stata resa pubblica la nuova classifica di Transparency International sulla diffusione della corruzione, che vede l’Italia al 52esimo posto tra i Paesi virtuosi, su 180 totali esaminati. Fermo rimanendo che l’indicatore può non essere totalmente attendibile, il vero problema, già noto, ma in questo periodo esasperato, è la burocrazia. Dobbiamo snellire le norme relative agli affidamenti pubblici, all’accesso dei cittadini ai servizi, i controlli antimafia, gli adempimenti legati alle norme anticorruzione e sugli appalti. Nei controlli siamo bravi, non c’è bisogno di ingessare il mercato con lacci regolamentari che rallentano l’inserimento di nuovi investitori e la creazione di nuovo lavoro. La criminalità organizzata sta sopperendo alle carenze dello Stato nel sostegno alle imprese e alle fasce più deboli: i soldi ci sono ma vengono mal gestiti ed arrivano in maniera tardiva e insufficiente. Molte imprese, soprattutto quelle della ristorazione, sono già passate di mano; molti negozi e immobili sono stati ceduti a prezzi più che dimezzati. Senza dire delle inchieste in atto sulle forniture di presidi medici di prima necessità: laddove le ipotesi venissero confermate, saremmo di fronte a uno dei più grandi sprechi di denaro pubblico, e molti altri potranno essere perpetrati all’arrivo delle risorse del Recovery fund. Mi pare stiamo prendendo tutti questi rischi troppo alla leggera”.




Razzante: operazione “Grande Carro” e rischi da Covid

Le mafie non fanno lockdown.

Noi continuiamo a fare terrorismo mediatico, a chiudere zone produttive del paese, attività economiche, danni finanziari ormai irrecuperabili.

Per fortuna le nostre Forze dell’ordine non abbassano la guardia anche sui reati veri, e contrastano le agromafie anche in queste ore, con l’operazione “Grande Carro”.

Giustamente il Ministro dell’Agricoltura ha evidenziato che la Puglia, ma direi il Sud, soffre dell’infiltrazione mafiosa anche nell’agricoltura, come più volte ho commentato da queste colonne.

Ma è altrettanto giusto evidenziare come – una volta di più – il danno all’economia sana è costante e senza limiti, soprattutto nei periodi di sofferenza del sistema.

Data per scontata l’esistenza di una forma virale sanitaria, e la necessità di protezione, vari sono i reati cui stiamo assistendo, non solo quelli mafiosi, sui quali è d’obbligo fare una riflessione.

Da parte di “privati” professionisti, numerosi “procurati allarmi” (art. 658 codice penale). Analizziamo il contenuto della legge, non dell’opinione di chi scrive: “Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l’autorità o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da euro 10 a euro 516”.

Il “pericolo inesistente” sta, secondo le statistiche ufficiali e l’analisi di una parte degli scienziati, nella morte pressochè “automatica” derivante da virus, e della “malinformation” sulle conseguenze del covid sui semplici “contagiati” (v. ultimi dati Ministero della Salute, resi noti dalla stampa e dalle TV, anche se pure qui bisognerebbe indagare il comportamento di talune fonti informative).

Ma ciò che interessa allo scrivente (per maggiore competenza di analisi in questa occasione) è che il reato di terrorismo, che purtroppo abbiamo conosciuto negli anni come devastante forma di lotta religiosa, politica, sociale, si può perpetrare in varie forme, non solo con gli attentati.

Vari siti e social stanno pubblicando notizie false, in un senso e nell’altro, e possono ben essere accusate di ledere l’ordinato svolgimento della vita democratica del Paese.

L’effetto annuncio delle misure, fatto costantemente in via disconnessa e con intonazioni allarmistiche, sta destabilizzando i mercati, le imprese, le realtà produttive e commerciali del Paese.

Non può esistere “ristoro” di nessun tipo contro questi danni; andiamolo a dire a chi ha subito – anche gli italiani – il vissuto delle stagioni del terrore, miste a quelle mafiose, che ora non servono più, perché alle mafie stiamo servendo, senza che facciano molta fatica, un piatto succulento: la crisi e la paura. E l’operazione in commento è solo una delle ultime, e molte ancora ve ne saranno.

Autorevoli studi, ed allarmi lanciati da chi approfondisce e contrasta questi fenomeni, dimostrano con certezza – questa sì – che di mafia e di economia malata si muore. La morte di un’impresa genera di sicuro un effetto “pandemico” inarrestabile, e i riflessi sull’ordine pubblico – sino ad oggi abbondantemente ignorati – sono dietro l’angolo. Le legittime proteste non sono affatto censurabili, ma si prestano a nascondere quelle “terroristiche” (come qualificare le violenze di piazza cui si sta assistendo, da parte di pochi, ma pericolosi, delinquenti?).

A pagare sono sempre le Forze dell’ordine. Cui va tutta l’affettuosa solidarietà, unitamente a coloro che vedono sempre più vicino il ricorso ad espedienti pur di sopravvivere.

Se bisogna fare terrorismo ingiustificato, beh, lo si faccia anche su queste tematiche. Probabilmente qui, tra le righe, lo abbiamo fatto.

Vanno compiute allora scelte urgenti tra queste opzioni negative, possibilmente annullandole tutte.

