Semi, produttori che acquistano da grandi ditte sementiere non più costretti a vendere ai distributori scelti dai breeder. LA SENTENZA
I produttori di varietà ortofrutticole acquistate dalle grandi ditte sementiere non possono essere costretti a vendere ai distributori scelti dai breeder. Lo ha sancito una sentenza epocale della Corte di Cassazione, la numero 9429 dello scorso 9 aprile 2024.
La decisione, che chiude una questione giudiziaria annosa tra l’azienda agricola Miglionico Angela di Altamura , in provincia di Bari, e il colosso californiano Sunworld, leader mondiale nel settore delle sementi, pone una pietra miliare nel rapporto tra i grandi breeder e gli agricoltori.
Dopo tre gradi di giudizio e l’omologa vicenda processuale tra Eurosemillas e Nadorcott per i diritti sulla varietà di clementina ‘Tango’, i produttori di uva da tavola pugliese tirano il fiato.
Bisogna tenere a mente, però, che questa sentenza si muove sul filo del rasoio di equilibri di mercato delicati dal momento che, da un lato, la presenza in Italia dei breeder internazionali è importante per il settore produttivo perché assicurano la realizzazione di volumi che le varietà i produttori di varietà italiane (nel settore dell’uva, ad esempio, le realtà pugliesi Grape&Grape, Nuvaut e Italian Variety Club) ancora non possono garantire.
Allo stesso tempo, all’indomani della sentenza, si inizia a riflettere anche sulla necessità di salvaguardare i club di prodotto, una forma di aggregazione tra imprese finalizzata alla creazione di un prodotto specifico destinato ad un mercato specifico che sono uno dei pochi strumenti sul piatto in grado di garantire un equa remunerazione agli agricoltori.
Il processo – La vicenda giudiziaria tra la Sunworld e l’azienda agricola Miglionico nasce nel 2016. Il produttore, che aveva la licenza di produrre l’uva Sugar 19 Sunworld, si ritrova un raccolto danneggiato a causa di un’annata climatica sfavorevole. Il distributore autorizzato dalla major californiana, gruppo Di Donna Trade Srl, non accetta l’intera partita di uva danneggiata e l’agricoltore, per non rimanere ‘a secco’, lo vende ad un altro distributore, non autorizzato dalla sementiera: Gianni Stea Import Export Srl, peraltro marito della signora Angela Miglionico nonché assessore all’ambiente della Regione Puglia.
Poiché non si rivolge ad un distributore ‘autorizzato’, Sunworld avvia un procedimento arbitrale contro l’azienda agricola per inadempimento contrattiuale. Il lodo finale gli dà ragione e la Miglionico è costretta ad espiantare i vitigni Sunworld dai suoi campi.
Il lodo viene impugnato dall’azienda agricola, prima in corte d’Appello di Milano, che sostanzialmente conferma la decisione della commissione arbitrale, e poi dinnanzi alla Cassazione che, invece, due giorni fa, ha ribaltato la situazione.
“Il giudice supremo – spiega ad AGRICOLAE Francesco Costantino, avvocato cassazionista che ha assistito l’azienda agricola Miglionico – ha sancito il principio che il diritto di privativa sul materiale vegetale in capo alla Sunworld riguarda solo il materiale vegetale da impiantare ed il produttore è tenuto a rispettare il contenuto contrattuale sulle modalità di produzione. Nessun vincolo può, invece essere imposto all’agricoltore sulla scelta dei canali distributivi. Questo significa che quando il prodotto viene a esistenza, il diritto di privativa non c’è più e non si può parlare di affitto di frutto, come previsto nel contratto oggetto del contendere. Il prodotto venuto ad esistenza segue una vita propria”.
La Cassazione, inoltre, dopo avere accolto la richiesta della signora Miglionico, ha rinviato la causa al riesame da parte della Corte di Appello di Milano che dovrà rivedere nel merito la propria decisione sulla base del principio sancito dalla Suprema Corte”.
Una sentenza storica – Il nuovo processo dovrà essere riaperto entro tre mesi e ci vorranno tra i due e i tre anni perché possa arrivare a conclusione e dare alla Miglionico la possibilità di richiedere eventualmente i danni derivati dall’espianto di un intero campo di circa due ettari.
Si tratta di una svolta considerata epocale nei rapporti tra breeder e agricoltori che avrà ricadute immediate, peraltro, su tante cause analoghe ancora pendenti e quindi su tutto il settore ortofrutticolo.
“È una sentenza storica – afferma ad AGRICOLAE Donato Fanelli, presidente della Commissione Uva da Tavola (CUT) istituita nel quadro dell’organizzazione interprofessionale -, ma va valutata con attenzione perché non deve portare ad interrompere il dialogo tra breeder e produttori che non ha senso che vadano in conflitto perché sono dalla stessa parte quando l’obiettivo è quello di creare valore sul territorio. In questo senso, la Commissione Uva da Tavola ben può rappresentare il tavolo attorno al quale questo dialogo si possa svolgere”.
La questione delle varietà club – La sentenza potrebbe porre dei dubbi in relazione ai club di prodotto, una forma di aggregazione tra imprese finalizzata alla creazione di un prodotto specifico destinato ad un mercato specifico.Attualmente sono uno dei pochi strumenti a disposizione dei produttori in grado di garantire loro un’equa remunerazione. Nei club di prodotto, le varietà acquistate vengono tutelate da un brand commerciale che funge da ‘marchio ombrello’ e che serve a distinguere quel dato prodotto da altri simili. Si pensi al caso di successo della mela Pink Lady.
“I club di prodotto non vengono messi in discussione e possono continuare la loro attività legittimamente – afferma Gualtiero Roveda, consulente legale di Fruit Imprese, associazione indipendente nazionale di imprese ortofrutticole – dal momento che si basano su altri tipi di contratto, altri accordi tra privati, che non vengono toccati dal disposto di questa sentenza”.
Qui di seguito AGRICOLAE pubblica la sentenza:
SENTENZA CORTE CASSAZIONE (005)
Mariangela Latella
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