Dal ministero Lavoro 15 gg di tempo su doppi incarichi di cui Servadei e Merlino (Cia) sapevano a insaputa Enpaia e Lavoro. Richieste certificazioni

Alessandro Servadei ha due settimane di tempo per fare chiarezza, ed entro il 15 di aprile dovrà far pervenire l’elenco degli incarichi e l’autocertificazione di insussistenza di incompatibilità, anche potenziali.

Il ministero del Lavoro taglia la testa al toro e pone fine al “silenzio” sul duplice incarico del presidente dei revisori dei conti di Enpaia nella Confederazione italiana agricoltori – Cia (dove ha più incarichi). Incarichi dei quali Servadei (e Claudia Merlino, membro Cda in Enpaia per la Cia) sembra non abbiano detto nulla alla stessa Enpaia.

All’oscuro dei fatti, da quanto si apprende, anche il dicastero per il quale il primo era stato designato in rappresentanza.

Il ministero di Andrea Orlando non si spreca in chiacchiere e a seguito dell’inchiesta di AGRICOLAE e delle interrogazioni del gruppo della Lega al Senato e di Saverio De Bonis (Misto), invia il 30 marzo una mail a Enpaia e a tutti gli enti vigilati. Mail che la divisione IV sotto alla Direzione generale per le Politiche previdenziali e assicurative è tenuta a inviare tutti gli anni.

Un modo per fare chiarezza e per evitare casi che rischiano di essere ‘inopportuni’ di consulenti che hanno firmato la certificazione relativa all’insussistenza di cause di incompatibilità, anche potenziali, per assumere – dopo e senza avvertire – nuovi incarichi che potrebbero invece andare a violare le normative previste dal Codice civile, dal codice etico degli enti e dal vademecum redatto dalla Ragioneria di Stato del Mef.

“Ai rappresentanti del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali presso i Collegi sindacali e i Consigli di amministrazione degli enti privati di previdenza obbligatoria di cui al D.Lgs. n. 509/1994 e al D.Lgs. n. 103/1996”, si legge nella documentazione di cui AGRICOLAE è venuta in possesso datata 30 aprile e inviata a: Cassa Forense, dell’Enfap, Enpacl, Cnpadc, Cipag, Cnpr, Cassa notariato, Onaosi, Enasarco, Enpaia, Fasc, Enpab, Enpapi, Inpgi, Enpav, Enpam, Inarcassa, Eppi, Epap, Enpap e per conoscenza al capo di gabinetto.

Il ministero chiede “l”aggiornamento della documentazione”.

“Ai fini dell’aggiornamento della documentazione relativa all’incarico delle SS.LL. della quali rappresentanti ministeriali negli organi statutari degli Enti privati di previdenza obbligatoria – si legge ancora – si chiede di trasmettere entro non oltre il 15 aprile 2021, la seguente documentazione debitamente aggiornata e sottoscritta:

dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà relativa alla insussistenza di cause di incompatibilità, ai sensi del D.Lgs. n.39/2013.

dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà relativa alla insussistenza di situazione, anche potenziali, di conflitto di interessi, ai sensi dell’art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001

modello di dichiarazione elenco incarichi

e copia del documento di indentità in corso di validità.

Il direttore generale Concetta Ferrari rammenta poi che “le suddette dichiarazioni devono essere trasmesse sia in formato word che in formato PDF al fine di consentire all’Amministrazione di adempiere agli obblighi di pubblicazione imposti dalla disciplina vigente”.

Il vademecum pubblicato dal ministero dell’Economia ad aprile 2017 e che rappresenta le linee guida per tutti i dicasteri, sembra infatti parlare chiaro in merito ai revisori dei conti. Al punto 1.3.1, relativo ai “requisiti soggettivi dei revisori dei conti” recita:

“fra i requisiti richiesti, in via generale, a tutti coloro che sono chiamati a ricoprire l’incarico di revisore, figura il requisito di indipendenza, previsto all’articolo 21 del decreto legislativo n.123 del 2011, e finalizzato a garantire che l’incarico di revisore sia svolto con obiettività e integrità, in assenza di situazioni di potenziale conflitto tra revisore e ente soggetto a controllo che potrebbero verificarsi laddove il revisore fosse portatore di interessi diretti o indiretti nello svolgimento dell’incarico”.