Investimenti corposi e urgenti sulla sanità, ad esempio, risolverebbero entrambi i problemi: salute ed economia, circoli virtuosi. Certo, stando attenti a chi prende gli appalti; in questo settore la criminalità organizzata è già ben presente. Come nell’agroalimentare, nel mercato delle droghe, con l’aumento vertiginoso che ci sarà per colmare i vuoti di profitto, ma anche – purtroppo – di attenzione sociale e certezze da parte dei più giovani. Aumenta il contrabbando, che torna alla grande, di alcoolici e farmaci, mascherine e strumenti di cura. La contraffazione, il traffico di organi, di esseri umani. I reati via internet, frodi e riciclaggio.

Senza dire del radicamento territoriale delle mafie – come prova ancora quello Foggiano condannato dalla Ministra -, agevolato da provvedimenti scoordinati delle Regioni: dove si chiude si creano difficoltà alle imprese, ai commercianti; stiamo attenti, ma davvero attenti. Così come sui ritardi nell’erogazione degli aiuti, nella burocrazia, nello smart working spinto, che crea disagi nei servizi di pubblica utilità. Senza dire delle libere professioni, stremate da leggi e carichi tributari insostenibili, che andranno a costituire un’altra bomba sociale.

Solo pochi virologi attenti stanno pensando a queste conseguenze letali, pur non avendone – all’apparenza – le competenze.

Gli studiosi come chi scrive hanno invece il dovere di rimarcare questi speculari aspetti.

 

Ranieri Razzante

Direttore www.crstitaly.org e www.antiriciclaggiocompliance.it




RAZZANTE: SENZA CONTANTE COME LI PAGHIAMO I REGOLARI BRACCIANTI? COME DICE LA BCE ELIMINARLO E’ ILLIBERALE

E senza contante come li paghiamo i braccianti agricoli, regolari o regolarizzati che siano?

Basterebbe solo questa domanda/risposta a Peter Gomez, che lancia una improbabile petizione sull’abolizione del denaro contante su change.org, per smontare – intanto in senso pratico – la proposta, che si basa su dati erronei, dal punto di vista economico e giuridico.

Innanzitutto, basterebbe la raccomandazione fornita dalla BCE, in una lettera del 15 dicembre 2019, al Governo italiano, a fronte della paventata (e fuori controllo ormai) decisione della riduzione delle soglie del contante nei pagamenti, e della (illiberale, oltre che impossibile) proposta di obbligare ai pagamenti elettronici.

La BCE, nel ricordare che ogni eventuale decisione sulla emissione/circolazione del contante spetta solo ad essa medesima, ha poi puntualizzato – ove ve ne fosse ancora bisogno (e pare proprio di sì, che tristezza!) – che il contante è la “moneta di conto”, ufficiale, garanzia nei pagamenti, unica che ha un effetto “solutorio” immediato. Ciò perché (argomento io, ma rivedibile sul documento citato) l’effetto del pagamento si realizza al momento della consegna e scambio della moneta (liberando il debitore con certezza), mentre lo stesso effetto non è verificabile con moneta elettronica, che ha il problema della valuta e delle scoperture (una carta di credito potrebbe essere più facilmente clonata e non avere provvista, poiché la verifica non è immediata; un bonifico non ha mai valuta lo stesso giorno dell’ordine, per cui i soldi non sono immediatamente disponibili).

Ma il principio di diritto, sancito dalla BCE, viene coronato dalla conclusiva enunciazione della regola sulla “inclusione sociale e finanziaria”, nel senso che il divieto del contante (e, vieppiù, conseguente obbligo di pagamenti elettronici) non consente agli strati della popolazione più deboli di avvicinarsi al mercato, e creerebbe loro problemi insormontabili negli acquisti (o nei semplici regali dei nonni ai nipoti!).

Tra l’altro, la BCE, insieme a chi scrive, ricorda che già esistono limitazioni al trasferimento del denaro contante tra privati nel nostro Paese (ricordo io che in 11 paesi europei no, ma con evasione fiscale e riciclaggio su valori più bassi dei nostri!), e che esse si devono proprio alla prevenzione e contrasto del riciclaggio. Eventuali ulteriori strette, aggiunge sempre l’Autorità UE sulla moneta, devono essere giustificate da “effettivi e dimostrabili” benefici su detto fronte, nonché quello della lotta all’evasione fiscale.

Nell’appello del direttore del Fatto.it, poi, si dicono una serie di inesattezze, che per punti riprendo, con relative citazioni a contrariis delle leggi in vigore:

