ELEZIONI, ECCO COSA SCRIVONO ALL’ESTERO. SPERANO IN ALLEANZA RENZI-“SAN SILVIO”. CON ZAIA PREMIER

ELEZIONI

AGRICOLAE fotografa settimanalmente il sentiment all’estero sulle elezioni italiane, I timori, le paure e gli auspici. E le ripercussioni in Europa

A un mese dalle elezioni politiche, la stampa straniera ha i riflettori puntati sull’Italia. Questo perché il voto del 4 marzo è  inteso da molti, anzi da quasi tutti, come un “importante test politico per l’Unione europea contro l’avanzata del populismo” (Financial Times, 1° febbraio). Uno dei timori condivisi è che, per via dell’attuale legge elettorale, si arrivi a una “situazione di ingovernabilità” (Tobias Piller sul Frankfurter Allgemeine Zeitung).
Ad agitare ancora di più è un’altra ipotesi, ritenuta tuttavia improbabile: un’alleanza tra il Movimento Cinque Stelle e la Lega di Matteo Salvini. Questo, a detta di molti, sarebbe “lo scenario peggiore per Bruxelles” (Financial Times).
In ogni caso, la tesi più accreditata – nel caso in cui la coalizione di centrodestra (in testa nei sondaggi) non ottenga la maggioranza assoluta – pare essere un’alleanza strategica tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, estromettendo le frange “oltranziste” su entrambi i fronti della barricata.

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BERLUSCONI

Tutti i giornali stranieri evidenziano un dato comune: la “forza stabilizzatrice” rappresentata oggi da Berlusconi rispetto alle spinte euroscettiche e “fiscalmente lassiste” di Lega e Cinque Stelle

Forse anche per questo motivo a tenere banco sulle testate internazionali, nei giorni scorsi, è stata la “resurrezione” politica di Berlusconi. Diversi autorevoli quotidiani hanno dedicato lunghe analisi al ritorno in campo del leader di Forza Italia, talvolta sbizzarrendosi anche nei titoli. Se il New York Times titola “Berlusconi è tornato, questa volta come ‘nonno’ d’Italia” (in italiano nel testo), il Financial Times (con lo storico corrispondente dall’Italia Tony Barber) scrive dapprima che “Berlusconi mostra i muscoli politici”; poi, pochi giorni dopo, titola “L’improbabile resurrezione politica di Berlusconi”, e infine, il 1° febbraio, addirittura “Il ritorno di ‘San’ Silvio Berlusconi”. Non è da meno la tedesca Faz, il cui titolo recita: “I vecchi miti attirano ancora”.
In realtà, nessuno di questi giornali mostra una volontà agiografica o mistificatoria, ma tutti evidenziano un dato comune: la “forza stabilizzatrice” rappresentata oggi da Berlusconi rispetto alle spinte euroscettiche e “fiscalmente lassiste” di Lega e Cinque Stelle. Come rileva il FT, infatti, per quanto la “prospettiva di dover aver a che fare di nuovo con Berlusconi risulti sgradevole a governanti e investitori europei, specie in un momento in cui Macron e la Merkel fanno pressioni per una maggiore integrazione”, pure in molti si trovano nella strana situazione di “tifare per lui, perché un buon risultato di Forza Italia indebolirebbe sia i Cinque Stelle sia la Lega”.

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Questo ritorno, secondo il Foreign Policy, rivela “l’acume strategico” dell’ex cavaliere, che ha saputo reinventarsi con successo nella politica italiana, ed europea. Tuttavia, l’analisi della rivista di riferimento dei liberal americani reca un titolo quantomeno ironico, “Il moderato dei bunga bunga”. Vi si legge che Berlusconi, di fronte all’ascesa dei Cinque Stelle (che hanno appreso da lui i metodi populisti e ammodernato le sue tattiche), e di Salvini (che ha portato la Lega ad essere un partito non più regionalista ma nazionale facendo leva sulle frustrazioni di molti italiani e su un neofascismo mai del tutto morto nel paese), ha operato una metamorfosi, presentandosi come la quintessenza della virtù e della responsabilità. In ogni caso, chiosa il FP, “con ogni probabilità nessuno vincerà le elezioni e quindi si dovrà mettere insieme una
qualche forma di coalizione, probabilmente con il Partito democratico, anche in Italia” (oltre che in Germania, ndr).
L’ipotesi di un avvicinamento tra Renzi e Berlusconi ritorna anche su altre testate che,
rifacendosi alle dichiarazioni di Bersani sulla Repubblica, interpretano con questa chiave di lettura la decisione del leader del Pd di “blindare” le liste “epurando i dissidenti”: “Per Renzi, blindare il partito con i lealisti non è solo un modo per riaffermare la sua autorità. Gli dà anche lo spazio di manovra, a voto concluso, per costruire una coalizione che potrebbe prevedere una nuova alleanza con Forza Italia” (Bloomberg, 29 gennaio).

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Una chiave di lettura che giustificherebbe le frizioni tra Salvini e Berlusconi evidenziate da diversi quotidiani. Per quanto “Salvini abbia gettato acqua sul fuoco”, alla stampa estera non è sfuggito il “pellegrinaggio di Berlusconi in Europa” (El País, 24 gennaio) dove, a quanto si legge sul quotidiano conservatore inglese Daily Express (29 gennaio), “Berlusconi avrebbe promesso al presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker: ‘Non andremo al governo con Salvini’”. Come titola El País, è l’“idea di Europa che spacca il centrodestra italiano”. Se Berlusconi promette di rispettare il tetto del 3% del deficit, Salvini “continua a minacciare di uscire dall’eurozona in caso di vittoria”. E per quanto le dichiarazioni del leader
leghista sull’Europa si siano ammorbidite negli ultimi giorni, questo non ha convinto del tutto gli stranieri.
“La verità”, scrive ancora il quotidiano spagnolo, “è che con il sistema elettorale italiano si può dire tutto e il contrario di tutto, correre insieme per le elezioni e decidere il giorno dopo che fine farà l’alleanza. Lo stesso Berlusconi potrebbe sfilarsi e decidere di stringere un patto con Renzi”.