https://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/CIRCOLARI/2017/20/Circolare_Vademecum_per_la_revisione_amministrativo-contabile_degli_enti_e_organismi_pubblici_x_Ed._2017.pdf

“La verifica della sussistenza di una concreta minaccia per l’indipendenza del revisore va effettuata caso per caso procedendo a una valutazione dei rischi che possano comprometterne l’integrità e l’obiettività quali, ad esempio, l’esistenza di interesse economico, finanziario o di altro genere in rapporto diretto con l’attività svolta dall’ente pubblico oppure l’eccesso di familiarità, fiducia o confidenzialità, tra il revisore e i soggetti che operano nell’ente che potrebbe rendere il revisore stesso eccessivamente influenzabile nell’esercizio dell’attività di vigilanza”.

E se “il rischio di compromissione dell’indipendenza risulti significativo e non sia possibile procedere ad intraprendere azioni correttive in grado di ridurre tale rischio ad un livello compatibile con lo svolgimento dell’attività di vigilanza, il revisore è chiamato a rifiutare l’incarico o a rinunciarvi”.

Poi il Mef, cita l’articolo 2399 del codice civile:

“il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado dei componenti dell’organo esecutivo dell’ente e coloro che sono legati all’ente o alle società dallo stesso controllate a un rapporto di lavoro continuativo, sia subordinato che autonomo, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza ai sensi dell’articolo 2399 del codice civile”.

E infine il Mef di Daniele Franco dice:

“La preesistenza di cause di incompatibilità alla nomina ha come conseguenza l’ineleggibilità al ruolo di revisore. Qualora invece tali incompatibilità sopraggiungano in un momento successivo alla stessa nomina, la fattispecie che si configura è quella della decadenza”.

Servadei infatti, secondo quanto previsto da legge, dovrebbe aver firmato al momento dell’incarico l’autocertificazione dalla quale era possibile evincere l’inesistenza di eventuali conflitti di interesse ed altri elementi eventualmente ostativi all’assunzione dell’incarico di carattere pubblico. Come “l’insussistenza di cause di incompatibilità ai sensi del D.lgs. n. 39/2013; insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi, ai sensi dell’art.53 del D.lgs.. n. 165/2011; modello di dichiarazione elenco incarichi”. Certificazioni che ora sembra siano state superate dagli incarichi assunti dal revisore dei conti in Cia. Incarichi assunti all’insaputa di Enpaia – e da quanto si apprende del ministero del Lavoro – ma non del direttore della Confederazione italiana agricoltori Claudia Merlino che siede agli stessi tavoli di Servadei in Cia e in Enpaia.

E ora il ministero dà 15 giorni di tempo per fare chiarezza e per venire a conoscenza dei fatti, non solo attraverso la stampa e gli atti parlamentari.

Per saperne di più:

Caso Cia-Servadei. Ministero del Lavoro fa melina, il Mef fa chiarezza. Ecco cosa dice il vademecum della Ragioneria dello Stato

Controllati e controllori: i numerosi incarichi in Cia di Servadei, presidente revisori Enpaia. Chiamato in Confederazione all’insaputa di Enpaia

Agricoltura: Lega, chiarezza su ruoli Cia e Enpaia di Servadei, presentata interrogazione a Orlando e Patuanelli

Cia, De Bonis: “interrogazione parlamentare a Orlando e Patuanelli per incompatibilità ruoli revisore conti Enpaia a insaputa ente previdenza”

 




Pac, De Bonis: no a discussioni strumentali su transizione verde che hanno poco a che fare con agricoltura

“Emerge con forza dal mondo agricolo la preoccupazione per la riduzione di questi fondi. Avremo risorse minori ma dobbiamo cercare di finalizzarle affinché le aziende possano ricevere maggiori fondi. Si impone quindi una rimodulazione che possa permettere il trasferimento di molte risorse, circa 7 mld euro, dal secondo al primo pilastro. Specialmente perché molto fondi Psr non vengono spesi dall’Italia”. Così Saverio De Bonis, Misto, nel corso dell’audizione in commissione riunite della ministra Teresa Bellanova sulla Pac post 2020.

“Si parla molto di transizione verde ma sembrano discussioni strumentali che poco hanno a che fare con l’agricoltura, è opportuno quindi fare chiarezza sul senso degli ecoschemi e l’agricoltura di precisione, sulla biodiversità e Ogm, sulla distribuzione dei redditi”.