  1. le “operazioni elettroniche”, come impropriamente chiamate (si dice “transazioni” o “pagamenti”), non possono (e potranno) mai essere gratuite, poiché per processarle ci sono costi di sistema comprimibili, sì, ma non azzerabili, pena la chiusura di numerosi intermediari finanziari e piattaforme di gestione dei pagamenti della specie. Tra l’altro, a tale proposito, nessuno riesce ancora a spiegarmi cosa accade se un pos non funziona per qualsiasi motivo (assai verificatosi nella prassi): non credo si possa rinunciare al pagamento della prestazione, poiché la moneta ufficiale, per l’appunto, è il “dannato” contante, e non vi è obbligo di accettare altro (bensì è una facoltà).
  2. “semplicità delle operazioni e sicurezza”: non sono garantite a priori. E’ molto più difficile (grazie peraltro, alle nuovissime tecniche di stampa della BCE), oggi, falsificare banconote (nonché costosissimo, e qui la pressoche’ totale scomparsa dei reati della specie). Le clonazioni e i furti di identità su carte di credito e debito sono invece all’ordine del giorno, per miliardi di euro in tutto il mondo (si vedano i papers della BCE e delle altre Autorità sovranazionali), e basterebbe chiedere i dati al nostro Mef, che gestisce la banca dati sui furti di identità, per riceverne risposte sorprendenti (report pubblicato annualmente sul sito). Inoltre, andiamo a spiegare a chi ha tanti anni di età, ma non di esperienza con gli strumenti alternativi di pagamento, come gestire “pezzi di plastica”;
  3. “liquidità nascoste”: ce ne sono certamente, sotto i materassi o nelle dispense di molti anziani, in molte cassette di sicurezza, in molti negozi (nei retrobottega?). Le liquidità delle mafie non sono nascoste, sennò le nostre ottime forze di polizia gliele sequestrano. Esse sono già investite, e riciclate, attraverso sofisticati strumenti, oggi anche le criptovalute, poiché un vero mafioso non si fa trovare in giro con le valigette di banconote.

A ulteriore conferma e, per pietà, modesta riflessione cui invito i firmatari della petizione, il cui risultato sarebbe peraltro costituzionalmente inutilizzabile, la vera evasione fiscale (dati Gdf) avviene, innanzitutto, attraverso “frodi carosello” (quelle realizzate con caroselli di società all’estero, sui conti correnti delle quali transitano bonifici per fatture false), e, riflettendoci bene, il decreto 74/2000, che contiene l’elenco delle violazioni fiscali penali in Italia, non evidenzia – si provi il “ricerca nel testo” col pc – il termie contante.

Sapete perché? Perché c’è modo di non fare fattura anche se paghi con carta di credito (potrei fare centinaia di esempi), e c’è modo di fare evasione e riciclaggio (anzi, meglio) “con” carte di credito (dati Uif e Bankitalia). I terroristi usano le carte, dati anche questi rivenienti dalle indagini e cronache, pochissimi il contante. Il pizzo si paga con carte di credito. Il riciclaggio si fa solo con operazioni tracciate”, altrimenti si rischia di perderne la finalità essenziale, cioè la ripulitura, anche se tassata (meglio!), di ciò che viene da delitto.

La limitazione dei 3000 euro in Italia, peraltro sanzionata amministrativamente in caso di violazione (ci sarà un motivo se non è penale!), già è bastata a convogliare i pagamenti presso gli intermediari finanziari (che in questi ultimi due anni, dati Uif, hanno ridotto significativamente le segnalazioni sospette su operazioni in contanti).

E visto che questa testata si occupa di agricoltura, un bracciante che deve avere 40 euro (o ciò che sia) a giornata va pagato in contanti, poiché non è detto che, anche volendo, gli aprano un conto corrente bancario o postale, soprattutto se in Italia con – anche regolarissimo e dovuto – permesso di soggiorno.

E poi, ultimo ma non ultimo, in questo periodo drammatico, credo sia poco utile togliere il contante, anche perchè non ce n’è molto, e quel poco speriamo rientri in circolo, legalmente, per evitare guai ben peggiori.

 

Ranieri Razzante

Direttore di www.antiriciclaggioecompliance.it




COVID, RAZZANTE: AUMENTA BUROCRAZIA MA NON SOSTEGNO AZIENDE. CONGELARE TUTTO COME IL VIRUS IMPONE, IN PRIMIS LE TASSE

Le cose non funzionano. Al di là delle polemiche tra chi vuole fare “tana libera tutti”, chi vuole aprire gradualmente e chi vuole mantenere il tutto chiuso, le cose fin qui fatte a sostegno delle aziende e dei cittadini non vanno.

Il Dl Liquidità smentisce la natura stessa del termine con cui è nato: sulle decine di miliardi annunciate, solo 3,6 miliardi sembra siano stati erogati. Le banche si tirano indietro e quelle che hanno accettato “finiscono i plafond”.

Ma la carta e la burocrazia invece aumentano a suon di Cdm prima, e di certificazioni, garanzie, lettere poi (con il sovvertimento totale della categoria delle “fonti del diritto” che tutti abbiamo studiato all’Università, e che il prof. Cassese – credo difficilmente contestabile, al contrario di chi scrive – ci sta segnalando, insieme ad altri, in numerosi interventi pubblici)”. Così Ranieri Razzante, direttore dell’Osservatorio sul terrorismo Crstitaly.org ad AGRICOLAE.

“Come commentare ulteriormente, ove non fosse chiaro (e mi pare di no), che i famosi 25.000 euro a disposizione di imprese e professionisti in difficoltà non siano automaticamente erogabili perchè: è la cifra “massima” erogabile, ma se si ha un reddito dichiarato di 100.000 euro; al di sotto, si otterrà credito in proporzione al 25% (quindi, se ho dichiarato nel 2019 euro 50.000, prendo al massimo 12.500 euro).

