Sicurezza alimentare, studio Bruegel: Ue a rischio shock umanitario a causa scarsità fertilizzanti. Allentare vincoli terreni incolti
La guerra della Russia contro l’Ucraina ha messo in grave crisi il sistema di sicurezza alimentare che ha protetto e garantito i paesi europei dagli shock internazionali per molti anni. Se l’UE ha fino a oggi evitato conseguenze negative dal punto di vista dell’approvvigionamento, potrebbe subire effetti potenzialmente gravi dal punto di vista umanitario. A dirlo è uno studio appena pubblicato da Bruegel, un tink tank europeo specializzato in economia che si occupa proprio della crisi alimentare, delle sue sfide a breve termine e dei problemi sistemici del settore.
La sicurezza alimentare è strettamente connessa al rapporto tra produzione e politiche energetiche. L’attuale innalzamento dei prezzi del cibo potrebbe rivelarsi persistente e potrebbe scaturire crisi umanitarie che si riverserebbero anche verso l’Europa. I dati più recenti rilevano come il 10% della popolazione mondiale stia affrontando la fame, in netto aumento rispetto al 2019. Tutto questo nasce da un deficit dei mercati globali di cereali, che dovranno fare a meno di 41 milioni di tonnellate delle esportazioni ucraine, mentre i prezzi rimarranno sopra quota 250 euro/tonnellata almeno fino ai prossimi 2 anni.
Questo aumento dei prezzi è causato anche dai prezzi dei fertilizzanti, ai massimi storici soprattutto per quanto riguarda quelli a base di ammoniaca. Prezzi più alti dei fertilizzanti limiteranno l’uso dei fertilizzanti, che ridurranno i raccolti. In definitiva, i prezzi dei fattori di produzione più elevati riducono gli incentivi che gli agricoltori hanno a produrre più cereali quando i prezzi dei cereali sono elevati. Ciò smorzerà la risposta dell’offerta che di solito deriverebbe da alti prezzi alla produzione, alimentando così l’anticipazione di prezzi elevati duraturi.
Tra i paesi in situazioni preoccupanti, quelli che hanno bisogno di diversificare si trovano per lo più in Medio Oriente e Nord Africa, mentre quelli più esposti a squilibri commerciali acuti sono nell’Africa sub-sahariana. Dei 40 paesi africani con dati disponibili, 29 dipendono completamente dalle importazioni per il loro fabbisogno interno di fertilizzanti. Per le Americhe, 16 paesi su 27 fanno affidamento sulle importazioni per almeno il 90% del loro uso domestico di fertilizzanti.
Secondo questo studio “la riduzione delle esportazioni alimentari e l’aumento dei prezzi dei fattori di produzione agricoli (carburante, fertilizzanti) stanno aumentando notevolmente l’insicurezza alimentare in una serie di paesi vulnerabili nelle vicinanze dell’Europa. Se questo rischio si materializza, le conseguenze umanitarie potrebbero essere drastiche, traducendosi eventualmente in instabilità politica o addirittura in conflitti. Ciò ostacolerebbe le prospettive di sviluppo futuro nei paesi colpiti e potrebbe anche aumentare la pressione migratoria”.
Secondo Bruegel l’Europa possiede le leve per ridurre l’insicurezza alimentare sfruttando quattro strategie: aumentando la produzione agricola, spostando la produzione verso il cibo, riducendo il consumo interno e migliorando l’allocazione alimentare globale, ma tutto questo implica dei compromessi.
L’aumento della produzione agricola interna è possibile allentando i vincoli sulla gestione dei terreni incolti, nonostante l’ultima riforma della PAC preveda un 4% di terreni a riposo dal 2023 per poter ricevere i pagamenti diretti. Tutto questo però può essere perseguito mantenendo inalterati gli obiettivi di biodiversità che l’UE si è data, inoltre va sottolineato come, anche utilizzando tutti i terreni attualmente incolti (circa il 6%), la produzione non aumenterebbe di molto.
Proprio per questo dovrebbe essere sostenuto l’uso dei fertilizzanti, che ha consentito all’agricoltura europea di diventare tra le più produttive al mondo. Oggi la maggior parte dei fertilizzanti a base di azoto nell’UE proviene dalla Russia, ma lungo termine potrebbero essere possibili forniture alternative di cloruro di potassio dal Canada.
In particolare lo studio sottolinea che “l’attuale stress sui mercati dei fertilizzanti continuerà a influenzare la sicurezza alimentare e l’inflazione per i prossimi tre-cinque anni. Una riduzione dell’1% dell’uso di fertilizzanti in tutto il mondo porterebbe a una carenza dello 0,4% di calorie, mentre il 5% in meno di fertilizzanti potrebbe portare a una carenza del 2%”.
Pertanto, garantire l’equità nell’accesso ai fertilizzanti è una potente leva per alleviare i rischi di insicurezza alimentare a breve termine.
Una ulteriore soluzione è quella di scoraggiare la produzione agricola non alimentare, così da aumentare quella dedicata al cibo, quindi ridurre gli incentivi per le colture energetiche. I biocarburanti sono costituiti da bioetanolo o biogas. Secondo Transport and Environment, l’attuale consumo di biocarburanti nell’UE è compreso tra 5 milioni di ettari (se si tiene conto dei coprodotti) e 9 milioni di ettari (se non si tiene conto dei coprodotti) di terreni coltivati, all’interno e all’esterno dell’UE, un valore che corrisponde fino all’8 per cento delle terre coltivate totali molto produttive dell’UE, venendo così confermata la competizione tra energia e cibo per la terra.
Secondo questo studio sarebbe opportuno incoraggiare un minore consumo di carne in Europa: La produzione di bestiame utilizza il 71% della produzione di terreni agricoli dell’UE, includendo prati, pascoli e terreni per colture foraggere. la riduzione della produzione di carne nell’UE potrebbe portare a una diminuzione dell’uso globale del suolo. Tuttavia, se il consumo dell’UE dovesse rimanere costante, la produzione si sposterebbe dall’UE ad altre parti del mondo, dove sarebbero necessari più terreno e mangimi per produrre la stessa quantità di carne.
Sostituire la produzione di carne dell’UE con le importazioni di carne potrebbe minare la sicurezza alimentare globale, poiché in altre parti del mondo sarà necessaria più terra per produrre la stessa quantità di carne, riducendo le opportunità di produzione alimentare locale. Nel complesso, le misure che potrebbero frenare la produzione di carne dell’UE (ad esempio il miglioramento degli standard ambientali) devono andare di pari passo con la riduzione del consumo di carne. In caso contrario, il rischio è che potrebbero causare esternalità negative fuori misura a livello globale, rispetto ai potenziali benefici all’interno dell’UE.
Sempre riguardo alla carne lo studio prosegue sottolineando che i ruminanti come i bovini possono utilizzare pascoli e sottoprodotti agricoli che gli esseri umani non possono mangiare e il bestiame produce letame che può sostituire i fertilizzanti chimici nella produzione agricola. Pertanto, i sistemi di allevamento trasformati hanno un ruolo chiave da svolgere nella futura produzione agricola circolare sostenibile.
Lo studio conclude tirando le somme dell’attuale crisi della sicurezza alimentare globale. Cosa può fare l’Europa? Le politiche non dovrebbero cablare le scelte di produzione per lunghi periodi, ma dovrebbero piuttosto proteggere la flessibilità nella produzione e nel consumo, ma soprattutto viene giudicata negativamente l’eliminazione completa dei terreni incolti e la sovvenzione massiccia dell’uso di fertilizzanti, ritenute controproducenti.