Pac, Comagri Camera/Senato. Tutte le dichiarazioni di Bergesio, Cenni, La Pietra, Taricco, Abate, Viviani, De Bonis, Caretta, De Carlo, Loss e Mollame

Di seguito Agricolae pubblica tutte le dichiarazioni e gli interventi a margine dell’audizione della ministra Bellanova sul tema Pac.

Giorgio Bergesio, Lega:

Sono risorse importanti per il comparto agricolo, dal 2021 al 2027 parliamo di oltre 358 mld di euro a disposizione. Noi, attraverso l’azione che faremo in commissione, la sosterremo perché è un passaggio fondamentale per quel che sarà l’agricoltura post pandemia, con grande attenzione ai piani strategici e mettendo al centro l’agricoltore, colui che lavora e produce.

Dobbiamo dare risposte importanti a quelle sfide che riguardano l’ambiente, il green, la capacità di produrre per il consumatore ma vogliamo mettere fin da subito al centro l’agricoltore. Chiediamo che in sede di negoziato sia garantito il mantenimento di adeguate risorse finanziarie o analoghe al precedente quadro finanziario. Particolare attenzione, nell’ambito delle strategie del Green deal, dovrà essere rivolta al sostegno delle eccellenze del Made in Italy.

Vogliamo essere partecipi di questo tavolo di confronto perché insieme alle istituzioni, alle regioni, ai sindaci e agli amministratori si deve partecipare ad un dibattito globale su questa pac per dargli una identità forte.

Pac, Bergesio, Lega: mettere al centro agricoltore

Susanna Cenni, Pd:

Sono convinta che siamo di fronte ad un passaggio molto atteso dal mondo agricolo e complessivamente dal nostro paese. Sono stati raggiunti risultati importanti, in primis il fondo per la mutualità che rappresenta un’assoluta novità nelle possibilità di finanziamento della pac.

Il piano strategico nazionale dovrà essere altro col quale disegniamo la strategia nazionale per la nostra agricoltura e con la quale accedere ai fondi pac. Questo sarà un documento fondamentale, vogliamo però capire come questo tavolo di partenariato sarà costruito.

C’è stata una parte del mondo ambientalista, con un dibattito apertosi all’indomani dell’accordo e dei voti che si sono svolti al parlamento eu, che ha espresso critiche forti all’accordo.

Una domanda importante è poi come si può intervenire per allineare meglio gli atti legislativi con le strategie.

Pac, Cenni, Pd: allineare meglio gli atti legislativi con le strategie

Patrizio Giacomo La Pietra, Fratelli d’Italia:

Dal ministro è stato fatto un quadro della situazione ma mi aspettavo ben altro, perché è stato fatto un elenco cronologico. Mi aspettavo invece indicazioni più precise su cosa il nostro governo intende fare a livello europeo per mettere al centro l’agricoltore e l’agricoltura nazionale. Per esempio cosa l’Italia intende fare per quanto riguarda la riduzione delle risorse che arriveranno alla nostra agricoltura. Ma anche quali azioni il governo vuole intraprendere per tutelare i nostri prodotti o per assicurare all’interno del mercato europeo una equità di concorrenza.

Il piano strategico nazionale sarà fondamentale, prima di fare tavolo di partenariato sarà fondamentale fare un confronto serio in parlamento e all’interno delle commissioni agricoltura. Vogliamo collaborare ma tutti i nostri emendamenti vengono puntualmente bocciati per poi essere ripresi in seguito dal governo.

Pac, La Pietra, Fdi: maggiore collaborazione, nostre proposte puntualmente bocciate

Mino Taricco, Pd:

Sarebbe interessante conoscere lo stato dell’arte delle convergenze esterne a livello ue ma anche per quelle interne, e quale sia l’orientamento della governo a tal proposito.

Dietro alla riforma pac che ha portato ai piani nazionali che abbiamo oggi c’era la necessità di dare risposte sul tema semplificazione. La risposta che ha dato la commissione ue è una semplificazione di architettura ma che in sostanza non porta alcuna effettiva semplificazione in capo ai produttori. Vorremo allora capire se già c’è qualche idea di architettura che porti oggettivamente ad una semplificazione gestionale da parte delle imprese dei territori.