L’erogazione sarà non immediata, ovviamente, e richiede la presentazione di documentazione contabile asseverata, su richiesta. La garanzia del 100% richiede un complesso (e giusto, se ci si pensa bene, pur essendo stato pubblicizzato il contrario!) accertamento del merito di credito, nonché la disponibilità di somme ed assenza di altre istruttorie in corso sulla stessa persona”.

“L’autocertificazione, infatti – prosegue – può non bastare, anche perché l’imprenditore non può compilarla senza l’aiuto di un commercialista, che comunichi allo stesso i dati che serve autocertificare.

Questo è un esempio di clausola che si deve dichiarare di conoscere: “”che il soggetto beneficiario finale, sulla base dei dati riportati nella richiesta, rispetta i parametri dimensionali previsti dalla Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE del 06/05/2003 pubblicata sulla G.U.U.E. n. L124 del 20/05/2003, nonché dal decreto del Ministero delle Attività Produttive del 18.4.2005 (consultabile sul sito www.fondidigaranzia.it)”.
Una ‘soffocante burocrazia’, così come definita da The Guardian il giorno dopo l’ultima conferenza stampa del Premier Giuseppe Conte, che non allevia le sofferenze di chi ha fermato tutto: impresa, lavoratori, entrate. Rischia invece di dargli il colpo di grazia.

E la stessa burocrazia, se con una mano fa finta di dare, con l’altra dà la certezza di togliere e punire”.

“Infatti, per un mese di posticipo del pagamento delle tasse è stato prorogata di due anni la possibilità di fare i controlli fiscali. Come dire: vi aspettiamo al varco per recuperare i soldi che vi abbiamo promesso di anticiparvi.


In un momento di congelamento totale del Paese, forse sarebbe bastato, invece di fare promesse su promesse difficili da mantenere, e che rischiano di creare un buco “moltiplicato” nel debito dello Stato, congelare tutto. Prime fra tutte, le tasse. Con il vincolo di solidarietà di sospendere ad libitum anche gli affitti di quei negozi che restano chiusi, le multe da pagare in scadenza, le assicurazioni, e così via, relativamente a tutte le incombenze normali in un mondo che si muove, ma non in uno che è completamente (sic!!) fermo”, continua ancora.

“Chi non usa la macchina perché deve pagare il bollo anche per quei due mesi, che equivalgono a circa il 15 per cento del totale annuo? Idem per l’assicurazione. Anche perché se non si usa la macchina o lo scooter, il tasso di incidentalità sarà minore (percentuali più attendibili di quelle dei numerosi virologi alla ribalta, a quanto pare).

Considerando i prezzi di una città come Roma si parla, solo per quanto riguarda queste due voci, di un risparmio a famiglia di qualche centinaio di euro.
Se i soldi non ci sono – o arrivano troppo tardi – tanto vale non darli, ma neppure toglierli”.

“Sarebbe forse più saggio – anzichè giocare agli illusionisti – non promettere quel che non si può dare e adottare invece la tecnica dello stare fermi (oppure fare le cose semplici, come pagare alle imprese debiti pregressi della PA, che solleverebbero un paese intero!).

Gli italiani non chiedono nulla allo Stato. Ma lo Stato non chieda nulla agli italiani. Restare in uno stato di quiescenza, aspettando che il tempo sia adatto per una nuova primavera”, conclude.
Ranieri Razzante

Crstitaly.org




IMMUNI, LE BATTUTE DI RAZZANTE: LA LINEA SOTTILE CHE DIVIDE SICUREZZA DA PRIVACY. CYBERSECURITY COESSENZIALE NELLA TENUTA DEMOCRATICA

La sicurezza della Repubblica non è in pericolo, ma va presidiata.

Mi pare questo il senso delle Raccomandazioni al Governo che sono arrivate dal Copasir e dal suo Presidente a più riprese, ma ieri e oggi in particolare.

La stipula del contratto con la società Bending Spoons, annunciata dal Ministro della Salute, per la fornitura dell’app “Immuni”, è giustamente finita sotto l’attenzione del Comitato Parlamentare sulla Sicurezza della Repubblica (Copasir), nient’affatto per preclusioni ideologiche. È bene infatti ricordare che il Copasir ha competenza naturale su tutto ciò che il Governo dovesse acquisire e conoscere, e che possa in qualsiasi misura avere impatto sulle cc.dd. “infrastrutture critiche” del nostro Paese, siano esse situate in Italia che anche all’estero.