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ZAIA

Il Guardian si domanda quale potrebbe essere il premier in caso di vittoria (anche questo, pare, fonte di frizioni tra gli alleati). E spunta sulla testata inglese il nome del presidente della Regione Veneto Luca Zaia

Molti osservatori ricollegano la “resurrezione” di Berlusconi anche al fallimento della sinistra italiana. Come l’inglese Guardian, che scrive: “L’unica ipotesi su cui gli esperti sembrano convergere è che il centrosinistra sembra avviarsi verso un’umiliante sconfitta”, anche a causa del “fallimento di un imprudente referendum costituzionale che ha costretto Renzi alle dimissioni”. Oggi, nonostante nel frattempo ci sia stato “un significativo miglioramento dell’economia sotto la leadership del Pd”, la coalizione di Renzi è indietro nei sondaggi, a circa il 22%. Il centrosinistra, si legge ancora, “si è spaccato tra i centristi e le forze più di sinistra che non amano le politiche renziane, a loro giudizio troppo vicine a banche e industrie, oltre che il suo carattere ambizioso e, talvolta, arrogante”.
Tornando al centrodestra, il Guardian si domanda quale potrebbe essere il premier in caso di vittoria (anche questo, pare, fonte di frizioni tra gli alleati). E oltre al nome di Antonio Tajani, designato pubblicamente da Berlusconi, spunta sulla testata inglese anche quello del presidente della Regione Veneto Luca Zaia.

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RIFORME RENZI

Secondo la Welt tedesca, bisognerebbe riprendere il cammino delle riforme fatte dal Pd di Renzi ma che nessuno degli altri grossi partiti sembra intenzionato a farlo

Nonostante quella del centrosinistra sia, per la stampa estera, una sconfitta annunciata, è interessante ciò che scrive il conservatore Die Welt (26 gennaio). In una lunga, e poco lusinghiera analisi sulla situazione economica italiana, il quotidiano tedesco tuttavia elogia le riforme portate avanti da Renzi e dal Pd, grazie alle quali nel 2017 si è registrato un aumento di circa l’1,6% del Pil. Questo è in larga parte dovuto “alla riforma del mercato del lavoro”, che “incentiva le nuove assunzioni”. In questo modo “si sono stimolati i consumi, e quindi, la crescita”. Tutto questo però non basta “a risollevare le sorti dell’economia italiana”, che si trova da vent’anni in stagnazione. Secondo la Welt, la riforma amministrativa cui aveva messo mano Renzi avrebbe potuto essere di aiuto, ma il suo fallimento ha fatto sì che tutto rimanga invariato anche “nei lenti e farraginosi processi legislativi”. In definitiva, il quotidiano ritiene che bisognerebbe riprendere il cammino delle riforme ma che nessuno degli altri grossi partiti, da Forza Italia ai Cinque Stelle, sembra intenzionato a farlo.

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DI MAIO M5S

Quanto al Movimento Cinque Stelle, tutti riconoscono che, pur essendo il primo partito in Italia, l’attuale sistema elettorale lo penalizza. E porta a ingovernabilità

Quanto al Movimento Cinque Stelle, la curiosità degli osservatori internazionali sembra aumentare con il passare dei giorni. Tutti riconoscono che, pur essendo il primo partito in Italia, l’attuale sistema elettorale lo penalizza, estromettendolo di fatto dalla scalata solitaria alla premiership. A lungo considerato dalle testate tradizionali un movimento populista che fa tremare i polsi alla classe dirigente europea, molti vi ravvisano oggi un sensibile cambio di posizionamento sotto la leadership di Di Maio. Non a caso, Bloomberg titola il 2 febbraio: “I tanti volti dei Cinque Stelle stanno conquistando voti in tutta Italia”. È proprio questa natura ‘cangiante’ del partito a interessare gli stranieri: ‘movimento di lotta e di governo’, come si diceva della stessa Lega, oggi suo concorrente diretto sotto diversi aspetti. Ultimamente Di Maio ha smorzato parecchio i toni sull’Europa, dichiarando peraltro che i Cinque Stelle
rispetteranno il limite del 3% del deficit fissato dall’Ue e facendo marcia indietro anche sul referendum per l’uscita dall’eurozona. Un dato che non è passato inosservato sulla stampa estera. Come rilevato dalla Reuters, “il partito antisistema ha subito preso le distanze da posizioni economiche non ortodosse per rassicurare investitori, e partner italiani, sul fatto che può essere una forza di governo credibile”.
E proprio la Reuters (il 31 gennaio) riportava le dichiarazioni di una fonte anonima secondo cui Di Maio, in un incontro privato con investitori in un club di Londra, “si sarebbe detto disponibile a governare con i partiti tradizionali se le elezioni non dovessero dare un risultato certo”. Il leader dei Cinque Stelle ha poi subito smentito la notizia, spiegando che non è intenzionato a fare alleanze ma solo a negoziare sui singoli programmi. Smentite a parte, la percezione di un marcato cambio di rotta è rimasta invariata sui giornali stranieri. Tanto da far titolare, il 2 febbraio, alla Faz: “Il dilemma dei Cinque Stelle”. Se il movimento vuole governare, scrive Piller, “deve essere in grado di scendere a compromessi”. Le concessioni, però, “costano voti, tra gli scontenti e quelli che vogliono cambiamenti radicali”.

di Valentina Nicolì