Pac, Taricco, Pd: lavorare concretamente a semplificazione

Rosa Abate, M5S:

Le critiche che vengono mosse da più parti, specialmente dalle associazioni ambientaliste, è che in questa nuova pac si sono ignorati tutti gli avvertimenti della scienza per invertire la rotta e affrontare i cambiamenti climatici. Sono state tagliate le misure ambientali e anche il commissario ue all’agricoltura ha sostenuto che questa nuova pac è poco compatibile col nuovo orientamento e con la regolamentazione che vanno sempre più verso un’agricoltura sostenibile.

Un’altra eccezione mossa è che questa pac non tuteli il piccolo agricoltore o le piccole e medie imprese, bensì i gruppi più grandi e maggiori del settore. Si tratta di un argomento che dovrà avere spazio nel tavolo che si sta approntando.

Pac, Abate, M5S: tutelare piccoli agricoltori e ambiente

Lorenzo Viviani, Lega:

La pac deve essere squisitamente agricola, quindi centrata sugli agricoltori, il che non vuol dire non perseguire quelle politiche di tutela dei nostri ecosistemi e della sostenibilità. Su questi temi deve però essere messo al centro l’agricoltore e l’agricoltura, premiandolo perché ha un ruolo già molto importante e non può essere condizionato ulteriormente. I nostri agricoltori sono già dei guardiani del territorio e non hanno bisogno delle critiche mosse dai gruppi ambientalisti.

Pac, Viviani, Lega: nostri agricoltori già guardiani del territorio non hanno bisogno critiche degli ambientalisti

Saverio De Bonis, Misto:

Emerge con forza dal mondo agricolo la preoccupazione per la riduzione di questi fondi. Avremo risorse minori ma dobbiamo cercare di finalizzarle affinché le aziende possano ricevere maggiori fondi. Si impone quindi una rimodulazione che possa permettere il trasferimento di molte risorse, circa 7 mld euro, dal secondo al primo pilastro. Specialmente perché molto fondi Psr non vengono spesi dall’Italia.

Si parla molto di transizione verde ma sembrano discussioni strumentali che poco hanno a che fare con l’agricoltura, è opportuno quindi fare chiarezza sul senso degli ecoschemi e l’agricoltura di precisione, sulla biodiversità e Ogm, sulla distribuzione dei redditi.

Pac, De Bonis: no a discussioni strumentali su transizione verde che hanno poco a che fare con agricoltura

Maria Cristina Caretta, Fratelli d’Italia:

Il consiglio e il parlamento parlano molto di riduzione della chimica e del rispetto di sempre più stringenti requisiti ambientali. Ma come si può garantire il rispetto di questa esigenza con la più importante necessità di garantire la sostenibilità economica delle nostre imprese e la competitività delle produzioni?

La crisi covid ha mostrato la fragilità del comparto agricolo e la necessità di elaborare un fondo anticrisi. Vogliamo sapere in che modo si tuteleranno quindi gli agricoltori italiani.

Pac, Caretta, Fratelli d’Italia: sostenibilità economica conditio sine qua non di quella ambientale

Luca De Carlo, Fratelli d’Italia:

Il nostro è il settore primario ma spesso abbiamo la percezione che di primario ci sia poco, perché ogni volta che si fa una operazione politica il settore agricolo non è mai centrale. Oggi stiamo ragionando di un’agricoltura eco sostenibile ma vorrei ricordare che l’agricoltura italiana è la più sostenibile e dovrebbe essere citata ad esempio e non criminalizzata. Dobbiamo però tenere in considerazione qualità siano le finalità che il trattato ue attribuisce alla politica agricola, ovvero l’aumento della produttività, l’eco tenore di vita degli operatori, la stabilizzazione dei mercati, la sicurezza degli approvvigionamenti e la disponibilità dei prodotti a prezzi ragionevoli. Tutto ciò deve essere tenuto in massima considerazione anche quando discutiamo di una pac green.

Pac, De Carlo, Fdi: non scordare finalità attribuite da Trattato Ue

Francesco Mollame, M5S:

Sia per la struttura della nostra agricoltura, sia per l’andamento del mercato globale temo per la tutela della biodiversità. Deve essere un argomento fondamentale da affrontare all’interno della Pac e chiedo al ministro di tenere conto anche di questo aspetto.