È un atto dovuto, quindi, che il Presidente Volpi ne abbia chiesto contezza al Governo, non un capriccio (come da qualcuno paventato). In un periodo in cui la sicurezza di qualsiasi dato che riguardi i cittadini e le nostre Istituzioni diviene centrale per il corretto funzionamento del sistema economico, colpito in maniera inusuale da fatti imprevisti, si deve prestare una pedante attenzione ai profili di rischio di reati informatici, attacchi e hackeraggi ai siti strategici, trattamento e utilizzo illecito (la casitica ne è piena) di dati personali dei cittadini. È forse il caso di precisare che tra la privacy e la sicurezza esiste una differenza fondamentale. La prima, infatti, riguarda ciascuno di noi come individuo, ed è puntualmente regolamentata e seguita dall’Autorità Garante. Per esemplificare, essendo previsto il consenso – come sembra – all’utilizzo dei dati di questa nuova App da parte dei cittadini risultati positivi al test del Coronavirus, non è detto che gli stessi dati, nelle mani sbagliate, possano essere fraudolentemente utilizzati. E qui subentra il profilo della sicurezza, che riguarda invece tutti i cittadini, in quanto facenti parte di una comunità e di una nazione, con interessi collettivi che debbono essere garantiti dalle Autorità competenti. Anzi, pur essendo il dibattito storicamente aperto, resto personalmente convinto che la privacy possa essere derogata per esigenze di sicurezza, ovviamente tassativamente previste non solo da norme ad hoc, ma dalle Autorità di governo e parlamentari, come in questo caso. Il periodo emblematico in cui questi due diritti (privacy e security) si sono “scontrati” è stato quello del terrorismo internazionale, laddove tutti noi abbiamo giustamente subìto una compressione della nostra riservatezza per la tutela della sicurezza mondiale (significativo l’esempio dei controlli su viaggiatori e pubblici eventi). Venendo adesso alla questione delle app, mi sia permesso di affermare che in questo specifico caso, ma anche negli altri in cui si prevedano effetti di “data tracing”, il parere di organi come il Copasir e dei nostri Servizi di sicurezza vada acquisito in maniera preventiva. In questo frangente e, in tutti gli altri a venire, non ho dubbi sulla bontà dell’iniziativa del Presidente Volpi (o di chiunque ricopra il suo ruolo) di audire membri del Governo, o loro delegati, per appurare gli impatti effettivi delle scelte che riguardino tutte le infrastrutture, soprattutto informatiche, del nostro Paese. Non si dimentichino gli approfondimenti già fatti sulla tecnologia 5G, laddove il Copasir stesso, nella relazione al Parlamento inviata lo scorso marzo, affermava, tra l’altro, che “la possibilità di limitare i rischi anche attraverso provvedimenti nei confronti di operatori i cui legami, più o meno indiretti, con gli organi di governo del loro Paese appaiono evidenti” era da ritenersi doverosa.

Gli eventi occorsi a Torino appena ieri (come abbiamo anticipato su questa testata non molti giorni fa, paventando il rischio di atti di terrorismo), organizzati in pochi minuti con richiami sui social, devono, a mio giudizio, confermare la netta prevalenza della sicurezza sulla riservatezza. Sarebbe sempre opportuno, specie in questo periodo, il controllo massivo – peraltro la nostra intelligence e le Forze di polizia lo sanno fare benissimo – di siti web e social che manifestino anche minime intenzioni bellicose, sia individuali che associative.

A quanto pare la politica ha ancora necessità di ricordare che la cybersecurity è ormai coessenziale alla tenuta democratica del nostro Paese, senza deroghe incontrollate da parte di nessuno.

Ranieri Razzante

Direttore Centro Ricerca sulla Sicurezza e il Terrorismo




RAZZANTE: RISVOLTI INASPETTATI DEL ‘NERO’ NELL’ECONOMIA DEL CORONAVIRUS

Il “nero” fa bene, l’economia ne beneficia.

E ora bisogna accoglierlo come un dato, questa volta con intonazione meno deteriore che in passato.

Sfruttamento illegale di manodopera, caporalato, pagamenti non tracciabili (ma quali sono?) vanno ora tollerati.

Questa impressione, corroborata da interviste a uomini di Governo e, da ultimo, al Direttore dell’Agenzia delle Entrate, stupisce ma, a chi scrive, non più di tanto.

E non perché credo che l’evasione fiscale (il nome tecnico del “nero” ) sia un bene, ma ho sempre sostenuto che si utilizzano armi sbagliate per combatterla, quella vera.

Tali sono le limitazioni all’uso del contante, in questa fase quanto mai sciocche, e la lotteria degli scontrini. Di una gravità che sfiora l’anticostituzionale sono poi le limitazioni alla detraibilità delle spese mediche non saldate con carte di credito.

Ricordo sommessamente che in questo periodo in cui l’inclusione sociale è a dir poco precaria, e i fatti già denunciati giorni fa tramite questa testata si stanno puntualmente verificando, la gente in difficoltà (come diceva una signora disperata intervistata ieri in tv) deve avere in mano subito della moneta per i suoi acquisti. Un decimo degli italiani, circa, non possiede carte di credito, e non vuole e può possederle. Immaginatevi il pagamento di commissioni – ancora elevatissime – da parte di clienti della pasta e di commercianti in difficoltà.

Come ci ricorda la parodia di Fantozzi, “dicesi” evasione fiscale la sottrazione di imponibili e redditi alla tassazione. Un legge del 2000 ne prevede le fattispecie, nessuna caratterizzata dall’uso del contante. La maggior parte dei risultati di servizio della nostra Guardia di Finanza riguardano, meritoriamente, le frodi internazionali, le cosiddette “frodi carosello”, realizzate con società fittizie (possibilmente estere) alle quali si fanno pervenire bonifici (impossibile il contante) a fronte di fatture per operazioni inesistenti (ma le fatture ci sono, ovviamente). Svariati miliardi, e la maggior parte della sottrazione al fisco di patrimoni da tassare non avviene attraverso il contante. Le valigette sono scomode, ci sono mezzi più tecnologici e “risparmiosi”.

Per pagare gli operai giornalieri nel settore agricolo, ad esempio, se anche fossero in regola e non in caso di caporalato, il contante sarebbe l’unica forma, poiché essi non possono, all’evidenza, avere nemmeno un conto in banca.