Pac, Mollame, M5S: tenere conto biodiversità

Pac, Loss, Lega:

“Sui Caa abbiamo posto la questione al governo questa primavera, nel momento in cui Agea aveva proposto una prima bozza di accordo e gli ordini e i collegi competenti si erano riuniti per presentare una richiesta ufficiale al ministero e ad Agea stessa”. Così Martina Loss, Lega, nel corso delle audizioni in commissioni riunite della ministra Teresa Bellanova in merito alla Pac.

“La legge prevede che i Caa possano essere tranquillamente gestiti da professionisti, e in un momento come questo in cui la libera imprenditoria è messa in profonda difficoltà, e dal momento che garantisce nel caso specifico un servizio di eccellenza e personalizzato alle nostre aziende agricole, ebbene impedire di continuare a svolgere questo servizio riteniamo non sia giusto.

Speriamo dunque che il ministero possa valutare con Agea di ampliare questo tipo di accordi, perché la qualità e la capillarità con cui vengono raggiunte le nostre aziende merita il massimo. Auspichiamo un intervento rapido e forte del governo in questa direzione.

Pac, Loss, Lega: Ampliare a professionisti accordo su Caa




Interrogazione, De Bonis Misto Senato, su tutela filiera cerealicola e istituzione CUN per trasparenza prezzi

Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-04113

presentata da

SAVERIO DE BONIS

mercoledì 23 settembre 2020, seduta n.259

DE BONIS – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Premesso che:

gli ultimi dati diffusi dall’ufficio statistico europeo “Eurostat” evidenziano come in Italia, a fronte di una diminuzione del prezzo del grano, i prezzi del pane siano superiori del 14,5 per cento rispetto alla media in Europa, dove il prezzo più alto è in Danimarca e il più basso in Romania;

dal grano al pane il prezzo aumenta di quasi 15 volte per effetto delle speculazioni e delle importazioni selvagge di prodotto dall’estero. Oggi un chilo di grano tenero è venduto a meno di 21 centesimi (contro i 27 centesimi per il grano duro), mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini a valori variabili attorno ai 3,1 euro al chilo, con un rincaro, quindi, di quasi 15 volte, tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito;

secondo i dati dell’osservatorio prezzi, se a Milano una pagnotta da un chilo costa 4,22 euro, a Bologna si arriva addirittura a 4,72 euro. A Napoli si scende fino a 1,89, mentre a Roma costa 2,63 euro, a Palermo 3,02 euro e a Torino 3,05 euro;

la forte variabilità da una città all’altra è, peraltro, un’evidente dimostrazione che l’andamento del prezzo del pane dipende solo marginalmente dal costo del grano e le quotazioni dei prodotti agricoli sono, ormai, sempre meno legate all’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più ai movimenti finanziari ed alle strategie speculative, favorite dalla mancanza di trasparenza;

da alcuni giorni anche a Matera il prezzo del pane è aumentato di 50 centesimi al chilo e l’interrogante vorrebbe conoscere quali siano le ragioni di questo incremento, visto che l’andamento dei prezzi del grano duro si mantiene quasi sempre basso, addirittura inferiore a quello dell’anno scorso;

già nel 2008 e nel 2014 era accaduto un episodio analogo, a fronte però di un generale innalzamento del costo del grano duro e delle semole. Rispetto a quel periodo il costo della materia prima è sostanzialmente calato di circa la metà ma il prezzo del pane è rimasto inspiegabilmente invariato fino alla scorsa settimana, quando la maggior parte dei panificatori della città dei Sassi ha deciso questo ulteriore aumento del prezzo del pane;

considerato che la situazione del grano italiano, stretto tra speculazioni di filiera ed importazioni fuori controllo e non più tollerabili, è “la punta dell’iceberg” delle difficoltà che deve affrontare l’agricoltura italiana. Il risultato è che gli agricoltori devono vendere ben 4 chili di grano per potersi pagare un caffè. Allo stesso modo, per ogni euro di spesa in prodotti agroalimentari freschi, come frutta e verdura, solo 22 centesimi arrivano al produttore agricolo. Ma il valore scende addirittura a 2 centesimi, secondo l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), nel caso di prodotti trasformati, dai salumi fino ai formaggi, mentre il resto viene diviso tra l’industria di trasformazione e la distribuzione commerciale, che assorbe la parte preponderante del valore,

si chiede di sapere:

per quale motivo si verifichino aumenti del prezzo del pane se l’andamento dei prezzi del grano duro si mantiene quasi sempre basso, addirittura inferiore a quello dello scorso anno;

se e quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda assumere per tutelare non solo l’intera filiera cerealicola ma anche i consumatori di un prodotto considerato “primario”;

se non ritenga che vadano garantiti un giusto compenso agli agricoltori, senza pesare sui cittadini, realizzando al più presto la commissione unica nazionale per la trasparenza dei prezzi del grano duro e la valorizzazione dei primati del made in Italy, distinguendo il grano italiano da quello estero attraverso l’indicazione obbligatoria in etichetta. Solo così sarà assicurata la sostenibilità della produzione in Italia e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti.

(4-04113)




Referendum, De Bonis: dietro alibi del risparmio riforma liberista per compiacere finanza

“Mi chiedo se il mantra del presunto risparmio per giustificare il colpo d’ascia al Parlamento non sia un alibi per favorire da un lato il vecchio disegno di Licio Gelli, dall’altro per compiacere alcune multinazionali finanziarie (tra cui JP Morgan) che non vedono di buon occhio una Costituzione ritenuta troppo socialista. Un fatto del resto evidenziato già il 22 settembre 2016 da quello stesso giornale filogovernativo che oggi fa propaganda per il Sì. Si tratta di una riforma di respiro apertamente liberista, come quella immaginata a suo tempo da Renzi. Ricordo che Terracini ed Einaudi, all’epoca dei lavori della Costituente, dissero chiaro e tondo che quello dei costi era ‘un argomento debole e facilone’. Sarebbe bene leggersi gli atti dell’Assemblea costituente per ritrovare quello spirito di autentica democrazia che i promotori del Sì evidentemente hanno perso per strada”.

Lo ha dichiarato il senatore Saverio De Bonis, tra i promotori del No al referendum sul taglio dei parlamentari.




INTERROGAZIONE DE BONIS, M5S SENATO, SU CERTIFICAZIONE MACCHINE AGRICOLE

Atto n. 4-00592

Pubblicato il 25 settembre 2018, nella seduta n. 39

DE BONIS – Ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. –

Premesso che:

il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, all’articolo 45 ha modificato l’articolo 107 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modifiche e integrazioni, nuovo codice della strada, relativo all’accertamento dei requisiti di idoneità delle macchine agricole;

il novellato articolo prevede che tale accertamento possa essere svolto, oltre che mediante visita e prova da parte degli uffici competenti del Dipartimento per i trasporti terrestri, anche “da parte di strutture o Enti aventi i requisiti stabiliti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali”;

con tale disposizione la legislazione italiana si allinea alle opportunità previste dalla normativa comunitaria in materia di omologazioni stradali dei veicoli, incluse le macchine agricole, che prevede che ogni Stato membro sia dotato di un’autorità competente preposta al rilascio delle omologazioni con la possibilità di delegare la fase operativa a strutture ritenute idonee, cosiddetti servizi tecnici, ai sensi del regolamento (UE) n. 167/2013, noto come “Mother Regulation”, relativo all’omologazione dei trattori agricoli o forestali, dei loro rimorchi e delle loro macchine intercambiabili trainate, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche di tali veicoli;

in altri Paesi europei, da anni le autorità competenti hanno delegato strutture esterne che possono operare in tutti i Paesi dell’Unione rilasciando le omologazioni della propria autorità delegante con il conseguente pagamento degli oneri a quest’ultima. Quindi, le omologazioni comunitarie delle macchine agricole nel nostro Paese vengono effettuate prevalentemente da tali strutture delegate, con conseguente perdita di denaro per le pubbliche amministrazioni e di lavoro essendo impiegato prevalentemente personale estero,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo non ritengano urgente emanare il decreto attuativo previsto dall’articolo 107 del codice della strada al fine di definire i requisiti delle strutture o enti che possono effettuare l’accertamento della conformità delle macchine agricole alle prescrizioni tecniche previste dalla legge;

se non siano del parere che dare la possibilità di svolgere anche le omologazioni nazionali e comunitarie a un ente italiano consentirebbe di riportare allo Stato italiano una cospicua parte dei diritti oggi versati a Stati esteri, nonché di offrire possibilità di lavoro a tecnici italiani.