E il commercio si fonda per lo più sul contante, ma non perché siamo evasori – lì ci vuole il dolo, ricordo appena -, solo per comodità.

E il contante dà psicologicamente il “senso del limite” – ci sono studi accreditati in materia che invito a leggere – , mentre tra le controindicazioni delle carte (strumento, ribadisco, assai comodo ex se’) figura la impossibilità di concentrarsi sul plafond di spesa consentito, che spesso sfocia in utilizzi oltre limite e casi di usura tra le fasce di popolazione meno alfabetizzate finanziariamente.

La nostra evasione fiscale supera i 100 miliari annui, il riciclaggio assai di più. Il fatturato annuo delle mafie si stima in circa 300 miliardi.

Costante aumento in questi ultimi dieci anni, nonostante i vari limiti al contante (innalzati all’attuale dal Governo Renzi). Qualcuno è a conoscenza del fatto che non fare una ricevuta o uno contrino per un caffè non costituisce reato, ma al limite una violazione amministrativa?

A quanto pare, no. E non è una istigazione a delinquere, ma forse quel male necessario di cui molti, più di quelli che pensavo, parlano in questo momento pandemico?

Non si abbassano le difese del sistema finanziando l’economia con urgenza e con meno controlli (la seconda pandemia sarà la nostra burocrazia), anche perché, a posteriori, sono sempre utilizzabili strumenti poderosi di cui il nostro sistema dei controlli grazie al cielo dispone. Ma non sarebbe meglio, a Coronavirus passato, mettere mano ad una riforma fiscale che non consenta a chi non paga imposte di traccheggiare e cavarsela con sanzioni tutto sommato non proporzionate ed efficaci? Soprattutto eliminando i contenziosi temerari che fanno ritardare non poco gli incassi al fisco da parte dei grandi evasori?

Tornando a noi, comunque, piace ricordare che i denari delle mafie non seguono il limite dei trasferimenti a 3000 euro, e tantomeno si adegueranno ai 2000, che – auspicabilmente – si deciderà di non far scattare da luglio prossimo.

Guarda te se dovevamo scomodare (giustamente) ancora Keynes per la ripresa post lock-down. E, soprattutto, il tanto contestato contante, che altro non è che la moneta ufficiale europea, come la Banca centrale, questa volta con merito, ci ha scritto lo scorso 13 dicembre, quando ci ha ricordato che la lotta all’evasione fiscale non può realizzarsi con limitazioni ingiustificate all’utilizzo di moneta ufficiale.

Speriamo di non fare ulteriori figuracce in questo senso.

 

Ranieri Razzante

Docente di Legislazione antiriciclaggio nell’Università di Bologna




CORONAVIRUS PRESTA IL FIANCO AD ANARCHICI E CRIMINALI: SACCHEGGIATE I SUPERMERCATI. IL VOLANTINO. RAZZANTE: NUOVE POVERTA RAFFORZANO CRIMINALITA. CHE NON HA MAI PROBLEMI A FINANZIARE

“Saccheggiate i supermercati per evitare la fame e distribuite il cibo ai più bisognosi. Fate inciampare i poliziotti. Incendiate le scuole e i commissariati”. In un clima di povertà che si va a sommare con l’emergenza sanitaria, aumenta il rischio dell’influenza sulla popolazione della criminalità organizzata e dei movimenti sovversivi. E non solo al Sud.

In un volantino falsamente attribuito al governo e al ministero della Salute posizionato sui parabrezza delle automobili a Cremona, di cui AGRICOLAE è venuta in possesso, si legge:

“Di fronte al Coronavirus, per proteggersi e per proteggere gli altri:

Il fuoco favorisce l’eradicazione del virus, potete dare una mano incendiando scuole, banche e commissariati di polizia;

sbirri e controllori sono più suscettibili d’essere portatori del virus. Potete aiutare costringendoli a restare a casa, per esempio facendoli inciampare;

per evitare fame e peggioramento dell’avanzata della malattia durante questo periodo d’emergenza, saccheggiate i supermercati e distribuite il cibo gratuitamente ai bisognosi;

portate sempre guanti e mascherine. Questo impedirà alla polizia di identificarvi in questa guerra contro il virus-società”.

Altre false circolari riportano di visite delle forze dell’ordine dentro le abitazioni che vanno abbandonate da coloro che non sono residenti in quel domicilio. Questo per mettere a punto furti negli appartamenti che in questo periodo sono presidiati da chi ci vive.

“Rischio ampiamente previsto”, spiega ad AGRICOLAE il direttore del centro di ricerca sicurezza e terrorismo Ranieri Razzante. “Non va affatto sottovalutato, a mio avviso il volantino va ricondotto ad ambienti anarchici e sovversivi, e non si tratta solo di uno scherzo malriuscito. Sono sicuro che gli apparati dello Stato sono già al lavoro e i cittadini non hanno nulla da temere se non il Coronavirus”.

“La mafia si sta già infiltrando nel mercato degli apparecchi medicali e della salute e bisogna prestare attenzione alle nuove povertà che potrebbero andare a rimpolpare le reti locali della criminalità organizzata. Allerta deve essere tenuta alta su strozzinaggio e sui reati informatici, anche sulle criptovalute. La mafia sappiamo che non ha mai difficoltà a finanziare. Bisogna capire su che cosa punterà”.

Per saperne di più:

CORONAVIRUS, BELLANOVA: NON FAR DIVENTARE LA SOFFERENZA ALIMENTARE UNA QUESTIONE DI SICUREZZA NAZIONALE. LA CRIMINALITA E’ SEMPRE PRONTA. REGIA NAZIONALE AIUTO INDIGENTI

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“E’ dall’inizio di questa emergenza sanitaria che pongo il problema di affrontare l’emergenza alimentare. Perché rispetto alla povertà pre esistente di cui si occupano normalmente gli enti locali, il terzo settore e il volontariato, quando si chiudono le attività si aggiunge a coloro che avevano già prima bisogno un esercito di persone in difficoltà”. Così il ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova su Canale 5 in merito alla situazione in Italia.

“Abbiamo stanziato 400 milioni ma si tratta di una prima fase. Dipenderà da quanto durerà questa crisi. Ora bisogna attrezzarsi per rispondere all’emerngeza alimentare tramite una cabina di regia nazionale perché dimostrare di avere fame è difficile e noi abbiamo bisogno di persone e servizi sociali ma anche di volontariato e distribuzione”, prosegue.

“Sicuramente non sono sufficienti i 400 milioni stanziati ma non dobbiamo fare una divisione aritmetica. Dobbiamo mettere insieme la filiera della solidarietà che sa come prendersi cura dei bisognosi. Io come ministero dell’Agricoltura ho fatto due bandi indigenti, uno da 6 milioni e uno da 14 milioni. Non dobbiamo far diventare la sofferenza alimentare in una questione di sicurezza nazionale. La criminalità è sempre pronta”, insiste ancora Bellanova.

“Le persone in difficoltà non possono pagare responsabilità che non hanno. Oggi lo Stato deve prendersi cura di loro. Chi può da, chi non può prenda. Nessuno deve essere lasciato solo”, continua ancora. “Le persone non possono pagare due volte per una colpa che non hanno. In questo momento c’è una filiera che io chiamo la ‘filiera della vita’ che sta portando avanti spazi di normalità”.

 




RAZZANTE: L’ANTIDOTO AL CORONAVIRUS? LA SEMPLIFICAZIONE. I TECNICI SERVONO PER SEMPLIFICARE NON PER BUROCRATIZZARE EMERGENZA

Tante altre declinazioni e significati del termine “sicurezza”, che possiamo immaginare (infrastrutture, informatica, cybernetica, geopolitica, monetaria, ecc.), porterebbero con sé, inesorabilmente (e quasi banalmente), liste corpose di “rischi” da mitigare, dato che gli azzerabili, per definizione, non esistono.

L’emergenza Covid rappresenta uno dei più grossi rischi per la salute e la sicurezza mondiali, ma il “mondo” non era (è) pronto.

Mi interessa qui parlare di “rischiosità virologica”, ma – soprattutto – di rischiosità “burocratica”. Quest’ultima tipologia, tipica dell’Italia e, in verità, della Ue come istituzione, rischia di produrre l’effetto avvitamento post coronavirus (noi ci stiamo riuscendo anche in costanza di emergenza). Con una minaccia alla sicurezza nazionale di momento non inferiore, lasciando imprescindibile ed imparagonabile per definizione il rischio salute, sul quale qui non torno, non avendone ad evidenza le competenze.

Del rischio burocratico dobbiamo invece parlare, in termini parimenti allarmistici, poiché anch’esso palesa di diventare “pandemia”, avendo l’Italia raggiunto un livello di esposizione ai massimi storici.

Se un carico di mascherine non si può “sdoganare”, o un intervento diretto con fondi dello Stato non si può ottenere, in poche ore, in deroga a qualsiasi legge di bilancio, ma soprattutto “sospendendo” le garanzie previste (e non esaustive ab origine) delle norme sugli appalti, il paese è a rischio. Non ne è immune l’Europa, non servono sovranisti o europeisti a difenderla o condannarla.

I tecnici, come chi scrive, servono a trovare soluzioni, non a creare problemi. Speriamo qualcuno lo comprenda, visto che tanti sono i cervelli italiani da coinvolgere, con benemerita immediatezza (e solo per curriculum, possibilmente), ora e dopo la pandemia, per evitare (rettifico, contenere) il nuovo “pil-virus”, o “economa-virus”, che già è previsto arriverà, quindi i ritardi (colpevoli per il Covid), non sarebbero scusabili – a mo’ di reato, stavolta – per i rischi finanziari ed economici.

E questi ultimi, si badi bene, non sono stati evidenziati solo dagli esperti di settore, e, su tutti, dal (sempre lucido ed ammirevole) prof. Draghi. Non colpisce proprio nessuno che li abbiamo avanzati i nostri Servizi di sicurezza, attraverso l’Organismo parlamentare di controllo, il più noto Copasir?

La competitività degli altri Paesi Ue, ma soprattutto della Cina, dal punto di vista della “sicurezza burocratica”, come la chiamerò da ora in poi, non trova paragoni con la nostra. Anche perché ha le risorse finanziarie per farlo.

E con i passaggi che una pratica di finanziamento comunitario o interno, visto che ora se ne dovranno fare tantissimi (all’industria come ai privati), deve subire in Italia, pensiamo davvero di saper gestire un’emergenza? L’alea del rischio burocratico, cui sono immediatamente connessi il rischio corruzione e quello di infiltrazioni mafiose nel sistema, già sufficientemente penetrato, della pubblica amministrazione e del mercato globalizzato, non è assicurabile (per usare un linguaggio tecnico-civilistico).

L’antidoto a questo virus? La semplificazione, da decenni paventata e mai attuata, e una robusta iniezione di liquidità, con obbligo alle banche (che sennò si rimettono a cincischiare con duemila moduli e interrogatori a chi chiede denaro, derogando alla pur dovuta valutazione di merito creditizio, non lo dimentico certo) di erogare – se c’è la garanzia dello Stato – in massimo due giorni. Un’impresa in difficoltà, e un cittadino che non mangia ma ha una casa, non devono aspettare un mese per avere un modesto finanziamento, che servirà per il sostentamento familiare e per ripartire. Questo denaro rientrerà in circolo, virtuosamente, attraverso la spesa privata e i consumi, partendo dalla prima necessità, e trasferendosi poi anche al voluttuario, perché avremo tutti bisogno di serenità e svago per dimenticare (anzi accantonare) questo brutto momento.

Il coronavirus ci riporta all’agricoltura, alla pesca, al florovivaistico, al turismo.

Un salto culturale all’indietro? Non credo. Semmai, ne serve uno in avanti.

L’economia si è troppo attaccata alla finanza, negli ultimi anni, a danno di quella reale, che ha palesato segni di “trascuratezza” da parte dei governi e della Ue.

Si dà per scontato, l’agroalimentare: si dovrà pur mangiare, e i consumi saranno almeno costanti nel tempo, quando non in crescita. Non sono possibili flessioni, né crisi.

D’altronde, nessun virus o evento straordinario possono fermare la produzione e l’approvvigionamento. Giri di vite non ce ne sono. E ciò deve far riflettere, anche se sembra assodato.

Saranno i settori, quelli che ho sopra citato, a debellare – se opportunamente trattati – il “mercato-virus”. E poi, in associazione, gli investimenti in ricerca e tecnologia.

La impreparazione ai rischi “sistemici”, che questa infezione ci riporta alla ribalta, non può più essere sottovalutata; da domani, non fra decenni.

 

Ranieri Razzante

Direttore Centro Ricerca Sicurezza e Terrorismo




OPERAZIONE NEBRODI, RAZZANTE, AGECONTROL: VERIFICARE CHI ERA DEPUTATO A FARE I CONTROLLI PER EVITARE CHE SI RIPETA IN FUTURO. CHIEDERO INCONTRO AD AGEA E A MIPAAF

In un momento in cui l’operazione Nebrodi sta mostrando tutti i punti deboli di un sistema deputato a tutelare chi fa agricoltura con la Commissione Europea che chiede all’Italia una maggiore attenzione, il presidente dell’organismo di vigilanza di Agecontrol Ranieri Razzante pone l’accento su una questione alla base di quanto accaduto: “a fronte di quanto emerso è necessario capire chi era deputato – tra le società facenti parte di Sin e ad Agea – a fare i controlli nel messinese”, spiega ad AGRICOLAE. “Solo così, facendo un ulteriore passo in avanti nelle indagini, cosa che presumibilmente accadrà, si potrà utilizzare l’esito di questa vicenda per rafforzare i presidi di prevenzione a tutela dei veri agricoltori e di tutto il comparto agricolo e quindi agroalimentare italiano”.

“Occorre trovare le cause prima degli effetti – prosegue – così che cose del genere non si possano ripetere a danno dell’economia nazionale e dell’immagine che il Paese restituisce all’estero. Mi attiverò nei prossimi giorni, anche in qualità di organismo interno di valutazione ai fini dell’anticorruzione – conclude – affinché sia escluso ogni possibile futuro coinvolgimento della rete ispettiva deputata a monitorare il sistema dell’erogazione dei fondi Ue. Anche con il mio omologo organismo Agea e lo stesso ministero delle Politiche agricole”.

L’operazione Nebrodi ha coinvolto circa 194 persone, ha portato a 94 arresti – di cui 48 persone in carcere e 46 agli arresti domiciliari – , 151 aziende sequestrate per una truffa da un giro di affari di oltre 10 milioni di euro sui fondi comunitari agricoli.

 




AGECONTROL, RAZZANTE NUOVO PRESIDENTE ORGANISMO VIGILANZA

RANIERI RAZZANTE

Il Prof Ranieri Razzante è il nuovo Presidente dell’organismo di Vigilanza di Agecontrol, la società di Agea e del Mipaaft che opera i controlli sull’erogazione di contributi e provvidenze nel comparto agricolo. Avvocato e Dottore commercialista, è considerato tra i massimi esperti in materia di legislazione antimafia e anticorruzione. Insegna Legislazione Antiriciclaggio nell’Università di Bologna e presso gli Istituti di istruzione delle Forze dell’Ordine. Consulente del Commissario governativo antiracket e antiusura e già della Commissione parlamentare antimafia, è autore di numerosi studi in materia di sicurezza e dirige il Centro di Ricerca sulla Sicurezza e il Terrorismo in Roma.